sabato 21 novembre 2015

IL PUGILATO

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Le origini del pugilato risalgono all'antichità. Alcuni incontri famosi sono descritti nell'Iliade e nell'Eneide. I combattenti usavano proteggersi le mani con lacci di cuoio rinforzati con placche di piombo. Il pugilato iniziò a far parte del programma olimpico nel 668 a.C. e la letteratura tramanda i nomi dei vincitori delle olimpiadi su un arco di tempo di oltre un millennio. Non erano previste categorie di peso e per questo motivo, la disciplina, a livello agonistico elevato, era riservata a soggetti di taglia notevole.Il pugilato era presente anche nella Roma antica. Il combattimento terminava con la resa di uno dei due contendenti; le ferite gravi (e a volte anche la morte) erano accettate, non essendo dovute a malvagità, ma semplicemente alla superiorità tecnica e atletica.

Bisogna giungere al 1719 per vedere nascere a Londra una scuola moderna di pugilato. Nello stesso anno un certo James Figg si autodichiarò campione di boxe avendo vinto 15 combattimenti e non trovando nessun avversario che avesse il coraggio di sfidarlo. Figgn era un “armadio”,  aveva un corpo di atleta, era alto 1.84 cm e pesava 84 kg. Al tempo non si parlava di boxe ma di "nobile arte della difesa". Naturalmente, oltre al sapersi difendere, a scuola si imparava anche come far valere i propri diritti, i quali erano meglio difesi dopo abbondanti mescite di birra e gin. Non esistevano regole di combattimento e i pugilatori lottavano a mani nude.
Il successore sul trono di Figg, certo Jack Broughton, propose nel 1743 un codice di regole che includevano: l'identificazione di un ring delimitato da corde, la presenza di due secondi che potessero assistere il pugilatore, l'identificazione di un arbitro per il giudizio e di un altro arbitro che controllasse il tempo. Inoltre venivano indicati i colpi vietati e cioè: colpi portati con la testa, coi piedi e le ginocchia e i colpi sotto la cintura. Era inoltre prevista la sospensione dell'incontro per 30 secondi quando uno o entrambi i pugilatori erano a terra; trascorsi i 30 secondi si contavano 8 secondi: chi non era in grado di riprendere era sconfitto. Non vi era però limite alla durata dei combattimenti. Era inoltre regola che si facessero scommesse e gli stessi pugilatori scommettevano su se stessi.

Famoso il caso di Johnson Jackling che, forte della sua superiorità, nella seconda metà del 1700 si arricchì grandemente puntando sempre su se stesso. Morì però in povertà, dopo aver suscitato entusiasmi enormi e sperperato la sua fortuna.
Nel 1825 si svolse il primo incontro tra un campione britannico, Sayer, e un campione americano, Heenan. Finì dopo 42 riprese con un'invasione di campo da parte della folla, la fuga dell'arbitro e un verdetto di parità che calmò parzialmente gli animi degli spettatori. L'ambiente delle scommesse avvelenava progressivamente il pugilato e i verdetti risentivano della mancanza di regole certe cui gli arbitri potessero rifarsi. Furono quindi scritte regole, per merito soprattutto del marchese di Queensberry, che aprirono la porta al pugilato moderno. Venivano introdotte tre categorie di pesi (massimi, medi e leggeri); veniva stabilito il conteggio dei 10 secondi per il KO e l'obbligo per l'atro pugile di allontanarsi senza colpire il pugile caduto, anche se questo aveva solo un ginocchio a terra. Erano obbligatori guanti nuovi. La durata delle riprese era fissata in 3 minuti, con un intervallo di 1 minuto; rimaneva fluttuante il numero delle riprese che veniva lasciato alla contrattazione tra i pugili. Tuttavia, era facoltà dell'arbitro prolungare l'incontro sino a che non fosse manifesta l'inferiorità di uno dei due contendenti. Rimaneva quindi il concetto che il perdente era colui che soccombeva, soluzione quindi molto prossima a quella del KO.

Bisogna arrivare ai primi del 1900 per la creazione di altre categorie (medio-leggeri, piuma, gallo, mosca e medio-massimi) e per limitare la durata degli incontri: 20 riprese, 15 per gli incontri validi per titoli europei e mondiali, 12 per titoli nazionali. Limitando la durata dell'incontro, si imponeva la necessità di individuare criteri per la vittoria ai punti.

Nel pugilato non esistono due pugili con uno stile che possa essere considerato identico. Nella pratica esistono, tuttavia, dei modi di definire alcuni stili, senza che per questo un pugile debba essere inquadrato esclusivamente in uno di essi. In alcuni casi, infatti, un pugile potrebbe essere classificato sia come in-fighting che come out-fighting.

Il classico pugile stilista, in inglese "out-fighter", cioè che boxa rimanendo all'esterno della guardia dell'avversario, cerca di tenere a distanza l'antagonista colpendolo con pugni veloci e che arrivano da lontano, distruggendo gradualmente la resistenza e le forze dell'avversario fino a ridurlo in propria balìa. A causa del loro affidarsi a colpi veloci ma non devastanti, gli stilisti tendono a vincere ai punti piuttosto che per KO, benché alcuni di essi presentino carriere con percentuali molto alte di incontri vinti prima del limite.

Gli out-fighter sono spesso considerati i migliori strateghi del pugilato, grazie alla loro abilità di controllare l'andamento dell'incontro e di condurre l'avversario verso l'epilogo da essi pianificato intaccandone metodicamente le forze ed esibendo maggiore abilità e destrezza di un picchiatore. Lo stilista out-fighter, perché questo stile dia buoni risultati, deve essere dotato di un buon allungo, di velocità di braccia, di ottimi riflessi e deve essere in grado di svolgere un grande e continuo lavoro di gambe.

Il puncher è un pugile con una dotazione tecnica completa, abile nel boxare a distanza ravvicinata unendo la tecnica alla potenza e alla velocità , ed è un pugile che ha spesso la capacità di mettere fuori combattimento l'avversario con combinazioni di pugni o anche con un unico colpo. I movimenti e la tattica del puncher sono spesso simili a quelli di uno stilista, a differenza del quale, tuttavia, il puncher non tenta di evitare gli scambi a distanza ravvicinata. Inoltre, i puncher non cercano di sfiancare l'avversario sulla distanza, con incontri che si risolvono spesso ai punti, ma tendono a demolire l'avversario con le combinazioni di colpi per poi cercare il KO.



Il picchiatore, in inglese "slugger", è solitamente un pugile carente di tecnica e di gioco di gambe, che compensa queste carenze con la pura potenza dei propri pugni. Molti picchiatori ricercano la stabilità dell'assetto per favorire la potenza, e per questo tendono ad essere insufficientemente mobili e ad avere difficoltà ad inseguire i pugili veloci di gambe, di cui possono anzi diventare un facile bersaglio. I picchiatori a volte tendono a trascurare le combinazioni, privilegiando le ripetizioni di colpi singoli, a volte portati con una sola mano e con grande potenza (per lo più ganci e uppercut), ma spesso con velocità minore di quella degli stilisti.

La lentezza e la prevedibilità degli schemi (colpi singoli con traiettorie ovvie) spesso lasciano la strada aperta ai pugni d'incontro e, per avere successo, i picchiatori devono essere in grado di assorbire notevoli dosi di pugni. Le armi più importanti del picchiatore sono la potenza e la capacità di incassare.

L'aggressore, o incalzatore, o "in-fighter", in inglese, cioè che boxa dall'interno della guardia dell'avversario, è un pugile dall'aggressione continua, per questo chiamato anche "pressure fighter", che tenta di rimanere addosso all'avversario, aggredendolo con continue raffiche e intense combinazioni di ganci e uppercut. Un buon in-fighter necessita di buone doti di incassatore, perché questa tecnica lo espone ad essere colpito da serie di jab e diretti prima di riuscire ad entrare nella guardia dell'avversario, dove i colpi dell'in-fighter sono più efficaci. Gli in-fighter agiscono meglio a distanza ravvicinata perché generalmente sono di statura più bassa della media degli avversari e hanno un minore allungo, e perciò sono più efficaci ad una distanza in cui le più lunghe braccia dei loro avversari sono svantaggiate nel colpire rispetto alle loro.

Tuttavia, diversi pugili alti rispetto alla loro categoria sono relativamente abili nell'effettuare una boxe d'aggressione dall'esterno della guardia dell'avversario, quanto all'interno. L'essenza dello stile dell'incalzatore è l'aggressione senza soste. Molti in-fighter di bassa statura utilizzano l'altezza ridotta come strumento per schivare i colpi ed infilarsi nella guardia dell'avversario, abbassandosi fino alla vita per passare sotto o di fianco ai colpi in arrivo. A differenza del bloccare i colpi con i guantoni, le schivate fanno andare a vuoto l'avversario causandone lo sbilanciamento, e consentono all'in-fighter di passargli sotto al braccio disteso con i pugni liberi per colpire d'incontro. Nonostante questo stile esponga parecchio i pugili che lo praticano ai colpi degli avversari, qualche in-fighter fu noto invece per essere stato difficile da colpire.

Le qualità indispensabili per un in-fighter sono l'aggressività, la resistenza, il saper incassare e il saper schivare i colpi infilandosi nella guardia dell'avversario.

Il colpitore d'incontro è un pugile che usa come ultima difesa i movimenti della testa e blocchi costanti per contrastare l'avversario. Quando l'avversario tenta di colpire, il pugile d'incontro usa la propria difesa per schivare il colpo e per restituirlo contestualmente. Il pugno d'incontro ha una potenza spesso devastante, perché la potenza del pugno va a sommarsi alla forza contraria del movimento di sbilanciamento in avanti del pugile che è stato schivato.

I pugili d'incontro combattono soprattutto a distanza ravvicinata, ma alcuni di essi rimangono invece alla stessa distanza di uno stilista. Per essere efficaci, gli incontristi usano i movimenti del capo, i riflessi, la velocità, l'allungo e devono essere buoni incassatori.

Ci sono delle regole generalmente accettate riguardo alle possibilità di successo che ciascuno di questi stili di boxe ha sugli altri. In generale, un aggressore / in-fighter è avvantaggiato rispetto ad uno stilista / out-fighter, uno stilista / out-fighter è avvantaggiato rispetto ad uno stilista / puncher, e un puncher è avvantaggiato rispetto ad un aggressore / in-fighter; questo forma un circolo in cui ciascuno stile è più forte rispetto ad alcuni stili e più debole rispetto ad altri, senza che ce ne sia uno superiore agli altri, come in un rock-paper-scissors. Il risultato di un incontro è ovviamente determinato anche da vari altri fattori, quali il livello di abilità e di allenamento dei pugili, ma l'ampiamente sostenuta esistenza di queste relazioni tra i vari stili si riassume in un cliché diffuso tra fan e scrittori di pugilato che dice che “gli stili fanno i match”.

I puncher e i picchiatori tendono a vincere gli aggressori / in-fighter perché, cercando di avvicinarsi, gli aggressori / in-fighter finiranno invariabilmente dritti incontro ai più potenti colpi dei primi. Così, a meno che l'aggressore non abbia delle capacità di incassatore fuori dal comune, la potenza superiore dei primi la spunterà. A parità di capacità pugilistica e di condizione atletica, naturalmente. .

Nonostante gli aggressori / in-fighter trovino più sfogo alla loro boxe con i punchers, che accettano molto più di buon grado gli scambi ravvicinati, hanno in realtà più probabilità di successo contro gli stilisti. Lo stilista / out fighter preferisce un combattimento più lento, con maggior distanza tra sé stesso e l'avversario. L'in-fighter tenta senza soste di ridurre questa distanza per scatenare continue raffiche furibonde, mentre a distanza ravvicinata lo stilista perde parecchia della propria efficacia, perché non riesce a tirare i colpi più efficaci del suo repertorio. L'aggressore / in-fighter esce generalmente vittorioso da questo confronto, a causa del proprio incalzare e dell'agilità con cui questo viene messo in atto, che lo rende difficile da sfuggire.

Per esempio, l'aggressore / in-fighter Joe Frazier, nonostante fosse stato facilmente dominato dal picchiatore George Foreman, creò invece molti più problemi allo stilista Muhammad Ali nei loro tre incontri. Allo stesso modo l'aggressore Harry Greb fu l'unico ad aver sconfitto il grande out-fighter Gene Tunney. Joe Louis, dopo il ritiro, ammise che odiava essere incalzato, e che l'aggressione continua dell'imbattuto Rocky Marciano gli avrebbe causato problemi anche nel suo periodo migliore. Gli stilisti / out-fighter tendono ad essere più efficaci contro un picchiatore, le cui ridotta velocità di braccia e gambe, e l'inferiore tecnica, lo rendono un bersaglio facile da colpire per la superiore velocità dello stilista.

La preoccupazione principale dello stilista è quella di prestare sempre il massimo dell'attenzione, poiché al picchiatore è sufficiente arrivare a segno con un colpo di quelli giusti per mettere fine all'incontro. Se lo stilista riesce ad evitare o a limitare l'efficacia dei colpi del picchiatore, lo può stancare colpendolo con veloci jab fino a portarlo, alla lunga, all'esaurimento delle forze. Se la tattica è sufficientemente efficace, lo stilista può perfino aumentare la pressione negli ultimi round in un tentativo di raggiungere il KO. Molti pugili classici hanno avuto i loro successi migliori contro i picchiatori. Il più famoso degli esempi di questo tipo di match è quello con cui Ali, nel 1974, a Kinshasa, stroncò Foreman con un KO all'8º round dopo avergli fatto esaurire le energie nel vano tentativo di trovare immediatamente una soluzione di forza.

Nel pugilato viene ravvisata una certa somiglianza con la scherma per il particolare tipo di studio preparatorio fra i contendenti in funzione del successivo scambio di colpi. Fondamentalmente il pugilato si basa su tre colpi:

Diretto: colpo più importante per il pugile tecnico. A seconda dell'uso può essere un colpo di disturbo, di arresto, di preparazione al diretto successivo, oppure un colpo potente, portato mediante una rotazione del corpo. Si attua avanzando leggermente e si colpisce con la mano che sta davanti nella guardia (jab), oppure facendo ruotare tutto il corpo nel senso del pugno, colpendo con la mano posteriore .
Gancio: colpo potente e demolitore che basa la sua potenza sulla leva fornita dalla spalla e dalla posizione ad angolo retto del braccio, è il colpo di chiusura per eccellenza. Il gancio per essere efficace deve essere eseguito a corta distanza (hook).
Montante: colpo dato dal basso verso l'alto, di solito si usa nel corpo a corpo. Si attua ruotando la spalla in modo da imprimere potenza al pugno (uppercut).
Questi colpi, portati in rapida sequenza e con varietà, generano le "serie" o "combinazioni". Anche se la fase offensiva ha un ruolo decisivo, due sono le tecniche per evitare di prendere colpi: schivare e parare, ovvio il fatto che per ogni tipo di colpo vi siano differenti tipi di schivate e di parate.

Dai tre aspetti offensivi e dai due difensivi può nascere un complesso incontro, che vede sul "quadrato" due uomini che si affrontano lealmente secondo regole codificate e che alla fine del match li vedrà abbracciarsi. Il pugilato è uno sport impegnativo e completo, le doti fisiche richieste sono infatti velocità, agilità, forza e resistenza. Il pugilato richiede sia sforzi aerobici che anaerobici, pertanto l'allenamento mira sia al miglioramento della resistenza, ovvero alla durata dello sforzo fisico nel tempo, tramite corsa, salto della corda, allenamento a corpo libero, sia al miglioramento della forza e allo sviluppo della massa muscolare.

Spostamento: significa un collocamento del corpo fuori dall'asse di attacco dell'avversario con l'aiuto di un movimento laterale. Questo tipo di azione è in francese chiamato décalage. Parlano anche di "passo di diagonale" quando lo spostamento si effettua su un asse obliquo.
Il pugilato richiede soprattutto una notevole forza di sopportazione e carattere per poter affrontare gli sforzi durante l'allenamento e il quasi inevitabile dolore fisico durante gli incontri come del resto capita in tantissimi altri sport anche non da combattimento. Contrariamente alla maggior parte degli altri sport, la sconfitta nel pugilato è accompagnata da dolore fisico: ciò richiede una ferrea volontà a non darsi per vinto davanti alla fatica del match.

Secondo la Federazione Pugilistica Italiana: è dilettante il pugile che partecipa a pubbliche gare per puro spirito agonistico e non per lucro. I pugili dilettanti sono inquadrati nelle seguenti categorie: aspiranti, schoolboys, cadetti, juniores, seniores. Quando si ammettono incontri fra pugili dilettanti di diverse categorie, si applicano i regolamenti della categoria inferiore. I dilettanti percepiscono comunque un fondo spese minimo. Il pugile dilettante combatte con un abbigliamento specifico e che si differenzia dal professionista per l'uso obbligatorio del casco protettivo (poi abolito dal 2013), guanti da 10 oz dotati di antishock, paradenti e canottiera del colore corrispondente al proprio angolo.

Diverso è il caso delle World Series of Boxing, ove i pugili, pur se dilettanti, combattono con abbigliamento e regolamenti analoghi a quelli professionistici.

Il pugile aspirante, maschio o femmina, deve avere un'età superiore ai 13 ed inferiore ai 32 anni. Può frequentare la palestra e sostenere gli allenamenti, ma non disputare incontri.

Pugili schoolboys è una categoria di transizione riservata ai soli maschi: ad essa appartengono i pugili compresi fra i 14 ed i 15 anni di età, non compiuti. Al compimento del quindicesimo anno, vi è il passaggio automatico alla qualifica cadetti. Questi pugili possono disputare incontri della durata massima di tre riprese di 1' e 30" cadauna, fra loro oppure con pugili cadetti di anni 16 non compiuti. Non possono comunque sostenere più di quindici incontri annui.

I Pugili Junior sono cadetti i pugili maschi di età superiore ai 15 anni ed inferiore ai 17; mentre sono cadette le pugili di età superiore ai 14 anni e inferiore ai 17. Al compimento del diciassettesimo anno vi è il passaggio automatico alla qualifica juniores.

I Junior maschi possono gareggiare sulla distanza delle tre riprese di 2 minuti l'una, fra di loro oppure con pugili juniores. Possono inoltre gareggiare con pugili schoolboys se non hanno compiuto il sedicesimo anno di età.
Le pugili Junior possono disputare incontri della durata di tre riprese di 1' e 30" l'una, fra loro o con le pugili Youth.
I Pugili Youth sono juniores i pugili di età superiore ai 17 ed inferiore ai 19 anni. Al compimento del diciannovesimo anno di età vi è il passaggio automatico nella categoria seniores, con inquadramento nella serie relativa al punteggio.

Gli youth possono gareggiare sulla distanza delle quattro riprese di due minuti ciascuna, fra loro, con pugili cadetti, oppure con pugili seniores di II e III serie (ma con incontri di tre riprese di due minuti).
Le pugili youth possono disputare incontri della durata di tre riprese di 2', fra loro, con le pugili cadette, oppure con le pugili seniores di II serie (ma con incontri di tre riprese di 1' e 30" ciascuna).
Il pugile Elite o proviene dalla qualifica juniores, oppure si tessera a partire dal diciannovesimo anno di età, sempreché non abbia superato i 32 anni. Se si è tesserato prima dei 32 anni, può continuare a tesserarsi fino all'età di 35 anni, se però non ha trascorso più di due anni senza disputare incontri.

Nonostante le regole moderne e l'adozione delle precauzioni suggerite dalla medicina dello sport, il pugilato mantiene ancora il suo aspetto di sport violento e cruento. Lo scambio di colpi alla testa può comportare l'insorgere di traumi, che possono manifestarsi durante l'incontro oppure in un secondo momento.

L'urto violento sulla testa può essere causa di un'emorragia immediata a livello cerebrale, i cui sintomi variano dallo stordimento alla perdita di coscienza. Né sono mancati decessi conseguenti, appunto, a trauma cranico.

I medici sportivi hanno identificato una sindrome, tipica e non rara dei pugili professionisti, denominata punch drunk (ubriaco da pugni) oppure dementia pugilistica. I sintomi sono: perdita della memoria, difficoltà nell'ideazione, difficoltà ad effettuare movimenti di precisione ed alterazione della personalità.

A livello dilettantistico si cerca di evitare la sindrome con l'utilizzo di caschi di gomma dura attorno alla testa. Nonostante ciò, un colpo potente e ben portato può provocare forti danni anche ai pugili così protetti.

La sindrome è provocata da piccole emorragie cerebrali non gravi, ma che, sommate negli anni, producono effetti dannosi per l'attività cerebrale.



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