lunedì 12 ottobre 2015

LA FOTOGRAFIA

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Le prime fotografie destarono subito l'interesse e la meraviglia dei curiosi che affollarono le sempre più frequenti dimostrazioni del procedimento. Rimasero sbalorditi dalla fedeltà dell'immagine e di come si potesse distinguere ogni minimo particolare, altri paventarono un abbandono della pittura o una drastica riduzione della sua pratica. Questo non avvenne, ma la nascita della fotografia favorì e influenzò la nascita di importanti movimenti pittorici, tra cui l'impressionismo, il cubismo e il dadaismo.

La fotografia si affiancò e in alcuni casi sostituì gli strumenti di molti specialisti. La possibilità di catturare un paesaggio in pochi minuti e con una elevata quantità di particolari fece della fotografia l'ideale strumento per i ricercatori e i viaggiatori. Particolarmente attivo fu l'editore Lerebours che ricevette grandi quantità di dagherrotipi dalla Grecia, da Medio Oriente, Europa e America che furono trasformati in acquatinte per la pubblicazione nella serie Excursion daguerriennes.

Nonostante questi successi incoraggianti, la fotografia incontrò inizialmente dei problemi nel ritrarre figure umane a causa delle lunghe esposizioni necessarie. Anche se illuminato da specchi che concentravano la luce del sole, immobilizzato con supporti di legno per impedire i movimenti, il soggetto doveva comunque sopportare un'esposizione di almeno otto minuti per ricevere una fotografia in cui appariva con occhi chiusi e un atteggiamento innaturale.

Solo nel 1840 l'introduzione da parte di Joseph Petzval per conto della Voigtländer di un obiettivo di luminosità f/3.6 e dell'aumentata sensibilità della lastra dagherrotipa mediante l'utilizzo di vapori di bromo (John Frederick Goddard) e cloro (Francois Antoine Claudet) permisero esposizioni di soli trenta secondi. La fragilità della lamina argentata fu rafforzata dall'utilizzo di cloruro d'oro per opera di Hippolyte Fizeau, che incrementò anche il contrasto generale.

La storia della fotografia descrive le vicende che portarono alla realizzazione di uno strumento capace di registrare il mondo circostante grazie all'effetto della luce. La fotografia si concretò agli inizi dell'800 e si sviluppò arrivando a imporsi come mezzo artistico capace di supportare le altre arti visuali.

La fotografia si è affermata come procedimento di raffigurazione del paesaggio, dell'architettura, per ritrarre la nascente borghesia e il popolo. Ebbe inoltre un ruolo fondamentale nello sviluppo del giornalismo e nel reportage e il miglioramento della tecnologia ne contribuì l'estensione anche nella cattura d'immagini dello spazio e del micro mondo.

Joseph Nicephore Niepce s'interessò della recente scoperta della litografia e approfondì gli studi alla ricerca della sostanza che potesse impressionarsi alla luce in maniera esatta mantenendo il risultato nel tempo. Dopo avere sperimentato diverse tecniche Niepce, riuscì ad ottenere, nel 1826, la prima immagine disegnata dalla luce: stendendo uno strato di bitume di Giudea ridotto in polvere e disciolto in essenza di lavanda su una lamina di rame ricoperta d'argento e quindi fatta asciugare; esponendola poi alla luce per qualche ora sul fondo di una camera oscura; immergendo in seguito la lamina in un bagno di lavanda per dissolvere i frammenti che non hanno ricevuto la luce e ottenendo un'immagine in negativo.



Per ottenere il positivo occorre un contenitore di cristalli di iodio che formano depositi di ioduro d'argento; eliminando la vernice con l'alcool appare l'immagine fotografica vera e propria che definisce eliografia, la madre della moderna fotografia. L'unico imprevisto è che il risultato del suo lavoro non è fissato e quindi si annerisce progressivamente al contatto con la luce. Il suo impegno successivo si dedicò al miglioramento della nitidezza dell'immagine. Nel 1827 conosce Daguerre e Lemaitre che in seguito diventeranno suoi collaboratori. Nel 1829 fonda con Daguerre un'associazione per il perfezionamento dei materiali fotosensibili.
La storia della fotografia comprende un periodo che va dalla sua invenzione,- intesa come invenzione della tecnica o insieme di tecniche relative alla riproduzione di una immagine stabile, fissata su supporto materiale attraverso l'agire diretto, o mediato in vario modo, della luce- alle attuali tendenze, che fanno anche ampiamente uso delle tecnologie digitali che consentono la registrazione diretta su supporto magnetico delle immagini ottiche. La comparsa della fotografia ha condotto ad una rivoluzione nel mondo dell'arte e della cultura in genere. Grandissimo infatti fu l'impatto emotivo generato in relazione alla acquisita capacità di ottenere e possedere una esatta riproduzione della realtà. Il mondo dell'arte ne fece largo impiego.
Alcuni artisti francesi come Delacroix e Ingres fecero ricorso per la realizzazione di alcune loro opere, a dei veri e propri "bozzetti fotografici". Successivamente la fotografia si affermerà sempre più come arte autonoma e, nei primi anni del 1900, si avranno delle reazioni a quegli atteggiamenti che miravano a considerarla in un certo modo "a servizio" delle arti pittoriche.
Possiamo affermare che, la sua invenzione -tradizionalmente attribuita a Daguerre-, in realtà può farsi risalire a tutto quel patrimonio di ricerche che condussero successivamente alla sua "invenzione".
Nel 1727 J.H.Schulze, chimico tedesco, pervenne attraverso i suoi studi, ad una descrizione scientifica del carbonato d'argento e alla sua capacità di annerirsi in seguito alla esposizione alla luce. Pertanto, pur essendo Daguerre il nome che è più diffusamente collegato alla nascita della fotografia, in realtà, il suo merito, fu quello di saper sintetizzare e concretizzare le teorie altrui, poiché altri prima di lui erano giunti a quei procedimenti che permisero la scoperta delle tecniche fotografiche.
Gli esperimenti sopracitati, che aveva codotto Schulze, furono ripresi nella seconda metà del 1700 dal Scheele e Senebier e successivamente Wedgewood e Davy, che nel 1802, tenteranno proprio sulla base di quelli, la strada della applicazione pratica della fotosensibilità dei sali d'argento. I due infatti ottennero pur non sapendo rendere i risultati, permanenti, delle impressioni in negativo su supporto cartaceo. Il 1819 segna un'altra data importante nella evoluzione delle scoperte che condussero alla definizione della tecnica fotografica: J. Herschel documenta la solubilità dei sali d'argento non esposti alla luce in tiosolfito di sodio, rendendo noto, dal 1839, questo elemento di fissaggio dell'immagine fotografica. Ma la data più importante per la storia della fotografia resterà pur sempre il 1929, anno in cui Daguerre definirà la tecnica del dagherrotipo. La dagherrotipia (dal nome di Daguerre), fu un perfezionamento dell'eliografia di Niepce. Si trattava di una unica prova su lastra di rame argentata, sensibilizzata con vapori di iodio e "sviluppata" con vapori di mercurio.
Nel 1814, Joseph Nicéphore Niepce, a Gras, presso Chálon-sur-Saóne, aveva sperimentato un nuovo sistema per semplificare l'incisione sul metallo. Niepce, che dal 1801 aveva concentrato il suo interesse sulla litografia, (il procedimento di stampa a mezzo di pietra incisa introdotto in Francia nel 1814 dal conte Lasetvrie du Saillant), pensò di perfezionare quel sistema tipografico e sostituì la pietra con una lastra di stagno. Trovare un mezzo per indurre la luce a fare il disegno, è quello che si proponeva. Prese una lastra di rame argentato, la ricoprì di un sottile strato d'asfalto e la collocò in una cassetta di legno, che funzionava da camera oscura, di fronte a una tavola disegnata o dipinta. Dopo una giornata, le parti dello strato di bitume che erano rimaste "impressionate", cioè esposte all'azione della luce riflessa dalle zone più chiare del dipinto, diventarono bianche e le altre restarono nere. Allora Niepce immerse la lastra in un bagno d'essenza di lavanda -che scioglie il bitume non impressionato, lasciando intatto quello reso bianco dalla luce-, e sulla lastra di rame argentato restò così soltanto il bitume riproducente l'immagine in negativo. Tale procedimento lo chiamò "eliografia". Questo evento rappresentò il primo passo di Niepce per preparare lastre per stampa. Spandendo sulla lastra trattata, un acido destinato a incidere le parti del metallo messe a nudo, ma che non può attaccare le parti ancora ricoperte dal bitume (che viene poi tolto e le parti da esso protette) se ne ottiene in rilievo la riproduzione (sempre in negativo) del disegno. La lastra è così pronta per la tipografia.
Da qui ad applicare il procedimento alla fotografia il passo fu breve e, intorno al 1816, cominciò a usare la camera oscura per ritrarre immagini dal vivo. Il 5 maggio così scriveva al fratello Claude: "Ho messo il mio apparecchio sulla finestra aperta della stanza dove lavoro, dirigendolo verso la piccionaia. Ho fatto l'esperimento nel mio solito modo e ho ottenuto sulla carta bianca quella parte della piccionaia che si vede dalla finestra ed una debole immagine anche di questa, che era meno illuminata". In seguito alla scoperta Niepce lavorerà alla ricerca di materie più sensibili all'azione della luce tentando di tutto: il nitrato al cloruro d'argento, il perossido di manganese, il cloruro di ferro, il fosforo, la cocciniglia, finchè il 3 settembre 1824 riesce a fissare i contorni di un paesaggio.



Nel 1826, dopo una posa di ben otto ore da quella finestra dove un decennio prima aveva posto il suo apparecchio, su una lastra di peltro per eliografia, spalmata di bitume di giudea e posta all'interno della sua camera oscura con diaframma, la prima fotografia della storia era impressa, in positivo diretto, su una lastra di peltro lucidata. Nel 1827 Niepce incontra Daguerre. Daguerre era noto al pubblico per l'invenzione uno spettacolo assolutamente nuovo per quell'epoca e pieno di sorprese, che aveva luogo nel Diorama, -una sala circolare capace di contenere 350 persone. Lo spettacolo consisteva nella presentazione, su una piattaforma girevole, di vedute dipinte su tele di cotone trasparenti. (Queste erano disposte prospetticamente su una profondità di 15-20 metri. Ogni quadro poteva raggiungere la lunghezza di 22 metri e la larghezza di 14 ed era illuminato in modo da ottenere un gioco di ombre e di chiaroscuri capaci di riprodurre con fedeltà incredibile tutti gli effetti della luce in natura. Si poteva ad esempio assistere perfino alla scena suggestiva della chiesa di Saint Etienne du Mont che man mano si illuminava per la celebrazione della Messa di mezzanotte con l'entrata dei fedeli. Altre rappresentazioni rimaste famose furono i panorami del Monte Bianco e dell'isola di Sant'Elena o di San Pietro a Roma).
Interessato al problema del fissaggio delle immagini ottenute per azione del sole, Daguerre aveva appreso che questo problema era stato risolto da Niepce, -il quale, a sua volta, desiderava conoscere i risultati di quegli analoghi esperimenti annunciati da Daguerre e cioè quelli di avere apportato alla camera oscura un perfezionamento considerevole tale, da costituire un procedimento più semplice e sicuro per il fissaggio delle immagini. Così, il 5 dicembre 1829, a Chalon-sur-Saòne, Niepce e Daguerre firmano un contratto di associazione. Messo al corrente sui dettagli del procedimento eliografico di Niepce, Daguerre lo perfeziona: sostituisce per prima cosa il bitume con una sostanza più untuosa, la resina, che ottenne distillando essenza di lavanda sciolta in alcool, poi, invece di lavare la lastra, la espone a vapori d'olio di petrolio. Il vapore si condensa in goccioline sulle parti rimaste in ombra, le scioglie e le rende trasparenti senza intaccare le parti esposte alla luce, che conservano la loro morbidezza naturale e riproducono anche le parti chiare dell'immagìne, ottenendo la gradazione delle tinte.
Dopo un anno di collaborazione con Niepce, Daguerre, fortuitamente dimentica un cucchiaio su una lastra argentata, preparata con joduro, e, dopo un po' di tempo, si accorge che sulla lastra è rimasto, nitidissimo, il disegno del cucchiaio. Ciò gli basta per comprendere la sensibilità dello joduro d'argento alla luce. Nel 1833 Niepce muore, colpito da trombosi cerebrale. Daguerre seguita i suoi esprimenti e ad esporre, per molte ore, le lastre preparate con joduro d'argento. Un giorno in cui infine il cielo è nuvoloso e minaccia di piovere, Daguerre toglie le lastre dalla finestra e le sistema in un armadio. Quando va a ritirarle, qualche giorno dopo, si accorge con enorme sorpresa che, dopo una esposizione assai breve, di appena quindici minuti, esse danno immagini limpide, già fissate e sviluppate.
Daguerre intuisce allora, grazie al caso che dentro l'armadio, ripostiglio di numerose miscele chimiche, si deve poter trovare la spiegazione di quell'effetto. Qualcosa ha sviluppato l'immagine in breve tempo, risparmiando la lunga esposizione alla luce del sole! La causa di tutto stava infatti nella presenza di un recipiente di mercurio, dal quale si sviluppavano, dentro l'armadío, alcuni vapori con la proprietà di svelare e fissare definitivamente l'immagine.
I perfezionamenti da lui escogitati sono tanto considerevoli che ormai Daguerre giudica essere venuto il momento di farsi conoscere come l'inventore della nuova arte e farà in seguito brevettare speciali apparecchi per il dagherrotipo; Chevalier fornirà le lenti per gli obbiettivi. Ad Alphonse Giroux, cognato di Daguerre, fu dato il compito di costruire e smerciare, con enorme successo, un apparecchio per dagherrotipia che misurava cm. 30 x 37 x 50 e che era corredato dai alcune lastre sensibili e dei prodotti occorrenti per la stampa. In Francia e in Inghilterra i dagherrotipisti eseguivano ritratti le cui dimensioni andavano dai 4 cm. x 5, ai 17 cm. x 22. Tali ritratti venivano poi montati su astucci di metallo dorato e venduti. Dopo che il procedimento di Daguerre venne reso pubblico nel 1839, il dagherrotipo si diffuse enormemente e da questo successo si posero le premesse per i successivi sviluppi che condussero al successo della fotografia. Ciò che piacque fu la brevità dei tempi di posa, la definizione dei particolari e il fatto che si prestasse a sostituire la miniatura nei casi dei piccoli ritratti. Il dagherrotipo si diffuse oltre che in Europa, anche negli Stati Uniti.



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