venerdì 1 maggio 2015

IL SUB

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Il desiderio di andare sott'acqua è probabilmente sempre esistito: per cercare cibo, scoprire manufatti, riparare navi (o affondarle) e forse solo per osservare la vita del mare. Tuttavia, finché gli esseri umani non trovarono un sistema per respirare sott'acqua, le immersioni sono state necessariamente brevi e convulse.

Nel XVI secolo si iniziò ad utilizzare campane subacquee rifornite d'aria dalla superficie, il primo vero sistema per rimanere sott'acqua per un tempo illimitato. Due delle principali strade di investigazione, una scientifica e una tecnologica, accelerarono notevolmente l'esplorazione subacquea. La ricerca scientifica fu portata avanti dal lavoro di Paul Bert e Scott Haldane, provenienti rispettivamente dalla Francia e dalla Scozia. Allo stesso tempo i progressi tecnologici - pompe ad aria, scrubber, erogatori, ecc. - hanno reso possibile la permanenza dell'uomo sottacqua per lunghi periodi di tempo.

A partire dagli anni settanta si sviluppò, a fianco del crescente fenomeno del turismo internazionale, un turismo della subacquea mirato alla semplice "visita" dell'ambiente sottomarino. Oggigiorno i subacquei grazie alle nuove attrezzature, sempre più leggere, tecnologiche e confortevoli, sono autonomi dalla superficie e possono spostarsi nuotando quasi senza fatica, ma durante le immersioni può anche accadere di muoversi sfruttando un veicolo a propulsione, secondo le esigenze, o semplicemente sfruttando le correnti marine.

Per legge, ma soprattutto per sicurezza, il subacqueo è sempre tenuto a segnalare la propria presenza mediante la bandiera segna sub e deve mantenersi entro 50 metri da essa. Le barche naturalmente devono invece transitare ad almeno 100 metri. La bandierina può essere posizionata sopra una barca o su una boa.

Elemento fondamentale e caratterizzante della boa segna sub è la bandiera segna sub, che costituisce il vero e proprio segnale. Il corpo galleggiante della boa fa da supporto per la bandierina, è colorato in modo da essere facilmente visibile in mare (300 metri) ed è tipicamente dotato di una sagola di lunghezza compresa tra i 20 e i 50 metri. All'altro capo della cimetta tipicamente c'è un avvolgi sagola o un rocchetto.

A seconda delle varie necessità esistono diversi tipi di boa segnasub.

Il pallone segnasub è un pallone gonfiabile dalla forma più o meno sferica che sulla sommità sorregge la bandierina. Si tratta della classica boa segnasub che viene trainata dal subacqueo per tutta la durata dell'attività in acqua.

Per mantenere meglio la posizione eretta a volte è dotata nella parte inferiore anche di una piccola zavorra o di una seconda camera che può essere riempita d'acqua.

La boa torpedo è usata come il pallone segnasub, si differenzia da quest'ultimo solo per la forma allungata a siluro.

Riducendo lo sforzo necessario per il traino ne dovrebbe rendere più comodo l'utilizzo.

L'atollo o plancetta è un tipo di boa usato in special modo dagli apneisti.

Essendo di forma piatta, dispone di un'ampia superficie per appoggiare o fissare attrezzatura e pescato. Realizzato in materiale galleggiante rigido, non rischia di bucarsi.

La boa di decompressione o cazzillo si differenzia dalle precedenti perché anziché essere trainata per tutta l'immersione, viene gonfiata sott'acqua dal subacqueo subito prima della risalita.

È utilizzata quando, a causa di correnti o scarsa visibilità, il sub non è in grado di risalire nei pressi della barca dalla quale si è immerso. Per evitare il rischio di emergere senza aver opportunamente segnalato la propria presenza, il sub prima della risalita srotola la boa d'emergenza e la invia in superficie gonfiandola con un erogatore. In questo modo permette anche alla barca di supporto di individuarlo e di raggiungerlo.

Questo tipo di boa, complici anche i produttori, è chiamata in molti modi diversi: boa di decompressione perché può essere utilizzata per facilitare il mantenimento di una certa quota durante le soste di risalita, boa d'emergenza perché in condizioni normali in teoria non ci sarebbe ragione di usarla, cazzillo per via della forma allungata, DSMB (dall'inglese Delayed Surface Marker Buoy) perché si tratta di una boa segnasub che non viene utilizzata subito. È chiamata spesso anche pedagno anche se impropriamente visto che un pedagno è una boa dotata di corpo morto che serve per marcare un determinato punto.

Ci sono diversi sistemi per garantire un facile gonfiaggio della boa di decompressione e allo stesso tempo evitare si sgonfi non appena giunta in superficie. Può esserci una valvola di gonfiaggio e una di sovrapressione (il sistema più affidabile) oppure l'estremità inferiore è aperta (libera o autosigillante) e zavorrata.

Queste boe, in base al colore o grazie ad una lavagnetta, possono anche veicolare un messaggio verso superficie. Ad esempio presso certe didattiche la boa arancione sta a significare una decompressione regolare, mentre quella gialla indica un'emergenza e una richiesta di assistenza. È bene notare però che non si tratta di segnali riconosciuti internazionalmente e per questo possono essere usati solo con persone con le quali ci si è preventivamente accordati.

L'unico rischio nell'utilizzo delle boe segnasub risiede nella possibilità di un accidentale trascinamento in superficie del subacqueo con tutti i problemi legati ad una risalita troppo rapida o ad un salto di tappa decompressiva.

In particolare questo si può verificare nel caso in cui:

la boa venga travolta da una barca: il rocchetto dev'essere sganciabile rapidamente
qualcuno tiri la boa con forza (capita più spesso di quanto si può pensare: bambini, curiosi, Capitaneria di Porto che vuole parlare con il sub, ecc): il rocchetto dev'essere sganciabile rapidamente
Nel caso di una boa decompressiva questo problema è molto più concreto e si può presentare anche nel caso in cui:

il rocchetto si inceppi durante lo svolgimento del cavo: non fissare il rocchetto o fissarlo in maniera che sia rapidamente sganciabile o utilizzare un semplice avvolgi sagola zavorrato
la boa o il cavo si impiglino nell'attrezzatura durante il gonfiaggio: prestare attenzione e non svolgere il cavo in anticipo
Prudenzialmente inoltre con le boe decompressive sarebbe sempre meglio effettuare il gonfiaggio utilizzando l'erogatore di riserva in modo da non doversi privare temporaneamente della fonte d'aria.

Nello svolgimento dell'attività subacquea ci si avvale dell'uso di alcune attrezzature: nell'immersione con bombole, possiamo iniziare l'elenco con le "mute subacquee". Le mute subacquee sono un abbigliamento in grado di mantenere caldo il corpo durante l'immersione, e si dividono principalmente in tre tipologie: mute umide, mute semistagne e mute stagne. Le prime permettono all'acqua di entrare, seppur in minima quantità, e quindi creano un velo d'acqua tra il corpo del sub e la muta. Quando questo sottile strato si riscalda, produce una sorta di effetto isolante, ottimo per ambienti con acqua calda ma insufficiente negli altri casi. Le mute del secondo tipo sono molto aderenti al corpo, e di spessore maggiore. Tendono a far inumidire solo braccia e gambe isolando il busto del subacqueo: nascono infatti per ambienti con acqua abbastanza fredda. La terza tipologia di mute, quelle stagne, isolano completamente il sub dall'acqua, lasciando che si bagnino solamente mani e testa; sono quindi particolarmente adatte ad ambienti con acque molto fredde o a permanenze prolungate in acqua.

La seconda attrezzatura fondamentale è l'erogatore, che viene montato sulla bombola e fornisce aria a "chiamata", cioè quando con la bocca si inspira. Tale erogatore fornisce sempre 1 atmosfera in più rispetto alla pressione ambientale esterna; ciò, per riprodurre la situazione che si ha a quota 0, cioè a livello del mare. Per sicurezza, si scende in acqua sempre con 2 erogatori completamente separati, solo alcune didattiche preferiscono usare il sistema "Octopus" cioè collegare 2 secondi stadi al primo stadio.

La terza attrezzatura utilizzata è il giubbotto ad assetto variabile (GAV), chiamato anche Jacket, che ha lo scopo di sostenere la bombola e modificare l'assetto. Questo si ottiene immettendo o togliendo aria dal GAV, grazie a un comando collegato al primo stadio. La bombola a cui accennavamo prima è preposta a contenere la riserva d'aria per il subacqueo; solitamente viene caricata fino a 200-230 bar, anche se in commercio possiamo trovare bombole fino a 300 bar.

Per calcolare le pause di decompressione sono necessari un profondimetro, un orologio e le apposite tabelle; ultimamente, però, tutto questo è stato sostituito da un computer subacqueo, che fornisce vari parametri (come la profondità massima raggiunta e la profondità attuale) e calcola automaticamente le tappe di decompressione necessarie.

Ultime attrezzature, ma non per questo meno importanti, sono la cintura della zavorra e le pinne: la prima serve per annullare la spinta positiva data dal nostro corpo e dalla muta immersi in acqua, e le seconde servono come mezzo di propulsione.

In particolare sono di comune utilizzo alcune attrezzature mirate a risolvere alcuni problemi particolari che si possono verificare durante l'immersione del corpo in acqua.

Il primo ed ovvio problema a cui il sommozzatore va incontro è il bisogno di respirare, non avendo come le diverse specie acquatiche appositi organi idonei all'immersione. Per risolvere questo problema si è ricorsi all'uso di bombole contenenti tipicamente aria compressa. È possibile usare anche altre miscele gassose studiate per risolvere alcuni fenomeni che si verificano respirando aria compressa (tossicità dell'ossigeno, narcosi da azoto, aumento delle microbolle di gas inerte nel sangue).

La respirazione subacquea avviene quindi tramite un autorespiratore ad aria o ad ossigeno, a seconda del tipo di immersione praticata. La differenza principale tra i due tipi di autorespiratori è nel circuito di filtraggio del gas e nella metodologia di immersione.

Nell'immersione con autorespiratore ad aria la respirazione attraverso l'erogatore avviene eseguendo la normale manovra di respirazione, come se non si fosse in immersione: l'aria inspirata dall'erogatore proviene dalla bombola e quella espirata, sempre attraverso l'erogatore, viene espulsa all'esterno.

L'autorespiratore ad aria fornisce aria alla stessa pressione dell'ambiente circostante. In immersione la pressione aumenta di 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità, ai quali dobbiamo sommare l'atmosfera presente al livello del mare.

L'azoto presente nell'aria (78%) viene spinto dalla pressione nei tessuti corporei saturandoli. Questo genera la necessità di gestire la risalita, mediante soste a date profondità, dipendenti dal profilo d'immersione, evitando che l'azoto accumulato si liberi di nuovo allo stato gassoso in maniera repentina, formando bolle che potrebbero causare emboli e generare patologia da decompressione. È necessario prestare massima attenzione alla qualità dell'aria con la quale si caricano le bombole, infatti, i compressori usati per la ricarica sono lubrificati ad olio, pertanto sono provvisti di sistema di filtraggio che, quando inefficiente, lascia passare nelle bombole una certa quantità d'olio. Respirare una miscela di aria ed olio causa gravi danni alla salute.

Nell'immersione con autorespiratore ad ossigeno la respirazione avviene invece attraverso un sistema ciclico e chiuso: non viene espulso gas in quanto questo viene trattato tramite filtri per eliminare l'anidride carbonica e reintrodotto nel circuito. Questo tipo di autorespiratore è formato essenzialmente da erogatore, sacco polmone per contenere l'aria espulsa, bombola; quest'ultima solitamente contenente una miscela arricchita di ossigeno al posto di aria, fino ad avere ossigeno al 100%. L'ossigeno consumato durante la respirazione viene reintrodotto nel circuito nel sacco polmone che contiene i gas espirati.

È da considerare che, usando l'ossigeno come gas, la profondità è limitata a 6 metri per i subacquei sportivi ed a 10 mt per i militari, in quanto a queste profondità l'ossigeno diventa nocivo per l'organismo. Le tecniche per la pratica del filtraggio sono relativamente complesse e difficili da gestire se non si ha una certa pratica.

Il problema della visione subacquea viene risolto con l'uso di una maschera subacquea (costruita fondamentalmente in gomma o silicone e vetro) o da un elmo da immersione, anche se a causa del fenomeno della rifrazione gli oggetti appaiono il 25% più vicini e il 33% più grandi. Occasionalmente i reparti militari specializzati in queste attività (uomini rana) utilizzano speciali lenti a contatto allo scopo di evitare il riflesso del cristallo della maschera da parte di una torcia o faro nemico.

Oltre alla respirazione, sott'acqua è impossibile anche la comunicazione verbale, essendo immersi in un liquido. Per questo motivo è stato ideato un sistema di segnalazione subacquea composto da gesti più o meno standard, in modo da poter comunicare coi compagni durante l'immersione. Esistono anche maschere granfacciali (coprono tutto il viso e lasciano la bocca libera dall'erogatore) in cui si può parlare; essendo provviste di un sistema di comunicazione acustico, permettono ai subacquei di comunicare tra loro.

L'acqua conduce il calore dal subacqueo 25 volte più dell'aria. Tranne che in acque molto calde, il subacqueo ha bisogno dell'isolamento termico che gli viene fornito da una muta subacquea. Le mute ad oggi utilizzate possono essere definite in tre tipologie: mute umide, stagne o semistagne; scelte in conseguenza della temperatura delle acque.
Le mute aiutano anche ad evitare che la pelle del subacqueo sia ferita da oggetti sottomarini ruvidi o appuntiti, da animali marini, coralli o rocce.

La malattia da decompressione è una patologia del subacqueo dovuta alla variabile di tempo di permanenza e di profondità raggiunta e conseguente relativo accumulo nei tessuti del suo organismo, dei gas inerti (azoto, ed eventualmente, in relazione alla composizione della miscela respirata, elio ed idrogeno), senza aver effettuato alla fine dell'immersione delle soste di decompressione, per la relativa necessaria desaturazionene degli inerti in eccesso nel caso esso abbia superato i limiti di non decompressione.

Il subacqueo necessita di potersi muovere sott'acqua. La mobilità personale è agevolata da pinne che vengono calzate ai piedi e da una corretta gestione del proprio assetto. Altri equipaggiamenti per aumentare la mobilità subacquea comprendono veicoli di propulsione subacquea, campane subacquee e maialini. La NASA (l'agenzia spaziale americana) utilizza l'immersione subacquea per addestrare gli astronauti a muoversi nello spazio, poiché è il metodo più conveniente e verosimile alle condizioni di assenza di gravità riscontrabile sulla terra.

Esistono tecniche specifiche per affrontare immersioni prolungate o profonde:

immersioni tecniche - Immersioni che prevedono l'utilizzo di miscele ipossiche per gestire la tossicità dell'ossigeno in profondità, combinate con gas inerti (tipicamente elio) per limitare la narcosi d'azoto e iperossigenate per ottimizzare la decompressione; sono caratterizzate, quindi, da profondità e tempi che valicano i confini della subacquea ricreativa;
immersioni assistite dalla superficie - subacqueo assistito dalla superficie, grazie all'uso di uno scafandro;
immersioni in saturazione - operazioni subacquee effettuate con l'ausilio di campane, e relative stazioni di superficie con ambienti iperbarici (camera di decompressione) abitabili e climatizzati, che permettono una unica decompressione/desaturazione graduale, a volte anche di molti giorni, alla fine di una serie di immersioni ad alta o altissima profondità, da ca 80 a 200 mt e oltre).





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