giovedì 31 dicembre 2015

IL VISCHIO



Il vischio è una pianta sempreverde epifita, emiparassita di numerosi alberi, soprattutto latifoglie come ad esempio pioppi, salici, tigli, aceri, meli, betulle, mandorli, Prunus mahaleb e addirittura Loranthus europaeus - esempio di iperparassitismo. In più è un esempio di autoparassitismo, perché può svilupparsi molto bene, sulla pianta "madre", se la capinera (Sylvia atricapilla) - in mancanza di insetti in inverno, si nutre dell'involucro delle bacche e sta schiacciando fuori il seme contro rami del vischio di latifoglie, liberandosi in una maniera straordinaria dai due fili tenaci-collosi estendibili a più di 20 cm. La pianta madre non soffre di questo autoparassitismo. Risultano soltanto ramificazioni stupefandi. - Su latifoglie come olmi, ontani, noci, e querci si trova il vischio soltanto se si tratta di specie non ancora immunizzate perché d'origine americana come Alnus rubra, Juglans nigra e Quercus rubra; ma anche su certi conifere: pino silvestre e pino montano ed un'altra sottospecie (Viscum album ssp. abietis) sull'abete. Se ne può notare la presenza sui latifoglie specialmente in inverno, quando i suoi cespugli piantati nei rami sono evidenziati dalla perdita delle foglie della pianta che li ospita.

La foglia verde del vischio indica la presenza di clorofilla, quindi questa pianta è in grado di compiere la fotosintesi come tutte le altre. L'unico handicap è nell'approvvigionamento dell'azoto, che il vischio non è in grado di ottenere per conto proprio ma lo sottrae alla pianta ospite.

Caratterizzato da foglie oblunghe e coriacee della larghezza di circa 2 cm (più larghe su la Robinia, meno larghe dalla sottospecie dei pini Viscum album ssp. austriacum) poste a due a due lungo i rami biforcati ed articolati, il vischio ha i fiori gialli e frutti dalle bacche sferiche bianche o giallastre translucide e con l'interno gelatinoso e colloso.

I semi di queste bacche, trasportate e disperse da certi uccelli (che se ne cibano), anzitutto la tordela (Turdus viscivorus), si insediano su un ramo di una pianta "ospite" e iniziano a germinare.

Finché sono sufficiente la luce e l'umidità, i semi possono germogliare su un qualsiasi sostrato, anche legno morto o pietra, perché gli embrioni, nel loro involucro sottile e semitrasparente, sono verdi già nel seme: con le piogge e l'irradiazione solare fanno fotosintesi. Così l'asse embrionale o ipocotile fuoriesce dal seme e si allunga - non verso la luce, ma curvandosi in direzione contraria - caso raro di "fototropismo negativo". La punta toccando il sostrato forma un piccolo disco appoggiandosi al sostrato ed il germoglio può innalzarsi. Se adesso il sostrato è la corteccia assai liscia e giovane di un ramo di una pianta "ospite", continua lo sviluppo del germoglio di vischio: Attraverso un cono di penetrazione ha inizio la formazione di un piccolo tronco, di strutture speciali sotto la corteccia viva e lo sviluppo del vischio. Di solito la pianta ospite non subisce danni a patto che non ci siano troppi individui, in tal caso per liberarsene si dovrà procedere a recidere il ramo.

La coltivazione del vischio è praticata per fini ornamentali ed in erboristeria su un ramo da una pianta ospite sensibile (né faggio, né platano o Ailanthus) e innestando, schiacciandola, una bacca di vischio matura su parti di corteccia ben' liscia e non troppo vecchia. Dopo un lento sviluppo, talvolta anche nascosto nella corteccia viva, che può durare perfino un paio di anni, inizierà la sua crescita spontanea.




Al vischio sono riconducibili leggende e tradizioni molto antiche: per le popolazioni celtiche, che lo chiamavano oloaiacet, era, assieme alla quercia, considerato pianta sacra e dono degli dei; secondo una leggenda nordica teneva lontane disgrazie e malattie; continua in molti paesi a essere considerato simbolo di buon augurio durante il periodo natalizio: diffusa è infatti l'usanza, originaria dei paesi scandinavi, di salutare l'arrivo del nuovo anno baciandosi sotto uno dei suoi rami. A questo proposito il mito di Baldur (raccontato nel Gylfaginning), figlio del dio Odino e signore della luce (per questo sovrapponibile a Cristo), che muore ucciso da una bacchetta di vischio da cui, idealmente e simbolicamente, proviene, in quanto il padre Odino è identificato con l'albero cosmico Yggdrasill su cui nasce il vischio: come era accaduto a Cristo per il legno della croce.

Nel VI libro dell'Eneide (vv. 133-141) di Virgilio, dove si racconta la discesa di Enea nell'oltretomba, la Sibilla cumana gli ordina di trovare un "ramo d'oro" (cioè di vischio, secondo gli studi antropologici) che sarà necessario per placare le divinità infere durante la sua catabasi. L'antropologo britannico James Frazer ha dedicato a questo mito una poderosa ricerca.

Considerato dai Druidi una pianta sacra in grado di guarire ogni malattia, per i Celti invece era un modo per raccogliere i fulmini (queste infatti colpivano molto spesso querce ricoperte di vischio) e quindi un collegamento diretto con il cielo.

Fino al Medioevo per i cristiani è stato simbolo di maledizione, tanto che leggenda narra che quando Cristo venne condannato alla croce tutte le piante si frammentarono a esclusione del vischio, che per questo, fu condannato a essere una pianta parassita.

Nonostante sia simbolo di buon auspicio per l’anno che verrà e milioni di innamorati si siano baciati sotto i suoi rami, le sue bacche sono fatali: 10 di queste potrebbero uccidere un uomo.

Il vischio ha una lunghissima tradizione che arriva fino alle credenze celtiche. Per questi popoli il vischio infatti allontanava sventure e malattie, portando invece fortuna e serenità.

Ma il potere fortunato del bacio arriva dai Druidi del nord Europa: quando due nemici si incontravano sotto una pianta di vischio erano infatti soliti abbandonare le armi e concedersi una tregua, sancendo il patto con un bacio.

Da quella tradizione si è giunti fino alla nostra per cui, appendere il vischio alla porta della propria casa o all’interno dell’abitazione è augurio di prosperità!

Il vischio ha delle proprietà terapeutiche da non trascurare, fra le quali sono note quelle antitumorali. Questa pianta, chiamata scientificamente viscum album, infatti, avrebbe la capacità di agire come agente immunoterapico contro il cancro. Oltre a questo sono, comunque, molti i benefici per la salute, conosciuti fin dall’antichità: regola il sistema circolatorio, contrasta l’arteriosclerosi, allevia i problemi gastrointestinali, riduce lo stress, riesce ad essere terapeutico nel caso di affezioni respiratorie. Vediamo nello specifico tutti i benefici apportati, tenendo conto anche delle controindicazioni e degli effetti collaterali.
Le proprietà terapeutiche del vischio sono tante. Conosciuti sono gli effetti che la pianta esercita per quanto riguarda la regolazione del sistema circolatorio. Il vischio riesce ad essere efficace contro l’ipertensione arteriosa, perché è in grado di migliorare l’irrorazione sanguigna a livello cerebrale e cardiaco e inoltre aumenta la diuresi.
Ha anche un’azione sedativa, perché calma le palpitazioni e il nervosismo. E’ considerato un rimedio contro l’arteriosclerosi, perché riesce ad arginare la formazione delle placche aterosclerotiche, le quali possono restringere o ostruire le arterie. Ecco perché questa pianta è indicata per la prevenzione nei casi di soggetti che hanno avuto delle trombosi o delle embolie cerebrali.
Il vischio ha anche un potere emostatico, difatti il suo uso è raccomandato anche in caso di irregolarità del ciclo o se si è soggetti a mestruazioni abbondanti o ad emorragie uterine. Può essere considerato un’ottima soluzione per rendere meno acuti i dolori reumatici e agisce come antinfiammatorio nei casi di sciatica.
La pianta in questione è capace di rendere meno complessi i problemi gastrointestinali, agendo nello specifico contro la diarrea. E’ ricca di sostanze molto utili per la salute, come i tannini, le mucillagini, le ammine, gli antiossidanti e l’acido caffeico.
Può essere impiegata per combattere le affezioni respiratorie, che provocano disturbi come tosse ed asma.
Le proprietà antitumorali del vischio sono state sfruttate a livello clinico in Europa fin dal 1926, quando si è utilizzato un prodotto fermentato, ottenuto dal succo crudo della pianta. Questa sostanza era utilizzata come agente immunoterapico contro il cancro. In effetti il vischio contiene delle proteine, che hanno degli effetti immunostimolanti e pertanto capaci di contrastare le cellule tumorali, inibendone la proliferazione.
L’utilizzo del vischio è consigliato anche durante il trattamento chemioterapico e nel periodo post-operatorio, per stimolare le difese dell’organismo e per rafforzare l’azione dei farmaci antineoplastici. La ricerca scientifica ha confermato che la pianta avrebbe degli effetti da non sottovalutare in alcuni tipi di tumore in particolare, come quello polmonare, del pancreas, del colon-retto, mammario e cervicale.

Le controindicazioni del vischio consistono in dei casi di eventuale ipersensibilità accertata verso alcuni componenti della pianta. E’ da tenere presente che ci possono essere delle interazioni farmacologiche da tenere sotto controllo, quando si assumono farmaci anticoagulanti, immunosoppressori e antidepressivi.
Il vischio possiede anche una certa tossicità, per cui non si deve esagerare nella sua assunzione. In genere le bacche vengono considerate più tossiche rispetto alle foglie e agli steli. Si deve fare particolare attenzione, anche se non si vuole incorrere in degli effetti negativi, che consistono soprattutto in reazioni allergiche, ma anche, nei casi più gravi, in shock cardiovascolare. Sono sempre le bacche, le quali, se ingerite in abbondanza, possono provocare vomito e diarrea.



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