mercoledì 5 agosto 2015

IL PARTO CESAREO

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La storia del taglio cesareo è antichissima. Una delle prime testimonianze scritte è una legge romana che prevedeva l'estrazione del feto dalle donne morte. Per molti secoli esso fu fatto solo sulla donna morta con lo scopo di salvare il bambino. Il primo taglio cesareo su donna viva fu fatto dal francese François Rousset, medico del Duca di Savoia nel 1581; da allora il taglio cesareo ha subìto qualche modifica col passare degli anni, ma si svolge prevalentemente su donna viva.

Comunemente si attribuisce l'origine del termine alla particolarità della nascita di Giulio Cesare, ma è un falso storico dato che la madre Aurelia Cotta morì anni dopo aver dato alla luce il figlio. La parola cesareo deriva dal verbo latino 'tagliare', caedo, -ere, caesus sum, IPA 'kae-do, 'kae-sus sum) e quindi è il cognome "Caesar" che potrebbe derivare, secondo il racconto di Plinio il Vecchio, dal fatto che un antenato di Cesare nacque dall'utero tagliato (caeso).

Il primo taglio cesareo moderno fu eseguito dal chirurgo britannico James Barry a Città del Capo in Sudafrica, il 25 luglio 1826.

I primi riferimenti certi al taglio cesareo si hanno attorno al 1700, anche se sono segnalati da fonti storiche certe o meno, interventi di estrazione del feto dall'addome in epoca antichissima (antico Egitto ed impero romano). Il primo trattato medico che accennava a questo tipo di intervento risale al 1581.

Nel 1700 il parto era un evento assolutamente "casalingo", non medicalizzato (anche perché di medicina a quell'epoca ce n'era pochissima) e molto frequente (oggi le donne partoriscono molto meno delle nostre antenate). Si partoriva a casa. Gli ospedali erano poco più che istituti di ricovero ed il parto non era certo un evento da mescolare con i malati di peste o di cancro, che giacevano in ambienti che di medico avevano ben poco, tanto che gli ospedali erano quasi tutti riservati alle classi povere che non potevano permettersi una levatrice a domicilio o addirittura a ragazze con figli illegittimi che in ospedale "nascondevano" quel "frutto del peccato".

Per capire cosa significasse pensare di "aprire" un addome per estrarre un bambino forse basterà riflettere sul fatto che non solo non esistevano gli antibiotici e l'anestesia come la conosciamo oggi ma lo stesso concetto di "asepsi" (eliminazione delle fonti di infezione) era qualcosa di assolutamente sconosciuto. La descrizione di un reparto di ostetricia del 1800, quando la "febbre puerperale" (oggi la chiamiamo endometrite che poi diventa setticemia, un'infezione dell'utero che si diffondeva in tutto il corpo), mieteva vittime continuamente, a decine al giorno. L'odore dell'infezione accoglieva i visitatori di tutti i reparti di ostetricia dei tempi e non c'erano metodi per impedirne la diffusione. La canfora (un olio dal forte odore di petrolio) era considerato un buon rimedio perché alcuni professori tedeschi avevano notato come le donne, dopo averla odorata, accennavano un sorriso e distendevano i lineamenti del volto sofferente. Quindi morivano. Era almeno (secondo i medici dell'epoca) una morte serena. Questo può farci capire meglio perché, se già il parto spontaneo era un'incognita, il cesareo lo fosse ancora di più.



Non si conosceva un modo per evitare le complicazioni, oltre all'assenza di antibiotici, gli stessi antidolorifici dell'epoca erano spesso più tossici che benefici, l'anestesia era agli albori, le conoscenze di anatomia erano limitate e così il taglio cesareo era un salto nel buio assoluto. Se una donna non poteva partorire (per anomalie della gravidanza o fisiche) o se vi era un pericolo di morte per lei o per il nascituro non c'era niente da fare. Una delle pochissime applicazioni del taglio cesareo era il tentativo (quasi sempre vano) di salvare un feto dopo la morte della madre e per questo l'intervento era, nella quasi totalità dei casi, "post mortem", a donna già deceduta, la "supremazia" della vita fetale derivava anche da una sorta di "intoccabilità" dei processi naturali, la morte della madre, pur tragica, rappresentava sempre una "normale conseguenza" di ciò che voleva la natura, a questo si aggiungeva il concetto che una donna "non capace" di partorire, fosse un inutile peso per la società, una persona improduttiva che, mancando, non toglieva nulla al mondo in cui viveva. Per motivi opposti ma finale identico, sono segnalati alcuni rarissimi casi di tentativo di cesareo fatto per salvare il neonato a discapito della donna in caso di eredi al trono o figli di nobili, come nel caso di Enrico VIII che volendo assicurarsi un erede maschio a cui cedere il trono, sacrificò tranquillamente la moglie facendola sottoporre a cesareo per far nascere il proprio figlio. Sorte opposta di Maria Luisa d'Asburgo, per la quale, lo stesso Napoleone Bonaparte si preoccupò, raccomandando all'ostetrico di trattare la donna non come una imperatrice ma come "una donna di strada", preoccupandosi di salvare prima di tutto la vita della donna, anche a discapito di quella del nascituro.

Questo ci fa capire come fosse scontato che un taglio cesareo fosse poco più di un tentativo di salvare una vita, l'altra (madre o feto) era da considerare persa.

Nel 1700 la tecnica era più che rudimentale (forse perché tanto non aveva grande utilità raffinare l'atto chirurgico quando le donne morivano per infezione dopo l'intervento), si credeva per esempio che le ferite si rimarginassero spontaneamente (specie quella dell'utero) e quindi non si suturava niente, si attendeva (invano, la donna moriva prima) che tutto si "richiudesse" da solo. Le cause di morte più frequenti erano l'infezione e l'emorragia.

I batteri che normalmente entrano nell'utero dopo l'intervento entravano facilmente nell'addome causando prima peritonite e poi setticemia che in un epoca di assenza di antibiotici significava morire tra atroci sofferenze. Non suturare l'utero inoltre causava un'emorragia quasi sempre imponente, che lasciava poche ore di vita alla donna. Ma ciò che impediva il progresso non era solo la mancanza di conoscenze, era anche un problema culturale. L'influenza della chiesa era notevole, "intervenire" sulla nascita era, per molti esponenti del clero, un atto "immondo", "contrario alle leggi naturali", la stessa presenza dell'uomo in un atto considerato totalmente femminile era vista come inopportuna e spesso vietata. Un noto chirurgo che dopo aver praticato un salasso ad una donna in procinto di partorire, si era attardato nella stanza del parto fu punito severamente e non erano rari i casi di ostetrici costretti a travestirsi in abiti femminili per poter prestare la propria opera supplicati dai famigliari di una donna in gravi condizioni nel post partum.

Siamo alla fine del 1700 quando iniziò a farsi strada l'idea che il taglio cesareo potesse servire non solo a tentare di salvare il bambino ma anche a salvare la madre, anzi, si fece strada l'idea fino a quel momento inusuale di prediligere la vita della madre considerando i gravi danni alla famiglia conseguenti alla sua eventuale morte ed inquadrando la morte del bambino, il sacrificio del nascituro, in una sorta di "legittima difesa", il male minore insomma. Parere diverso aveva la scuola francese: madre e figlio erano da considerare uguali ed il cesareo doveva servire a tentare di salvare una e l'altro.

Ma eravamo ancora lontani da ciò che si può chiamare "intervento chirurgico sicuro", considerando che alcuni degli interventi erano stati effettuati addirittura a casa della partoriente. A praticarlo erano i chirurghi, non gli ostetrici e fu uno di questi, Alfonso Corradi, a raccogliere in un volume i dati dei cesarei avvenuti in Italia, dal 1780 al 1875, in quasi un secolo 158 interventi. Nel 67,1% dei casi morì la madre, nel 15,2% il neonato, non a caso il taglio cesareo era definito "temibile" e chiamato dai chirurghi "la risorsa estrema". La maggioranza degli interventi erano eseguiti anche a scopo didattico, negli antiteatri delle università, davanti ad una folta platea di studenti, infermiere ed ostetriche.

Per migliorare gli esiti di questo temibile intervento, sembrava avere ottimi risultati il freddo, esporre la donna a temperature bassissime, anche sotto zero (Manuale di ostetricia, Balocchi, 1857)

La tecnica era ancora piuttosto rozza e lo fu nel 1800, fino alla sua fine, il taglio cesareo era praticato, secondo le varie scuole, anche con donna seduta, persino sveglia, quasi sempre stordita con l'etere. L'incisione sull'addome avveniva lateralmente, a volte obliquamente, a mani nude e bisturi poco affilati, gli operatori erano in 3 o 4 e spesso si operava in abiti borghesi (come per molti interventi chirurgici).

Passarono pochi anni e il giovane primario della clinica ostetrica dell'università di Pavia si trovò davanti ad un caso molto particolare, quello di Giulia Cavallini, ragazza venticinquenne affetta da rachitismo che oltre alla malformazione di arti ed altre ossa (era alta 1, 48 m.) presentava un bacino talmente anomalo da non permettere un parto spontaneo, il destino di madre e figlia (la donna aspettava una bambina) era segnato e purtroppo non sarebbe stato esente da sofferenze estreme. Il chirurgo si chiamava Edoardo Porro, già medico di guerra, si era consultato con altri docenti ed ostetrici esperti, resosi conto della situazione senza uscita cercava un modo per risolverla evitando la morte di madre e nascituro. Ebbe un'intuizione. In una situazione come quella c'era poco spazio per i tecnicismi e Porro ideò una tecnica che avrebbe potuto prevenire le due principali cause di morte (infezione ed emorragia). Per fare questo era necessario rimuovere l'utero della ragazza (e fu questo, il renderla sterile, che infuocò le polemiche, soprattutto del clero locale) ma l'idea era geniale, le due idee che rendevano unico l'intervento consentivano di impedire l'emorragia e l'infezione. E così fu.

L'intervento avvenne il 21 maggio 1876, a Pavia, tra i timori del chirurgo e la perplessità dei colleghi più anziani.

Ad intervento finito, dopo 43 minuti, Porro si asciugò il sudore, si pulì le mani ed uscì dalla sala, senza dire una parola.

Recuperata la coscienza Giulia chiese di vedere la bambina e le fu concesso e così abbracciò la figlia, in ottime condizioni, due giorni dopo. Il 24 maggio Giulia potè assaggiare, per la prima volta dopo il parto, della carne e del vino. Fu ad inizio giugno che Maria Alessandrina Dell'Acqua, figlia di Giulia, fu battezzata, era in perfetta salute. Per qualche giorno Porro ebbe delle preoccupazioni, la donna,  nonostante tutto fosse andato bene, presentava saltuarie crisi di febbre, poi momenti di delirio ed agitazione. Porro pensò allora di isolarla dalle altre pazienti, somministrarle dei tonici e ricostituenti e le crisi migliorarono fino a scomparire in pochi giorni. Ma dopo un periodo di pace, Giulia tornò a non stare bene, pallida, debolissima, presentava spesso febbre la sera. Sottoposta alle cure dei tempi (stregonerie, niente di più, come il fiele bovino e l'olio di ricino) sembrava non riprendersi e questo scoraggiava Porro che sentiva le critiche al suo intervento aumentare con i giorni. Dopo un mese di degenza si decise di trasferire la ragazza a Milano. Il viaggio non causò problemi particolari ed anzi, nei giorni seguenti, migliorò il suo aspetto e l'appetito e scomparirono le febbri serali. Furono somministrati chinino e ferro come ricostituenti, Giulia ormai era in piedi, camminava correttamente e senza alcun disturbo. Erano passati più di 40 giorni ed era viva e vegeta.

Fu la prima donna, in Italia, a sopravvivere con il neonato, dopo un taglio cesareo.

L'intervento di Edoardo Porro, un'innovazione straordinaria, soprattutto visti i risultati, non mancò di scaternare polemiche e, visto che non si poteva attaccare sul piano tecnico (l'intervento era riuscito), quasi tutte le critiche furono sul piano morale. La chiesa locale criticò l'aver reso sterile la giovane donna definendo "immorale" quell'intervento ma il vescovo di Pavia disse che aver salvato due vite è sempre un atto di altissimo valore morale, d'altronde la chiesa, non accettava la castrazione dei giovani destinati ai cori di voci bianche? Molti colleghi di Porro lo criticarono per i rischi a cui aveva sottoposto la paziente (che però era viva...) altri appoggiarono la scelta del primario di Pavia, in diversi congressi fu egli stesso a spiegarla causando pareri discordanti ma in maggioranza entusiasti, qualcuno insinuò che Porro avesse "copiato" la sua tecnica da altre esistenti ma lo scienziato rispondeva e ribatteva punto per punto, finché le critiche fecero spazio all'ammirazione, visto che nessuno era riuscito a raggiungere i suoi risultati.

La tecnica di Porro, anzi il "taglio cesareo secondo Porro" cominciò presto a diffondersi, diventando uno degli interventi più praticati in Europa e salvando centinaia di vite appena nate o mamme in gravidanza.
Da quel momento in poi ci fu un salto che ci porta direttamente al 1900, quando la svolta assoluta arrivò con la scoperta degli antibiotici. Furono questi ad evitare la strage di puerpere dopo il parto, permisero anche di affinare le tecniche e di rendere il taglio cesareo un intervento non particolarmente difficile e che consente altissime percentuali di sopravvivenza a madre e figlio. Non per niente, oggi, il cesareo è considerato un intervento salvavita, l'esatto opposto dei tempi delle nostre nonne.



Prevede un’incisione cutanea trasversale di circa 10-15 cm, nel basso addome, circa 2 cm sopra il pube, anche se certe tecniche prevedono un’incisione alta, circa a metà strada tra pube e ombelico. I muscoli addominali non vengono recisi ma solo divaricati longitudinalmente, l’utero viene sezionato per permettere la fuoriuscita del feto e della placenta. A seguire si controlla il sanguinamento e si suturano tutti gli strati con fili riassorbibili tranne la cute su cui vengono generalmente apposte clips metalliche che vengono rimosse circa una settimana dopo.
L’intervento viene eseguito in anestesia spinale: ovvero mamma sveglia, con solo le gambe e l’addome anestetizzati. Nel caso si debba eseguire un taglio cesareo urgente invece si procede ad anestesia generale, essendo più rapida della spinale.

Primo, tra i vantaggi di un taglio cesareo, è che si evita il dolore delle contrazioni del travaglio. Il travaglio di una donna che partorisce per la prima volta può durante anche 10-12 ore, per cui la mamma arriva sfinita al parto. In caso di taglio cesareo invece non si avverte dolore durante l’intervento grazie all’anestesia. Il dolore dopo il parto invece è più intenso e duraturo dopo il cesareo: la donna deve stare a letto per 12-24 ore, con le flebo e con il catetere vescicale.

Con il parto spontaneo le contrazioni cessano subito dopo l’espulsione del feto, e il dolore viene sostituito da una sensazione di stanco e soddisfatto benessere. Dopo poche ore la mamma si muove senza problemi e non ha generalmente bisogno di antidolorifici a meno che non sia stato necessario suturare lacerazioni vaginali. Questo tipo di lesioni vengono evitate in caso di taglio cesareo dove le vie genitali non vengono toccate.

Essendo il taglio cesareo un intervento chirurgico, viene eseguito in sala operatoria: ciò significa che il papà non può assistere al parto e la mamma può vedere il neonato al momento della nascita; subito dopo il bambino viene affidato alle cure del pediatra che lo porta al nido per sottoporlo a visita di controllo.

Se una donna viene sottoposta ad un taglio cesareo, per una gravidanza successiva si può tentare un parto spontaneo; nel caso di più tagli cesarei invece è obbligatorio eseguire un nuovo taglio cesareo. Bisogna tener conto però del fatto che 3 o 4 tagli cesarei lasciano delle cicatrici interne che spesso rendono sempre più difficoltoso e rischioso un altro intervento chirurgico.

Anche per il neonato il taglio cesareo ha vantaggi e svantaggi. Si evita il passaggio del feto nel canale del parto, attraverso vagina e vulva, una strada stretta che lo comprime un po’: dopo poche ore però il gonfiore e l’allungamento dei tessuti molli della testa regrediscono e la testa del neonato torna bella tonda. D’altra parte però le contrazioni del travaglio che non si hanno nel taglio cesareo inducono una condizione di stress che aiuta la maturazione dei polmoni del feto, l’organo che matura nell’ultimo periodo della gravidanza. Questo evento riveste un’importanza maggiore per i parti prima del termine quando davvero i polmoni sono più immaturi e ogni stimolo alla maturazione protegge il bambino dalla sindrome da distress respiratorio.

Per molti anni il taglio cesareo ebbe un successo anche eccessivo, il fatto di essersi trasformato in intervento sicuro ed efficace (oggi la mortalità materna per cause legate all'intervento si avvicina allo 0%) ne ha causato anche un abuso, ogni piccolo dubbio o problema legato alla gravidanza ed al parto poteva essere risolto "comodamente" con un taglio cesareo. Vero, se non fosse che si tratta in ogni caso di un intervento chirurgico e che, è dimostrato, ha sicuramente più rischi di un normale parto spontaneo. In Italia la situazione è complessa. Se abbiamo una media di cesarei di circa il 35% (quella ritenuta adeguata è attorno al 20%), questo risultato è dovuto a situazioni opposte: "estreme" in certe regioni (oltre il 50% di cesarei) ed ottime in altre (meno del 15%).
Per questo negli ultimi anni si sta cercando di rendere il taglio cesareo ciò che deve essere oggi, una buona opportunità, un ottimo modo per salvare una madre o un bambino ma senza esagerare, c'è se serve e serve se dobbiamo salvare una vita.

Le condizioni che favoriscono il ricorso al TC sono:

età superiore a 35 anni
precedenti esperienze di TC
gravidanza gemellare
presentazione podalica
peso fetale stimato superiore a 4000 g o inferiore a 2500 g
Le condizioni che invece proteggono dal ricorso al TC sono:

pluriparità senza precedenti esperienze di TC
partecipazione a corsi di preparazione alla nascita
presenza di una persona di riferimento in sala travaglio
scelta di una struttura pubblica come luogo del parto

Il taglio cesareo si rende necessario in tutte quelle occasioni in cui un parto per via vaginale è impossibile o presenta rischi (per la madre o il bambino) maggiori rispetto alla via addominale.

Le indicazioni all'effettuazione del taglio cesareo possono essere relative a problemi fetali (ad esempio sofferenza fetale, distacco intempestivo di placenta, ecc.), o a problemi materni (gestosi, diabete, nefropatie, ecc.). Spesso possono coesistere nello stesso caso più motivazioni simultaneamente. Non costituisce motivazione per un cesareo il pregresso cesareo. In questo caso l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, in inglese WHO) raccomanda il parto vaginale dopo cesareo (cosiddetto VBAC: vaginal birth after cesarean).

Si raggruppano sotto il termine di "distocia" tutte quelle condizioni che comportano un'anomalia nello svolgimento del parto. Pertanto mentre un parto che si svolge normalmente, in assenza di complicazione viene definito "eutocico" (dal greco "eu": bene e tekein:generare), un parto che si svolge con delle complicazioni si definisce "distocico" (dal greco "dis": difficile).

Nell'espletamento del parto possono presentarsi diversi tipi di problemi o di "distocie".

Si tratta di anomalie delle contrazioni uterine, caratterizzate dalla presenza di contrazioni irregolari per intensità, o incoordinate. Per effetto di tale situazione si va incontro solitamente a un rallentamento o arresto della dilatazione del collo dell'utero, o a una rallentata o mancata discesa della testa fetale nel bacino materno. Spesso tale problema può essere corretto con l'impiego di farmaci (ad esempio l'ossitocina), o praticando la rottura artificiale del sacco amniotico (se ciò non si è già verificato spontaneamente). Talora un travaglio rallentato nella sua evoluzione per effetto di una distocia può trarre giovamento dall'analgesia peridurale. Se queste procedure non hanno risultato può rendersi necessario l'espletamento del parto mediante taglio cesareo.

Con il termine di "presentazione" ci si riferisce alla parte fetale che si confronta con il bacino materno in occasione del parto.

Per presentazione "cefalica" si intende che il feto si presenta con la testa all'ingresso del bacino materno. Questa presentazione si verifica nel 95% dei parti a termine.

Per presentazione "podalica" si intende che il feto si presenta all'ingresso del bacino materno con le natiche. Tale presentazione si verifica nel 4% dei parti a termine.

In casi più rari a termine di gravidanza il feto può trovarsi in situazione trasversale, cioè con la testa verso un fianco materno e con le natiche verso il fianco opposto. Quanto il feto si trova in questa situazione, la sua parte che si presenta all'ingresso del bacino è una spalla; pertanto in questa circostanza si parla di presentazione "di spalla".

Di queste tre presentazioni (cefalica, podalica, di spalla) viene considerata fisiologica solo la presentazione cefalica, mentre vengono considerate anomale la presentazione podalica e la presentazione di spalla.

In caso di presentazione di spalla, il parto per via vaginale è impossibile, non potendo ovviamente il feto percorrere il bacino materno in posizione trasversale; pertanto la presentazione di spalla è una indicazione assoluta all'espletamento del parto mediante taglio cesareo.

In caso di presentazione podalica il parto per via vaginale non è impossibile, ma comporta maggiori rischi fetali; per questo motivo abitualmente si preferisce alla via vaginale il parto mediante taglio cesareo.

Nel corso del travaglio di parto il benessere fetale viene valutato soprattutto con il monitoraggio cardiotocografico. Ciò consiste nella registrazione mediante un apparecchio a ultrasuoni (il cardiotocografo) dell'attività cardiaca fetale. Questa viene visualizzata su un display solitamente disposto sul pannello frontale dell'apparecchio, e contemporaneamente stampata su un tracciato. Contemporaneamente con un altro trasduttore appoggiato sull'addome materno si registrano le contrazioni uterine, valutando così la loro frequenza e intensità. La valutazione dell'attività cardiaca fetale, e soprattutto il suo comportamento in relazione alle contrazioni uterine, fornisce indicazioni sul benessere fetale in travaglio. Qualora il monitoraggio cardiotocografico fornisse informazioni non rassicuranti riguardo al benessere fetale, rivalutato tutto il contesto della situazione (epoca di gravidanza, sviluppo fetale, preesistenza di eventuali patologie, ad esempio ipertensione, eventuale meconio nel liquido amniotico, entità della dilatazione del collo dell'utero in quel momento, ecc.) potrebbe rendersi necessario accelerare i tempi dell'espletamento del parto. A seconda della situazione, da valutare in ogni singolo caso, può presentarsi l'indicazione all'espletamento del parto mediante taglio cesareo.

Il pregresso taglio cesareo, pur non essendo di per sé un'indicazione assoluta alla ripetizione del taglio cesareo, rappresenta, insieme alla distocia, la causa più frequente di taglio cesareo.

Va tenuto conto che l'utero della donna che ha già subito un taglio cesareo presenta una cicatrice che, come tutti i tessuti cicatriziali, ha una minore elasticità in confronto a un tessuto sano. Pertanto la donna che ha già avuto un precedente taglio cesareo, in una gravidanza successiva presenta, almeno sul piano teorico, un rischio di rottura d'utero. Tale rischio è significativo soprattutto in caso di precedente taglio cesareo eseguito con incisione longitudinale sul corpo dell'utero; nella quasi totalità del casi si esegue una incisione uterina trasversale bassa. Tenendo conto comunque dell'esistenza della cicatrice, e considerata questa come un punto di minor resistenza, qualora si scelga la via di un parto vaginale, solitamente ci si astiene da un'induzione farmacologica del parto, per evitare una eventuale stimolazione eccessiva delle contrazioni. Pertanto nella donna con un pregresso taglio cesareo si preferisce attendere l'insorgenza spontanea del travaglio.

In genere è sconsigliato il parto vaginale se si è di fronte a un bambino con una crescita superiore alla media, potendosi in questo caso prevedere la possibilità di un parto vaginale difficoltoso. Parimenti si sconsiglia il parto vaginale se in passato vi sono stati più di due tagli cesarei.

Sono infine da considerare due condizioni necessarie fondamentali per poter seguire la scelta del parto vaginale:

considerata la maggiore probabilità di dover effettuare durante il travaglio un taglio cesareo urgente, la struttura ospedaliera deve essere in grado (per struttura e personale) di effettuare un taglio cesareo in emergenza;
consenso della paziente al parto vaginale.
La rottura di utero, anche nelle strutture in grado di effettuare un taglio cesareo in emergenza, può avere come conseguenza la morte fetale, la perdita dell'utero, la morte materna.

La gravidanza gemellare rappresenta l'1% di tutte le gravidanze.
In questi ultimi anni vi è una tendenza all'aumento del numero delle gravidanze gemellari in conseguenza della maggiore diffusione delle tecniche di fecondazione assistita.

Nel caso di gravidanza gemellare, con ambedue i gemelli in posizione cefalica e un'epoca gestazionale adeguata (almeno 34 settimane), è generalmente riconosciuta la sicurezza del parto per via vaginale, mentre il TC dovrebbe essere riservato ai casi di sproporzione feto-pelvica o di stress fetale.

Nel caso in cui il primo gemello fosse in posizione podalica, già questo di per sé, pur prescindendo dalla gemellarità, costituisce un'indicazione al taglio cesareo.

Nel caso di presentazione podalica o trasversale del secondo gemello, con il primo in presentazione cefalica, oggi si ritiene preferibile ricorrere al taglio cesareo. Infatti dopo la nascita per via vaginale del primo potrebbero esservi complicazioni per la nascita del secondo gemello in presentazione anomala. Per evitare tali complicazioni si preferisce oggi espletare il parto mediante taglio cesareo in tutte le gravidanze gemellari in cui i bambini non siano entrambi in presentazione cefalica.

Possono esservi numerose altre indicazioni all'effettuazione del taglio cesareo: placenta praevia, distacco intempestivo di placenta, infezioni materne, patologie cardiovascolari, patologie respiratore, patologie renali, diabete e altre.




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