domenica 5 luglio 2015

LA CENTRALE ELETTRICA

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I greci e i romani furono le prime civiltà nel Mondo allora conosciuto, ad utilizzare la potenza dell'acqua, o più precisamente dell'energia cinetica prodotta dal liquido; si deve però specificare che queste due antiche civiltà sfruttarono questo tipo di energia rinnovabile solo per azionare semplici mulini ad acqua per macinare il grano.

Si deve aspettare il Basso Medioevo e le scoperte portate dal popolo degli Arabi del Nord Africa, per avere altri metodi di sfruttamento dell'energia contenuta in un flusso d'acqua: furono sempre più utilizzate, sia per l'irrigazione dei campi sia per la bonifica di vaste zone paludose, la ruota idraulica, schematizzabile come un mulino senza pale che ruotava su un punto fisso per azione della forza esercitata dall'acqua stessa.

Un progresso tecnico di enormi proporzioni si è avuto alla fine dell'Ottocento, circa all'inizio della Seconda Rivoluzione Industriale avvenuta in Europa e non solo, in seguito all'evoluzione della ruota idraulica in turbina, macchina motrice costruita da una ruota a pale imperniata su un asse, che all'inizio erano grossolane e schematizzate, ma con le innovazioni tecnologiche, soprattutto della prima metà del Novecento, divenne sempre più perfezionata e funzionale.

L'energia idroelettrica viene ricavata dal corso di fiumi e di laghi grazie alla creazione di dighe e di condotte forzate. Esistono vari tipi di centrale: nelle centrali a salto si sfruttano grandi altezze di caduta disponibili nelle regioni montane. Nelle centrali ad acqua fluente si utilizzano invece grandi masse di acqua fluviale che superano piccoli dislivelli; per far questo però il fiume deve avere una portata considerevole e un regime costante.

L'acqua di un lago o di un bacino artificiale viene convogliata a valle attraverso condutture forzate, trasformando così la sua energia potenziale in energia di pressione e cinetica grazie al distributore e alla turbina. L'energia meccanica viene poi trasformata attraverso il generatore elettrico, grazie al fenomeno dell'induzione elettromagnetica, in energia elettrica. Per permettere di immagazzinare energia e di averla a disposizione nel momento di maggiore richiesta, sono state messe a punto centrali idroelettriche di generazione e di pompaggio. Nelle centrali idroelettriche di pompaggio, l'acqua viene pompata nei serbatoi a monte sfruttando l'energia prodotta e non richiesta durante la notte cosicché di giorno, quando la richiesta di energia elettrica è maggiore, si può disporre di ulteriori masse d'acqua da cui produrre energia. Questi impianti permettono di immagazzinare energia nei momenti di disponibilità per utilizzarla nei momenti di bisogno.

L'energia idroelettrica è una fonte di energia pulita (non vi sono emissioni), integrativa ,(da non confondere con alternativa), e rinnovabile, tuttavia la costruzione di dighe e grandi bacini o invasi artificiali, con l'allagamento di vasti terreni, apporta sempre e comunque un certo impatto ambientale che nei casi più gravi può provocare lo sconvolgimento dell'ecosistema della zona con grandi danni ambientali, come è successo con la grande diga di Assuan in Egitto, oppure rischi di tipo idrogeologico come accaduto nel disastro del Vajont.

La produzione di energia idroelettrica può avvenire anche attraverso lo sfruttamento del moto ondoso, delle maree e delle correnti marine. In questo caso si parla di energia mareomotrice.

Il bacino idroelettrico serve a raccogliere le acque di un fiume in una conca artificiale, il cui elemento principale è la diga, e farne alzare la quota, per poterne in seguito utilizzare il dislivello per la generazione di energia elettrica. Dal bacino alla centrale dove sono situati i generatori, è presente una condotta forzata, ovvero un tubo che ha l'imbocco iniziale largo e quello terminale stretto, per favorire la velocità di uscita sulle pale delle turbine.

Per centrale idroelettrica si intende una serie di opere di ingegneria idraulica posizionate in una certa successione, accoppiate ad una serie di macchinari idonei allo scopo di ottenere la produzione di energia elettrica da masse di acqua in movimento. L'acqua viene convogliata in una o più turbine che ruotano grazie alla spinta dell'acqua. Ogni turbina è accoppiata a un alternatore che trasforma il movimento di rotazione in energia elettrica.

Lo sfruttamento dell’energia idroelettrica e la conseguente produzione di energia elettrica non è costante nel tempo, ma dipende dal rifornimento d’acqua del bacino d’acqua artificiale a sua volta dipendente dal regime degli immissari/fiumi e quindi dal regime precipitativo del bacino idrografico.

Una pratica diffusa in alcuni paesi/zone è quella di pompare acqua nei bacini idroelettrici durante la notte quando l’energia da spendere costa meno e riutilizzare l’energia idroelettrica accumulata di giorno quando la richiesta è maggiore e conseguentemente il prezzo risulta maggiore ottenendo così un guadagno netto.

L'energia idroelettrica è la principale risorsa alternativa alle fonti fossili usata in Italia e garantisce circa il 15% del fabbisogno energetico italiano. La sua importanza in passato fu molto più grande perché dagli inizi del XX secolo sino al primo dopoguerra l'energia idroelettrica rappresentava la stragrande maggioranza dell'energia prodotta in Italia arrivando anche a toccare punte di poco inferiori al 100%.

Le prime centrali elettriche del mondo sorsero nel 1882 a Londra e a New York, dopo che T.A. Edison ebbe perfezionato la dinamo (1879). Poco dopo, nel 1883, venne inaugurata la prima centrale italiana, quella di S. Radegonda a Milano; nello stesso anno, ne venne installata una a Roma.

La prima centrale elettrica non solo italiana, ma dell’Europa Continentale, fu di tipo termoelettrico e sorse in una piccola area compresa fra le vie Santa Radegonda ed Agnello, vicinissimo al fianco sinistro del Duomo. Per la sua costruzione furono acquistati i locali del teatro di Santa Radegonda, che era ormai in disuso da qualche anno. Nel corso del 1882-83, il teatro fu demolito ed al suo posto fu eretto l’edificio della Centrale, che accoglieva al primo piano le caldaie a carbone ed al piano terra le macchine alternative a vapore e le dinamo. Fu inoltre costruita una ciminiera di mattoni (alta 52 metri), che si vede chiaramente svettare di fianco al Duomo nelle fotografie di fine ‘800; evidentemente i nostri trisnonni avevano meno preoccupazione di noi sulla “qualità dell’aria” o più semplicemente facevano quel che potevano.

La potenza elettrica delle quattro dinamo installate (circa 350 kW complessivi, quanto bastava per accendere 4800 lampade ad incandescenza da 16 candele, alimentate a 100-110V) era modesta per i nostri standard, ma cospicua per il suo tempo. In effetti uno dei motivi di successo del sistema Edison fu la notevole potenza delle sue dinamo, che erano state soprannominate proprio per questo “Jumbo”, come il famoso elefante del circo Barnum. L'energia elettrica prodotta era in corrente continua e veniva distribuita tramite conduttori interrati in una piccola area compresa fra piazza del Duomo, piazza della Scala, e la Galleria. Gli utenti della Centrale furono i negozi dei portici settentrionali di pza Duomo, i locali eleganti che si affacciavano sulla Galleria, il Teatro Manzoni ed il Teatro della Scala, gli unici probabilmente disposti a pagare quasi il doppio delle tariffe di una equivalente illuminazione a gas; va detto comunque che la società del gas aveva abbassato notevolmente le sue tariffe in vigore quell’anno nella zona centro, proprio per battere la concorrenza dell'energia elettrica.

La vita del primo impianto di via Santa Radegonda fu piuttosto breve; in effetti il sistema Edison era nel suo complesso ben progettato, ma aveva dei forti limiti per quanto riguardava la distanza utile di trasmissione della corrente. Già due anni più tardi, quando la società Edison ebbe dal Comune il primo incarico di illuminazione stradale, i macchinari furono potenziati con l'installazione di 8 dinamo del tipo Thomson-Houston esclusivamente dedicate all'alimentazione di lampade ad arco stradali.

Nel 1898 nell’adiacente officina di via Agnello venne installato un gruppo di “convertitori rotanti” per trasformare in corrente continua la corrente alternata proveniente dalla nuova Centrale Idroelettrica di Paderno; nei locali di Santa Radegonda venne inoltre installata una batteria di accumulatori che doveva servire ad evitare accensioni troppo frequenti della Centrale Termoelettrica di Porta Volta e ad alimentare, insieme ai convertitori, sia la rete tranviaria che la esistente rete in corrente continua che serviva il centro cittadino.

Gli impianti di via Santa Radegonda furono demoliti nel 1926, ed al loro posto sorse il cinema Odeon. Il frettoloso passante milanese che percorra questa via, potrà con un po’ di attenzione individuare la lapide commemorativa posta, nel centenario della costruzione, a ricordo della Centrale.

Alcuni testi sostengono che si trattò della prima centrale elettrica ad entrare in servizio in Europa; ad onor del vero è più esatto dire che fu la prima dell’Europa Continentale, perché la primissima centrale europea fu quella del Holborn Viaduct, entrata in servizio a Londra circa un anno prima, nell’aprile del 1882. Si trattava di un impianto che utilizzava la stessa tecnologia Edison, e quindi molto simile a quelli di New York e Milano, anche se di potenza inferiore, e non dotato di una vera e propria rete di distribuzione, in quanto destinato ad illuminare il solo viadotto da cui prendeva il nome.

Nel progetto originale della Centrale le macchine dovevano essere tre, ma furono portate a quattro appena iniziato l’impianto. La centrale iniziò quindi a funzionare nel giugno 1883 con quattro dinamo, ma il loro numero fu portato a sei già nella seconda metà del 1883, quando la Società ebbe l’incarico di illuminare la Scala. Le dinamo ruotavano alla velocità di 350 giri al minuto, azionate da due diversi tipi di macchine a vapore, a loro volta alimentate da cinque caldaie a tubi inclinati tipo Babcock & Wilcox.Conduttori  interrati della prima rete elettrica di Santa Radegonda: rame isolato con miscela bituminosa, colata in tubo di ferro (1883)

A differenza della rete realizzata dalla Edison a New York, che usava il sistema “a tre fili”, nel quale le dinamo venivano collegate a coppie mettendo in comune un filo centrale (si risparmiava così un filo), quella milanese utilizzava un sistema a due fili. I conduttori principali sotterranei, o feeders, erano costituiti da una coppia di sbarre semicircolari di rame, inserite in tubi di ferro, riempiti di una miscela di isolante. Questi tubi venivano congiunti fra di loro mediante scatole di giunzione, riempite anch’esse della stessa miscela isolante.

Nell'estate 1883 la giunta municipale di Milano (nella quale l'ing. Giuseppe Colombo era consigliere) accolse con procedura d'urgenza, per motivi di sicurezza, l'offerta del Comitato di illuminare elettricamente la Scala. All'inaugurazione della stagione lirica, il giorno di Santo Stefano dello stesso anno, tutto il teatro era illuminato con 2880 lampade.

Per i grossi utenti la tariffazione avveniva a forfait, ed essi potevano mantenere la luce accesa giorno e notte. La Centrale alimentava comunque anche qualche appartamento privato ed in questo caso l’utente pagava a consumo; non c’erano ancora i contatori elettromagnetici ed il consumo veniva misurato tramite un sistema elettrolitico sulla base della perdita di peso di un elettrodo di zinco.

Molto semplice, ma ingegnoso, era il sistema di regolazione delle macchine elettriche. La corrente di alimentazione degli elettromagneti delle dinamo era modulata a seconda dei bisogni tramite regolatori azionati a mano, coi quali si variava la resistenza del circuito di derivazione. Un apparecchio automatico avvertiva gli operatori, tramite un campanello e due lampade di diverso colore, se il voltaggio era superiore od inferiore a quello previsto, in modo che la potenza prodotta venisse adeguata al numero di lampade contemporaneamente accese.



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