sabato 13 agosto 2016

INSETTICIDI



La quasi totalità degli insetticidi in commercio sono a base di piretrine o piretroidi. Scopriamo in che misura queste sostanze possono essere nocive per l'uomo.

Le piretrine sono composti naturali con proprietà insetticida che si trovano nel piretro, l'estratto di certe specie di crisantemi. Sono spesso usate negli insetticidi casalinghi e per il controllo dei parassiti sugli animali domestici o sul bestiame.

I piretroidi sono una sintesi chimica molto simile alle piretrine ma molto più tossica e persistente nell'ambiente. Sono stati sintetizzati più di mille piretroidi ma meno di una dozzina sono quelli correntemente usati. Permetrina, Deltametrina, Alletrina, Esbiotrina, Cipimetrina sono i nomi che spesso troverete tra i composti degli insetticidi disponibili nei banchi dei supermercati, dai normali spray alle piastrine e liquidi da collegare alla presa elettrica.

In zone infestate da gravi malattie endemiche di cui le zanzare sono vettore (Malaria, Dengue) sostanze a base di permetrina vengono comunemente usate per impregnare le zanzariere o gli abiti al fine di offrire uno scudo ancora più efficace contro questi pericoli. Alcuni dei prodotti antiparassitari da applicare direttamente sugli animali domestici, in particolare cani, sono a base di permetrina. Allo stesso modo si utilizzano prodotti simili per il trattamento delle infestazioni da pidocchi sugli esseri umani, anche bambini.

Alte dosi di queste sostanze possono causare vertigini, mal di testa, nausea, spasmi muscolari, debolezza, perdita di conoscenza e convulsioni.

I piretroidi entrano nell'ambiente principalmente a causa del loro utilizzo come insetticidi.
Nell'aria, tutte le piretrine e molti dei piretroidi si degradano rapidamente (1-2 giorni) a causa della luce solare e di altri fenomeni naturali.

Le piretrine e i piretroidi si depositano al suolo e vengono degradati da microorganismi contenuti nella terra e nell'acqua, solitamente non filtrano nel sottosuolo raggiungendo le falde acquifere.

Solitamente piretrine e piretroidi entrano nel corpo quando si ingeriscono cibi contaminati da queste sostanze chimiche.

Possono anche essere respirati o assorbiti attraverso la pelle. L'uso di prodotti che contengono queste sostanze possono aumentare ovviamente i rischi si esposizione. Sono tra questi gli insetticidi, shampoo o antiparassitari per animali domestici, trattamenti per la pelle e repellenti per zanzare.

Piretrine e piretroidi interferiscono con le funzionalità del sistema nervoso. L'esposizione a livelli molto alti di queste sostanze possono causare vertigini, mal di testa, nausea, spasmi muscolari, debolezza, perdita di conoscenza e convulsioni. Non ci sono prove che piretrine e piretroidi possano colpire la capacità riproduttiva degli esseri umani ma alcuni studi hanno evidenziato una riduzione della fertilità sugli animali.

Non ci sono prove che pirerine e piretroidi possano causare il cancro in uomini o animali. Studi effettuati dalla International Agency for Research on Cancer (IARC) hanno determinato che la possibilità di causare il cancro sugli esseri umani per tre piretroidi (deltametrina, fenvalerate, permetrina) non è classificabile.

Alcuni piretroidi sono irrorati per controllare l'infestazione di zanzare durante il periodo primaverile ed estivo. Rimanere in casa e chiudere le finestre durante queste operazioni diminuisce l'esposizione. Un ulteriore modo per minimizzare possibili esposizioni è quello di lavare frutta e verdura prima di mangiarla. Assicurarsi inoltre che i bambini si lavino le mani prima di mangiare e fare attenzione che non ingeriscano la terra.

La Occupational Safety and Health Administration (OSHA) ha stabilito in 5 milligrammi di piretrine per metro cubo di aria su 40 ore di lavoro settimanali il limite di concentrazione di questa sostanza sui luoghi di lavoro.

La EPA americana raccomanda una esposizione giornaliera per dieci piretroidi differenti che oscilla tra 0,005 e 0,05 mg per kg di peso corporeo al giorno.

Piretrine e piretroidi non sono selettivi nei confronti delle zanzare. Per cui quando si "spruzza" un insetticida nell'ambiente vengono colpiti tutti gli insetti che transitano o sono presenti nell'area trattata, tanto quelli utili quanto quelli dannosi. Perciò quando si utilizzano questi prodotti all'aperto occorre fare particolarmente attenzione a non trattare piante in fiore, altrimenti si colpiranno gli insetti pronubi, api comprese, che sono tra l'altro tra i pochi insetti protetti dalle leggi italiane.

Le formulazioni che favoriscono un intimo contatto della sostanza tossica con l’individuo (o una più facile penetrazione di questo attraverso la pelle) risulteranno a rischio maggiore: per questo motivo gas e liquidi insetticidi puri rappresentano generalmente una minaccia superiore rispetto, per esempio, alle polveri bagnabili, ai formulati granulari od alle soluzioni acquose. Esistono tuttavia dei formulati insetticidi molto tossici che possono essere adoperati con bassissimo rischio di contaminazione quali, ad esempio, i micro-incapsulati ed i prodotti in esca.

In genere gli effetti tossici di un prodotto risultano maggiormente gravi e compaiono più rapidamente se questo è ingerito od inalato; diversamente, la comparsa di sintomi pericolosi sarà più lenta se il prodotto viene assorbito attraverso la cute.

Eliminata la causa volontaria a scopo di suicidio, l’ingestione di prodotto insetticida è in genere un fenomeno accidentale provocato per lo più da trascuratezza e superficialità (ad esempio portando alla bocca le mani sporche mentre si fuma o si mangia, oppure assumendo cibi contaminati non debitamente lavati). In ogni caso, poiché l’insetticida deve attraversare lo stomaco e l’intestino prima di venire assorbito dall’organismo e penetrare nel circolo sanguigno, a seguito dell’ingestione si dispone del tempo necessario alla somministrazione delle opportune cure mediche.

Soprattutto gli insetticidi fumiganti in fase di vapore – ma anche alcune nebbie aerosol, polveri e fumi – presentano il maggiore rischio di inalazione, soprattutto quando utilizzati in condizioni di scarsa ventilazione ed in ambienti confinati. Fortunatamente la maggior parte delle particelle aeree vengono filtrate nelle cavità nasali o trattenute dalle superfici umide del tratto respiratorio (per essere quindi rinviate alla bocca dai movimenti dell’epitelio ciliato ed espulse durante l’espirazione o con la tosse) riducendo grandemente il rischio di una intossicazione. Tuttavia, considerata la notevole superficie deputata agli scambi gassosi presente nei polmoni (circa 70-80 mq), è bene ricordare che anche una leggera inalazione di piccole quantità di insetticida può avere gravi ripercussioni sull’organismo in quanto il suo assorbimento a livello sanguigno è pressoché immediato, concedendo poche possibilità di intervenire tempestivamente con rimedi efficaci.

La pelle forma una efficace barriera protettiva ed è molto meno permeabile alle sostanze tossiche rispetto agli apparati digerente e respiratorio. Tuttavia l’assorbimento dermale, seppure relativemente lento, può avere conseguenze pericolose quando è protratto per molto tempo (ad esempio quando si indossano indumenti protettivi contaminati con sostanze tossiche – i quali rimangono aderenti alla pelle per lunghi periodi – o si maneggiano prodotti concentrati senza provvedere in seguito alla pulizia delle mani o delle altre parti del corpo contaminate). Delle diverse formulazioni disponibili per gli insetticidi, i prodotti liquidi sono maggiormente soggetti ad assorbimento cutaneo, penetrando facilmente attraverso le ghiandole sebacee e sudorifere oppure insinuandosi nelle ferite (raggiungendo rapidamente il flusso sanguigno); le polveri invece, trattandosi di sostanze solide non in soluzione, presentano le minori possibilità di penetrazione.

Quanto più una sostanza tossica rimane a contatto con l’individuo, tanto più si protrae la sua azione nociva: per questo motivo la rapida rimozione delle fonti di contaminazione è un fattore indispensabile per la tutela della salute dell’organismo.
Nel caso degli operatori professionali specializzati nelle disinfestazioni, si è verificato che l’esposizione prolungata ai tossici avviene soprattutto per via dermale; è quindi opportuno prestare particolare attenzione alle caratteristiche di tossicità dermale di un dato prodotto insetticida prima di procedere al suo utilizzo, valutando l’adozione dei necessari dispositivi di sicurezza.

Gli insetticidi si possono trovare in polveri secche che sono miscele fini di tossici a bassa percentuale con polveri di silicio, argilla, talco, ecc. che non devono reagire con prodotto tossico. Le dimensioni ed il peso delle polveri devono essere abbastanza vicini a quelle del tossico per evitare che si separino. L'adesione delle polveri è dovuta sia alla gravità sia alla attrazione elettrostatica tra la carica del substrato (negativa) e quella della particella (positiva). Per aumentare quest'ultima, la polvere viene fatta passare attraverso campi ionizzanti o griglie. Le polveri secche sono utilizzate soprattutto nella concia delle sementi in modo che essa rimanga aderente al seme per proteggerlo.

I granuli, o microgranuli offrono il vantaggio di poter essere mescolati a concimi e sementi. Come vettori del tossico vengono utilizzati granelli di attapulgite, un silicato di magnesio e di alluminio fortemente assorbente, delle dimensioni di 0,3 -0,7 MM o anche fino a 2–3 mm. I granelli sono estremamente porosi e quindi sviluppano una superficie enorme. Un kg di granelli ne contiene fino a 6 milioni con una superficie assorbente di 13 ettari. Il principio attivo viene riparato da una rapida degradazione e rilasciato lentamente. Altri vantaggi sono la persistenza e la distribuzione localizzata.

I pellets si ottengono addizionando ai formulati insetticidi sostanze appetenti e comprimendo la miscela in forma di cilindretti o glomeruli che funzionano da esche.

Le esche sono il metodo tradizionale contro insetti terricoli masticatori. Viene utilizzata una sostanza appetita dalle specie da contrastare (crusca, risina, cariossidi di mais frantumate, ecc.) a cui viene aggiunto l'insetticida insieme a latte in polvere, zucchero, melasso, ecc.). La medesima tecnica viene utilizzata per la distribuzione dei chemiosterilizzanti contro formiche, le quali, trasportandole nel nido e alimentandone la regina, ne provocano la sterilizzazione. Contro le blatte si utilizzano esche all'acido borico che hanno azione lenta ma duratura.



Le microcapsule sono formulazioni intermedie tra secco e liquido, sono a base di gelatina o polimeri speciali. Con la coacervazione si incorporano in capsule di 3-50 µm il tossico: questa tecnica comporta aumento di persistenza, abbassamento del rischio di tossicità, selettività, adesione elettrostatica maggiore, possibilità di distribuzione anche in acqua. Hanno l'inconveniente di essere ingerite dalle api perché somigliano ai granelli di polline; quindi, siccome aderiscono al corpo delle api, vengono ingerite con le operazioni di pulizia.

Le polveri bagnabili vengono mescolate con acqua ottenendo delle sospensioni. Contengono il principio attivo disperso nei vettori già visti per le polveri secche.

Alcuni insetticidi sono prodotti in liquidi concentrati, con addizione di acqua e sospensivi e di alginati, polisaccaridi, anticongelanti. Queste formulazioni si diluiscono in acqua, come per le polveri bagnabili e le emulsioni.

Le emulsioni concentrate contengono il principio attivo disciolto in un solvente che funziona da vettore e che può essere cicloesanone, xylolo, kerosene reso inodore. Il solvente non è solubile in acqua ma è possibile ottenere delle emulsioni con acqua e vettore solvente mediante l'aggiunta di un opportuno emulsionante; si forma un'emulsione lattescente omogenea e stabile.

I Piretrinici furono conosciuti fin dalla antica Mesopotamia e nel mondo antico erano noti come polvere persiana. I principi attivi sono ricavati dalla macinazione del capolino delle Composite soprattutto del Chrysantemun cinerarifolium da cui si estraggono Piretrine, Jasmoline e Cinerine. L'estratto standard contiene il 25% di principio attivo nella seguente composizione: piretrina I 10%, piretrina II 9%, cinerine I e II 6%, jasmoline I e II basse dosi.
Questo estratto ha una rapidissima azione per contatto (effetto knock-down), ma gli enzimi cellulari ossidanti possono rapidamente degradare questi insetticidi e permettere all'insetto di riprendersi; vengono perciò aggiunti dei sinergizzanti (sesamina, piperonil-butossido, sulfossido, BHT,ecc.) i quali esaltano l'attività dei piretrinici fino a 30 volte, bloccando le ossidasi enzimatiche cellulari. Questi composti naturali, però, sono estremamente fotolabili e termolabili.

A partire dalla molecola originaria, l'industria chimica ha prodotto una evoluzione di questi insetticidi: aggiungendo prima alogeni (Cl, Br) (Barthin), poi sostituendo l'anello furinico della parte alcolica con un secondo benzene (Permethrin); in questo modo si è ottenuta una molecola a bassa tossicità per gli animali superiori e una persistenza di 30-40 giorni (uso domestico e zootecnico). Successivamente è stato introdotto nella molecola un gruppo cianidrico (CN) (Cypermethrin) e poi la sostituzione di due atomi di Cloro con due di Bromo (Decamethrin) ottenendo una capacità insetticida 40 volte maggiore del Parathion. Infine la parte acida è stata sostituita in blocco con isopropil-clorofenil-acetato e composti affini contenenti Fluoro (es.Fluvalinate).

In altra direzione l'industria ha sostituito la parte alcolica con un anello benzenico, ottenendo il Dimethrin (2,4,dimetil-benzil-crisantemato, a bassissima tossicità ed utilizzato come disinfestante di acque potabili ai tropici. In seguito, mediante la sostituzione del benzene con un gruppo N-ftalmidico, si è ottenuto il Tetramethrin (neopinamina) e, sostituendo con composti furilici a catena laterale a triplo legame, si sono ottenuti il Furamethrin ed il suo isomero più attivo, il Proparthrin. Questi ultimi tre insetticidi sono aerosolizzati contro mosche e zanzare. Al gruppo furilico è stato poi agganciato un anello benzenico (Resmethrin) il quale conferisce all'insetticida una maggiore resistenza alla degradazione ossidativa (pur non diminuendone la fotolabilità). Infine manipolando la catena laterale dell'acido crisantemico si è ottenuto il Kadethrin, un insetticida ad effetto fulminante 60 volte più potente delle piretrine naturali.

Il primo piretroide di sintesi, il fenvalerate; fu immesso nel mercato nel 1978 ed oggi la classe consta di ben 42 principi attivi. I piretroidi non sono in grado di penetrare nella pianta per cui esercitano azione prevalentemente per contatto; la loro liposolubilità che ne permette la penetrazione nelle cere epicuticolari. Agiscono depolarizzando la membrana degli assoni nervosi e così impedendo la trasmissione dell'impulso.

Nelle piante del genere Nicotiana (N.tabacum, glutinosa, macrophylla, rustica) sono contenuti alcaloidi fortemente tossici: nicotina che si trova nelle foglie di tabacco fino al 18%, nornicotina e neonicotina (chiamata anche anabasina perché presente nella Chenopodiaca Anabasia aphylla). Solitamente la nicotina è utilizzata come solfato associato a saponi, idrossido di ammonio, ecc. Viene utilizzata per contrastare Afidi, per contatto o inalazione e va usata in dosi bassissime di mezzo o un millesimo % di principio attivo.

I nicotinoidi (cloronicotinili, di sintesi) agiscono a livello del sistema nervoso fissandosi ai ricettori adrenalici (adrenalino-mimetici) della membrana assonica depolarizzandola e bloccando la trasmissione dell'impulso nervoso. Sono sistemici e persistenti ed il principio attivo assorbito dalla pianta giunge ai giovani germogli in fase di crescita. In commercio sono: Acetamiprid, Clothianidin, Imidacloprid, Thiacloprid e Thiamethoxam. È sconsigliato l'uso vicino ai corsi d'acqua, in quanto sono molto tossici per gli organismi acquatici, e nell'epoca di fioritura, poiché sono estremamente tossici per le api. Proprio per la sospetta tossicità nei confronti delle api, l'Unione europea ne ha bandito la commercializzazione per un periodo di due anni a partire dal 2013.

I rotenoidi sono sostanze estratte dalle radici di piante tropicali (Tephrosia, Longocharpus, Derris) ed utilizzate contro specie sensibili anche ai nucotinici. Si utilizzano nell'ambito domestico in quanto sono meno tossici per l'uomo (ma molto tossiche per pesci e maiali). Poco persistenti e presentano anche un certo potere acaricida.

Le quassine sono sostanze innocue per le api e per l'uomo. I principi attivi sono ricavati dalla macerazione del legno delle piante tropicali Quassia e Picrasma (Simaroubaceae). Sugli insetti hanno un effetto più blando rispetto ai nicotinici ed ai piretrinici ed il loro meccanismo d'azione è abbastanza simile. L'acqua di macerazione viene filtrata ed aggiunto sapone. Si possono utilizzare durante la fioritura ma il costo le rende poco utilizzate.

Le veratrine sono sostanze contenute nei semi di Schoenocaulon ed in piante di Veratrum; le rianodine si trovano in piante di Ryania. Le prime agiscono per ingestione e le seconde per contatto causandone lenta morte per gli insetti. Le rianodine sono piuttosto tossiche anche per l'uomo ed altri mammiferi; le veratrine sono meno tossiche e si prestano per la disinfestazione di animali domestici. La fisostigmina è un alcaloide naturale.

Alcuni insetticidi di fabbricazione giapponese utilizzano la nereistossina che viene ricavata da anellidi Lumbriconereis heteropoda: essa manifesta potere insetticida per ingestione e/o contatto nei confronti di larve di Lepidotteri e Coleotteri, ad esempio contro la Leptinotarsa decemlineata (la Dorifora della patata) e potere citotropico e persistenza. Contiene gruppi cambammici, metilici, zolfo e cloro.

Organici di origine minerale (oli minerali) sono miscele di idrocarburi aromatici e alifatici saturi o insaturi. Dalla distillazione frazionata (circa 340 °C) del catrame di carbon fossile si ottengono oli antracenici che contengono molti composti aromatici insaturi e sono fortemente viscosi, quindi troppo energici e provocavano fitotossicità. Venivano adoperati contro coccidi e uova di Afidi sulle pomacee.

Dalla distillazione frazionata del petrolio greggio (al di sopra dei 310 °C), si ottengono oli di petrolio distinti in leggeri (paraffinici, bianchi) se evaporano a 335 °C per il 65-80%, e medi se a questa temperatura evaporano per il 40-50%.

L'insetticida ideale sarebbe quello che riesce a colpire solo la specie dannosa con tossicità lieve o nulla per altri organismi non dannosi o, addirittura, utili, come gli antagonisti naturali delle specie dannose, che dovrebbero essere protetti. Una buona selettività minimizza i rischi di inquinamento ambientale e comporta rispetto per gli equilibri naturali degli eco-agro-sistemi.

La resistenza è una diminuzione, fino all'immunità, ad un determinato principio tossico. Il fenomeno si verifica in quanto lo stesso principio tossico opera una selezione in favore di individui dotati di resistenza genetica, la cui discendenza, nel tempo e continuando ad insistere sulla popolazione il tossico, diviene via via selettivamente più resistente fino a divenite inattaccabile da quel determinato tossico e spesso anche da quelli della stessa classe chimica.

La tolleranza o mitridatismo è detta anche tolleranza da vigore. Si tratta della sopravvivenza degli individui più robusti che solo in parte possono trasmettere alla discendenza questo loro vigore: la tolleranza non è da considerare ereditaria.
La resistenza sensu stricto o vera resistenza, deriva da deviazioni dei meccanismi di penetrazione, attivazione, degradazione, escrezione di un principio attivo tossico. Essa è sempre ereditaria. Può essere distinta in:
morfologica: la penetrazione del principio attico è ostacolata o impedita da strutture morfologiche (lignezza delle setole ai pulvilli delle zampe, minore permeabilità, spessore del tegumento, composizione fisico-chimica della cuticola, ecc.)
etologica: quando il comportamento del parassita è o diviene tale da ridurre il contatto con il tossico (rigurgito, velocità di digestione e di escrezione, ecc.)
fisiologica: quando il parassita è dotato di enzimi in grado di detossificare l'insetticida (ossidazione, riduzione, idrolisi, dealogenazione,ecc.). Uova e pupe di insetti manifestano resistenza per il fatto che in questi stadi non possono agire quei meccanismi che portano alla disidratazione (inibizione di colinoesterasi, di trasmissioni nervose, alterazione del metabolismo idrico e disidratazione irreversibile).

La resistenza fisiologica può essere: semplice (se ad un tossico corrisponde un solo enzima detossificante), incrociata (se un solo enzima detossifica più composti), moltiplicata (se un solo composto è detossificato da più enzimi), multipla (se l'organismo utilizza più processi di detossificazione, uno per ogni gruppo o tipo di sostanza tossica). Può inoltre insorgere una forma di resistenza dovuta ad una variazione del tipo di acetilcolinoesterasi la quale diviene insensibile agli esteri fosforici, cambammici, ecc.

Gli antichi Romani chiamavano pestis qualsiasi causa di danno: ad esempio per essi la ruggine del grano (crittogama) era la maxima segetum pestis, ossia la massima causa di danno per le messi. Queste espressione è rimasta identica nell'idioma inglese, pest, e un organismo riceve tale denominazione quando interferisce con gli interessi umani. Analogamente, un qualsiasi principio attivo ad azione biocida è detto, in inglese, pesticide. In italiano non esistono termini generali corrispondenti alle parola pest e pesticide, ma negli ultimi decenni si è diffusa, come neologismo, la parola pesticida, derivata da un'impropria traduzione dall'inglese. In ambito normativo, un insetticida, o altro principio attivo ad azione biocida, è definito, secondo l'uso, come presidio medico chirurgico o prodotto fitosanitario, sebbene le recenti norme sull'uso sostenibile di tali prodotti adottino ormai liberamente il termine pesticida. In ambito tecnico-agronomico è di ampio impiego il termine fitofarmaco o agrofarmaco e, in modo meno appropriato, quello di antiparassitario. Inutilizzata invece la definizione prodotto per la protezione delle piante, termine standard nel mondo anglosassone (plant protection product).

L'uso di sostanze chimiche per debellare gli organismi dannosi che infestano le colture è una pratica agricola molto antica. Plinio, intorno al 70 d.C. raccomandava l'impiego dell'arsenico come insetticida; composti arseniacali erano molto diffusi in Cina per tali scopi già nel XVI sec.

Nell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento erano usati come insetticidi l'arseniato di piombo o di calcio e i polisolfuri di calcio e di bario, composti del mercurio e del fluoro, derivati nitrici (dinitroortocresoli), i sottoprodotti dell'industria petrolifera (oli neri e oli bianchi), sostanze di origine vegetale come il solfato di nicotina, estratto dalle foglie di Solanacee (Nicotiana tabacum e Nicotiana sativa), il piretro, estratto dal capolino delle Composite del genere Chrysantemum (Pyretrum, già conosciuto da epoche antichissime come polvere persiana). Questi insetticidi sono detti di prima generazione.

Per chiarire la storia degli insetticidi è necessario ricordare che essi trovarono prima impiego bellico come armi chimiche e che tuttora essi sono stoccati per tale uso negli arsenali di quasi tutti i paesi. Furono utilizzati nel corso della I e della II Guerra Mondiale su vari fronti (gas asfissianti) e successivamente nel corso della guerra tra Iran e Iraq con l'effetto di sterminare interi villaggi.

Gli insetticidi di seconda generazione si affermarono dopo la seconda guerra mondiale, prima i cloroderivati organici, poi i fosforganici e un decennio dopo i carbammati. Il DDT (diclorodifeniltricloroetano), all'inizio degli anni '40 del secolo scorso, inaugurò la nuova strategia di lotta contro gli insetti dannosi. Fu sintetizzato nell'800 da Zeidler e nel 1939 Müller ne scoprì il potere insetticida. Analoghi del DDT sono il DDD (diclorodifenildicloroetano) ed il metossicloro. Anche il gammesano è un cloro derivato e fu sintetizzato nell'800 da Faraday; fu riscoperto come insetticida nel 1942 in Francia, da Dupire, e si compone di cinque stereoisomeri a diversa attività insetticida. Il più attivo, l'isomero gamma, viene commercializzato puro al 99% col nome di lindano.

Più tardi comparvero i cloroderivati ciclodienici: clordano, eptacloro, dieldrina, endrina e endosulfan, quest'ultimo un po' diverso perché nella sua molecola troviamo lo zolfo. Gli organofosforici si originarono dalle ricerche di Schäder, in Germania, che cercava sostanze tossiche per l'impiego bellico; furono sintetizzati per la prima volta nel 1937 dalla Bayer (Germania). Questi composti fino al termine della seconda guerra mondiale sono stati protetti dal segreto militare. Nel 1944 fu sintetizzato il 0,0-dietil-0-para-nitrofenilfosfato, commercializzato col nome di parathion, un fosforganico di vasto impiego.

La fisostigmina fu scoperta nel 1863 da J. Jobst e Otto Hesse e venne sintetizzata da Percy Lavon Julian e Josef Pikl nel 1935. Da essa derivarono i carbammati di cui il carbaryl è il composto più noto e diffuso. Sono esteri dell'acido carbammico, derivati sintetici dell'eserina, un alcaloide contenuto nei semi di una leguminosa africana, Physostigma venenosum, la fava del Calabar, nota agli indigeni che la impiegavano in sommari "giudizi di Dio" facendone ingerire l'infuso ai presunti colpevoli. I carbammati furono sintetizzati da Gysin nel 1953 alla Union Carbide negli Stati Uniti. Oltre al carbaryl ricordiamo l'isolano (non più utilizzato), il pirimicarb, il lannate, il propoxur. Il carbaryl fu prodotto sostituendo la catena laterale dell'acido carbammico con due anelli di benzene; nel grafico a fianco si possono vedere le varie sostituzioni che hanno danno luogo ai diversi insetticidi.

Durante una sintesi programmata fra derivati degli erbicidi dichlobenil e fenuron si ottenne un prodotto che non aveva attività erbicida, ma una elevatissima attività insetticida. Il primo composto di questa classe immesso nel mercato fu il diflubenzuron nel 1975. Attualmente esistono dieci benzoiluree in commercio. Il meccanismo d'azione delle benzoiluree è completamente diverso da quello delle altre classi chimiche conosciute. I composti di questa classe esplicano la loro azione interferendo sulla formazione della chitina per cui, bloccando lo sviluppo delle larve nella fase di muta (per un'imperfetta formazione della nuova cuticola), provoca conseguentemente la loro morte. Per questo motivo sono classificati come insetticidi regolatori di crescita. Questi insetticidi non sono sistemici ed esplicano la loro azione prevalentemente per ingestione.
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