venerdì 8 gennaio 2016

DOPO LA MORTE...

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La decomposizione (anche detta, impropriamente, putrefazione) è il processo di disfacimento dei corpi (o di parte di essi) di organismi precedentemente viventi, che si scompongono nelle forme più semplici della materia dopo la morte.

La scienza che studia la decomposizione è generalmente denominata tafonomia.

Il fenomeno ha rilevanza per l'uomo anche sotto l'aspetto sanitario e della nutrizione, poiché l'uomo si alimenta di carni di animali morti, anch'esse quindi soggette a decomposizione.

È comune opinione degli studiosi che la decomposizione cominci al momento della morte, immediatamente dopo di essa, anche se la visibilità esterna dei suoi effetti sia relativamente successiva.

Stanti motivazioni che fanno parte di un istinto generale ed innato dell'Uomo che comprende anche le riflessioni razionali ed irrazionali sulla morte, la decomposizione è vista dall'uomo come un fenomeno temuto e terribile. Uno degli istinti innati, comune anche ad altri mammiferi, è l'immediata repulsione alla vista ed all'olfatto di cadaveri decomposti (con accessi di somatizzazione che includono la nausea ed il vomito).

Una delle pratiche funebri più note, la cremazione, sottrae il cadavere alla decomposizione ordinaria più deterministicamente decomponendolo con l'azione della combustione, che ne scinde ugualmente le molecole, ma per effetto del fuoco e rapidamente.

Un altro dei modi scoperti dall'Uomo per contrastare il processo decompositivo, è l'imbalsamazione, che lo ritarda, ma non lo arresta indefinitamente. Gli imbalsamatori, del resto, tipicamente pongono la loro maggiore attenzione alle parti del corpo più in vista, come la faccia e le mani, talvolta non curandosi di altre parti, o addirittura rimuovendo le parti molli come l'intestino e gli altri visceri, (l'eviscerazione è anche una pratica seguita presso molti popoli con finalità e ritualità religiose).

I prodotti chimici usati nell'imbalsamazione respingono la maggior parte degli insetti e ritardano il processo di putrefazione batterica, ma non conservano un corpo indefinitamente.

In ambienti sufficientemente asciutti, un corpo imbalsamato può conservarsi in stato di mummia per tempi anche considerevoli.

Dalla scoperta che il congelamento del cadavere rallenta l'azione della maggior parte delle forme viventi capaci di aggredirlo si è sviluppata la tecnica dell'ibernazione, che per taluni sarebbe applicabile anche a corpi vivi senza causarne la morte.

Notoriamente le componenti ossee del corpo sono le ultime a decomporsi, dunque lo scheletro è quanto spesso si ritrova di una salma a seguito della riesumazione.

Il tempo necessario perché un corpo umano si riduca ad uno scheletro può variare notevolmente. Normalmente il corpo di un adulto sepolto in terreno ordinario senza una bara richiede dieci-dodici anni per decomporsi ad uno scheletro, in un clima temperato. Immergendo il corpo in acqua, la scheletrificazione accade circa quattro volte più velocemente; esponendo il cadavere all'aria aperta, otto volte più velocemente.

Lo scheletro, in sé, non è permanente poiché gli acidi a cui il cadavere è esposto possono disintegrarlo (questo è uno dei motivi della mancanza di resti umani nel relitto del Titanic anche in parti della nave inaccessibili ai pesci ed agli altri agenti degradanti).

I corpi esposti a terreno freddo e umido possono invece sviluppare una sostanza cerosa denominata "adipocera", a causa dell'azione (sulle proteine e sui grassi del corpo) di prodotti chimici presenti nel terreno. La formazione di adipocere ritarda la decomposizione inibendo l'azione dei batteri che causano la putrefazione.

Varie scienze, per finalità diverse, studiano la decomposizione dei corpi.

Queste scienze hanno spesso relazione con la medicina legale, perché il motivo più frequente per lo studio specifico sulla decomposizione dei corpi umani è determinare il periodo e la causa della morte di un dato individuo a fini legali.

La patologia legale, che studia gli indizi eventualmente utili a individuare la causa della morte come fenomeno medico:
L'entomologia legale, che studia gli insetti e gli altri parassiti trovati nel cadavere; la sequenza in cui compaiono, i generi di insetti e in quale momento del loro ciclo di vita sono trovati, sono indizi che possono far luce sulla data di morte, sulla durata di esposizione del corpo e chiarire se il corpo è stato spostato.
L'antropologia legale è il ramo dell'antropologia che studia gli scheletri ed i resti dell'essere umano, per cercare solitamente indizi quanto all'identità, alla razza ed al sesso del loro ex proprietario.



La velocità e la completezza con cui si degrada un corpo sono influenzate da quattro fattori, il più importante dei quali è la temperatura: la velocità delle reazioni chimiche in un cadavere raddoppia ogni volta che la temperatura aumenta di 10 gradi. Umidità e acqua dell'ambiente attenuano queste reazioni, rallentandone gli effetti. Estrema alcalinità o acidità accelerano la degradazione delle molecole biologiche da parte degli enzimi, sebbene anche in questo caso un'abbondanza di acqua attenui gli effetti. Ogni cosa, infine, che blocchi l'esposizione all'ossigeno, come il trovarsi sottoterra, sott'acqua o a grande altitudine, rallenta la decomposizione. A seconda della combinazione di questi quattro fattori, un corpo diventa scheletro in appena due settimane o anche più di due anni.
Gli scienziati forensi usano le conoscenze di biologia e chimica della decomposizione, e delle variabili che ne influenzano la velocità, per stimare il momento della morte di una persona e scoprire sepolture clandestine. Medici ed eticisti possono dissentire sulla definizione del momento della morte, ma gli stadi attraversati da un corpo in decomposizione sono noti in modo dettagliato. I tempi indicativi sono approssimativi, e si riferiscono a un corpo all'aria aperta. La sepoltura, in terra o in una bara, può estendere significativamente i vari intervalli.

Nel primo stadio i tessuti molli cominciano a decomporsi, in una catena di eventi che inizia con l'autolisi, o autodigestione. Al cessare della respirazione e della circolazione, le cellule restano prive dell'abituale rifornimento di ossigeno. Possono sopravvivere, per un arco di tempo che va da qualche minuto a qualche giorno, ma non possono più scaricare i prodotti di scarto nel flusso sanguigno. L'anidride carbonica, uno dei prodotti di scarto del metabolismo, è acida, perciò il suo accumulo fa aumentare l'acidità all'interno della cellula, provocando la rottura delle membrane cellulari. Le singole membrane che circondano organelli chiamati lisosomi tendono a dissolversi per prime, e i loro sacculi contengono enzimi digestivi che normalmente la cellula usa per degradare macromolecole organiche come le proteine. Una volta usciti dai lisosomi, questi enzimi cominciano a digerire le cellule dall'interno, producendo vescicole all'interno e sulla superficie dei tessuti e degli organi interni, e sulla pelle. Il fluido delle vescicole, costituito da resti delle cellule digerite, è ricco di sostante nutritive.
Quando le vescicole si rompono, questi fluidi danno alla superficie del cadavere una lucentezza umida. Le cellule profonde dalla cute iniziano a staccarsi, con il risultato che la pelle scivola via, uno dei primi rivoltanti segni visivi che segnalano la decomposizione.
Nel giro di qualche ora dopo la morte iniziano anche altri fenomeni. I muscoli si irrigidiscono (rigor mortis), a cominciare dalle palpebre, mascella e collo, quando le cellule smettono di pompare via gli ioni di calcio; è proprio questo pompaggio a mantenere la flessibilità dei muscoli. Per un po' le cellule muscolari continuano a convertire le sostanze nutritive in energia, ma in assenza di ossigeno il processo produce acido lattico, che provoca la contrazione dei muscoli. All'irrigidimento contribuisce anche la gelificazione del contenuto cellulare, dovuto all'aumento dell'acidità. Il rigor mortis arriva al suo apice in 24 ore, ma poi subentra il rilassamento via via che le cellule soccombono all'autolisi.
Il corpo inoltre comincia a raffreddarsi (algor mortis) fino alla temperatura ambiente, generalmente a circa 0,8 gradi l'ora. Ovviamente l'algor mortis può essere influenzato dalle dimensioni e dal punto in cui si trova il corpo, dagli abiti e dalle condizioni climatiche.
Entro un'ora o due dalla morte l'azione della gravità fa depositare i globuli rossi e le cellule bianche del sangue (livor mortis), conferendo gradualmente alla pelle un colorito purpureo o bluastro, salvo che nelle zone che subiscono una compressione, come la pelle a contatto con il terreno. La coagulazione massima avviene fra 6 e 12 ore. La marmorizzazione avviene dopo diversi giorni, quando il sangue e le proteine cominciano a decomporsi liberando composti solforati che contribuiscono allo sgradevole odore del cadavere.

Dopo una settimana circa, il rilascio di fluidi ricchi di sostanze nutritive inizia ad alimentare un esercito di microbi che producono l'ulteriore liquefazione dei tessuti molli del corpo. Batteri, funghi e protozoi, provenienti sia dal cadavere sia dall'ambiente, attaccano i tessuti, producendo numerosi gas, fra cui anidride carbonica, metano, idrogeno solforato, ammoniaca e una varietà di cosiddetti composti organici volatili come il benzene. Il rigonfiamento, o distensione, più evidente avviene nel tratto intestinale, dove si trova la massima concentrazione di microrganismi del corpo umano. I gas intrappolati possono uscire dal retto, o addirittura lacerare la parete intestinale.

Nello stadio della putrefazione attiva, insetti (larve e coleotteri, principalmente) e a volte alcuni carnivori ai microrganismi per rimuovere le restanti tracce di tessuto. Gran parte dei muscoli e dei grassi del corpo è ormai ridotta a un mefitico liquido colloso. Se il tessuto era esposto all'aria (condizioni aerobiche) avrà un pH molto basico, superiore a 9,0 (7,0 corrisponde a pH neutro). Se il cadavere è stato sepolto, in modo che prevalgano condizioni anaerobiche (assenza di ossigeno), il pH sarà invece acido (inferiore a 7,0). La decomposizione è tanto più rapida quanto più estremo è il pH.
Se le condizioni sono basiche e anche tiepide e umide, i lipidi (in primo luogo i trigliceridi) subiranno la «saponificazione», una reazione che produce adipocera, nota anche come cera dei cimiteri. (La stessa reazione è alla base della fabbricazione del sapone in commercio, prodotto da grasso animale.) Il colore dall'adipocera può andare dal biancastro al giallo scuro, con qualche pezzo brunastro. Anche la sua consistenza è variabile: può andare da dura e friabile, se la decomposizione è avvenuta rapidamente, a molle e pastosa, se è stata più lenta. Se l'adipocera ricopre parte del tessuto in decomposizione si crea un ambiente anaerobico e protetto dall'ambiente circostante, che rallenta il processo e potenzialmente ritarda anche di anni la liquefazione di quella area.

Nello stadio secco, le ultime tracce di tessuto sono state ormai rimosse. Resta lo scheletro. Cattivi odori e aspetto sfigurato sono in larga parte spariti. Le ossa subiscono un processo di decomposizione specifico, chiamato diagenesi, che può durare da qualche anno a decine di anni. L'osso ha due componenti: una proteica (collagene) e una minerale, l'idrossiapatite. Le proteine si degradano per prime, rendendo suscettibile il rimanente materiale scheletrico a processi di fessurazione e di sfaldamento. Eliminate le proteine, il materiale scheletrico verrà ridotto in polvere da cicli di congelamento e disgelo, umidità e carnivori ed erosione. Ma se le ossa si trovano in terreno secco e composto da certi minerali, questi minerali possono riempire le fratture e vuoti, legandosi all'idrossiapatite e permettendo a quel che resta del corpo di fossilizzarsi e di resistere all'usura del tempo.




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