lunedì 30 marzo 2015

ORCHIDEA FIOR DI RAGNO

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L'Ofride verde-bruna (nome scientifico Ophrys sphegodes Mill., 1768) è una pianta erbacea spontanea in Italia, appartenente alla famiglia delle Orchidaceae.

Il nome generico (Ophrys), secondo quanto scrive lo scrittore romano Plinio il Vecchio (23 – 79), deriva da un'antica parola greca “οφρύς” e significa “sopracciglio”. Gli antichi (scrive sempre il naturalista latino) usavano appunto questa pianta per produrre una tintura per colorare le sopracciglia. Può essere però che il vero significato derivi molto più semplicemente dalla forma delle lacinie interne del perigonio oppure dalla pelosità del labello (carattere molto più evidente del primo). Il nome specifico (sphegodes) deriva, sempre dal greco, dalla parola "sphex" (= vespa) e si riferisce ai particolari disegni sul labello. In realtà altri in quei disegni vedono un addome di un ragno (da qui alcuni nomi comuni).
La denominazione scientifica attualmente accettata di questa orchidea (Ophrys sphegodes) è stata proposta dal botanico scozzese Philip Miller (1691 – 1771) in una pubblicazione del 1768, ottava edizione del suo Dictionnaire.

Piante il cui organo perennante è un bulbo da cui, ogni anno, nascono fiori e foglie.

Pianta alta 10-45 (55) cm con fiori dall'aspetto estremamente variabile, con 2 bulbi, ovoidi, interi, provvisti di radici filamentose.
Fusti eretti, semplici, cilindrici, lisci e glabri con
foglie basali in rosetta, con lembo ovale- lanceolato, verde scuro con riflessi argentati; le cauline ellittiche, acute, inguainanti, ripiegate a doccia, quelle superiori di dimensioni progressivamente minori, brattee, verdi o giallastre, erbacee, appuntite più lunghe degli ovari.
Infiorescenza a spiga molto rada composta da 4-10 fiori estremamente variabili, simulanti la forma di un insetto. Tepali esterni da verde a verde giallastro, concavi, glabri, col margine revoluto, di forma oblunga, il mediano più inclinato in avanti, quelli interni più corti, concolori, oppure variabilmente più chiari o più scuri, lanceolati generalmente tronchi e con margine increspato. Labello peloso, intero, ovato raramente trilobo, misura da 0,8-0,15 cm, quasi tanto largo che lungo, leggermente smarginato, di colore bruno cupo, vellutato, con gibbosità da appena accennate a più o meno evidenti e provvisto alla base di una piccola appendice rivolta in avanti e con una macchia lucida a forma di H , II, o X, allungata, da marroncina ad azzurrognola o bruno rossiccia. Ovario cilindrico.
IL frutto è una capsula fissuricida, eretta, oblunga con semi piani, reticolati.

Fiorisce da febbraio a giugno.

Vegeta in luoghi aridi, erbosi, garighe e pinete, su terreni calcarei, da 0 a 1200 m di altezza

Questa specie si caratterizza per un elevato polimorfismo causato dai ripetuti processi di ibridazione e introgressione,risulta ancora difficilmente inquadrabile tanto che alcune sottospecie, frettolosamente elevate di rango, sono tornate alla vecchia denominazione per controlli più probanti ottenuti mediante l'uso dei marcatori molecolari. I primi esperimenti testimoniano che nella maggior parte dei casi le differenze morfologiche e fenologiche devono essere ricondotte ad adattamenti. Siamo quindi, quasi sempre, in presenza di ecotipi generati da processi di adeguamento conseguenti alla pressione ambientale cui le piante sono sottoposte.

Anche l'uomo, in talune regioni come la Turchia, diventa fattore attivo del rischio di estinzione di questo genere a causa dell'uso dei tuberi per produrre una farina "il SALEP" (in arabo "sahlab") che nella credenza popolare, ancora oggi, viene considerato afrodisiaco; oppure per produrre gelati o per dare un gusto particolare al burro di Yak; per produrre un kg di salep occorre sradicare circa 1000 piante.

La maggior parte delle piante ascritte a questo genere in Italia vengono impollinate da insetti del genere Andrena e soprattutto da A.nigroaenea.
La riproduzione può essere agamica mediante la produzione di tuberi accessori destinati a staccarsi per formare una nuova pianta; gamica quando avviene per seme; in questo caso le Orchidaceae hanno raggiunto un altissimo grado di specializzazione in quanto non avendo il loro seme le sostanze di riserva, riescono a germinare lo stesso con l'aiuto di un fungo simbionte del genere Rhizoctonia. Il micelio del fungo penetra nel seme e fornisce le sostanze organiche nutritive. Alla emissione delle prime foglioline la pianta inizia a produrre alcune sostanze organiche , che in parte cede al fungo.
Questo micotrofismo termina quando si ha lo sviluppo del primo tubero ed a questo stadio la pianticella emette un principio fungicida che inibisce il proliferare del micelio. Alcuni generi come Neottia e Limodorum continuano la simbiosi per tutta la loro vita.
Questo genere è tra i più specializzati nella fecondazione che è prevalentemente entomofila. Le Ophrys hanno sviluppato strategie che coinvolgono, per stimoli visivi, insetti selezionati di cui il labello riproduce gli ornamenti grafici della femmina dell'insetto pronubo e inoltre è in grado di emettere degli odori particolari, i feromoni, simili a quelli rilasciati da essa in modo da innescare un inganno verso l'insetto maschio, inducendolo a iniziare un pseudocopula atta alla consegna delle masse pollinee. Se l'insetto pronubo non è presente la pianta procede alla autoimpollinazione che preserverà la specie ma evolutivamente svantaggiosa.
Per attuare queste strategie il seme rimane in quiescenza anche per parecchi anni quindi, l'azione di arare o raccogliere le piante, può pregiudicare questa lunga attesa. Peccato che i tuberi di queste piante siano ricercatissimi dai cinghiali e istrici che dove intervengono sono in grado di compromettere per sempre la loro sopravvivenza.


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