lunedì 16 novembre 2015

ISIS

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« Noi crediamo ciecamente in Dio noi ci batteremo per liberare i prigionieri dalle manette per porre fine all'oppressione alla quale i sunniti sono stati sottoposti dai malvagi sciiti e dalle crociate occupanti, di assistere gli oppressi e ripristinare i loro diritti anche a costo della nostre stesse vite  per far diventare la parola di Dio suprema nel mondo e ripristinare la gloria dell'Islam. »
Stato Islamico dell'Iraq (ISI) (2006–2013)

ISIS è la sigla per Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, conosciuto anche col nome di Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), anche se la seconda formula è meno diffusa.

Il califfato comprende un territorio tra Siria e Iraq, che parte dalla città di Aleppo e si estende fino alla regione di Diyala.

Abu Bakr al-Baghdadi si è autoproclamato califfo dello Stato Islamico. Il suo vero nome è Awad Ibrahim al-Badri, è nato a Samarra, a nord di Baghdad, il 1° Luglio 1971 ed è diventato dottore in teologia islamica nel 2007.

Il califfo nel mondo islamico è colui che è considerato il successore di Maometto e riveste il ruolo di guida politica e spirituale della comunità islamica mondiale.

Prima di tale proclamazione, il gruppo si faceva chiamare Stato Islamico dell'Iraq e Siria, o ISIS, perfetto corrispettivo dell'inglese Islamic State of Iraq and Syria, o Islamic State of Iraq and al-Sham, ossia Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (abbreviato ISIL, se riferito all'equivalente espressione Islamic State of Iraq and the Levant).

Le origini del gruppo risalgono ad "al-Qaida in Iraq" (2004-2006), poi rinominata "Stato Islamico dell'Iraq" (2006-2013), fondata da Abu Mus'ab al-Zarqawi nel 2004 per combattere l’occupazione americana dell’Iraq e il governo iracheno sciita sostenuto dagli USA dopo il rovesciamento di Saddam Hussein. A partire dal 2012 lo Stato Islamico dell’Iraq è intervenuto nella guerra civile siriana contro il governo di Baššar al-Asad e nel 2013, avendo conquistato una parte del territorio siriano e scelto come propria capitale Raqqa, ha cambiato nome in Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS).

Nel 2014 l'ISIS ha espanso il proprio controllo in territorio iracheno (con la presa in giugno di Mossul), proclamando la nascita del "califfato" il 29 giugno 2014. Le rapide conquiste territoriali dell’ISIS hanno finito per attirare la preoccupazione della comunità internazionale, spingendo gli Stati Uniti d'America e altri Stati occidentali e arabi a intervenire militarmente contro l’ISIS con bombardamenti aerei in Iraq da agosto 2014 e in Siria da settembre 2014.

Dapprima alleato di al-Qaida, rappresentata in Siria dal Fronte al-Nusra, l'ISIS se ne è definitivamente distaccato nel febbraio 2014, diventandone il principale concorrente per il primato nel jihad globale. Così, a partire da ottobre 2014, altri gruppi jihadisti esterni all’Iraq e alla Siria hanno dichiarato la loro affiliazione all'ISIS, assumendo il nome di "province" (wilayat) dello Stato Islamico: tra queste, si sono particolarmente distinte per le loro attività la provincia del Sinai, attiva nella regione egiziana del Sinai, e le province libiche di Barqa e di Tripoli, che, nel contesto della seconda guerra civile libica, controllano alcune città in Libia.

L'ONU e alcuni singoli Stati hanno esplicitamente fatto riferimento allo Stato Islamico come a un'organizzazione terroristica, così come i mezzi d'informazione in tutto il mondo.

Nel maggio del 2003, in Iraq, Paul Bremer, governatore civile dell'Iraq occupato dalle forze americane, dopo l'abbattimento del regime sunnita di Saddam Hussein, emanò un decreto che prevedeva lo scioglimento dell’esercito iracheno. Improvvisamente 400.000 soldati dello sconfitto esercito iracheno furono esclusi da incarichi militari e fu negato loro il trattamento pensionistico. Da questo evento, numerosi ex-militari cominciarono a imbracciare le armi e a combattere contro gli statunitensi e contro il nuovo governo sciita iracheno da essi voluto, cominciando a organizzarsi in gruppi di combattimento e a coordinarsi per riconquistare il potere in Iraq.

Questo gruppo di scontenti formò nel 2004 la Jamaat al-Tawid wa l-jihad, JTJ (Organizzazione del Tawid e del Jihad). Nell'ottobre dello stesso anno, il capogruppo, Abu Mus'ab al-Zarqawi, giurò fedeltà a Osama bin Laden e cambiò il nome dello stesso in Tanim Qaidat al-jihad fi Bilad al-Rafidayn, ossia “Organizzazione della Base del jihad nel Paese dei due Fiumi” (con riferimento alla Mesopotamia), meglio conosciuto come "al-Qaida in Iraq" (AQI), un nome che non è mai stato usato dal gruppo, ma con cui sono state spesso descritte le sue varie incarnazioni.

L'organizzazione, con un intento soprattutto propagandistico, cambiò nuovamente il proprio nome nel gennaio del 2006, questa volta in "Mujahidin del Consiglio della Shura". Il 12 ottobre 2006 il gruppo "Mujahidin del Consiglio della Shura" si unì ad altre quattro fazioni ribelli e il giorno seguente venne annunciata la fondazione del Dawlat al-Iraq al-Islamiyya (Stato islamico dell'Iraq, ISI).

Il 9 aprile 2013, dopo essersi ampliato all'interno della Siria, il gruppo adottò il nome di "Stato Islamico dell'Iraq e del Levante", conosciuto anche come "Stato Islamico dell'Iraq e di al-Sham" o "Stato Islamico dell'Iraq e della Siria", ma anche con le forme abbreviate al-Dawla (Lo Stato) e o al-Dawla al-Islamiyya (Lo Stato Islamico). Il nome viene abbreviato in ISIS o ISIL.

Il 14 maggio 2014 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato la sua decisione di usare Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL) come nome di principale del gruppo.

In seguito alla seconda guerra del Golfo, lo jihadista salafita giordano Abu Mus'ab al-Zarqawi e il suo gruppo di militanti della Jamaat al-tawid wa l-jihad, fondata nel 1999, raggiunse la notorietà nelle prime fasi della guerriglia irachena, non solo attaccando le forze della Coalizione ma anche con attacchi suicidi nei confronti di obiettivi civili e decapitando ostaggi. Il gruppo di al-Zarqawi, crescendo in forze, attrasse nuovi combattenti e nell'ottobre del 2004 si alleò ufficialmente con la rete di al-Qaida di Osama bin Laden, cambiando il proprio nome in Tanim qaidat al-jihad fi Bilad al-rafidayn ("Organizzazione della base del jihad nel Paese dei due fiumi", ossia la Mesopotamia), anche conosciuta come al-Qaida in Iraq (AQI).



Gli attacchi contro i civili, il governo iracheno e le forze di sicurezza aumentarono nei successivi due anni. In una lettera ad al-Zarqawi del luglio 2005 Ayman al-Zawahiri delineò un piano in quattro fasi per espandere la guerra in Iraq: espellere le forze statunitensi dall'Iraq, stabilire un'autorità islamica (un emirato), espandere il conflitto ai vicini laici dell'Iraq e ingaggiare un conflitto arabo-israeliano. Nel gennaio del 2006 AQI unì vari gruppi ribelli iracheni più piccoli in un'organizzazione chiamata "Mujahidin del Consiglio della Shura".

Questo fu soprattutto un atto propagandistico e un tentativo di dare al gruppo un sapore più iracheno, e forse di allontanare al-Qaida da al-Zarqawi, colpevole di aver commesso alcuni errori tattici, come gli attentati terroristici di Amman nel 2005, nel quale vennero colpiti tre alberghi. La rottura definitiva fra i due gruppi avverrà però solo nel 2013. Il 7 giugno del 2006 al-Zarqawi venne ucciso in un bombardamento statunitense e gli succedette come capo dell'AQI il militante egiziano Abu Ayyub al-Masri.

Il 12 ottobre del 2006 venne annunciata la fondazione del Dawlat al-Iraq al-Islamiyya (Stato islamico dell'Iraq, ISI), comprendente i sei governatorati più sunniti dell'Iraq, e Abu Omar al-Baghdadi si autoproclamò comandante, ma di fatto era solamente un prestanome, dato che il potere era detenuto dall'egiziano Abu Ayyub al-Mari, a cui venne dato il titolo di ministro della guerra all'interno del governo dell'ISI, che era composto da dieci elementi. La dichiarazione incontrò la critica ostile degli altri gruppi rivali dell'ISI in Iraq e dei principali ideologi al di fuori dal paese.

Secondo uno studio dei servizi segreti statunitensi all'inizio del 2007 lo Stato Islamico aveva pianificato di sottrarre potere nell'area centrale e occidentale del paese e trasformarle in un califfato. Negli ultimi mesi del 2007 gli attacchi violenti e indiscriminati dell'ISI contro civili iracheni avevano gravemente danneggiato l'immagine del gruppo e causato una perdita di sostegno da parte della popolazione, causandone un maggior isolamento. Molti ex guerriglieri sunniti che precedentemente avevano lavorato con lo Stato Islamico cominciarono a lavorare con le forze americane.

Le truppe statunitensi fornirono nuovo personale per le operazioni contro lo Stato Islamico, e ciò permise di catturare o uccidere molti membri di alto livello del gruppo. al-Qaida sembrava aver perso il suo punto d'appoggio in Iraq e appariva seriamente menomata. Durante il 2008 una serie di offensive statunitensi e irachene riuscì a scacciare i ribelli pro-Stato Islamico dai loro rifugi sicuri (come i governatorati di Diyala e al-Anbar e l'assediata capitale Baghdad) verso l'area della città di Mossul, nel nord del paese, l'ultimo dei grossi campi di battaglia della guerra irachena. Nel 2008 l'ISI si descrive come in uno stato di “straordinaria crisi” ascrivibile a vari fattori, in particolare ai Figli dell'Iraq, una coalizione tribale irachena inizialmente sostenuta dagli Stati Uniti.

Nel 2009 il futuro comandante dell'ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi venne rilasciato dal campo di detenzione americano di Camp Bucca in seguito al parere di una commissione che ne raccomandava il "rilascio incondizionato". Secondo la testimonianza di alcuni ex-internati, il campo era un vero e proprio centro di indottrinamento e addestramento per terroristi, con classi dedicate all'apprendimento delle tecniche per costruire autobombe o perpetrare attacchi suicidi. Sul finire dello stesso anno il comandante delle forze statunitensi in Iraq, il generale Ray Odierno, ha dichiarato che l'ISI “si è trasformato significativamente negli ultimi due anni. Quello che una volta era dominato da individui stranieri è ora diventato sempre più dominato da cittadini iracheni”. Il 18 aprile 2010 i due principali capi di ISI, Abu Ayyub al-Mari e Abu Omar al-Baghdadi, vennero uccisi in un'incursione irachena e statunitense vicino a Tikrit. In una conferenza stampa del giugno del 2010 il generale Odierno ha riportato che l'80% dei 42 principali capi dell'ISI, inclusi reclutatori e finanziatori, sono stati uccisi o catturati, solo otto erano ancora a piede libero. Ha poi detto che erano stati tagliati fuori dal comando pachistano di al-Qaida, e che i servizi segreti hanno potuto portare a termine con successo la missione che ha portato all'uccisione di al-Mari e al-Baghdadi in aprile; in più, il numero di vari attacchi e vittime nei primi cinque mesi di conflitti in Iraq, è stato il più basso dal 2003.

Il 16 maggio del 2012 Abu Bakr al-Baghdadi fu nominato nuovo comandante dello Stato Islamico dell'Iraq. Al-Baghdadi ricostituì l'alto comando del gruppo, decimato dagli attacchi, affidando incarichi a ex militari e ufficiali dei servizi segreti del partito Ba'th che avevano servito sotto il regime di Saddam Hussein. Questi uomini, molti dei quali già prigionieri delle forze americane, arrivarono a costituire un terzo dei venticinque più alti gerarchi di al-Baghdadi. Uno di loro era l'ex colonnello Samir al-Khalifawi, anche conosciuto come ajji Bakr, che ebbe l'incarico di supervisionare le operazioni del gruppo.

Nel luglio del 2012 Abu Bakr al-Baghdadi pubblicò in linea una dichiarazione audio nella quale annunciava che il gruppo stava ritornando verso le roccaforti dalle quali gli statunitensi e i Figli dell'Iraq li avevano scacciati prima del ritiro delle truppe americane. Ha dichiarato inoltre l'inizio di una nuova offensiva in Iraq chiamata “Abbattere i muri” con l'obiettivo di liberare i membri del gruppo rinchiusi nelle prigioni irachene. La campagna “Abbattere i muri” culminò nel luglio del 2013 con il gruppo che effettuava incursioni simultanee a Taji e nella prigione di Abu Ghurayb, liberando più di 500 prigionieri, molti dei quali veterani della guerriglia irachena.

Nel marzo del 2011 cominciarono delle proteste contro il governo siriano di Baššar al-Asad. Nei mesi seguenti la violenza tra i dimostranti e le forze di sicurezza portò alla graduale militarizzazione del conflitto. Nell'agosto del 2011 Abu Bakr al-Baghdadi cominciò a inviare in Siria membri iracheni e siriani dell'ISI con esperienza nella guerriglia per formare un'organizzazione all'interno del Paese. Guidato da un siriano chiamato Abu Muammad al-Jawlani, il gruppo cominciò a reclutare combattenti e a costituire celle terroristiche in tutto il paese. Il 23 gennaio 2012 il gruppo annunciò la sua formazione come Jabhat al-Nura li-Ahl al-Sham, più conosciuto come Fronte al-Nusra. Al-Nura crebbe rapidamente diventando una forza combattente sostenuta dall'opposizione siriana.

Nell'aprile del 2013 al-Baghdadi pubblicò una dichiarazione audio nella quale annunciò che era stato fondato il Fronte al-Nura, finanziato e sostenuto dallo Stato Islamico dell'Iraq e che i due gruppi si stavano fondendo insieme col nome "Stato Islamico dell'Iraq e Al-Sham". Al-Jawani pubblicò una dichiarazione in cui negò la fusione dei due gruppi lamentandosi che né lui né nessun altro all'interno del comando di al-Nura era stato consultato in proposito.

Nel giugno del 2013 Al Jazeera disse di aver ottenuto una lettera del capo di al-Qaida Ayman al-Zawahiri, indirizzata a entrambi i comandanti, nella quale questi si espresse contro la fusione e incaricò un emissario di supervisionare le relazioni tra i due gruppi per porre fine alle tensioni.

Lo stesso mese al-Baghdadi pubblicò un altro messaggio audio rifiutando la decisione di al-Zawahiri e dichiarando che la fusione stava proseguendo. A ottobre al-Zawahiri ordinò lo scioglimento di ISIS, dando al Fronte al-Nura il compito di portare avanti il jihad in Siria, ma al-Baghdadi contestò la decisione sulla base della giurisprudenza islamica e il gruppo continuò a operare in Siria. Nel febbraio del 2014, dopo otto mesi di lotta per il potere, al-Qaida rinnegò qualsiasi relazione con ISIS. L'azione di disconoscimento viene ribadita nuovamente a febbraio 2014 con un comunicato di al-Qaida diffuso via web. Al-Qaida ha giudicato troppo estremi i propositi del movimento.




Secondo la giornalista Sarah Birke ci sono “significative differenze” tra il Fronte al-Nura e ISIS. Mentre al-Nura agisce attivamente per rovesciare il governo di Assad, l'ISIS “tende a essere più focalizzata a istituire un proprio governo nei territori conquistati”. L'ISIS è “molto più spietata” nel creare uno stato islamico “portando avanti attacchi settari e imponendo immediatamente la shari'a”. Al-Nura ha “un numeroso contingente di combattenti stranieri” ed è visto da molti siriani come gruppo sviluppatosi localmente; di contro i combattenti dell'ISIS sono stati descritti come “invasori stranieri” da molti rifugiati siriani.

ISIS conta una grossa presenza nella Siria centrale e settentrionale, dove ha imposto la sharia in alcune città. Il gruppo probabilmente controlla le città di confine di Atmeh, al-Bab, Azaz e Jarablus, e di conseguenza ciò che entra ed esce tra Siria e Turchia. I combattenti stranieri in Siria comprendono alcuni terroristi russofoni che erano parte del Jaysh al-Muhajirin wa l-Anar (JMA). Nel novembre del 2013 Abu Omar al-Shishani, il leader ceceno del JMA, giurò fedeltà ad al-Baghdadi e il gruppo si divise poi tra chi seguì al-Shishani unendosi all'ISIS e quelli che continuarono a operare indipendentemente nella JMA guidati da un nuovo comandante.

Nel maggio del 2014 Ayman al-Zawahiri ordinò al Fronte al-Nura di sospendere gli attacchi all'ISIS. Nel giugno del 2014, dopo continui combattimenti tra i due gruppi, il distaccamento di al-Nura nella città siriana di al–Bukamal promise alleanza con l'ISIS.

La sera del 29 giugno 2014 l'ISIS ha proclamato la restaurazione del Califfato islamico, con Abu Bakr al-Baghdadi come califfo. Nella prima notte di ramadan, lo Shaykh Abu Muhammad al-Adnani al-Shami, portavoce del neonato Stato Islamico, ha dichiarato che il Consiglio della Shura del gruppo ha deciso di fondare formalmente il califfato, descrivendolo come “un sogno che vive nelle profondità di ogni credente musulmano”, e che i musulmani di tutto il mondo dovrebbero giurare la loro fedeltà al nuovo califfo. La fondazione del califfato è stata criticata e ridicolizzata da studiosi musulmani e altri islamisti dentro e fuori i territori occupati, ma molti ribelli erano già stati assimilati dal gruppo. Nell'agosto del 2014 un alto comandante dello Stato Islamico ha dichiarato che “nella Siria orientale non c'è più nessun Esercito siriano libero. Tutti i membri dell'Esercito siriano libero si sono uniti allo Stato Islamico. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani lo Stato islamico ha reclutato più di 6.300 combattenti solo nel mese di luglio 2014, molti di loro provenienti dall'Esercito siriano libero.

Una settimana prima di cambiare il suo nome in "Stato Islamico", l'ISIS ha preso Trabil, attraversando così per la prima volta il confine giordano-iracheno. L'ISIS ha ricevuto un certo sostegno in Giordania, parzialmente dovuto alla repressione attuata dallo stato, ma ha intrapreso una campagna di reclutamento in Arabia Saudita, dove le tribù nel nord hanno rapporti con quelle dell'Iraq occidentale e della Siria orientale. Raghad Hussein, la figlia del dittatore Saddam, che ora vive in Giordania, ha pubblicamente espresso il suo sostegno all'avanzata di ISIS in Iraq, riflettendo l'alleanza di convenienza dei ba'thisti con ISIS e il suo obiettivo di riconquistare il potere a Baghdad.

Nel giugno del 2014 la Giordania e l'Arabia Saudita hanno dislocato le loro truppe ai confini con l'Iraq dopo che l'Iraq stesso ne ha perso, o abbandonato, il controllo dei punti di attraversamento strategici che erano caduti in mano all'ISIS, compiendo alcuni eccidi come il massacro di Camp Speicher dove trovarono la morte circa 160 reclute dell'aeronautica militare irachena. Alcune speculazioni dicono che al-Maliki ha ordinato un ritiro delle truppe dal confine con l'Arabia Saudita in modo da “aumentare la pressione sull'Arabia Saudita e portare la minaccia dell'ISIS a sfondare anche quel confine”.

Nel luglio del 2014 Abubakar Shekau, leader di Boko Haram, ha dichiarato il suo sostegno al nuovo califfato e al califfo Ibrahim; nel settembre 2014 ha lanciato un'offensiva nell'Adamawa e nel Borno, due stati della Nigeria nord–orientale, seguendo l'esempio dello Stato Islamico. Il 25 dello stesso mese viene distrutta a Mossul la Moschea di Giona che, poiché frequentata anche dai cristiani, viene considerata dallo Stato Islamico "meta di apostasia". Lo Stato Islamico ha inoltre imposto ai cristiani di Mossul di abbandonare la città e di lasciare i propri beni o, in alternativa, di pagare la tassa di protezione, altrimenti sarebbero stati uccisi. L'8 agosto 2014 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha autorizzato i primi bombardamenti mirati contro lo Stato Islamico nel nord dell'Iraq e il lancio di aiuti umanitari alle popolazioni in fuga dalle zone da esso occupate.

I primi attacchi sono stati effettuati con dei caccia F-18 e dei droni Predator. Le incursioni americane hanno permesso a ventimila dei quarantamila Yazidi (una minoranza finita nel mirino dello Stato Islamico, che nei giorni precedenti ne aveva uccisi almeno 500 durante l'avanzata nel nord dell'Iraq, seppellendo vive parte delle vittime, inclusi donne e bambini, e rapendo quasi trecento donne per trasformarle in schiave), di fuggire dai Monti del Sinjar, dove erano intrappolati sotto la minaccia dei jihadisti. Inoltre grazie all'appoggio aereo i curdi hanno riconquistato Guwair e Makhmur, due cittadine in posizione strategica, e l'esercito iracheno ha lanciato due controffensive una nel distretto di al-Bakri e una nel distretto di Muqdadiyya. Il 10 agosto i terroristi hanno assediato 50.000 yazidi rifugiatisi sul monte Sinjar, uccidendone almeno 500 e seppellendoli in fosse comuni. Per aiutare gli yazidi in trappola, gli Stati Uniti hanno inviato una missione militare composta da 100 uomini tra marines e forze speciali con il compito di organizzare una via di fuga per i civili minacciati. Il 15 agosto 2014 il consiglio europeo ha approvato la fornitura di armi ai Curdi per aiutarli a contenere l'avanzata dello Stato Islamico.



Nei giorni successivi le truppe dell'ISIS si sono rese responsabili di un nuovo massacro nel villaggio yazidi di Kocho, in cui hanno ucciso oltre 80 uomini e hanno rapito più di 100 donne, dopo che gli abitanti si erano rifiutati di convertirsi all'Islam. Altri eccidi commessi dallo Stato Islamico nei confronti degli yazidi nella prima metà di agosto si sono svolti nei villaggi di Quiniyeh (70-90 morti), Hardan (60 morti), Ramadi Jabal (60-70 morti), Dhola (50 morti), Khana Sor (100 morti), Hardan (250-300 morti), al-Shimal (decine di vittime), Khocho (400 morti e 1.000 donne rapite) e Jadala (14 morti); altri 200 yazidi sono stati uccisi per aver rifiutato la conversione nella prigione di Tal Afar, mentre centinaia (tra cui almeno 200 bambini) sono deceduti di stenti durante la fuga o sono stati uccisi da bombardamenti di mortaio lungo le strade. Stime dell'ONU parlano di circa 5.000 yazidi (soprattutto uomini) uccisi e altri 5.000-7.000 (soprattutto donne e bambini) catturati e sovente venduti come schiavi.

Oltre agli yazidi e ai cristiani assiri, lo Stato Islamico ha perseguitato anche la minoranza sciita dei turcomanni, 700 dei quali sono stati massacrati tra l'11 e il 12 luglio nel villaggio di Beshir. Altri dei più sanguinosi eccidi perpetrati dallo Stato Islamico hanno avuto luogo il 10 giugno a Mosul (dove 670 detenuti sciiti del carcere di Badush sono stati fucilati), tra il 12 e il 15 giugno a Camp Speicher (tra i 1.095 e i 1.700 soldati iracheni sono stati fucilati dopo avere abbandonato la base, e migliaia di altri sono scomparsi), il 16 luglio a Shaer (200 soldati siriani fucilati dopo la presa di un giacimento di gas) e il 24 agosto a Tabqa (250 soldati siriani sono stati fucilati dopo la presa della base aerea di Tabqa).

Lo Stato islamico ha operato massacri anche in Siria, dove nelle prime due settimane di agosto ha ucciso oltre 700 membri della tribù sunnita degli Chaitat, che si era ribellata alla sua autorità nell'est del paese. Il 17 agosto 2014 le forze peshmerga curde annunciano di aver ripreso il controllo della diga di Mossul, un importante sito strategico, con l'aiuto dei bombardamenti aerei americani, e di aver riconquistato le cittadine di Tel Skuf, Ashrafia e Batnaya. La notizia viene smentita dallo Stato Islamico che la rigetta come "mera propaganda di guerra". Anche secondo altre fonti la diga di Mossul sarebbe ancora nelle mani dello Stato Islamico. Il 19 agosto 2014 l'esercito iracheno lancia un'offensiva per riconquistare la città di Tikrit.

La questione dell'acronimo corretto da utilizzare per riferirsi al gruppo è stata discussa da molti commentatori. Ishaan Taroor del Washington Post ha concluso:

« Nel crescente campo di battaglia delle controversie di editing, la distinzione tra ISIS o ISIL non è così grande.»
Il 29 giugno 2014 venne annunciata la fondazione di un califfato, guidato dal califfo Abu Bakr al-Baghdadi, chiamato Stato Islamico.

Alcuni analisti hanno osservato che eliminare il riferimento geografico dal nome ha ampliato il raggio d'azione del gruppo e Laith Alkhouri, un analista del terrorismo, pensa che dopo aver conquistato molte aree della Siria e dell'Iraq, ISIS abbia visto la concreta opportunità di prendere controllo di un movimento jihadista globale.

Alla fine dell'agosto del 2014 una delle principali autorità islamiche egiziane, la Dar al-Ifta al-Miriyya, ha consigliato ai musulmani di smettere di chiamare il gruppo Stato Islamico ma di riferirsi a esso come Separatisti di al-Qaida in Iraq e Siria o QSIS, dato il carattere non-islamico dell'organizzazione.

I detrattori di ISIS, particolarmente in Siria, si riferiscono al gruppo usando l'acronimo arabo Daish - più volgarmente Daesh -, che può significare al-Dawla al-Islamiyya fi Iraq wa l-Sham ("Stato Islamico dell'Iraq e del Levante", o "della Grande Siria"), ma che può essere anche letto con significati spregiativi, motivo per cui il gruppo considera il termine denigratorio e punisce con la fustigazione coloro che lo usano. Il termine viene utilizzato anche a livello internazionale; in occasione dell'attentato al consolato italiano al Cairo dell'11 luglio 2015, il ministro italiano Paolo Gentiloni ha dichiarato "Risponderemo con rinnovata determinazione nel contrasto al Daesh e al fanatismo terrorista".

Lo Stato Islamico è un'organizzazione estremista islamica, d'ispirazione salafita, che considera il jihad globale un dovere di ogni musulmano. Come al-Qaida e molti altri gruppi jihadisti odierni, lo Stato Islamico è un prodotto dell'ideologia dei Fratelli Musulmani, la prima organizzazione islamista al mondo, che tuttavia non afferma la cogenza del jihad avendo da tempo optato per una strategia legale per salire al potere. Segue un'interpretazione radicale e anti-occidentale dell'Islam, promuove la violenza religiosa e considera coloro che non concordano con la sua interpretazione del Corano infedeli e apostati; sostiene di rifarsi all'Islam delle origini e rifiuta le “innovazioni” più recenti considerandole responsabili della corruzione del suo spirito originario. Condanna i califfati più recenti e l'Impero ottomano per aver deviato da quello che chiama “Islam puro”, per restaurare il quale ha stabilito un suo califfato. Allo stesso tempo lo Stato Islamico mira a fondare uno stato fondamentalista salafita, e quindi sunnita, in Iraq, Siria e altre parti del levante.

Dopo aver conquistato le città irachene, ISIS ha pubblicato alcune linee guida su come indossare veli e vestiti. L'ISIS avverte le donne di Mossul di indossare veli che coprano tutto, pena una severa punizione.



Un religioso ha dichiarato alla Reuters di Mossul che uomini armati dell'ISIS gli hanno ordinato di leggere gli avvertimenti ai fedeli nella sua moschea. ISIS ha anche messo al bando manichini nudi e ordinato che le facce dei manichini sia maschili sia femminili venissero coperte. ISIS ha pubblicato 16 note chiamate “Contratto con la città”, una serie di regole rivolte ai civili di Nineveh. Una regola stabilisce che le donne devono stare in casa e non uscire a meno che non sia necessario. Un'altra regola dice che rubare sarà punito con l'amputazione della mano. Oltre a bandire la vendita e il consumo di alcolici, che è normale nella cultura musulmana, ISIS ha vietato la vendita e l'uso di sigarette e narghilè. Hanno anche messo al bando “musica e canzoni in macchina, alle feste, in negozi e in pubblico, così come fotografie di persone nelle vetrine dei negozi”.

I cristiani che vivono in aree sotto il controllo dell'ISIS che vogliono rimanere nel califfato hanno tre opzioni: convertirsi all'islam, pagare l'imposta religiosa oppure la morte. “Offriamo tre scelte: l'islam, la dhimma, che include il pagamento della jizya, se rifiutano questo non avranno nient'altro che la spada”, ha dichiarato l'ISIS. ISIS ha già imposto simili regole per i cristiani di Al-Raqqa, in Siria, una delle città più liberali della nazione.

I seguaci dell’ISIS sono combattenti che hanno aderito alla causa, o sono stati costretti a farlo, erano appena mille nel 2012, ora se ne contano diverse decine di migliaia.
Si tratta di ragazzi in cerca di un lavoro, alcuni sono nati in Iraq, Siria e territori limitrofi, ma molti di loro parlano inglese e sono partiti da diverse parti del mondo, anche dall’Europa, attratti dalla propaganda dell’ISIS (per indicare questi ultimi si fa spesso riferimento all’espressione “Foreign Fighters“).

Ci sono molti combattenti stranieri tra le file dell'ISIS. Nel giugno del 2014 la rivista inglese The Economist riporta che «l'ISIS potrebbe avere fino a 6.000 combattenti in Iraq e 3–5.000 in Siria, inclusi forse 3.000 stranieri; quasi un migliaio si dice vengano dalla Cecenia e forse cinquecento o qualcosa di più da Francia, Gran Bretagna e altre parti d'Europa». Il comandante ceceno Abu Omar al-Shishani, ad esempio, è stato nominato tale per il settore nord della Siria dall'ISIS nel 2013. Secondo il New York Times nel settembre del 2014 c'erano più di 2.000 europei e 100 americani tra i combattenti stranieri dell'ISIS.

La bandiera dell’ISIS vede campeggiare su uno sfondo nero la frase in bianco “Non vi è altro Dio all’infuori di Allah e Muhammad è il Suo Messaggero“.
Si tratta del principio più importante per tutto l’Islam e rappresenta il primo pilastro della fede musulmana.

Ulteriore elemento simbolico, fortemente evocativo per i musulmani più acculturati, è il luogo prescelto nell'estate del 2014 per l'annuncio della costituzione del "Califfato" islamico: la moschea di Mossul, detta al-Nuri, così detta perché fondata dal sultano turco Nur al-Din (il nostro Norandino), che avviò proprio da Mossul la riconquista islamica della Terrasanta occupata dai crociati. Anche il nome di battaglia del suo capo non è casuale, essendo la sua kunya Abu Bakr quella del primo califfo "ortodosso" (rashid) della Umma islamica, mentre la nisba al-Baghdadi sottolinea la originale matrice del suo capo e del movimento: l'Iraq, di cui Baghdad è la capitale e che fu, dall'VIII al XIII secolo, sede prestigiosa del califfato abbaside.

La particolarità dell’ISIS è il suo massiccio uso della rete, con le stesse competenze di una moderna azienda multinazionale.
E’ stata provata l’esistenza di una fitta rete di account Twitter che condividono i messaggi dei membri più influenti dell’organizzazione. Video, foto e social network sono solo alcune delle nuove “armi” a disposizione dell’ISIS per la propaganda del loro pensiero.

Sul giornale online dell'ISIS Dabiq è stato poi pubblicato il 12 ottobre un fotomontaggio, che è stato (come probabilmente sperava l'ISIS) puntualmente riproposto dai media occidentali, in cui era raffigurata sullo sfondo la Basilica di San Pietro a Roma, con il vessillo dell'ISIS sventolante al di sopra dell'obelisco della piazza, e un titolo (The failed Crusade) in cui si sottolineava il "fallimento" della "Crociata" - intesa dai componenti dello Stato Islamico dall'inefficacia dei bombardamenti aerei alleati - e l'imminente inevitabile conquista di Roma, assurta a simbolo dell'intero Occidente.

E’ stato stimato che il guadagno dell’ISIS ammonti a circa 3 milioni di dollari al giorno, per un totale di oltre due miliardi.
Il 90% di questa ricchezza deriva dal business del petrolio, ma vi concorrono anche donazioni private, saccheggi, furti nelle banche dei territori conquistati e altre attività non ancora chiare.

Uno studio di duecento documenti (lettere personali, note spesa e registri dei membri) appartenenti ad al-Qaida in Iraq e a ISIS stesso è stato effettuato dalla RAND Corporation nel 2014. Si è scoperto che tra il 2005 e il 2010 le donazioni dall'estero arrivavano solo al 5% del capitale a disposizione del gruppo, il resto veniva raccolto in Iraq. Nel periodo di tempo studiato, alle cellule era richiesto d'inviare fino al 20% degli introiti derivanti da rapimento, estorsione e altre attività, al livello superiore della gerarchia del gruppo. I comandanti di grado più alto avrebbero poi distribuito i fondi alle celle provinciali o locali che si trovavano in difficoltà o avevano bisogno di soldi per condurre gli attacchi. I dati mostrano che per il denaro liquido ISIS contava su membri di Mossul, la cui dirigenza era usata per elargire ulteriori fondi ai miliziani di Diyala, ala al-Din (Salahuddin) e Baghdad che si trovavano in difficoltà.

Nella metà del 2014 lo spionaggio iracheno ha ottenuto informazioni da un membro dell'ISIS, il quale ha rivelato che le risorse del gruppo ammontano a due miliardi di dollari statunitensi. ISIS è così il più ricco gruppo jihadista del mondo. Alcune voci dicono che circa tre quarti di questa somma è rappresentata da risorse di cui il gruppo si è impadronito durante la presa di Mossul nel giugno del 2014; queste includono fino a 429 milioni di dollari rubati dalla banca centrale di Mossul, assieme ad altri milioni e a una grande quantità di lingotti d'oro rubati da altre banche di Mossul. È stato però messo in dubbio il fatto che ISIS abbia potuto recuperare una somma così imponente dalla banca centrale e abbia realizzato le rapine in banca di cui è accusata.

ISIS ha regolarmente praticato l'estorsione, ad esempio domandando denaro ai camionisti, minacciandoli di far esplodere il loro carico. Le rapine in banca e alle gioiellerie sono state altre fonti di guadagno. È risaputo, inoltre, che il gruppo abbia ricevuto fondi da donatori privati dagli stati del Golfo, e sia il primo ministro iraniano sia quello iracheno Nuri al-Maliki hanno accusato l'Arabia Saudita e il Qatar di finanziare l'ISIS, senza però fornire prove.

Si pensa che il gruppo riceva dei considerevoli finanziamenti dalle sue operazioni nella Siria orientale, dove ha sequestrato campi petroliferi e contrabbandato materiali grezzi e beni archeologici. ISIS guadagna denaro anche dalla produzione di petrolio greggio e vendendo energia elettrica nella Siria settentrionale e al governo siriano.



Fin dal 2012 l'ISIS ha prodotto rapporti annuali dando informazioni numeriche sulle sue operazioni in uno stile che ricorda i report aziendali, incoraggiando potenziali donatori.

All'inizio di settembre del 2014 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite decise di mandare in Iraq e in Siria un team per investigare su abusi e uccisioni “di portata inimmaginabile” compiute dallo Stato Islamico. Zeid Ra'ad al Hussein di Giordania, che ha sostituito Navanethem Pillay come Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha incoraggiato i capi mondiali a intervenire per proteggere le donne e bambini che si trovano tra le mani dei combattenti dello Stato Islamico, che si diceva stessero cercando di creare una “casa del sangue”. Ha fatto appello alla comunità internazionale perché concentri i suoi sforzi per porre fine al conflitto in Iraq e Siria.

Lo Stato Islamico obbliga le persone che si trovano nelle aree sotto il suo controllo ad attestare la propria fede islamica, vivere secondo la propria interpretazione dell'islam sunnita e sotto la Legge coranica con la pena di morte, tortura e mutilazione genitale. La violenza è rivolta verso i musulmani sciiti, Assiri, yazidi, drusi, caldei, siriaci e armeni cristiani, in particolare shabak e mandei.

Amnesty International ha accusato l'ISIS di pulizia etnica nei gruppi minoritari dell'Iraq settentrionale.

Durante il conflitto iracheno del 2014, l'ISIS ha pubblicato dozzine di video che mostrano il trattamento riservato ai civili, molti dei quali erano considerati in base alla loro religione e gruppo etnico. Navanethem Pillay, da Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha segnalato la presenza di crimini nella zona di guerra dell'Iraq divulgando un rapporto delle Nazioni Unite in cui si fa riferimento a militari iracheni e diciassette civili uccisi in una strada di Mossul da parte dei combattenti dell'ISIS. Le Nazioni Unite riportano inoltre che dal cinque al ventidue giugno ISIS ha ucciso più di mille civili iracheni e ne ha feriti almeno un altro migliaio. Dopo la pubblicazione da parte di ISIS di fotografie che ritraggono i suoi combattenti uccidere file di giovani uomini, le Nazioni Unite hanno dichiarato che le esecuzioni a sangue freddo eseguite dall'ISIS nell'Iraq settentrionale vanno quasi sicuramente annoverate tra i crimini di guerra.

L'avanzata dell'ISIS in Iraq nella metà del 2014 è stata accompagnata da continua violenza in Siria. Il 29 maggio un villaggio siriano è stato assaltato dall'ISIS e almeno quindici civili sono rimasti uccisi, secondo Human Rights Watch almeno sei erano bambini. Un ospedale della zona ha confermato di aver ricevuto quindici corpi lo stesso giorno. L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha riportato che il primo giugno un uomo di centodue anni è stato ucciso con tutta la sua famiglia in un villaggio a Hama.

L'ISIS ha reclutato nei propri ranghi bambini iracheni che possono essere visti mentre pattugliano le strade di Mossul imbracciando un fucile con una maschera in faccia.

Secondo un rapporto, la presa delle città irachene nel giugno del 2014 da parte dell'ISIS è stata accompagnata da un'impennata di crimini contro le donne. Il Guardian ha riportato che l'agenda estremista dell'ISIS si estende al corpo delle donne e che le donne che vivono sotto il suo controllo sono state catturate e stuprate.

Hannaa Edwar, una delle principali sostenitrici dei diritti delle donne a Baghdad, che dirige un'organizzazione non governativa chiamata "Iraqi Al-Amal Association", ha dichiarato che nessuno dei suoi contatti a Mossul ha potuto confermare alcun caso di stupro. Un'altra attivista per i diritti delle donne di Baghdad, Basma al-Khatib, ha detto che una cultura della violenza contro le donne esiste in Iraq e si sente sicura del fatto che avvenissero violenze sessuali nei confronti delle donne a Mossul non solo per opera dell'ISIS, ma di tutti i gruppi armati.

Durante un incontro con Nuri al-Maliki, il ministro degli Esteri britannico Wiliam Hague ha dichiarato: "Chiunque glorifichi, supporti o si unisca all'ISIS deve capire che aiuterebbe un gruppo responsabile di rapimento, tortura, esecuzioni, stupro e molti altri orribili crimini". Secondo Martin Williams del The Citizen, un quotidiano sudafricano, una parte dei membri appartenenti alla linea dura del salafismo considerano il sesso extraconiugale con più partner come una forma legittima di guerra santa ed è "difficile riconciliare questo con una religione nella quale alcuni seguaci insistono che le donne debbano essere coperte dalla testa ai piedi, con solo una sottile apertura sugli occhi".

Haleh Esfandiari del Woodrow Wilson International Center for Scholars ha sottolineato l'abuso su donne locali da parte dei combattenti dell'ISIS dopo aver catturato un'area. "Solitamente prendono le donne più vecchie a un improvvisato mercato degli schiavi e provano a venderle. Le più giovani... sono stuprate o date in spose ai combattenti.  È basato sul matrimonio temporaneo e una volta che questi combattenti hanno fatto sesso con queste giovani donne, le passano ad altri combattenti".

Alcuni testimoni hanno dichiarato che alcune ragazze yazide, dopo essere state stuprate dai combattenti dell'ISIS, si sono suicidate gettandosi dal monte Jebel Sinjar.

L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) ha evidenziato come l'ISIS promuova la persecuzione delle persone omosessuali prevedendo per loro la pena capitale.

Diversi Tribunali islamici, tra cui le Corti islamiche di Wilayat al-Furat, di Mayadin e di Dayr al-Zor, hanno condannato a morte diversi omosessuali con metodi particolarmente brutali e cruenti, anche ispirati a un antico supplizio islamico secondo cui "i sodomiti devono essere fatti precipitare dal punto più alto della città, e poi lapidati fino alla morte". Alcuni omosessuali, quindi, sono stati legati e portati in cima al tetto del palazzo più alto della città, fatti precipitare a terra, e poi lapidati pubblicamente.

Alcuni commentatori sunniti come Zayd Hamis, e anche mufti jihadisti e salafiti come Adnan al-Aroor e Abu Basir al-Tartusi, ritengono però che lo Stato Islamico e altri gruppi terroristici a esso correlati non siano affatto salafiti, ma eretici kharigiti, al servizio di un'agenda imperiale anti-islamica.

Altre fonti associano invece l'ideologia del gruppo non al Fondamentalismo islamico e al jihadismo di al-Qaida, ma al Wahhabismo. Secondo lo studioso Bernard Haykel il wahabismo è “il parente più stretto dello Stato Islamico.  Per al-Qaida la violenza è un mezzo per arrivare a un fine, per ISIS è un fine in sé”. Secondo il New York Times, “tutti i più influenti teorici del jihad criticano lo Stato Islamico definendolo anormale, considerando nullo l'autoproclamato califfato” e criticandolo per le decapitazioni di giornalisti e operatori umanitari.

I salafiti, come gli appartenenti allo Stato Islamico, credono che solo un'autorità legittima possa intraprendere la direzione del jihad, e che la purificazione della società islamica sia prioritaria rispetto ad altre attività, come quella di combattere contro Paesi non musulmani. Ad esempio, per quanto riguarda la questione palestinese, lo Stato Islamico considera amas – un gruppo sunnita che costituisce la branca dei Fratelli Musulmani in Palestina – come apostata e senza alcuna autorità per guidare il jihad. Combattere amas potrebbe quindi essere il suo primo passo verso il confronto con Israele.

Alla fine di settembre del 2014 più di centoventi studiosi islamici di tutto il mondo hanno firmato una lettera aperta al leader dello Stato Islamico rifiutando esplicitamente le interpretazioni che il gruppo dà del Corano e della Hadith per giustificare le proprie azioni. La lettera rimprovera lo Stato Islamico per le esecuzioni dei prigionieri, descrivendole come “atroci crimini di guerra”, e per la persecuzione degli yazidi, definita “abominevole”. Accusano inoltre il gruppo di istigare la fitna istituendo la schiavitù in contraddizione all'interpretazione antischiavista che gli ulema danno al giorno d'oggi.

L'11 ottobre 2014, Mazen Darwish, avvocato siriano di fede musulmana, ha inviato una lettera aperta al quotidiano ‘The Guardian’ nella quale dice: Le conseguenze disastrose di ciò sono chiaramente evidenti nel mondo arabo e in Siria, il mio paese, dove le forme più violente di fascismo e la più sporca barbarie sono praticate in nome del patriottismo e dell’Islam, nella stessa misura... Non potete uccidere un'idea eliminando la gente.

In un comunicato l'ONU fa riferimento allo Stato Islamico come "gruppo terroristico", in un altro comunicato del 2 settembre 2014 si riferisce all'ISIS come al «so-called Islamic State in Iraq and the Levant (ISIL)» (cosiddetto ISIL), contemporaneamente esprimendo apprezzamento alle forze di sicurezza irachene e peshmerga impegnate nella difesa di Amerli. Ha inoltre dichiarato il più alto livello di emergenza sotto il profilo umanitario e invitato il governo iracheno a formare un governo il prima possibile entro i limiti della Costituzione irachena.

Alcuni cospirazionisti hanno avanzato l'ipotesi secondo cui dietro lo Stato Islamico ci siano gli Stati Uniti d'America, che così facendo intendono destabilizzare ulteriormente il vicino oriente. Le prime notizie in tal senso furono pubblicate nel luglio 2014 dal Gulf Daily News, una testata che ha sede nel Bahrein. Quando tali indiscrezioni hanno cominciato a guadagnare consensi, l'ambasciata americana in Libano ha emesso un comunicato ufficiale in cui nega le accuse, definendole una totale invenzione.

Un'altra teoria complottista afferma che Abu Bakr al-Baghdadi è in realtà un attore e agente israeliano del Mossad chiamato “Simon Elliot”: chi condivide questa asserzione ribadisce che ciò si evince dai documenti scoperti da Edward Snowden, ma l'avvocato di quest'ultimo ha definito tutta la vicenda “una bufala”.



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