lunedì 17 agosto 2015

IL PAPILLOMAVIRUS

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L'HPV (Human Papilloma Virus) costituisce una famiglia composta da oltre cento varietà diverse di virus. La maggior parte degli HPV causa lesioni benigne, come le verruche che colpiscono la cute (di mani, piedi o viso) e i condilomi o papillomi che interessano le mucose genitali e orali. La maggior parte delle infezioni genitali da HPV regredisce spontaneamente. Una piccola quota invece, se non trattata, può evolvere lentamente verso una forma tumorale. Il tumore del collo dell'utero è infatti quasi sempre correlato alla presenza dell'HPV.

L'infezione da Papilloma virus umano ha effetti molto diversi a seconda del tipo e della famiglia a cui appartiene il ceppo virale con cui si entra in contatto. Generalmente, il virus si replica sfruttando le cellule della cute e delle mucose e promuovendone una crescita eccessiva (iperplasia) che provoca le tipiche formazioni: condilomi e papillomi della cute e delle mucose. Spesso queste escrescenze sono rivestite da uno strato di cheratina (ipercheratosi) tipica di alcune forme dell'infezione.
I tipi più pericolosi di HPV sono, tuttavia, quelli che provocano lesioni a evolutività maligna nelle vie respiratorie superiori – laringe, faringe, lingua, tonsille, palato, naso - o ai genitali maschili e femminili – glande, pene, scroto per l'uomo, perineo, vagina, utero, cervice uterina per la donna.

L'infezione genitale da Papilloma virus umano si trasmette essenzialmente attraverso i rapporti sessuali: è infatti una delle più frequenti malattie sessualmente trasmesse. È ammesso che la trasmissione possa avvenire anche con un contatto fisico, se ci sono cellule virali attive e se sono presenti lacerazioni, tagli o abrasioni nella pelle e/o mucose. Generalmente, le infezioni più pericolose delle vie respiratorie o del cavo orale si trasmettono attraverso il sesso orale, attraverso il contatto, quindi, tra la mucosa e i genitali.
Le persone che hanno un sistema immunitario particolarmente vulnerabile sono più esposte al rischio di contagio. Con frequenza decisamente inferiore, l'infezione può essere provocata, in alcuni luoghi ove si crei promiscuità (come docce pubbliche, piscine, caserme), dal contatto con superfici in precedenza utilizzate da portatori dell'infezione.

I sintomi del Papilloma virus umano variano in base al tipo di infezione. Generalmente, i segni più comuni dell'infezione sono le verruche (verruche comuni, verruche plantari, verruche genitali).
Le verruche genitali (definite condilomi) possono essere localizzate sui genitali esterni, all'interno della vagina, intorno o dentro l'ano e sul perineo (la regione cutanea posta tra la vulva e l'ano). Queste lesioni si manifestano come piccole escrescenze, a volte disposte a grappolo, dalla forma che ricorda quella di un cavolfiore. In altri casi le lesioni sono piatte e tendono a sovrapporsi.
La maggior parte delle lesioni causate da HPV sono asintomatiche, ma in alcuni casi, le verruche possono provocare fastidio, prurito o disagio. I ceppi di HPV che provocano il cancro nelle zone genitali, non si manifestano invece attraverso i condilomi, ma con modificazioni asintomatiche a carico delle mucose genitali (tipicamente del collo uterino).

Per evitare l'infezione da HPV è importante ricordare alcune semplici regole. Se si frequentano spazi comuni, come spogliatoi o piscine, mantenere i piedi puliti e asciutti e indossare sempre scarpe o ciabattine.
Per evitare la diffusione di verruche dalle mani alla bocca è necessario non mangiarsi le unghie.
La trasmissione dei condilomi genitali si può ridurre, diminuendo i rapporti a rischio, promiscui od occasionali e utilizzando sempre il preservativo (che permette di neutralizzare, se non tutte, le più frequenti modalità di contagio). È importante inoltre curare l'igiene personale.
Le donne sessualmente attive devono sottoporsi periodicamente alla visita ginecologica e al Pap Test, meglio se abbinato alla ricerca del DNA virale.
Da alcuni anni esiste in commercio un vaccino che protegge la cervice uterina dai ceppi più pericolosi di HPV. Studi scientifici ne hanno promosso la somministrazione alla popolazione adolescente di entrambi i sessi, per ridurre il rischio di contagio. Recenti studi sembrerebbero validare l'utilizzo del vaccino anche alla popolazione adulta o già infettata dal virus stesso.
Fino a poco tempo fa, l’unico modo per prevenire il carcinoma cervicale era attraverso lo screening effettuato utilizzando il Pap-test, tuttora raccomandato in Italia ogni tre anni per le donne tra 25 e 64 anni. Il pap-test consente infatti di identificare le lesioni precancerose e di intervenire prima che evolvano in carcinoma. Recentemente l’Agenzia europea per i farmaci (Emea) ha autorizzato in Europa il primo vaccino contro l’Hpv.

Il ciclo vaccinale consiste nella somministrazione, per via intramuscolare, di tre dosi, di cui la seconda e la terza a distanza di 2 e 6 mesi dalla prima. L’efficacia clinica del vaccino è stata valutata in donne tra 16 e 26 anni. Tra quelle che non erano state infettate dai tipi di Hpv contenuti nel vaccino, l’efficacia delle tre dosi nel prevenire le lesioni precancerose correlate a questi tipi è stata del 95%. Il vaccino però non ha effetto terapeutico, e l’efficacia scende al 46% se si considerano anche le donne infettate con almeno uno dei tipi di Hpv contenuti nel vaccino, e quelle che non avevano completato il ciclo vaccinale.

La disponibilità del vaccino apre dunque la strada a una possibile strategia di prevenzione del carcinoma della cervice, da affiancare alle politiche di screening. Nell’agosto 2006 l’Oms ha pubblicato una guida per l’introduzione dei vaccini anti-Hpv, secondo cui le preadolescenti tra i 9 e i 13 anni di età rappresentano il target primario: la vaccinazione prima dell’inizio dei rapporti sessuali è infatti particolarmente vantaggiosa perché induce una protezione elevata prima di un eventuale contagio con Hpv.

In Italia il Consiglio superiore di sanità (Css) ha raccolto queste indicazioni, e nella seduta dell’11 gennaio 2007 ha espresso all’unanimità il parere che la vaccinazione delle ragazze nel dodicesimo anno di vita rappresenti per il contesto italiano la migliore strategia vaccinale. Il Css ha preso in considerazione anche l’importanza della vaccinazione per altre categorie, in particolare per quanto riguarda le ragazze fra i 13 e i 26 anni e i giovani maschi: per queste categorie è stata sottolineata la necessità di ulteriori studi.




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