Obbedienza
Rispetto
Conoscenza assoluta della propria arma
Molto addestramento
Ginnastica di ogni genere sino alla frenesia
Cameratismo
Sentimento della famiglia
Rispetto alle leggi ed onore al capo dello Stato
Onore alla Patria
Fiducia in se stessi sino alla presunzione.
Decalogo di La Marmora
Il Corpo dei bersaglieri venne istituito, con regio brevetto del 18 giugno 1836, da re Carlo Alberto di Savoia su proposta dell'allora capitano del Reggimento guardie Alessandro La Marmora, e ricevette il battesimo del fuoco l'8 aprile 1848 nella battaglia di Goito durante la prima guerra di indipendenza italiana.
Il compito assegnato alla nuova specialità prevedeva le tipiche funzioni della fanteria leggera - esplorazione, primo contatto con il nemico e fiancheggiamento della fanteria di linea (senza però schierarsi e frammischiarsi con quest'ultima) - ma si caratterizzava, come nelle intenzioni del suo fondatore, per un'inedita velocità di esecuzione delle mansioni affidate ed una versatilità d'impiego che faceva dei suoi membri, ancorché appiedati, oltreché dei cacciatori, anche delle guide e dei guastatori ante litteram.
Dotato di ampia autonomia operativa, il corpo era formato da uomini addestrati alla corsa ed al tiro con moderni fucili a retrocarica pronti ad agire, anche isolatamente, per impegnare di sorpresa l'avversario in azioni di disturbo col preciso intento di sconvolgerne i piani, organizzati in piccoli gruppi schierati in quadrato, però, i bersaglieri potevano essere impiegati anche in contrasto alla cavalleria per romperne la carica.
La creazione dei bersaglieri è legata al nome dell'allora capitano dei granatieri-guardie, Alessandro Ferrero della Marmora, il quale "convinto dei servizi importanti che potrebbe rendere una truppa di abili bersaglieri, particolarmente nelle montagne e paesi rotti" sottopose a re Carlo Alberto la Proposizione per la formazione di una compagnia di bersaglieri e modelli di uno schioppo per l'uso loro.
In questa "proposizione" che costituisce la carta fondamentale del corpo, che tanta gloria doveva raccogliere sui campi di battaglia tanto da assurgere a simbolo dell'esercito italiano, sono contenuti i criteri circa l'impiego tattico della nuova truppa nonché quelli relativi al reclutamento del personale, all'organizzazione della compagnia, al vestiario, all'equipaggiamento e all'istruzione. Si legge in essa che, mentre "l'officio della truppa leggera consiste nel distendersi, coprire di fuoco la linea, e correre sparando, questi bersaglieri devono invece portarsi in siti coperti, non sparare che dopo giunti a precisa portata, concentrare li spari su d'un punto solo, e non porre altra cura che di colpire con esattezza".
Per quanto egli affermasse non doversi i bersaglieri considerare "come una vera truppa leggera, piuttosto come una specie di artiglieria a piccola portata e di grande movibilità", tuttavia, in realtà, essi non potevano essere che una vera fanteria leggera, la quale, per effetto della scelta accurata del personale e del particolare addestramento, congiungeva ad una grande abilità nel tiro la massima mobilità. E invero queste sono le caratteristiche essenziali dei bersaglieri e tali si sono sempre conservate in seguito e tali sono ancora oggi, per quanto notevolmente modificati ne siano l'armamento ed i compiti.
La proposta del La Marmora venne tradotta in atto il 1° luglio dello stesso anno 1836 con la costituzione della 1ª compagnia bersaglieri, alla quale se ne aggiunse una 2ª nel 1837 e due altre (la 3ª e la 4ª) tra il 1840 e il 1843. Il La Marmora si dedicò con fervore all'addestramento dei bersaglieri, cercò di dotarli della massima velocità e prontezza nelle mosse e per essi inventò e costruì un'apposita carabina col concorso del fratello Alfonso.
Le balde truppe create dal La Marmora si affermarono non senza contrasti da parte dei soldati scettici e dei nemici delle novità. Il favore che essi incontrarono fin dall'inizio fu notevole anche all'estero, tanto che presto trovarono numerosi imitatori.
Nel 1848 le compagnie bersaglieri vennero portate prima a 6 e poi, allo scoppio della guerra con l'Austria, a 7 con l'aggiunta di una compagnia volontari studenti. Esse furono riunite in due battaglioni: il 1° di 4 compagnie, il 2° di 3, ma l'unità tattica restò sempre la compagnia. I due battaglioni suddetti parteciparono alla guerra, ognuno alle dipendenze di un corpo d'armata, ed ebbero il battesimo del fuoco al ponte di Goito (8 aprile), dove la 2ª compagnia con splendido ardimento si lanciò attraverso le rovine di uno dei parapetti del ponte fatto saltare dagli Austriaci, benché tenuto sotto fuoco micidiale, e riuscì a metterli in fuga catturando anche due cannoni.
Nello stesso anno 1848 il numero dei battaglioni venne portato a 5 e ai primi del 1849 a 7, con l'incorporazione del "Corpo dei bersaglieri lombardi", costituito fin dal maggio del 1848 dal governo provvisorio lombardo, e con la "legione trentina", formata a Brescia nella stessa epoca. I 7 battaglioni furono formati tutti su 4 compagnie numerate progressivamente nel complesso del corpo: l'unità di guerra continuò ad essere la compagnia. Nella campagna del 1849 i battaglioni bersaglieri, parte ripartiti fra le divisioni e parte tenuti presso il quartier generale principale, diedero in tutti i combattimenti, anche in quelli più sfortunati, le più belle prove di ardimento e di eroismo. Qui, per la prima volta, si videro manovrare come unità tattiche interi battaglioni di bersaglieri.
L'infausto esito della campagna si ripercosse anche sul corpo dei bersaglieri che sul finire di quell'anno venne ridotto a soli 3 battaglioni, portati però subito dopo a 5. Il 6° battaglione e parte del 7°, licenziati dal governo piemontese, si portarono a Roma, dove presero parte alla difesa di questa, finchè, arresasi la città, vennero sciolti.
La riorganizzazione delle forze piemontesi, compiuta dal nuovo ministro della guerra, Alfonso La Marmora, comprese fra l'altro l'aumento dei battaglioni bersaglieri che furono portati prima ad 8, poi a 9 e quindi, nel 1852, a 10, posti sotto un unico comando, tenuto da un colonnello, mentre l'alta sorveglianza ed ispezione venne affidata a un maggior generale, Alessandro La Marmora, che ne conservò la direzione finché visse, benché promosso luogotenente generale. Nel 1855, per la spedizione di Crimea, con le prime due compagnie dei 10 battaglioni vennero costituiti 5 "battaglioni provvisorî bersaglieri" assegnati in ragione di uno per brigata di fanteria, i quali scrissero nuove gloriose pagine nella storia, immortalandosi alla Cernaia. Al ritorno dalla Crimea, nel 1856, i battaglioni provvisorî vennero sciolti e le compagnie rientrarono ai rispettivi reparti. Venne creato anche l'ispettorato del corpo dei bersaglieri affidato al generale Enrico Cialdini.
Allo scoppio della guerra del 1859 i 10 battaglioni bersaglieri vennero assegnati in ragione di due per divisione, e in tutti i combattimenti ai quali presero parte, da Vinzaglio a Palestro, da Magenta a Solferino, raccolsero nuovi allori, meritandosi le più ambite ricompense e confermando così la loro ormai salda tradizione di valore e ardimento. Nel giugno dello stesso anno, con 4 delle compagnie deposito costituitesi allo scoppio della guerra presso i battaglioni, venne formato l'11° battaglione, che però non poté intervenire alle operazioni nel frattempo terminate.
L'annessione della Lombardia fece ritenere opportuno l'aumento di 5 battaglioni bersaglieri, numerati dal 12° al 16° (settembre 1859) ai quali si aggiunsero successivamente, dopo le nuove annessioni, 3 battaglioni toscani (17°, 18° e 19°) e 7 emiliani (dal 21° al 27°). Nel luglio del 1860 venne creato, a Cuneo, anche il 20° battaglione. Con r. decr. del 15 aprile 1869 venne poi sanzionato lo stato di fatto e il corpo rimase costituito da 27 battaglioni e 14 compagnie deposito. Fu soppressa allora la carica di ispettore, e il comando del corpo venne affidato a un generale anziché a un colonnello.
La costituzione del regno d'Italia con l'annessione delle provincie meridionali determinò un sensibile aumento dell'esercito italiano e così pure dei bersaglieri i quali, con r. decreto 13 gennaio 1861, vennero portati a 36 battaglioni attivi e a 6 battaglioni deposito, creati con il raggruppamento delle compagnie deposito. Ogni battaglione ebbe 4 compagnie, che furono numerate progressivamente per battaglione (da 1 a 4) e non più per intero corpo: così anche ufficialmente l'unità tattica non fu più la compagnia, bensì il battaglione. Per effetto del nuovo ordinamento fu abbreviata la denominazione "Corpo dei bersaglieri" in "Bersaglieri" e fu abolito il comando generale del corpo. I 36 battaglioni attivi furono raggruppati in 6 "comandi bersaglieri di corpo d'esercito" ognuno di 6 battaglioni, costituenti unità amministrative, alle quali non mancava che il nome di reggimento. Questo infatti venne ufficialmente dato loro alla fine dello stesso anno.
Portate a 20, nel 1862, il numero delle divisioni dell'esercito, si ritenne necessario, per dotare ogni divisione di due battaglioni bersaglieri, di portare a 40 il numero di questi, ma ragioni finanziarie non consentendo tale aumento, si ricorse al ripiego di costituire i 4 battaglioni occorrenti trasformandone in attivi altrettanti deposito, riducendo a 6 le compagnie deposito e a 5 il numero dei reggimenti, che risultarono così formati su 8 battaglioni.
Le compagnie deposito vennero poi soppresse nel 1865 per essere ricostituite, in numero di 8, nell'aprile del 1866 quando apparve imminente la guerra con l'Austria. Vennero anche formati in tale anno altri 10 battaglioni bersaglieri che furono ripartiti fra i 5 reggimenti esistenti, i quali vennero così a comprendere 10 battaglioni ognuno.
Dei 50 battaglioni, però, solo i primi 41 poterono prender parte alla campagna del 1866, essendo gli altri 9 rimasti al campo di Ghiardo con la riserva generale. E dei 41 solo 23 furono impegnati in fatti d'arme, specie a Custoza dove "primi ad avanzarsi ed ultimi a retrocedere, essi affermarono ancora una volta il loro diritto alla fama che li circonda, sopportando, in proporzione alla forza, un terzo di più di perdite che l'esercito intero, e questo terzo tutto in morti e feriti; segno non dubbio d'ordine e di disciplina pari al valore, risposta inconfutabile ad avventate censure prodottesi di poi" (Fea, Storia dei Bersaglieri).
Nel settembre dello stesso anno gli ultimi 5 battaglioni vennero sciolti e sul finire dell'anno furono soppresse anche le quarte compagnie dei battaglioni. I 5 reggimenti restarono così costituiti tutti su 8 battaglioni di sole tre compagnie.
Dopo la presa di Roma, riordinatosi l'esercito su 10 corpi d'armata, i bersaglieri vennero costituiti su 10 reggimenti, assegnati in ragione di uno per corpo d'armata come truppa suppletiva. Ogni reggimento risultò formato da uno stato maggiore, una compagnia deposito e 4 battaglioni di 4 compagnie. Vennero sciolti così 5 battaglioni (dal 41° al 45°) e inoltre i battaglioni sostituirono la vecchia numerazione nel complesso del corpo con quella progressiva nell'interno del reggimento, da 1 a 4.
Portato nel 1882 il numero dei corpi d'armata a 12, anche i bersaglieri furono ordinati, con r. decreto 18 giugno 1883, su 12 reggimenti, però di tre soli battaglioni ognuno. Si dovette perciò addivenire allo scioglimento di altri 4 battaglioni (quelli prima numerati dal 37° al 40°).
Nel 1885 i bersaglieri parteciparono alla campagna d'Africa con un battaglione su 4 compagnie, fornite dai reggimenti 1°, 4°, 7° e 8° e che prese il nome di "1° battaglione bersaglieri d'Africa". Successivamente furono inviati in colonia altri due battaglioni bersaglieri d'Africa (2° e 3°) costituiti in modo analogo al 1°, con compagnie fornite dai vari reggimenti, e un battaglione bersaglieri volontari formato con elementi tratti da tutti i 12 reggimenti. Questi 4 battaglioni vennero poi riuniti nel "reggimento bersaglieri d'Africa" che, a operazioni ultimate, rientrò in patria.
Nel 1896 un nuovo corpo di spedizione fu inviato in Eritrea e di esso fecero parte due reggimenti bersaglieri costituiti esclusivamente di volontari forniti dai 12 reggimenti: il 1° reggimento ebbe 4 battaglioni, il 2° ne ebbe 3. Due battaglioni del 1° reggimento, già vittoriosi a Mai Maret, parteciparono alla battaglia di Adua, dove vennero quasi completamente distrutti.
Nel 1905 si costituì, per la spedizione in Cina, un battaglione con 4 compagnie tratte dai reggimenti 2°, 4°, 5° e 8°.
Nel frattempo poche modificazioni erano state introdotte nell'ordinamento dei bersaglieri: nel 1886, in occasione del cinquantenario della fondazione del corpo, venne restituita ai battaglioni la numerazione tradizionale; l'anno successivo venne ripristinata la carica d'ispettore dei bersaglieri, soppressa nuovamente alla fine del 1894.
Intanto i continui progressi realizzati nella meccanica e le applicazioni di essa nel campo militare fecero sorgere l'idea dei primi nuclei di bersaglieri ciclisti, da impiegare specialmente nell'esplorazione in mancanza della cavalleria o in concorso con questa. Dopo i primi esperimenti, eseguiti nelle manovre di cavalleria del 1899, alle quali prese parte una compagnia ciclisti formata con elementi del 12° bersaglieri, si addivenne, tra il 1900 e il 1901, alla costituzione di due altre compagnie ciclisti e poi, nel 1908, alla trasformazione della 12ª compagnia di ogni reggimento in compagnia ciclisti. I soddisfacenti risultati ottenuti portarono, nel 1907 alla costituzione, a titolo di esperimento, di un battaglione ciclisti formato con le compagnie cicliste dei reggimenti 2°, 3°, 6° e 9°. Tale battaglione, compiuto brillantemente il giro d'Italia agli ordini del maggiore Cantù, fu poi costituito definitivamente nel 1908 con le compagnie ciclisti dei reggimenti 3°, 5°, 6° e 9°.
Le esperienze eseguite nelle manovre degli anni successivi, dimostrando quale prezioso contributo poteva dare tale nuova specialità nel campo tattico, sia in unione alla cavalleria, sia da sola, indussero, nel 1910, alla costituzione di un battaglione ciclisti presso ogni reggimento, riunendo le quarte compagnie dei tre battaglioni.
I reggimenti vennero così a risultare costituiti su 4 battaglioni di 3 compagnie ognuno:
Alla guerra italo-turca del 1911-12 presero parte tre reggimenti bersaglieri: l'11° a Tripoli, l'8° a Homs e il 4° a Bengasi, rinforzati con elementi tratti dagli altri reggimenti; il 4° fu poi trasportato a Rodi, dove concorse efficacemente all'accerchiamento del presidio turco a Psitos. Durante le operazioni i bersaglieri confermarono ancora una volta le antiche tradizioni di valore e di eroismo: nella tragica imboscata di Sciara Sciat, a Henni, a Bir Tobras e poi a Zuara, al Mergheb e in numerosi altri combattimenti essi si dimostrarono degni successori dei bersaglieri delle guerre d'indipendenza. L'11° reggimento conquistò a Tripoli la medaglia d'oro al valor militare.
Dopo la pace di Ouchy restarono in Libia solo tre battaglioni (3°, 15° e 31°), uno per reggimento, e furono sostituiti in patria con 3 battaglioni di nuova formazione: 37°, 38° e 39°. All'inizio del 1915 dovettero essere inviate nuove truppe in Libia per sedare la rivolta scoppiata fra gl'indigeni. Venne così inviato in Tripolitania l'intero 1° reggimento bersaglieri e tre battaglioni (2°, 22° e 11°) deì reggimenti 2°, 5° e 7°, oltre ad un altro battaglione (26°) del 4° a Rodi.
Frattanto l'intero 100 bersaglieri era stato inviato a Valona, primo nucleo di quello che doveva poi essere il corpo speciale d'occupazione dell'Albania.
Nei primi mesi del 1915, in vista della guerra imminente, si costituirono 30 nuovi battaglioni bersaglieri. Alcuni di essi sostituirono presso i reggimenti in patria i battaglioni dislocati oltre mare, di cui, in primo tempo, assunsero lo stesso numero con l'aggiunta dell'indicazione bis, mentre altri restarono autonomi. All'inizio della guerra, sulla fronte italiana si ebbero perciò 44 battaglioni bersaglieri ordinati in 11 reggimenti (33 battaglioni) e 11 battaglioni autonomi: 40°, 41°, 42°, 45°, 47°, 48°, 49°, 50°, 54°, 56°.
Ogni reggimento disponeva di una sezione mitragliatrici su 2 armi.
Due battaglioni bersaglieri di nuova costituzione (il 52° e il 55°) erano già stati inviati in Tripolitania.
Alla fine del 1915 i battaglioni bis assunsero la denominazione progressiva e 5 dei battaglioni autonomi, insieme con 4 di nuova costituzione, furono raggruppati in 3 nuovi reggimenti.
I 48 battaglioni bersaglieri restarono ordinati in 14 reggimenti (42 battaglioni) e 6 battaglioni autonomi: 41°, 42°, 45°, 47°, 48°, 56°.
Nella primavera del 1916 anche i battaglioni vennero dotati di una sezione mitragliatrici.
Sino all'aprile 1917 vennero costituiti altri 12 battaglioni bersaglieri (dal 64° al 75°) coi quali, e con 3 dei battaglioni autonomi, si formarono 5 nuovi reggimenti.
I tre battaglioni autonomi 47°, 48° e 56° restarono tali per tutta la durata della guerra.
Nello stesso anno 1917 vennero costituiti anche 3 reparti di assalto bersaglieri (26°, 72°, 19° poi 23°) e tutti i battaglioni vennero dotati di una compagnia mitragliatrici su 6 armi (restando da questa assorbita anche la sezione mitragliatrici reggimentale), nonché di una sezione pistole mitragliatrici e di una sezione lanciatorpedini.
Gli avvenimenti militari del novembre 1917 indussero allo scioglimento di 4 reggimenti bersaglieri (4°, 9°, 15° e 21°).
Poche variazioni organiche sono da segnalare nel 1918: l'aumento ad 8 delle armi delle compagnie mitragliatrici, la sostituzione con lanciabombe da 76 (Stokes) dei lanciatorpedini e l'assegnazione ad ogni reggimento d'una sezione lanciafiamme, di un plotone d'assalto e di un reparto cannoncini da 37 su 4 pezzi.
Durante la guerra alcuni reggimenti bersaglieri vennero riuniti in brigate e in divisioni: all'inizio della campagna 4 reggimenti (6°, 9°, 11° e 12°) vennero infatti raggruppati in una "divisione speciale bersaglieri" che fu impiegata nella zona del Monte Nero. Venne poi sciolta nel marzo 1916.
Successivamente si costituirono, in varie epoche, sette brigate bersaglieri (dalla 1ª alla 7ª), tutte su 2 reggimenti, ma che non ebbero composizione costante. Alcune brigate vennero riunite, per qualche tempo, in divisioni; così la 1ª e la 5ª brigata formarono, nell'agosto 1917, la 66ª divisione, poi la 68ª, quindi la 47ª e finalmente, durante il ripiegamento di Caporetto, la 79ª divisione speciale bersaglieri, meglio nota come "divisione speciale Boriani" dal nome del suo comandante e che fu poi ridotta a 3 soli reggimenti dopo lo scioglimento del 9°. Nelle tre settimane di vita tale divisione ebbe modo di rendere segnalati servigi, contrastando efficacemente il passo alla irrompente marea nemica, sì che meritò di essere additata, in un comunicato del Comando supremo, alla riconoscenza del paese.
Un'altra brigata, la 3ª, concorse alla formazione della 51ª divisione (marzo-giugno 1917) e nel settembre 1918 due altre brigate bersaglieri (6ª e 7ª) formarono, riunite, la 23ª divisione.
Fin dal principio della guerra i battaglioni ciclisti vennero staccati dai rispettivi reggimenti e impiegati isolatamente o a gruppi, in genere di 3 battaglioni, in unione con la cavalleria, ma più spesso con la fanteria. Essi dipesero però sempre direttamente dal Comando supremo che, a seconda delle circostanze, li assegnava alle divisioni. Verso la fine del 1916 alcuni battaglioni ciclisti vennero riuniti in gruppi di tre, di composizione variabile, che assunsero il nome del comandante. A tale epoca rimonta anche la formazione della Direzione battaglioni bersaglieri ciclisti, organo di collegamento tra Comando supremo e battaglioni, avente mansioni essenzialmente disciplinari. Nell'ottobre 1917 tale direzione venne soppressa; per contro, nei primi del gennaio successivo, si fissò la costituzione dei gruppi bersaglieri ciclisti in modo definitivo.
Di tali gruppi due (il 2° e il 3°) vennero sciolti dopo la vittoriosa battaglia del giugno 1918, insieme con 4 dei battaglioni che li formavano. Gli altri 2z battaglioni (il 3° e l'11°) passarono alle dipendenze delle due divisioni di assalto.
Anche i battaglioni ciclisti ebbero, verso la metà del 1917, una compagnia mitraglieri che fu sempre di 6 armi e poi anche le sezioni pistole mitragliatrici, che nel 1918 furono aumentate in ragione di una per compagnia.
Nel novembre 1917 vennero formate alcune sezioni di moto-mitragliatrici che poi, nell'agosto del 1918, vennero riunite in una 1ª compagnia su 6 armi alla quale successivamente se ne aggiunsero altre 4 che poterono partecipare alla battaglia di Vittorio Veneto.
Il carattere assunto dalla guerra 1915-18 non permise un impiego dei bersaglieri sostanzialmente differente da quello della fanteria di linea. Tuttavia, nei numerosi combattimenti ai quali presero parte, i bersaglieri non smentirono mai le gloriose tradizioni e si prodigarono generosamente su tutti i settori dell'ampia fronte, dal Monte Nero al Carso, dagli altipiani al Grappa, dall'Isonzo al Piave, gareggiando in valore con fanti e alpini. Ne sono eloquente indice l'alta cifra dei caduti, circa 32.000, e le ricompense meritate: 40 medaglie d'oro e oltre 7800 di argento e bronzo.
Nel dopoguerra l'ordinamento dei bersaglieri subì notevoli trasformazioni. Per un momento prevalse la tendenza a ridurne notevolmente l'entità, preludio alla loro completa abolizione. E difatti, nel 1919, si sciolsero tutte le brigate, i reggimenti di nuova formazione e tutti i battaglioni ciclisti, tranne due; poscia, l'ordinamento dell'aprile 1920 previde solo 4 reggimenti riuniti in due brigate: la 1ª composta dai reggimenti 4° e 9° e la 2ª dal 2° e 3°. Ogni reggimento restò costituito su due battaglioni effettivi ed uno quadro e vennero aboliti anche gli ultimi due battaglioni ciclisti. Tuttavia gli altri 8 reggimenti continuarono a vivere, ridotti però a un solo battaglione.
L'ordinamento del 1923 riportò a 12 i reggimenti bersaglieri, di cui 6 furono trasformati in ciclisti: ogni reggimento ebbe due battaglioni. In tale occasione venne istituito l'ufficio del "generale a disposizione per i bersaglieri".
Tale ordinamento fu successivamente perfezionato nel 1924 con la trasformazione in ciclisti di tutti i 12 reggimenti, e nel 1926 cambiando in "ispettorato dei bersaglieri" l'ufficio del generale a disposizione per i bersaglieri. L'ordinamento attuale comprende quindi 12 reggimenti ciclisti su due battaglioni.
Ogni battaglione è su tre compagnie, il cui armamento principale è costituito da mitragliatrici leggere.
L'avvenuta trasformazione in ciclisti di tutti i reggimenti bersaglieri apre loro nuove e più vaste possibilità e tende a spostare la loro azione dal campo tattico a quello strategico.
Nella guerra dell'avvenire i bersaglieri ciclisti avranno certamente una parte importante, ora agendo da soli, ma più spesso in unione con la cavalleria e con i carri armati, sia per l'esplorazione lontana sul davanti delle armate, sia per sfruttare un successo delineatosi dopo una battaglia di rottura, sempre per portare celeremente una potente massa di fuoco sul nemico per renderne irreparabile la rotta o per arrestarne lo slancio offensivo.
Il Museo storico dei bersaglieri, inaugurato a Roma nel 1904, costituisce una preziosa raccolta di cimeli, cominciata nel 1891 dal generale Bruto Bruti, allora ispettore capo.
La bandiera fu adottata con regio decreto di Carlo Alberto dell'11 aprile 1848.
I bersaglieri, in quanto ordinati al livello massimo di battaglione, non avevano né potevano avere la bandiera, affidata soltanto ai reggimenti. Non la ebbero nemmeno alla fine del 1870 quando i loro battaglioni furono ordinati in Reggimenti. Si ritenne, forse, che essa con le sue dimensioni, impedisse all'alfiere di sfilare di corsa alla testa del reggimento. Quando, infatti, si giunse – il 19 ottobre 1920 – a consegnare anche ad essi il drappo tricolore, si ricorse al labaro col quale la corsa si effettuava agevolmente.
Il 7 giugno del 1938, infine, il labaro venne sostituito dalla bandiera nazionale, adottando un “formato ridotto” che offrisse meno resistenza al vento nella corsa. Con l'avvento della Repubblica, il “formato ridotto” lasciò il posto al “tipo unico”. L'alfiere dei bersaglieri, tuttavia, ha continuato a sostenerla in modo da farla sventolare in alto, visibile da lontano a tutto il reparto.
La fanfara è nata con la prima compagnia di bersaglieri «…marciavano in testa dodici soldati colla carabina sulla spalla sinistra, tenendo nella destra corni da caccia con cui suonavano una marcia allegra, vivace e tale da far venire la voglia di correre anche agli sciancati…» (Quarenghi)
Era il 1º luglio 1836, la prima volta che i bersaglieri uscirono dalla caserma “Ceppi” in Torino, dove erano nati. I bersaglieri non possono eseguire una sfilata in mancanza della fanfara. Infatti l'atto costitutivo del 18 giugno 1836 stabiliva che per ogni compagnia vi fossero 13 trombette ed un caporale trombettiere. La riunione per l'addestramento musicale dei trombettieri delle varie compagnie diede origine alla fanfara di battaglione, che dopo pochi anni si formò come reparto a sé, mentre le compagnie continuarono a disporre di propri trombettieri. Alle trombe si sono con il tempo aggiunti altri strumenti a fiato.
Oggi è l'unica banda al mondo ad esibirsi a passo di corsa. L'uso deriverebbe, secondo la tradizione popolare, dall'ingresso in Roma, alla breccia di Porta Pia, che doveva effettuarsi a passo di carica, ma che invece divenne spontaneamente una corsa dei soldati.
L'inno dei bersaglieri è stato composto nel 1860 dal giovanissimo ufficiale del bersaglieri Giulio Ricordi con testo del poeta Giuseppe Regaldi. Nel 1862 Pietro Luigi Hertel ne fece una versione titolata "Flik Flok". L'arrangiamento attuale fu nel 1886 del maestro Raffaele Cuconato come "Marcia dei Bersaglieri".
Il piumetto è composto di piume di gallo cedrone. Il cappello circolare ed ampio all'inizio veniva usato come protezione dal sole per l'occhio destro, quello che aveva il compito di mirare, e infatti quasi tutti i cacciatori dei vari eserciti, all'epoca della formazione del corpo, ricoprivano il berretto di penne e pennacchi.
Il cappello piumato, in gergo chiamato vaira in onore di Giuseppe Vayra che per primo vestì la divisa del corpo, che si porta inclinato sul lato destro in modo da tagliare a metà il sopracciglio fino a coprire il lobo dell'orecchio, è l'emblema del Corpo ed il simbolo delle sue tradizioni. A riprova di tale affermazione si ricorda tradizionalmente l'episodio che vide protagonista il tenente colonnello Negrotto, Comandante del 23º Battaglione bersaglieri, che colpito a morte sul Mrzli (campo trincerato di Gorizia) nel 1915, durante la prima guerra mondiale, pose il suo cappello sulla punta della sciabola lanciandolo poi al di là del reticolato nemico gridando: «Bersaglieri, quella è la vostra Bandiera! Andate a prenderla!».
Il fregio è in metallo di colore oro: bomba da granatiere con fiamma a sette lingue, cornetta da cacciatore e due carabine intrecciate. La particolarità del trofeo è la fiamma la quale non sale dritta come per le altre armi, quella del bersagliere è inclinata e fuggente rappresentante della corsa dei bersaglieri.
Il cordone verde servì a sostenere la fiaschetta della polvere da sparo (che cadeva sul fianco destro) fino a quando non entrò in dotazione la cartuccia completa. Servì anche per le trombette ed i corni. Attualmente viene indossata con l'uniforme da parata.
Il colore cremisi comparve nelle mostreggiature e filettature della prima giubba di panno azzurro-nero della truppa, e nelle spalline, colletto, bande e manopole degli Ufficiali. Oggi è conservato nelle fiamme.
I guanti neri vennero adottati, nel 1839, a soli tre anni dalla fondazione del Corpo a simboleggiare lo sprezzo della morte. La Marmora li volle neri perché quelli sperimentati nello stesso anno, blu scuro come la divisa, perdevano il colore. Inoltre all'epoca il guanto calzato era un segno di classe signorile. Gli Ufficiali ed i Sottufficiali dei Bersaglieri, in qualsiasi circostanza di tempo e di luogo e con qualsiasi uniforme nella quale ne sia prescritto l'uso, devono sempre indossare guanti neri di pelle.
Il fez ha la sua origine in Marocco, ma i bersaglieri lo incontrarono in Crimea (1855), dove gli Zuavi, reparti speciali del Corpo di spedizione francese, entusiasmati dal valore dei bersaglieri (battaglia della Cernaia), offrirono il loro copricapo, il fez, in segno di ammirazione. Prima, i bersaglieri portavano un “berrettino di maglia di cotone, che copriva le orecchie e poteva tenersi anche sotto il cappello”; di colore rosso aveva un fiocco turchino. Dopo il cappello piumato (chiamato vaira) il fez diventò, ed è tuttora, un elemento tipico del bersagliere. Il regolamento disciplina il trattamento del fez: non dev'essere riposto in tasca, né arrotolato in mano, né piegato sotto la spallina. La nappa azzurra (la "ricciolina") deve avere il cordoncino corto (massimo 30 cm) in modo da consentirgli di dondolare rapido da una spalla all'altra.
Il 19 giugno 2011 a Torino, in occasione del 59º raduno nazionale del Corpo, fu presentato un nuovo basco nero che prese il posto del tradizionale fez. Sotto il fregio dei bersaglieri, apposto sul lato sinistro del basco, vi è una sottopannatura quadrata di colore cremisi e, in corrispondenza di questa, un piumetto nero: entrambi elementi che ricordano la tradizionale iconografia del Corpo. A partire dal 1º novembre 2015, il piumetto sul basco è stato tuttavia abolito. Il Fez resta il copricapo per la truppa (VFP1 e VFP4).
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