domenica 20 agosto 2017

MIASMI

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Cattivi odori, persistenti e fastidiosi.
Il tipo di inquinamento idrico può essere di natura chimica, fisica o microbiologica e le conseguenze possono compromettere la salute della flora e della fauna coinvolta, fino agli uomini, nuocendo all'ecosistema e alle riserve idriche per uso alimentare. Ci sono due vie principali tramite le quali gli inquinanti raggiungono l'acqua, per via diretta e per via indiretta. L'inquinamento per via diretta avviene quando vengono riversate direttamente, nei corsi d'acqua, sostanze inquinanti senza alcun trattamento di depurazione. La via indiretta, invece, avviene quando le sostanze inquinanti arrivano nei corsi d'acqua tramite aria e suolo.

Un grande pericolo per la salute dell'uomo è costituito dalle fogne, che rilasciano acque inquinate da virus e batteri, causando malattie come epatite virale, salmonellosi e tifo. Inoltre, è molto preoccupante il fatto che scarichino in acqua detersivi non biodegradabili o contenenti fosfati. Questi detergenti, che assai sovente si vedono ricoprire di uno spesso strato schiumoso intere superfici d'acqua, per la loro complessa struttura chimica a catene ramificate difficilmente vengono aggrediti e degradati dai batteri in composti più semplici o meno nocivi; tali sostanze pertanto alterano fortemente le caratteristiche fisiche dell'acqua, modificandone la tensione superficiale e provocando la scomparsa, tra l'altro, della flora acquatica, del plancton e, con essi, dei componenti di tutta la piramide trofica. Conseguenza gravissima, oltre all'estendersi di larghi strati superficiali di materie in decomposizione, con relativi miasmi e colorazioni varie, è la diffusione in acque sia dolci sia marine di batteri e virus (del tifo, della dissenteria, del colera, dell'epatite virale, ecc) e l'assorbimento di questi microrganismi patogeni da parte di molluschi destinati all'alimentazione (quali mitili, ostriche e altri lamellibranchi eduli) e allevati in prossimità di sbocchi di scarichi con conseguente pericolo di gravi epidemie.



L'acqua si può inquinare non esclusivamente attraverso i fiumi ma anche con i prodotti inquinanti del suolo. Un'importante causa dell'inquinamento delle acque, in particolare delle acque dolci, sono per esempio gli scarichi di materiale organico.

I liquami che si trovano nelle fogne, dovrebbero passare attraverso impianti di depurazione prima di essere scaricati nei fiumi, purtroppo in Italia meno della metà degli scarichi vengono depurati.
Questi liquami possono contenere microrganismi che provocano alcune malattie, come colera e salmonellosi. Una persona rischia di ammalarsi se ingerisce questi organismi, cosa che può capitare facendo il bagno nel fiume o mangiando molluschi contaminati.

Negli allevamenti, gli escrementi vengono lavati via con l'acqua, i liquami così ottenuti vengono in parte utilizzati come fertilizzanti, in parte riversati nei fiumi. Alcuni tipi di industrie, per esempio quelle alimentari, scaricano materiali organici direttamente nei fiumi. Anche i fertilizzanti, sia chimici sia naturali, possono inquinare i fiumi.

Le numerose sostanze che si utilizzano in agricoltura non restano sul suolo o sulle piante. Quando la pioggia cade sul terreno, una parte di essa finisce sui canali di scolo e da qui ai fiumi e al mare.
Quando l'acqua piovana o quella d'irrigazione filtra nel terreno, tralascia lentamente un'altra parte di queste sostanze in profondità, sino alle falde acquifere dalle quali si prende l'acqua per bere, che potrebbe diventare non potabile a causa dei nitrati e dei fosfati rilasciati dai fertilizzanti chimici utilizzati sul terreno. I fertilizzanti in particolare provocano uno sviluppo eccessivo di alghe nei laghi e nei mari, attraverso un fenomeno che prende il nome di eutrofizzazione.

Le industrie si liberano dei rifiuti tossici derivanti dalle diverse lavorazioni attraverso discariche speciali, però alcuni tipi di rifiuti tossici finiscono nei fiumi, con i liquami di fogna.



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venerdì 18 agosto 2017

UOVA INCONTAMINATE

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Non sono state distribuite in Italia uova contaminate con il fipronil. Lo chiarisce il ministero della Salute, dopo l'allerta lanciata dalla Commissione Europea che aveva indicato il nostro Paese fra quelli che hanno ricevuto uova dalle aziende coinvolte nello scandalo.

Secondo la Commissione, i Paesi dell'Unione coinvolti, compreso l'Italia, sono: il Belgio, i Paesi Bassi, la Germania, la Francia, la Svezia, il Regno Unito, l'Austria, l'Irlanda, il Lussemburgo, la Polonia, la Romania, la Slovacchia, la Slovenia e la Danimarca. A questi Paesi si aggiungono Svizzera e Hong Kong.

Tuttavia, la Commissione ha sottolineato come i Paesi in cui è stato "confermato l'utilizzo illegale del prodotto" sono solo quattro, ovvero Olanda, Belgio, Germania e Francia; gli altri, Italia compresa, "hanno ricevuto delle importazioni provenienti da questi quattro Paesi" (il che non implica necessariamente che siano già stati distribuiti per la vendita).

Il ministero della Salute ha fatto sapere che le autorità sanitarie hanno sequestrato in Italia alcuni prodotti provenienti da un'azienda francese che aveva usato le uova di uno degli allevamenti olandesi coinvolti nell'uso del fipronil. La segnalazione di questi prodotti, che non sono mai stati messi in commercio nel nostro paese, era arrivata dalla Francia lo scorso 8 agosto.

Secondo il quotidiano olandese 'de Volkskrant', il fipronil sarebbe stato utilizzato in aziende agricole nei Paesi Bassi per più di un anno. Il timore è che la sostanza sia stata mescolata con un insetticida utilizzato legalmente per il mantenimento dei polli e per migliorarne la resa.



Il fipronil, conosciuto anche come fluocianobenpirazolo, è un insetticida ad ampio spettro che disturba l'attività del sistema nervoso centrale dell'insetto impedendo il passaggio degli ioni cloruro attraverso il recettore del GABA e il recettore del Glu-Cl. Ciò causa la ipereccitazione dei nervi e dei muscoli degli insetti contaminati.

La selettività d'azione del fipronil nei confronti degli insetti dipende da un'efficacia maggiore a livello dei recettori del GABA ma anche dal fatto che i recettori del Glu-Cl non esistono nei mammiferi.

Il fipronil è un veleno a lenta attività d'azione: una volta inserito in un'esca, l'insetto viene avvelenato ma non muore istantaneamente ma ha il tempo di ritornare alla colonia o nella tana. Nelle blatte è stato rilevato che le carcasse possono contenere quantità di antiparassitario residuo sufficiente per uccidere altri insetti nello stesso luogo nel quale gli insetti si rifugiano. Nelle formiche, la condivisione dell'esca fra i diversi membri della colonia aiuta la diffusione del veleno nella colonia. Con tale effetto a catena, il tasso di avvelenamento è circa del 95% in 3 giorni sia per le formiche sia per le blatte.

Il fipronil è usato come principio attivo in prodotti commerciali antiparassitari per gli animali da compagnia, a una concentrazione di circa 9,8%, e viene spesso usato insieme con il Methoprene, un repellente per pulci e zecche, usato nella concentrazione dell'8,8%.

Dopo un'applicazione locale, il fipronil è assorbito debolmente (approssimativamente il 15%) attraverso la pelle. Comunque bassi livelli di fipronil possono essere rilevati nel plasma, con una variabilità molto alta fra i cani.

Si lega al sito allosterico dei recettori del GABA e al recettore del Glu-Cl (quest'ultimo presente nell'insetto e non nei mammiferi), bloccando o alterando la trasmissione nervosa dell'insetto. Nei mammiferi e vertebrati può essere dannoso grazie ai metaboliti e al fatto che un uso scorretto ha recentemente provocato danni ai produttori di uova. Usato pre la disinfestazione del pidocchio rosso (in realtà un acaro) nella produzione industriale di uova e allevamenti di ovaiole il Fipronil si è rinvenuto come residuo indicando così l'impiego illegale. Per la disinfestazione delle galline ovaiole, anche a livello industriale, è bene impiegare l'alternativa rappresentata dal calore.

I sintomi che si possono osservare nell'uomo a seguito di esposizione a forti dosi, singola o ripetuta, sono ipereccitabilità, irritabilità, tremori e, a uno stadio più grave, letargia e convulsioni. I sintomi sono reversibili, una volta terminata l'esposizione.

In caso di ingestione, cercare di indurre il vomito se la vittima è cosciente; non va indotto il vomito, invece, in una persona svenuta. La sostanza si assorbe lentamente attraverso l'intestino; per ridurre l'assorbimento usare una lavanda gastrica, un purgante salino o carbone attivo. Non è noto un antidoto specifico. Dati sperimentali evidenziano che barbiturici e benzodiazepine risultano efficaci nel prevenire le convulsioni indotte dal fipronil.

In ogni caso consultare un Centro Antiveleni.



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domenica 6 agosto 2017

L'ARGAN

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L'olio di argan è l'olio estratto dai semi della pianta di Argania spinosa, endemica nella zona sud del Marocco. È particolarmente apprezzato per le sue proprietà nutritive, cosmetiche e medicamentose. Nel linguaggio cosmetico è anche conosciuto come olio marocchino.

La foresta di Argan, che un tempo copriva vaste superfici dell'Africa del nord, oggi si estende per circa 800.000 ettari nel sud del Marocco, specificamente nella pianura del Souss, tra le città di Essaouira, Agadir e Taroundant. Nel 1998 l'UNESCO ha dichiarato l'area delle foreste di argania riserva della biosfera[2]. Qui lavorano cooperative di donne dedite alla raccolta dei frutti assicurando la protezione e la riforestazione di tali piante.

La raccolta dei frutti della pianta di Argania spinosa avviene nei mesi di giugno e luglio, occasionalmente, solo in alcune zone, nel mese di febbraio. La raccolta avviene quando il frutto ormai secco cade dalla pianta e viene raccolto da terra. Al momento della raccolta, le donne prestano particolare attenzione a non raccogliere noci, ma soltanto i frutti, perché noci senza frutto sono da attribuirsi a frutti che sono stati mangiati dalle capre che ne sono ghiotte e che usano arrampicarsi sugli alberi per mangiarli. L'utilizzo tradizionale di noci digerite dalle capre è caduto in disuso in quanto non è compatibile con gli attuali parametri sensoriali e di stabilità dell'olio di argan per uso alimentare.

La raccolta è tutt'oggi manuale e, come tradizione, viene effettuata da donne Berbere autoctone della stessa area geografica, oggi riunite in cooperative di lavoro. I frutti ormai secchi vengono raccolti e portati sino ai centri di lavorazione. Gli unici strumenti utilizzati in questa fase sono sacchi per la raccolta, asini o mezzi moderni per il trasporto.

Tradizionalmente, una volta estratti i noccioli dai frutti e le mandorle dai noccioli, queste ultime venivano messe in un tipico strumento che, attraverso il loro sfregamento meccanico e l'aggiunta di acqua, produceva una pasta chiamata “Malaxage” contenente il 50% di olio di argan. Dal massaggio manuale della Malaxage si ottiene l'olio di argan. Per ottenere olio di argan per uso alimentare le mandorle vanno tostate prima dell'ottenimento della Malaxage. Con questo metodo la resa sul peso dei noccioli varia dal 30% al 35%, quindi da circa 100 kg di frutto secco, si ottengono circa 7.2 kg di noccioli da cui derivano 6.5 kg di mandorle da cui si ricavano circa 2 kg di olio di argan. Sono necessarie 58 ore di lavoro per ottenere questa quantità di prodotto. L'olio di argan, ottenuto con metodo tradizionale, contiene una rilevante percentuale di acqua che ne limita la conservazione nel tempo, per i naturali fenomeni di ossidazione. Pertanto le donne berbere conservavano i frutti per tutto l'anno e producevano piccole quantità di olio in base ai bisogni di consumo della loro famiglia. I prodotti secondari della lavorazione sono: il guscio dei frutti secchi, che veniva dato come alimento al bestiame, i residui dei noccioli aperti, utilizzati per accendere il fuoco, e la pasta Malaxage come ingrediente della ricetta tradizionale del “Sapone nero”, tipico delle regioni nord africane e medio orientali, utilizzato nell'Hammam.

A partire dai primi anni del 2000 al metodo di lavorazione manuale si è progressivamente affiancato il metodo di estrazione moderno che prevede l'impiego di diversi macchinari. Le mandorle ottenute dall'apertura dei noccioli vengono lavorate attraverso una tramoggia che le macina e spreme progressivamente, sino all'ottenimento dell'olio non filtrato, che appare molto torbido per la presenza di frammenti. L'olio ottenuto a questo punto della lavorazione, viene filtrato. Una moderna macchina può estrarre sino a 10 litri per ora a differenza delle modeste quantità del metodo tradizionale. I sottoprodotti del moderno metodo di lavorazione sono esclusivamente i residui secchi delle mandorle spremute, che attualmente vengono impiegati come cibo per gli animali. Attraverso il metodo moderno la resa sul peso del noccioli varia dal 40 al 45%, pertanto, da circa 100 kg di frutto secco si ottengono circa 7,2 kg di nocciolo da cui derivano circa 6,5 kg di mandorle da cui si ricavano circa 3,25 kg di olio di argan. Con questo metodo il tempo necessario per pressare un Kg di mandorle si riduce da 3 a 4 volte. Con il metodo moderno meccanico non si deve aggiungere acqua per la lavorazione del malaxage, ottenendo così un olio di argan capace di conservarsi molto più a lungo rispetto a quello ottenuto con il metodo tradizionale. È, inoltre, dimostrato che l'estrazione eseguita con i metodi moderni ed industriali, tramite pressa, non altera né la composizione chimica, né le caratteristiche fisico-chimiche dell' olio di argan.



Per ottenere l'olio di Argan per uso alimentare è necessario tostare preventivamente i semi. L'olio così ottenuto ha un colore più scuro ed un odore torrefatto. Può essere utilizzato come condimento per il pane, il couscous e le insalate. Inoltre, dalla macinazione di mandorle tostate e olio di argan, i locali ottengono l'Amlou, una spessa pasta marrone con una consistenza simile al burro di arachidi, che viene consumata come pane.

L'olio di argan è composto per circa il 99 % da acilgliceridi (trigliceridi). In tutti gli oli vegetali la composizione può variare in funzione della modalità di coltivazione, della esposizione agli agenti esterni naturali e/o artificiali, della raccolta e della lavorazione. L'olio di argan è composto prevalentemente da trigliceridi.
La distribuzione di acidi grassi dell'olio di argan è molto simile a quella di altri oli vegetali di costo molto inferiore, pertanto è particolarmente alto il rischio adulterazione.

La parte insaponificabile che rappresenta il restante 1% è composta da carotene, tocoferolo (vitamina E), alcoli triterpenici, steroli e xantofilline.

Questo vale sia per l'olio alimentare che quello cosmetico ma, all'aumentare del grado di tostatura, si osserva un aumento del colore e del contenuto di fosforo. I dati ossidativi dimostrano che la tostatura delle mandorle da 15 a 30 minuti a 110 °C è ottimale per preservare le proprietà nutritive dell'olio di argan vergine.

Il tenore di campesterolo nell'olio di argan (< 0,4% del totale degli steroli) è molto inferiore di quello degli oli con cui può essere adulterato, pertanto è uno dei possibili marcatori di una eventuale adulterazione.

L’olio di Argan è un vero e proprio portento. Le mille proprietà dell’olio di Argan lo rendono il prodotto perfetto per chi ha particolare attenzione alla bellezza. Direttamente dal sud del Marocco arrivano le piante di Argan (dette anche albero della vita) da cui si ricava il prezioso Olio di Argan, un olio inimitabile tant’è che solo quello proveniente da queste zone ha determinate proprietà. Un vero e proprio elisir l’olio di Argan, dalle proprietà uniche che lo rendono un prodotto versatile adatto sia alla cura della bellezza che alla cucina. Le proprietà dell’olio di Argan sono molteplici e derivano tutte dai semplici elementi che lo compongono: acidi grassi, Omega 3, Omega 6, vitamina E e vitamina A capaci di combattere il rilassamento cutaneo e l’invecchiamento. Riesce a idratare tutti gli strati della pelle a partire dal film idro-lipidico grazie alle sue proprietà emollienti, nutritive e rigeneranti. Inoltre aiuta a produrre collagene prevenendo la formazione delle rughe. Utile per prevenire le rughe, la sua azione elasticizzante è ideale per prevenire la formazione delle smagliature. Usi centenari per un prodotto eternamente moderno Centinaia di anni fa in Marocco si usava già l’olio di Argan anche in cucina. Somministrato regolarmente infatti questo olio consente di abbassare il colesterolo cattivo con benefici sul sistema cardiovascolare. Inoltre purifica il fegato e aiuta la digestione.
L’unguento viene usato anche per i bambini: la sua consistenza untuosa permette di idratare fino in fondo la pelle ma allo stesso tempo senza lasciarla unta. Idratante ed emolliente l’olio di Argan prevede usi anche per la pelle del viso e per le labbra: usato al posto del classico burro di cacao idrata la bocca lasciandola carnosa e morbida e allontanando la secchezza delle labbra sia in estate che in inverno. Usato per le unghie dona elasticità e lucentezza, le lascia idratate e le rafforza.

I benefici terapeutici derivanti dal consumo di olio di argan vengono decantati dalle popolazioni indigene del Marocco e dagli esploratori ormai da più di 8 secoli. Tradizionalmente, l'olio di argan è stato conosciuto per le sue proprietà cardio protettive e per il trattamento di infezioni della pelle. Dati epidemiologici hanno dimostrato che, il consumo regolare di olio di argan per uso alimentare, può avere significativi effetti protettivi contro le neoplasie del tratto colon-rettale, della prostata, del seno, del pancreas e dell'endometrio. Alcuni esperimenti hanno dimostrato un'attività ipolipemizzante sugli esseri umani ed antidiabetica sugli animali. Inoltre, tra le proprietà farmacologiche dell'olio di argan si possono annoverare: inibizione della crescita batterica, anti-diabetico e protettivo del sistema cardio vascolare. Analisi che si sono protratte negli ultimi cinque anni hanno consentito di redigere studi fitochimici che indicano la presenza di numerosi composti farmacologicamente attivi. Tuttavia questi studi sono stati condotti sull'attività farmacologica potenziale senza, ancora, una correlazione con studi clinici. Le emulsioni per uso cosmetico, contenenti olio di argan, sono spesso definite idratanti, anti-età e ricostituenti.

In Marocco l'indotto della produzione di olio di argan fornisce sussistenza a 3 milioni di persone. Il lavoro svolto corrisponde a 20 milioni di ore lavorative all'anno. Il suo funzionamento è un'attività generatrice di reddito e ha sempre avuto una funzione socio-economica. La grande maggioranza della produzione di olio di argan, infatti, passa attraverso le cooperative di donne che lavorano all'interno della biosfera protetta dall'UNESCO. La produzione totale annua di olio di argan (di tutte le varietà) è di 4.000 tonnellate di cui circa il 75% viene esportato. L'Union des Cooperatives des Femmes de l'Arganeraie (UCFA), Co-sponsorizzato dall'Agenzia per lo Sviluppo Sociale (SDA) con il sostegno dell'Unione europea, è la più grande unione di cooperative per argan in Marocco. Si compone di ventidue cooperative che si trovano in varie parti della regione (ad esempio: Coopérative Al Amal, Coopérative Amalou N'Touyag, Coopérative Tissaliwine, ArganSense Coopérative e Coopérative Maouriga). Queste donne si riuniscono per essere meglio organizzate e quindi garantire un reddito equo attraverso le cooperative e consentire loro un ambiente di vita migliore. Tale programma si concentra sul miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne rurali e la gestione e l'utilizzo sostenibile delle foreste di argan nel sud-ovest del Marocco.




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domenica 23 luglio 2017

LA PIPI' DEL CANE

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Molti cani si emozionano e fanno pipì sul pavimento se arriva qualcuno, o quando il padrone torna a casa dal lavoro.

Nel cucciolo l’urinazione è una reazione quasi del tutto inconscia, in risposta ad una presenza che lui ritiene minacciosa, l’adulto spesso se la fa sotto volutamente, perché pensa che noi siamo molto felici quando fa così.
La prima cosa da fare per evitare che l’urinazione permanga fino all’età adulta, quindi, è evitare di rinforzarla con segnali di approvazione.
Inutile dire che non si devono dare neppure segnali di riprovazione, perché in questo caso il cane si sentirebbe minacciato e all’urinazione dettata dal nostro compiacimento potrebbe subentrare quella dettata dalla paura: quindi,  in questo caso, la cosa migliore da fare è proprio quella di ignorare completamente il comportamento.
Nel contempo è bene aumentare l’autostima e la sicurezza del cucciolo, facendolo socializzare e cercando di ottenere che si senta tranquillo e al sicuro con qualsiasi persona e in qualsiasi ambiente.

Nel cane la sottomissione è una dimostrazione di rispetto che comprende il riconoscimento di un rango sociale più elevato del proprio e il desiderio di evitare qualsiasi conflitto.
Quindi, primissimo imperativo: NON punire mai questo tipo di comportamento.
Infatti, se il cane venisse punito perché si sente insicuro e ha un po’ paura di noi, questa paura – ovviamente – peggiorerebbe.
Se invece venisse punito perché pensava di farci felici, andrebbe in totale confusione e perderebbe fiducia in noi (passando, magari, dall’urinazione emessa per compiacerci a quella emessa per paura).
E’ sbagliato anche “consolare” il cane con atteggiamenti di compiacimento (che, come abbiamo visto, rinforzano il comportamento: questo avviene anche nell’adulto, non solo nel cucciolo).



Ignorare l’urinazione (e anche il resto del cane) quando rientriamo dopo un’assenza (è il caso più frequente in cui si manifesta il comportamento: l’altro caso è quello in cui il cane venga sgridato, o comunque si accorga che siamo tesi o incavolati);
Chiedere al cane un comportamento alternativo: dopo essere rientrati in casa (senza filarci il cane di pezza) spogliamoci, posiamo le chiavi o la borsa, mettiamoci le ciabatte, insomma facciamoci tutte le nostre cosine… poi chiamiamo il cane, facciamogli eseguire un piccolo esercizio di obbedienza (basta un “seduto”, o un “dai la zampa”) e solo a quel punto salutiamolo con enfasi, facendogli capire che anche noi siamo molto contenti di rivederlo. Questo tipo di comportamento umano serve anche ad eliminare il vizio di saltare addosso al nostro rientro.
Eliminare ogni forma di coercizione psicofisica: il che non significa affatto che il cane deve fare tutto quello che gli pare, ma che deve imparare ad obbedire perché sa che così ci divertiremo insieme, e non per timore di una punizione.



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domenica 16 luglio 2017

LA SAUNA

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La parola sauna è un'antica parola finlandese dall'etimologia non del tutto chiara, ma che, probabilmente, poteva essere originariamente legata al significato di dimora invernale.

Per avere una sensazione di maggiore calore veniva prodotto del vapore gettando acqua su pietre fatte riscaldare sul fuoco fino a diventare roventi. Tale accorgimento permetteva di far aumentare la temperatura tanto da consentire alle persone di levarsi gli abiti.

Nelle prime saune le pietre erano riscaldate con un fuoco a legna e il fumo (in finlandese savu) veniva fatto uscire dopo essersi diffuso nella stanza (la "savusauna" finlandese rievoca appunto questa usanza).

Costruzioni utilizzate sia come sauna sia come casa si trovavano ancora in Finlandia fino al XIX secolo anche se come eccezioni dovute principalmente alla povertà o all'utilizzo temporaneo di tali costruzioni, poiché sin dal XII secolo si possono rintracciare documenti che descrivono la separazione delle saune dalle case.

Il primo tipo di sauna fu quindi utilizzata principalmente come casa invernale e solo secondariamente per una pratica idroterapica.

Oggi, sauna può indicare l'ambiente relativo, la pratica idrotermoterapica che consiste nel suo utilizzo, o l'esercizio commerciale o il club che offra quanto necessario al pubblico o ai suoi membri, spesso insieme ad altri trattamenti estetici, idroterapici, o di benessere.

In relazione a tale ultima accezione la parola viene oggi in senso ampio a includere anche le pratiche e tradizioni profondamente diverse rappresentate dal hammam e dal bagno turco.

Secondo alcune leggende nella sauna vivrebbe un piccolo gnomo (Saunatonttu) che deve essere trattato con rispetto (tenendo acceso il fuoco sacro e lasciando del cibo fuori dalla sauna) per avere la sua protezione e non subire punizioni.

Secondo altri racconti e leggende la sauna era considerata un luogo sacro (come una vera e propria chiesa) dove si partoriva (tradizione protrattasi fino alla diffusione di adeguate strutture ospedaliere).

Nella rappresentazione sacra il fuoco era visto come un dono dal cielo, il focolare era l'altare e il vapore (löyly) ottenuto gettando l'acqua sulle pietre roventi rappresentava lo spirito o la vita (in molte lingue collegate al ceppo finnico - come ad esempio l'estone - ci sono parole corrispondenti a löyly con simili significati).

La sauna avrebbe svolto un ruolo importante addirittura durante la seconda guerra mondiale, durante gli scontri contro la Russia nel 1939 (quando d'inverno la temperatura scende sotto i -20 °C) consentendo ai finlandesi di resistere così lungamente davanti a un nemico decisamente superiore.

La sauna in Finlandia è ormai una parte integrante della cultura e dello stile di vita finlandese: si pensi che c'è in media quasi una sauna ogni due abitanti.

Per i finlandesi la sauna è un luogo dove rilassarsi fisicamente e mentalmente, non è un lusso ma una necessità: tanto che la sauna stessa è la prima costruzione tradizionalmente eretta da un contingente militare di pace finlandese.

Questa consuetudine deriva dalle origini stesse della popolazione finlandese: la sauna è sempre stata la prima costruzione realizzata da chi si spostava. D'altra parte nella sauna si può vivere, cucinare il cibo sulla stufa, prendersi cura della propria igiene e far partorire in un ambiente abbastanza sterile.
Dal punto di vista idroterapico la sauna finlandese si riallaccerebbe a un'antica tradizione di medicina naturale che in occidente è stata tramandata principalmente attraverso gli insegnamenti di Ippocrate di Coo e Galeno (e successivamente di Sebastian Kneipp e Vincent Priessnitz) e ha conosciuto la sua massima diffusione con il calidarium (laconicum), tepidarium e frigidarium delle terme romane e con il successivo hamam turco (dall'arabo "scaldare"), ma di cui si può trovare traccia anche in altre tradizioni dal mushiboro giapponese, al banja russo, alla capanna del sudore degli eschimesi o degli indiani d'America, al temazcal messicano.

Dal punto di vista del costume, invece, la sauna (come già nelle terme romane e nel hamam turco) è sempre più concepita come un momento di ritrovo socializzante e/o di relax e si sta diffondendo rapidamente nelle strutture adibite alle vacanze, nei centri benessere e perfino nelle palestre.



Questa è una delle ragioni per cui dalla tradizionale sauna di fumo, o comunque con stufa a legna, si è passati alla più pratica sauna con stufa elettrica e si sta diffondendo addirittura quella a raggi infrarossi, decisamente lontana dalla sauna finlandese originale.

La sauna anche per la sua funzione di interazione familiare e sociale è stata concepita per essere praticata in totale nudità e in ambienti promiscui. Infatti nella sauna finlandese originale le temperature prossime ai 100 gradi impediscono l'uso di qualsiasi indumento o protezione che comporterebbe tra l'altro il rischio di collasso. Viene infatti così praticata nei paesi di lingua tedesca. Nei paesi del nord Europa, le saune pubbliche sono separate per genere, come ambienti o giorni. Negli altri paesi di solito, in contrasto con lo spirito più originale e profondo di questa pratica ed in conformità agli usi, al comune senso del pudore ed alle leggi, le saune sono miste e non è accettato l'accesso completamente nudi; le temperature sono più basse in modo da potersi coprire. Nelle saune gestite con maggiore attenzione è però vietato utilizzare i costumi da bagno per il rischio di emissioni di sostanze nocive, gassose o meno, dalle fibre sintetiche degli stessi e di reazioni epidermiche; si usano pertanto per coprirsi gli asciugamani o gli accappatoi di cotone.

La sauna filandese è la sauna originale, o propriamente detta, in cui la temperatura può raggiungere gli 80-100 °C, inducendo un'abbondante traspirazione della pelle, mentre l'umidità non supera il 10-20%, a parte quando si getta l'acqua sulle pietre. All'acqua vengono talora aggiunti oli essenziali a effetto balsamico come, ad esempio, essenze di pino o di eucalipto.

Le stufe utilizzate possono essere a legna o elettriche.

Tipicamente la pratica della sauna prevede di alternare a minuti nella sauna bagni in acqua fredda o docce fredde.

Il sanarium o Biosauna è una tipologia intermedia fra la sauna finlandese e il bagno turco. In questo tipo di sauna la temperatura può raggiungere i 50-60 °C, mentre l'umidità è normalmente del 50%.

La traspirazione, generalmente meno intensa che nella sauna finlandese, viene più che compensata da tempi di permanenza generalmente più lunghi (quindi alla fine si possono perdere più liquidi).

Talvolta in questo tipo di sauna viene diffuso vapore generato da erbe essiccate inumidite, cercando di riprodurre le condizioni del bagno di fieno.

L'ambiente in cui si svolge il bagno turco è saturo di vapore acqueo (umidità al 100%) formando una nebbia a temperatura stratificata (da 20/25 °C al livello dei piedi a 40/50 °C all'altezza della testa) che, depositandosi sulla pelle, invita alla traspirazione.

Non si tratta soltanto di un bagno di vapore, ma è normalmente concepito come un momento di ritrovo socializzante e di riposo, spesso associato a massaggi. Nella tradizione araba, l'hammam (dall'arabo "bagno"), similmente alle terme romane, è formato da tre sale: una sala è molto calda (harara), una tiepida e l'ultima fresca.

Il hammam, secondo la tradizione marocchina, prevede l'uso del sapone nero, l'olio di Argan e l'impiego del rassoul (talora trascritto rhassoul e, correttamente, ghassul): un'argilla estratta nelle montagne dell'Atlante marocchino. Il sapone nero è una pasta scura a base di olive e sali minerali che si applica su tutto il corpo nel tepidarium per le sue proprietà purificanti e esfolianti che rendono la pelle molto morbida. Inoltre, la frizione con il guanto di crine stimola la circolazione. L'olio di Argan si estrae dai semi della pianta omonima che cresce nelle zone desertiche. Il massaggio conclude il percorso del hammam. Infine, il ghassul, unito all'acqua diventa una pasta morbida che spalmata su mani e piedi assorbe le impurità che si eliminano con semplice risciacquo dopo una decina di minuti di posa.

Dalle spa alle beauty farm, oggi il hammam è uno dei trattamenti di bellezza più diffusi.

Diversamente dagli altri tipi di sauna quella a raggi infrarossi o Infrasauna non è necessario un preriscaldamento dell'ambiente in quanto le radiazioni infrarosse (innocue onde elettromagnetiche emesse anche dal nostro corpo e dal sole) vengono assorbite principalmente dal corpo stesso e in una piccola frazione riscaldano l'aria circostante, in genere non superando mai i 60° che si raggiungono gradatamente. La caratteristica principale di queste saune sono l'assenza di vapore (caldo secco) e una maggiore semplicità nell'installazione.
Le prime terme nacquero in luoghi dove era possibile sfruttare le sorgenti naturali di acque calde o dotate di particolari doti curative e poi si diffusero anche dentro le città e rappresentarono uno dei principali luoghi di ritrovo durante l'antica Roma unendo alle strutture propriamente "termali" anche piccoli teatri, biblioteche, sale di studio e addirittura negozi.

Negli antichi insediamenti aztechi, le donne partorissero in una sorta di capanna "sudatoria", così da poter beneficiare del calore lenitivo e rilassante per alleggerire le doglie.
Ma, accanto alle proprietà terapeutiche, per molti popoli, tra cui gli indiani sioux, il bagno di sudore rappresentava anche una funzione di purificazione.
Le tradizioni della sauna si sono conservate e perfezionate soprattutto in Finlandia e in Russia: non è raro scorgere, sulle rive dei laghi e dei fiumi, casette di legno costruite a questo scopo.
Nell'immediato dopoguerra, la moda della sauna finlandese si è diffusa anche in Europa e negli Stati Uniti grazie al fatto che, tra l'altro, viene considerata un ottimo metodo per rilassarsi e favorire un sonno salutare.

Non esiste un momento adatto per fare un bagno di vapore; è comunque indispensabile, per godere dei benefici, avere tempo per farlo bene e con calma.
Per quanto riguarda il mangiare, è più che sufficiente uno spuntino leggero con yogurt e frutta. Una tisana calda - bevuta prima di iniziare la sauna - aiuta a sudare. Al termine del trattamento è opportuno calmare la sete con succhi, tisane ed acqua, evitando ovviamente le bevande alcoliche.
Prima di entrare nella sauna è opportuno farsi una doccia, insaponandosi bene con il sapone. Questo consente di preparare la pelle con i pori ben aperti e facilita il rilassamento di tutto il corpo.

Una volta usciti dalla sauna, si fa una doccia con acqua fredda (il getto deve essere dolce) che riporti a livelli normali la temperatura corporea. Viene, poi, il momento del riposo: avvolti in un accappatoio o con l'aiuto di coperte, ci si stende sul lettino. Questo tempo, non più di quindici minuti, può essere impiegato anche per schiacciare un sonnellino.
Si torna, infine, nella sauna per il secondo passaggio - circa altri dieci minuti - stando attenti a ripetere i medesimi accorgimenti. Al termine la pelle sarà più morbida ed elastica: un buon latte vegetale (una crema idratante a base di erbe) potrà concludere il trattamento.

Con il sudore, nella sauna si disperdono i liquidi corporei e i sali minerali. Diventa quindi fondamentale reintegrare quanto perso. Sono messe al bando le bevande zuccherate, stimolanti e, soprattutto, quelle alcoliche, non solo durante, ma anche prima e dopo la sauna. Tra le bibite indicate ci sono acqua non gasata, tisane di lampone, malva, ortica, tiglio, succhi di frutta o di verdura. Il momento più indicato per bere è, comunque, dopo la sauna.

È bene che le persone che soffrono di ipertensione, di affezioni polmonari o cardiache e di problemi circolatori evitino la sauna. Tuttavia, per i neofiti, è sempre opportuno chiedere consiglio al proprio medico di fiducia prima di iniziare il trattamento con i bagni di calore.

Non esiste una statistica che rileva i benefici psichici della sauna, tuttavia, pressoché univocamente si sostiene che dopo un bagno si provano rilassamento psico-fisico, diminuzione di ansia, e sensazione di energia.

L'abbondante sudorazione provocata dalla sauna, elimina circa un litro d'acqua e pulisce a fondo la pelle, rimuovendo impurità e sostanze tossiche. È evidente, però, che la perdita di liquidi va reintegrata al termine bevendo tisane e succhi di frutta. La sauna, dunque, non "fa" dimagrire, ma certamente contribuisce a migliorare ricambio e metabolismo.

La sauna disintossica in profondità e, quindi, rende la pelle luminosa e trasparente ed i tessuti maggiormente elastici. Il bagno di calore, inoltre, favorisce il rilassamento e aiuta il sonno notturno. Infine, vengono migliorate la circolazione sanguigna e linfatica e aumenta la attività della pelle, dei tessuti e delle ghiandole.
In pratica la sauna equivale ad una profonda pulizia di tutto il corpo e rende la pelle maggiormente resistente agli agenti atmosferici, dal freddo al caldo, dal vento allo smog.

Gli effetti benefici della sauna intervengono anche su cuore, sulla circolazione, sulla pelle e sulla respirazione e migliorano la resistenza alle infezioni, quali sinusiti, raffreddori ed influenze.
Tutto l'organismo risente dunque positivamente di questi effetti che lo rendono più energico e attivo. In Germania, ad esempio, si cominciò a considerare la sauna durante le olimpiadi di Berlino del 1936, quando si constatarono i risultati degli atleti finlandesi che avevano chiesto di avere a disposizione dei bagni di calore.



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BAGNOMARIA



Il bagnomaria è un sistema per riscaldare, cuocere o distillare indirettamente. Lo scopo è quello di avere un maggior controllo sui risultati quando si trattino ingredienti particolarmente delicati.

Per preparare un bagnomaria, si prepara anzitutto il composto da sottoporre al trattamento all'interno di un recipiente. Quindi si riempie di liquido, in genere acqua, un altro recipiente di forma e dimensioni adatte a contenere il primo recipiente in modo agevole e sicuro. Si mette il primo dentro il secondo e quest'ultimo sul fuoco o direttamente in forno.

Il calore manterrà calda l'acqua e a partire da questa lentamente calore al composto, in modo delicato e ben controllabile. La tecnica richiede tempi lunghi, ma è molto usata in pasticceria. Consente infatti di avere un maggior controllo sul grado di cottura di alcuni composti che altrimenti patirebbero degli sbalzi di calore violenti, come alcuni a base di uova, miele, zucchero. Tra le preparazioni più note ricordiamo il pan di Spagna, il torrone, i budini della famiglia delle crème caramel, in alcuni casi il caramello biondo, e alcune ricette di marmellata. Il bagnomaria è usato anche per rendere nuovamente fluido il miele cristallizzato.

L'invenzione di questo modo di scaldare i cibi viene attribuita a Maria, sorella del biblico profeta Aronne, vissuta in Egitto trenta secoli fa e identificata per tradizione anche con Myriam, sorella di Mosè. L'uso che ne fu fatto anticamente è però molto lontano da quello che conosciamo oggi. Maria infatti fu considerata nel mondo antico, ma soprattutto nel Medio Evo, come la depositaria dell'arte magica e alchimistica del popolo ebreo. Questo particolare modo di cucinare prese in un primo momento il nome di kaminos Marias, quindi balneum Mariae e infine “bagnomaria”.
A Maria si fa risalire anche l'invenzione dell'alambicco, strumento ancora oggi usato per la distillazione dei liquori e composto da una caldaia in cui il liquido viene scaldato a fiamma viva oppure, manco a dirlo, a bagno-maria.



Può essere usato per cuocere, scaldare ma anche raffreddare.
La cottura a bagnomaria sul fornello è adatta alla preparazione di salse e creme, che richiedono di essere mescolate spesso.
Quella in forno, invece, si usa per le ricette dove la coagulazione dell’uovo dà luogo ad uno sformato.
La cottura a bagnomaria può avvenire a secco o per contatto:
nel primo caso la pentola che contiene l’alimento è disposta in modo che non entri a contatto con l'acqua bollente del recipiente sottostante. In tal modo la temperatura si mantiene più bassa: può essere utile quando ad esempio si scioglie il cioccolato.
Se invece il recipiente con il cibo è immerso nell’acqua calda, abbiamo la cottura a bagnomaria per contatto. Questo metodo può essere molto utile quando vogliamo riscaldare dei cibi, ma anche per preparare mousse e salse.
Il bagnomaria può essere utilizzato anche per raffreddare, immergendo il pentolino contenente il cibo in una pentola contenente acqua, ghiaccio e sale grosso.
Esistono in commercio appositi pentolini per praticare la cottura a bagnomaria, come ad esempio il polsonetto, un contenitore semisferico dotato di un manico e un gancio, ma si può ovviare utilizzando gli utensili che troviamo abitualmente nelle nostre case: sono sufficienti due pentole che si adattino una dentro l’altra o, nel caso della cottura in forno, di due teglie.
La cottura a bagnomaria è particolarmente indicata per tutte quelle preparazioni che hanno bisogno di una cottura lenta e controllata.
In particolar modo alcune salse, budini e creme che altrimenti rischiano di “impazzire”: ecco perché è indispensabile per il créme caramel, la panna cotta, ma anche alcuni tipi di marmellata e gelatina.
E’ inoltre indicata per sciogliere il cioccolato, il burro o per preparare in forno delicati sformati in modo che l’uovo si rapprenda uniformemente e lentamente.
Un altro alimento preparato spesso a bagnomaria è il pesce spada, ma anche altri tipi di pesce o di carne possono essere cotti con questa tecnica in modo da ottenere piatti leggeri, senza aggiunta di condimenti grassi.

Il vantaggio principale della cucina a bagnomaria è il controllo della temperatura grazie alla cessione graduale del calore da parte dell’acqua calda: in ciò risiede anche l’unico svantaggio, peraltro inevitabile, della lunghezza dei tempi.
La cottura a bagnomaria è una tecnica delicata, non adatta a chi va di fretta.
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domenica 2 luglio 2017

IL GADOLINIO

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Il gadolinio è un metallo delle terre rare ha aspetto bianco-argenteo, è duttile e malleabile. Cristallizza a temperatura ambiente in una forma a esagonale compatta, scaldato a 1.508 K si trasforma in una forma cristallina ß cubica a corpo centrato.

Nel 1880, il chimico svizzero Jean Charles Galissard de Marignac osservò le linee spettrali del gadolinio in campioni di didimio e di gadolinite. Fu poi il francese Paul Émile Lecoq de Boisbaudran a separare la gadolinia (ovvero l'ossido di gadolinio(III)) dall'ittria di Mosander nel 1886. L'elemento puro è stato isolato solo in tempi relativamente recenti

Come il minerale gadolinite, il gadolinio deve il suo nome al chimico e geologo finlandese Johan Gadolin.

Come ione Gd3+, il gadolinio è un acido di Lewis duro e ennacoordinato, caratteristica che lo rende eccezionalmente affine a basi come H2O ed OH-. La prima rende conto della difficoltà di lavorazione metallorganica dello ione in soluzione, la seconda della sua tossicità: a pH fisiologico e in presenza di fosfati liberi, precipita come idrossido (gelatinoso incolore) e come fosfato (bianco polveroso). I complessi carichi vengono eliminati con le urine, inoltre, non sono in grado di attraversare la barriera ematoencefalica integra, ma solo quando è interrotta o alterata nella sua permeabilità (lesione neoplastiche, demielinizzazioni recenti, flogosi); anche per questo vengono utilizzati come mezzo di contrasto in risonanza magnetica.

La presenza di un centro paramagnetico, influenza i tempi di riallineamento del vettore magnetizzazione dei protoni dell'acqua, la cui risonanza è misurata nella MR a scopo diagnostico. Dal momento che le lesioni neoplastiche sono più ricche di acqua rispetto alle zone circostanti e che il mezzo di contrasto tende a stabilirvisi, qui è generato un segnale più intenso rispetto al tessuto sano.
Sono molti i fattori che influenzano l'efficacia del mezzo di contrasto; essi cambiano la loro influenza sulla relassività dei protoni a seconda della posizione del protone stesso rispetto al centro paramagnetico (sfera interna o coordinazione diretta; sfera esterna o interazioni non covalenti).
Per questo sono stati messi a punto dei leganti azamacrociclici poliamminopolicarbossilici che, con una cinetica lentissima, riescono a complessare 8 dei 9 siti di coordinazione dello ione. Portano però problemi di ingombro sterico, rendendo, talvolta, difficilmente accessibile l'unica molecola d'acqua di coordinazione. Il capostipite è il DOTA (come sale megluminico dell'acido gadoterico), con i suoi derivati liposomiali, come il DOTA.DSA, che hanno una funzione con una doppia coda lipofila, simile a quella dei fosfolipidi.



Un altro tipo di leganti utilizzati sono il DTPA (acido dietilen-triamino-pentacetico o acido pentetico) a formare il Gd-DTPA (sale dimegluminico dell'acido gadopentetico). Dal DTPA si giunge ai suoi derivati, come il MS-325, contenenti una struttura lipofila.

Il gadolinio in natura non si trova allo stato nativo, ma solo combinato in minerali quali la gadolinite, la monazite e la bastnasite.

Viene preparato per scambio ionico ed estrazione in solvente, oppure per riduzione del suo fluoruro anidro con calcio metallico.

Il gadolinio in natura si presenta come una miscela di 5 isotopi stabili, 154Gd, 155Gd, 156Gd, 157Gd, 158Gd, e di due radioattivi, 152Gd e 160Gd. 158Gd è il più abbondante (24,84%).

Del gadolinio sono stati individuati 30 isotopi radioattivi, di cui il più stabile è 160Gd (con un'emivita di 1,3 × 1021  anni), 152Gd (1,08 × 1014  anni) e 150Gd (1,79 × 106  anni). Tutti gli altri hanno emivite inferiori a 74,7 anni e la maggior parte di essi inferiore a 24,6 secondi. Sono inoltre noti 4 metastati, i cui più stabili sono 143mGd (emivita: 110 secondi), 145mGd (85 secondi) e 141mGd (24,5 secondi).

La principale modalità di decadimento per gli isotopi più leggeri di 158Gd è la cattura elettronica con conversione in isotopi dell'europio; per quelli più pesanti è il decadimento beta con conversione in isotopi del terbio.

Nel 2007 i produttori di mezzi di contrasto a base di gadolinio hanno reso noto al personale sanitario importanti revisioni riguardanti la prescrizione di questi prodotti apportate dalla Food and Drug Administration per l'impiego nella risonanza magnetica per immagini (MRI): segnalazioni successiva al loro utilizzo hanno mostrato che l'uso di questi agenti aumenta il rischio di sviluppare una grave condizione medica, chiamata fibrosi nefrogenica sistemica nei pazienti con insufficienza renale grave, acuta o cronica (velocità di filtrazione glomerulare < 30 ml/min/1,73 m²) e nei pazienti con disfunzione renale dovuta a sindrome epato-renale nel periodo perioperatorio del trapianto di fegato.

La fibrosi nefrogenica sistemica conduce ad eccessiva formazione di tessuto connettivo a livello della cute e degli organi interni, è una malattia progressiva e può essere debilitante, con esito talora fatale.

Ad oggi l'FDA, avendo ricevuto la segnalazione di più di 250 casi di fibrosi nefrogenica sistemica dopo somministrazione dei mezzi di contrasto basati sul gadolinio, ha pertanto deciso di inserire nella scheda tecnica di questi prodotti un esplicito avvertimento in tal senso.

Anche l'Agenzia italiana del farmaco, al pari della Food and Drug Administration statunitense, segnala fibrosi nefrogenica dopo somministrazione di gadolinio.

La possibilità di reazioni avverse, acute e non acute, su base tossica diretta (locale, come per stravaso extravascolare, o su particolari organi e apparati, per esempio la nefrotossicità) o idiosincrasica, se pur non frequente è nota da tempo per i mezzi di contrasto iodati usati per le radiografie (TC compresa). Per quanto riguarda gli stravasi va sottolineato che nella maggioranza dei casi sono di lieve entità e temporanei, con eritema e dolore localizzato, in relazione allo stravaso di piccoli volumi; tuttavia in alcuni rari casi lo stravaso di grossi volumi può provocare lesioni gravi come ulcerazioni.

I mezzi di contrasto iodati (che assorbono i raggi X) sono classificati sulla base delle loro caratteristiche fisiche e chimiche. Nella pratica clinica si differenziano sulla base della loro viscosità e osmolarità. Reazioni avverse gravi acute (pochi minuti dopo l’introduzione del contrasto), se pur rare, sono sempre possibili. Benché queste reazioni possano avere le stesse manifestazioni delle reazioni anafilattiche, esse non sono vere reazioni di ipersensibilità IgE mediate. Infatti una sensibilizzazione precedente non è necessaria, né la reazione si ripete sempre nello stesso paziente. Oggi sono preferiti per la minor tossicità composti iodati non ionici a bassa osmolarità, monomeri quali ioexolo , ioversolo, iopromide, iopamidolo o dimeri come iodixanolo.
Per esami di risonanza vengono usati mezzi di contrasto paramagnetici (contenenti gadolinio o manganese) e superparamagnetici (contenenti composti di ferro). I più usati sono quelli contenenti gadolinio. Anche per i mezzi di contrasto paramagnetici contenenti gadolinio è stata segnalata la possibilità di nefrotossicità acuta  come per i composti iodati per radiografia. Inoltre, particolarmente in pazienti nefropatici, dopo esposizione a gadolinio è stata descritta la possibilità di sviluppare una fibrosi sistemica nefrogenica, con alterazioni simil sclerodermiche della pelle, dei tessuti connettivi e di altri organi, talora a evoluzione fatale. Per quest’ultima reazione avversa è stato ipotizzato un rilascio di ioni liberi tossici di gadolinio.

Dal punto di vista della pratica clinica è fondamentale, accingendosi a prescrivere un esame con contrasto per via endovenosa, avere informazioni su eventuali pregresse reazioni avverse (lievi o gravi, acute o subacute, cutanee o generali) avvenute in precedenti esami dopo introduzione di mezzo di contrasto. Non vanno trascurate condizioni patologiche in atto o antecedenti (per esempio asma bronchiale, allergie alimentari o a farmaci) che possono predisporre a reazioni indesiderate. Va sempre raccolta, quando possibile, un’accurata anamnesi farmacologica. Ugualmente importanti sono un attento esame clinico del paziente e la valutazione di alcuni parametri di laboratorio, quali funzionalità renale, epatica, tiroidea, emocoagulativa ed elettroforesi proteica del siero.
Ovviamente la prima considerazione da fare, anche in relazione ai possibili rischi, è la reale utilità dell’esame. Particolari condizioni predisponenti, come una preesistente insufficienza renale, la disidratazione, terapie diuretiche, l’uso di farmaci che possono causare tossicità renale (per esempio FANS o ACE inibitori che vanno sospesi prima dell’esame) devono essere attentamente valutate, soprattutto per la prevenzione (o l’aggravamento) della nefrotossicità. A questo scopo è obbligatorio considerare in ogni paziente che deve essere sottoposto a esame con contrasto per via endovenosa non solo la creatininemia, ma anche il GFR (filtrato glomerulare), che molti laboratori forniscono insieme. Sopra i 60 ml/min il contrasto può essere eseguito con sicurezza, sotto i 30 ml/min è controindicato, così come il contrasto paramagnetico per la risonanza.
Occorre prestare particolare cautela anche per le interazioni con altri farmaci (per esempio metformina da sospendere prima o al momento dell’esame e fino a 48 ore dopo).

Non esistono trattamenti farmacologici certi per la prevenzione della nefropatia da contrasto, sebbene siano state proposte diverse molecole tra cui bicarbonato di sodio, acetilcisteina, calcioantagonisti, teofillina, antagonisti del recettore dell’endotelina. Più importante sembra una accurata idratazione prima dell’esame e la sospensione di farmaci potenzialmente in grado di peggiorare la funzionalità renale.
Reazioni idiosincrasiche acute gravi (per esempio shock, sincope, aritmie cardiache ventricolari, broncospasmo, orticaria) vanno riconosciute e trattate tempestivamente, ricordando che anche il pre trattamento con antistaminici e corticosteroidi nei casi a rischio non fornisce un sicura protezione. In ogni caso è opportuno concordare con il medico interventista, generalmente il radiologo, che effettuerà l’esame la corretta indicazione all’esame contrastografico sulla base delle informazioni cliniche.


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martedì 20 giugno 2017

L'ARTIGLIO DEL DIAVOLO


L'artiglio del diavolo è una pianta perenne rampicante che appartiene alla famiglia delle Pedaliacee. Il genere Harpagophytum è lo stesso del sesamo.

Cresce in Africa Meridionale e soprattutto nelle regioni orientali e sud-orientali della Namibia, nel sud del Botswana, nella regione del Kalahari, nel Northern Cape e in Madagascar.
L'artiglio del diavolo deve il suo nome alle quattro appendici dure e nastriformi che caratterizzano i suoi frutti ovoidali. Queste escrescenze sono dotate di robusti uncini che, penetrando nel corpo o nelle zampe degli animali, procurano serie ferite, costringendoli a compiere una danza "indiavolata".
La parte usata a scopo medicamentoso è costituita dalle escrescenze laterali della radice tuberosa (dette radici secondarie), che contengono alte percentuali di principi attivi.

L'uso etnobotanico dell'artiglio del diavolo ha avuto origine in Africa Meridionale.
Questa pianta è uno degli “emblemi floreali” del Botswana, dove si crede possa essere utile nel trattamento di varie condizioni dolorose.
L’artiglio del diavolo è un ottimo rimedio da utilizzare quando i muscoli riprendono l’allenamento dopo un periodo di inattività per far fronte, in modo naturale, a contusioni, strappi e sciatalgie (i dolori dovuti all’infiammazione del nervo sciatico).

Giunge in Europa agli inizi del Novecento e qui ne viene confermata l’ azione antidolorifica, antinfiammatoria, antireumatica e spasmolitica, specialmente a livello muscolare e articolare. Inoltre, stimola la digestione, riduce l’assorbimento del colesterolo e aiuta nella fase premestruale facilitando lo sfaldamento dell’endometrio e calmando i dolori.



Queste proprietà sono dovute a particolari sostanze presenti nel suo fitocomplesso: in particolare, i fitosteroli (beta-sitosterolo) ovvero dei composti vegetali che manifestano un’azione antinfiammatoria simile al cortisone e l’arpagosite, un monoterpene che ha dimostrato di contrastare la formazione di alcuni mediatori dell’infiammazione (prostaglandine e ossido nitrico), responsabili di dolore e gonfiore.

Sono le radici secondarie dell’artiglio del diavolo, che possono raggiungere il peso di ben 600 grammi, ad essere raccolte, sminuzzate e trattate per ottenere le diverse formulazioni. Tradizionalmente applicata in crema, si può assumere allo stesso tempo anche in estratto secco e tintura madre per potenziarne l’azione.

L’azione dell’artiglio del diavolo, completamente naturale e priva di tossicità, anche per lo stomaco, lo rende utilizzabile per un tempo prolungato. Gli effetti si manifestano dopo una settimana ed è preferibile assumere il rimedio in modo ciclico in quanto, oltre i due mesi continuativi, può dare assuefazione e perdere la sua efficacia. Si possono manifestare reazioni locali di tipo allergico, generalmente di rossore sulla pelle, che spariscono sospendendo l’applicazione. Può interferire con alcune classi di farmaci: antinfiammatori cortisonici e non steroidei, anticoagulanti, antiaritmici. È sconsigliato in caso di diabete, ipertensione, reflusso gastroesofageo, gastrite, ulcera, gravidanza e allattamento. In ogni caso è consigliabile consultare il proprio medico di base.

Il suo uso è diffuso ampiamente e ben noto anche nel mondo dello sport, dove i disagi causati dalle malattie reumatiche sono vissuti in contemporanea all’impossibilità di assumere certe categorie di farmaci, considerati dopanti, che possono essere sostituiti da medicinali di origine naturale, come appunto i derivati di questa pianta. Può essere impiegata anche come antispastico per i dolori mestruali e per i dolori intestinali di origine nervosa.
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giovedì 20 aprile 2017

ZORBING

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Lo zorbing è un'attività ricreativa consistente nel rotolare in discesa lungo una collina chiusi in una grande sfera, generalmente di plastica trasparente, chiamata zorb. Tale sport è stato inventato da David e Andrew Akers nel 1994. In genere viene eseguito lungo una lieve pendenza, ma può essere fatto anche su una superficie piana, permettendo un maggiore controllo. In assenza di colline, alcuni gestori di parchi di zorbing hanno costruito delle rampe di legno, di metallo, o gonfiabili.

Ci sono due tipi di zorbing: dry zorb e wet zorb, con o senza imbragatura, rispettivamente.

Per garantire la massima sicurezza non è consentito superare i 50 km/h; a volte se si vogliono provare sensazioni più forti il percorso viene completato con ostacoli o rampe. La pendenza della discesa varia a seconda dello sforzo e delle emozioni che si vogliono provare.



Per fare zorbing non serve una grande preparazione ma certamente potrà essere utile una certa consapevolezza dei propri limiti; in ogni caso per chi fosse alle prime armi con questo sport meglio iniziare dai terreni in piano, posto che esistono degli istruttori e si possono frequentare dei corsi di modo da poter fare zorbing in assoluta sicurezza.

Anche se lo zorbing sembra uno sport buffo e innocuo gli incidenti possono capitare, il più delle volte in questi casi ce la si cava con una distorsione o, alla peggio, con una frattura; tuttavia negli ultimi anni ci sono anche stati degli incidenti che hanno avuto esito letale.


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martedì 18 aprile 2017

TULIPANI

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Tulipa L., 1753 è un genere della famiglia Liliaceae originario della Turchia e suo simbolo nazionale floreale. Comprende specie bulbose alte 10–50 cm, tra cui alcune spontanee in Italia note col nome comune di tulipano.

Il genere ha avuto origine nei monti del Pamir e nelle montagne dell'Hindu Kush e del Tien Shan.

L'ambito di crescita del genere si estende verso est dalla penisola iberica, attraverso il Nordafrica la Grecia, i Balcani, la Turchia e attraverso il levante (Siria, Israele, Territori Palestinesi, Libano, Giordania) e Iran, verso nord fino all Ucraina, al sud della Siberia e Mongolia e ad est verso il nord-ovest della Cina.

Un certo numero di specie e molti cultivar ibridi crescono in giardini o come piante da vaso.

Il nome deriva dal turco «tullband», che significa copricapo, turbante, per la forma che il fiore sembra rappresentare. Questo fiore ebbe una grande popolarità in Turchia nel XVI secolo durante il regno di Solimano il Magnifico, che lo volle sviluppare in numerose varietà ed impiantare ovunque.

Tra le numerose varietà si ricordano il Tulipa oculus-solis St.-Am., il Tulipa australis e il Tulipa sylvestris L.; tra le specie utilizzate come piante ornamentali si ricordano il Tulipa fosteriana Hort., il Tulipa greigii Regel, il Tulipa lanata Regel e il Tulipa kaufmanniana Regel, tutte originarie della Turchia e Kazakistan.

Fu portato per la prima volta in Europa nel 1554 dal fiammingo Ogier Ghislain de Busbecq, ambasciatore di Ferdinando I alla corte di Solimano il Magnifico, che ne spedì alcuni bulbi al botanico Carolus Clusius, responsabile dei giardini reali olandesi. Clusius trovò un modo per sviluppare molte varietà di tulipani, nei più svariati colori e forme. La sua coltivazione nei Paesi Bassi iniziò all'incirca a partire dal 1593. I tulipani divennero rapidamente una merce di lusso e uno status symbol, non solo per il loro valore decorativo, ma anche per il valore economico, e crebbero rapidamente di prezzo. Si contrattavano in casa del mercante Jacob van der Buerse (da cui prese il nome la Borsa), generando tra il 1634-37 la prima bolla speculativa documentata della storia del capitalismo, la famosa bolla dei tulipani, che scoppiò il 5 febbraio 1637.

Sebbene molti siano convinti che il fiore che simboleggia l'amore sia la rosa questo non è del tutto vero: il vero simbolo dell'amore perfetto, quello onesto, eterno e disinteressato è il tulipano, almeno stando a ciò che la letteratura e le antiche leggende popolari ci tramandano.
Questo fiore, caratterizzato dalla sua particolare forma, è comunemente coltivato per la grande varietà di colori e i numerosi ibridi disponibili, che lo rendono perfetto per colorare parchi e giardini.



Secondo un'antica leggenda persiana, la più antica tra tutte quelle che vedono il tulipano come protagonista, questo nacque dalle gocce di sangue di un giovane ragazzo suicidatosi in seguito ad una terribile delusione amorosa.
Anche nella celebre raccolta di fiabe "Le mille e una notte" il tulipano viene associato all'amore: secondo i racconti infatti il sultano lasciava cadere un tulipano rosso ai piedi di una delle donne dell'harem per indicare loro quale fosse la prescelta,

A prescindere dall'origine fiabesca che ritrae questo splendido fiore come una conseguenza di una delusione d'amore attualmente si ritiene che esso sia un'allusione alle relazioni perfette, non tanto a quelle sfortunate e deleterie, sebbene esista un'altra interpretazione secondo cui il tulipano rappresenti proprio i sentimenti più scostanti: questo andrebbe contro le credenze più antiche, o, forse, è semplicemente un altro modo di vedere l'amore: bello, passionale, onesto, ma caratterizzato da continui capricci e contrasti tra due anime unite.
Ma la particolarità del tulipano sta nelle sue tonalità: così come l'amore, che a seconda della persona può essere vissuto in mille modi diversi ed evocare altrettante sensazioni diverse così anche lui con le sue sfumature descrive le tante facce di un sentimento complesso e meraviglioso allo stesso tempo, quasi fosse un dono per chi, meno abile di altri o semplicemente spaventato nell'ammettere alla persona amata ciò che prova nel cuore, voglia donare qualcosa che simboleggi una sensazione per lui difficile da esprimere.
Esistono più di cento specie di tulipani, e altrettante possono essere le sfumature. Queste sono le più classiche:
il tulipano rosso è il fiore perfetto per una dichiarazione d'amore in piena regola. Regalare un tulipano rosso è come dire "ti amo e ti amerò per sempre", una promessa e un impegno da non sottovalutare;
il tulipano violetto è il tulipano della modestia. Forse la dichiarazione di chi non ha la presunzione di promettere qualcosa di eccessivo? meno incisivo e passionale del tulipano rosso ma comunque nobile e dolce;
il tulipano giallo è un dono perfetto per un amore solare, spensierato, e caldo, reso tale da una persona disinibita e con gioia di vivere.
il tulipano screziato caratterizzato da sfumature di brillanti colori che rispecchiano la lucentezza degli occhi di chi riceve questo dono, dolce e aggraziato.
Le diverse specie presentano notevoli differenze anche per quanto riguarda il fiore, che può essere grande, piccolo, semplice, doppio, arricciato o liscio.
Le mille sfumature del fiore e del suo significato fanno sì che, a seconda della cultura, il tulipano sia uno dei fiori più utilizzati per composizioni e regali dai più svariati significati: oltre al classico significato nell'impero Ottomano era simbolo di ricchezza e potere, ma anche di intimità e tenerezza (non è insolito che il tulipano fiorisca nelle vicinanze di qualche residuo di neve ed è tra i primi a sbocciare ogni anno); spesso vengono utilizzati anche per augurare alle persone amate un felice Natale, o un felice matrimonio, soprattutto se in primavera.

Diversamente dall'antico significato, quello che descrive l'amore come qualcosa di puro ma anche di eterno e, quindi, se vogliamo, costante, è curioso notare come il significato occidentale attribuito al tulipano sia quello dell'incostanza: secondo alcune interpretazioni questo può comunque essere accomunato all'amore stesso, perché, sotto certi punti di vista, l'amore, con i suoi alti e i suoi bassi, è incostante.
Il tulipano è uno dei pochi fiori consigliati anche per un regalo ad un uomo, grazie ai suoi colori e alla corolla, entrambi molto decisi, che lo rendono più adatto ad un pensiero del genere rispetto a molti altri fiori che, seppur meno romantici, hanno un aspetto più aggraziato e femminile.



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domenica 9 aprile 2017

LA CIMICE ASIATICA

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La cimice asiatica è un insetto parassita più grande e più aggressivo della cimice nostrana. Distrugge frutta e ortaggi causando ingenti danni al raccolto. Le sue origini sono orientali: proviene da Cina, Giappone e Corea. E’ stata segnalata per la prima volta in Europa nel 2007, nel 2010 ha raggiunto gli Stati Uniti e nel 2012 è sbarcata anche in Italia.

La cimice asiatica è arrivata in Italia seguendo le rotte commerciali, al riparo tra imballaggi di cartone e contenitori di legno provenienti dall’estremo oriente. .

La Halyomrpha halys non è nociva per l’uomo in modo diretto ma che può arrecare consistenti danni economici all’agricoltura nostrana: la cimice asiatica è molto prolifera, si moltiplica velocemente e anche famelica. Dato l’assenza di predatori naturali nel nostro Paese, la cimice asiatica ha campo libero e può arrecare forti danni alle coltivazioni in orto o in azienda agricola.

Il suo ciclo di vita è annuale e nel nostro Paese, per fortuna, compie solo una generazione all’anno. In Asia, nel suo habitat naturale, la cimice asiatica arriva a fare 4 – 6 generazioni all’anno.

Gli adulti sono presenti nelle coltivazioni da luglio a settembre, anche a partire da giugno se le condizioni climatiche sono favorevoli.

Da maggio a giungo la femmina adulta depone le uova che dalla schiusa diventeranno individui adulti mediante cinque stadi di sviluppo.

Le cimici asiatiche passano l’inverno al riparo, in forma adulta, nascoste sotto le cortecce di alberi, arbusti, sotto le pietre o tra la vegetazione disseccata. In condizioni favorevoli, nel periodo invernale, la cimice asiatica può rifugiarsi anche in casa.

Il clima caldo, la siccità prolungata e la presenza di vegetazione molto fitta (quindi anche in caso di coltivazioni infestata da erbacce o piante non correttamente distanziate) sono dei fattori che favoriscono la proliferazione della cimice asiatica.

La cimice asiatica raggiunge una lunghezza compresa tra 1.5 e 1.7 cm (quindi è più grande) e ha un colore molto caratteristico: la cimice asiatica è grigio-marrone scuro, quasi marmorizzata.
Questo insetto è comparso per la prima volta nel 2012 , si è diffuso in particolare in Nord Italia a una velocità spaventosa. Questa cimice color marrone deposita 3-400 uova un paio di volte l'anno (fino a sei volte nei Paesi di origine). Qui da noi non ha predatori naturali noti e attacca frutteti e colture orticole (per esempio pomodori e peperoni) ed erbacee (per esempio mais e soia) provocando ingenti danni.



Il primo passo da fare per intraprendere una lotta alle cimici asiatiche consiste con la corretta cura dell’orto e delle coltivazioni. La presenza di afidi e cocciniglie può favorire l’attacco da parte della cimice asiatica.

Eliminare la cimice asiatica non è affatto semplice. In assenza di un’infestazione vera e propria e se avete notato solo pochi esemplari di cimice asiatica sulle vostre coltivazioni, potete irrorare una soluzione liquida data da acqua e sapone di Marsiglia.

In alternativa potete provare con del macerato di ortica, di assenzio e tanaceto. La lotta non è solo chimica: la cimice asiatica si combatte anche con trappole per catturare gli individui adulti.

Per impedire l'ingresso delle cimici nelle abitazioni:

- collocare zanzariere o reti anti-insetto alle finestre, attorno ai comignoli dei camini non in uso, sulle prese d'aria;

- sigillare crepe, fessure e tutti quegli accessi che consentono il passaggio delle cimici (tubazioni, canalizzazioni, feritoie, ecc.)

Per eliminare gli ospiti indesiderati:

- utilizzare strumenti di pulizia per la casa a vapore per stanare gruppi di cimici annidate in cassonetti, infissi, tubature, ecc.

- utilizzare l'aspirapolvere per raccogliere le cimici che si trovano in posti più facilmente raggiungibili (soffitti, verande) o dopo averle stanate col vapore. E' possibile usare anche bottigliette di ghiaccio spray per fare cadere le cimici a terra.

Le cimici raccolte non vanno liberate all'esterno, ma vanno eliminate immediatamente (si consiglia di immergere il contenitore utilizzato per raccoglierle in una bacinella d'acqua saponata per alcuni minuti) per evitare che si annidino altrove e che la primavera successiva ritornino in campagna a danneggiare le coltivazioni. Non vanno mai buttate nel water in quanto l’acqua presente, non saponata, non è sufficiente ad annegarle. E' sconsigliato invece l'uso domestico di insetticidi che risultano poco efficaci e possono diventare dannosi per le persone, mentre possono essere utilizzati per il trattamento esterno degli infissi, dei cassonetti o di altri punti critici (solo nel caso che si lasci l'abitazione per alcuni giorni) e di ambienti non abitativi in cui non vi siano prodotti alimentari.



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