Le origini del Sumo non sono certe, ma alcune testimonianze suggeriscono che questa attività possa aver avuto origine in una delle vicine località asiatiche; due stati che sicuramente influenzarono molto il Sumo giapponese furono Cina e Korea.
Anche se attualmente il Sumo è tipicamente giapponese, si pensa che molti aspetti culturali di questo sport derivino comunque da queste due regioni.
I giapponesi hanno introdotto in modo denso questa attività/sport nella loro cultura al punto da essere inclusa in moltissime leggende e situazioni nei secoli di evoluzione fino alle origini delle linee genealogiche imperiali e la “razza giapponese” stessa.
Il Sumo è parte integrante della cultura giapponese sin dai più antichi albori della storia del Giappone; nei secoli si è evoluto da rito religioso ad attività militare fino alla connotazione attuale di sport.
Dal passato al giorno d’oggi, ma soprattutto nel XXV sec. ha subito moltissime evoluzioni così come è variato il ‘target’ di questa attività: iniziando come intrattenimento per gli dei, si trasforma in attività di intrattenimento per i nobili per poi trasformarsi in spettacolo per le masse popolari.
Ultima evoluzione, la trasformazione del Sumo in uno sport avvenuto nel XIX sec. che ha poi reso il Sumo quello che vediamo oggi.
Due lottatori esclusivamente maschi, detti rikishi, si affrontano in una zona di combattimento detta dohyo. I lottatori sono organizzati in una graduatoria generale detta banzuke secondo principi di capacità e forza e non in categorie di peso. Caratteristica distintiva dei lottatori di sumo è l'indossare quale capo di abbigliamento un particolare perizoma detto mawashi e acconciare i loro capelli con una particolare crocchia detta oi-cho mage.
Nel sumo amatoriale i lottatori possono essere di sesso femminile ma la cosa è impensabile nel sumo professionistico vero e proprio. I praticanti di sumo possono anche essere chiamati sumotori ma diventano noti come rikishi quando diventano professionisti. Le categorie del sumo sono molteplici e partono dalla divisione minore, jonokuchi, per poi passare rispettivamente a jonidan, sandanme, makushita, juryo e makuuchi. Nello specifico sono chiamati makushita-tsukedashi quei lottatori di sumo (rikishi) che invece di cominciare il loro percorso professionale dal rango più basso (jonokuchi) vengono immediatamente proposti nella terza divisione (makushita) come novità.
Ciò avviene quando dei giovani particolarmente promettenti vincono i tornei giovanili di Mae-Zumo (cioè pre-sumo) dei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre. I vincitori di uno dei primi tre tornei vengono inseriti nel ranking makushita col grado di makushita 15 (il livello va a decrescere sino a giungere al livello 1, che è quello più importante) mentre coloro che vincono uno di essi e anche il torneo di dicembre vengono proposti come makushita 10. Costoro, sia che si tratti degli ms 15, sia che si tratti degli ms 10, possono essere inseriti nel nuovo ranking entro 1 anno dai loro trionfi amatoriali. Si dice - ma non è confermato - che nel caso si tratti di lottatori stranieri (cioè non giapponesi) costoro devono essere circoncisi prima di poter accedere al loro nuovo rango.
Fatto curioso, certamente, anche se non se ne conosce la motivazione, che forse si rifà ad antiche tradizioni locali. Più in alto della categoria makushita ci sono le due divisioni professionistiche del sumo (chiamate sekitori): gli juryo (o jumaimae, una sorta di serie B del sumo) e i makuuchi (o makunouchi) che rappresentano la divisione maggiore e che a loro volta sono suddivisi in maegashira (dal livello 16 al livello 1) e sanyaku, cioè i grandi campioni (segmentati in komusubi, sekiwake, ozeki e yokozuna, che è il top del top). Lo yokozuna è il grande campione per eccellenza del sumo ed è distinguibile perché durante l'ingresso sul dohyo indossa una pesante corda annodata detta tsuna. Lo yokozuna non può mai retrocedere dal suo rango (come invece può accadere agli altri lottatori) ed abbandona la carica solo dopo il ritiro (intai).
Lo scopo dell'incontro è atterrare l'avversario o spingerlo fuori dal dohyo.
Le regole sono molto semplici, la vittoria spetta al lottatore che atterra o riesce a spingere all’esterno del dohyo l’avversario. Gli incontri possono durare da pochi secondi sino a parecchi minuti. Esistono una settantina di tecniche da poter utilizzare, alcune riguardano il sollevamento o la spinta fuori dal dohyo, altre varie prese e sgambetti. Sono permessi schiaffi con la mano aperta ma solo sulla parte superiore del corpo, non si possono dare pugni, calci e tirate di capelli.
Le categorie dei lottatori non si basano sul peso ma sulla bravura dei rikishi (lottatori). La categoria più importante è la Yokozuna, a cui appartiene un solo lottatore, il migliore.
Da questa categoria non si può retrocedere, quando il lottatore ritiene di non essere più in grado di competere e vincere, spontaneamente si ritira, cedendo il posto ad altri aspiranti.
Annualmente si svolgono 6 tornei dalla durata di 15 giorni ciascuno. Ogni lottatore ha in programma un incontro giornaliero. Il torneo è vinto dal rikishi che si è aggiudicato il maggior numero di incontri. Con 8 incontri vinti il lottatore sale di categoria, con 8 persi retrocede alla categoria più bassa. Al termine di ogni torneo si stila la banzuke (classifica).
Un legame alle antiche tradizioni si può riscontrare anche dai vari rituali che vengono svolti prima e dopo il combattimento.
I rikishi salgono sul dohyo per le pubbliche presentazioni. Il rituale prevede un cerimoniale eseguito con movimenti molto particolari delle braccia e gesti scaramantici. I rikishi indossano un grembiule (kenshomawashi) con colori e simboli che li rappresentano.
Il primo passaggio è l’entrata dei lottatori, che si posizionano sul dohyo.
L’apertura dei combattimenti ha ufficialmente inizio solo dopo l’ingresso dello Yokozuna e lo svolgimento del rituale propiziatorio.
I rikishi compiono un gesto scaramantico a protezione da infortuni, ferite e cadute.
Da ciotole apposite viene raccolta una manciata di sale, poi gettata sul dohyo.
Lo Shiko è un movimento eseguito dai lottatori, la gamba viene alzata portandola quasi in posizione verticale e poi si compie un movimento opposto portandola verso il basso, sbattendo a terra il piede, cosi da produrre un forte rumore. È un movimento preparatorio, ma viene utilizzato soprattutto come rito scaramantico per scacciare gli spiriti cattivi dal dohyo.
La danza con l’arco svolta da un giovane rikishi, alla fine del torneo, è un rituale che ha più valenze, simboleggia la forza e la vittoria (un arco era il dono ricevuto dal vincitore) ma anche felicità e prosperità.
I tornei tra sumotori professionisti si svolgono a Edo (l'odierna Tokyo) sin dal 1623, ma coll'andare del tempo il loro numero passò da uno all'anno durante l'epoca kansei (1789-1800) a sei annuali: tre a Tokyo in gennaio, maggio e settembre, uno a Osaka in marzo, uno a Nagoya in luglio ed uno a Fukuoka in novembre. Ogni torneo (basho, letteralmente "luogo") inizia di domenica, dura quindici giorni e vengono svolti molti incontri in cui i rikishi affrontano ogni giorno un avversario diverso. Il rikishi che dovesse vincere più incontri degli altri vince il torneo; solo se il rikishi riesce a vincere otto incontri su quindici può mantenere la propria posizione nella graduatoria detta banzuke, ulteriori vittorie o sconfitte ne determinerebbero la promozione o la retrocessione; questi ranghi sono fondamentali poiché solo un sumotori capace di entrare nei primi cinquanta campioni sekitori potrà aver diritto ad un vitalizio e a degli assistenti.
Il grado più alto è quello di yokozuna (letteralmente "ampia corda") che un lottatore può raggiungere se vince due tornei di fila, ottiene punteggi altrettanto degni e possiede le qualità morali necessarie al titolo che saranno valutate da un apposito comitato nazionale; uno yokozuna diviene egli stesso una semi-divinità scintoista e riceverà un generoso vitalizio anche a fine carriera. Lo yokozuna deve incarnare l'ideale del lottatore di sumo, difatti nel caso non riuscisse a vincere otto scontri nel corso di un torneo non sarebbe retrocesso, ma ci si aspetterebbe il suo ritiro.
Il sumo, oltre che sport di combattimento, è considerato essere una vera e propria forma d'arte.
A differenza di quanto avviene nel sumo tradizionale, le cui regole sono dettate dalla storia, dalla cultura nipponica e dalla religione, il sumo sportivo è una forma di lotta le cui regole di combattimento somigliano molto a quelle del sumo "originale". La totale assenza dei rituali, la possibilità di partecipare alle competizioni anche per le donne ed una giuria formata da un solo arbitro sono le principali note che caratterizzano il sumo sportivo.
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