Esistono cani realmente pericolosi? Possiamo attribuire ad una razza piuttosto che ad un'altra una caratteristica di pericolosità? Da anni ormai il dibattito è acceso tra veterinari, addestratori, animalisti e detrattori e purtroppo, venirne a capo, non è così semplice.
Correva l'anno 2006 e l'allora ministro Livia Turco firmò un'ordinanza alla quale fu allegato il documento per la "Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani". Documento che da allora ha suscitato non poche critiche ma anche diversi dubbi.
Parlare in assoluto della pericolosità di una razza sembra ormai che possa essere escluso, in quanto la fase di addestramento risulta essere fondamentale per limare il carattere dell'animale ed un rapporto sano con il padrone riduce al minimo questo rischio.
Anche l'ENCI, Ente Nazionale Cinofilia Italiana, si è espresso a sfavore di tale ordinanza emettendo un unico giudizio: la pericolositá di una razza è infondata.
Come ci si comporta quindi con quei cani che pensiamo essere pericolosi? Possiamo fare qualcosa?
Se ne siamo noi proprietari usare alcune misure di attenzione è fondamentale, come usare il guinzaglio e far indossare al cane la museruola, perchè, ricordiamolo, anche se noi sappiamo che il cane non è pericoloso ma solo esuberante, possiamo trovarci di fronte a persone timorose o addirittura fobiche ed il buon senso deve essere sempre la linea guida principale.
Non esistono razze pericolose, quindi. Ma la lista redatta è comunque ancora valida e noi vogliamo sottoportela, perché è un diritto del cittadino essere informato e avere tutti gli strumenti per potersi rapportare con gli avvenimenti della vita quotidiana.
La Lista delle razze pericolose ovvero l'elenco di razze canine è redatto come allegato dell'Ordinanza del 12 dicembre 2006, "Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani", pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13 gennaio 2007, a firma dell'allora Ministro Livia Turco, con validità per un anno dal momento della pubblicazione.
Dal 23 marzo 2009, per la durata di ventiquattro mesi (art. 7), è stata in vigore una ordinanza, firmata dal Sottosegretario alla Salute Francesca Martini, Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani. A differenza della precedente ordinanza 12 dicembre 2006 (Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13 gennaio 2007, la cui vigenza veniva limitata al periodo di un anno dal 14-01-2007, non conteneva alcuna "lista di razze", specificando anzi che l'ordinanza precedente «non solo non ha ridotto gli episodi di aggressione ma, come confermato dalla letteratura scientifica di Medicina Veterinaria, "non è possibile stabilire il rischio di una maggiore aggressività di un cane sulla base dell’appartenenza a una razza o ai suoi incroci"».
Tale ordinanza quindi, con riferimento a tutti i cani indipendentemente dalla razza, aveva previsto -testualmente- quanto di seguito: "Ai fini della prevenzione dei danni o lesioni a persone, animali o cose il proprietario e il detentore di un cane devono adottare le seguenti misure: a) adottare sempre il guinzaglio ad una misura non superiore a mt 1,50 durante la conduzione dell'animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree per i cani individuate dai comuni; b) portare con sé una museruola, rigida o morbida, da applicare al cane in caso di rischio in caso di pericolosità per persone o animali o su richiesta delle Autorità competenti; c) affidare il cane a persone in grado di gestirlo correttamente.
I contenuti dell'ordinanza del 23 marzo 2009 sono stati confermati ed attualmente è in vigore l' Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani del 6 agosto 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 209 del 6 settembre 2013).
L'ordinanza, e in particolare la lista allegata, fin dalla sua pubblicazione aveva suscitato le critiche del mondo cinofilo.
In particolare, lo stesso ENCI (Ente nazionale cinofilia italiana) aveva emesso nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione un comunicato in cui si «sottolinea, assieme alle associazioni veterinarie, l'inconsistenza scientifica di una lista di tipologie canine "a rischio di aggressività", rilevando come le radici di una potenziale pericolosità di alcuni soggetti debbano invece ricercarsi nel rapporto tra l'uomo e il cane.»
Negli stessi giorni anche il Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro «per quanto concerne l'elenco delle razze canine a rischio di maggiore aggressività...rileva che non vi è corrispondenza rispetto a un precedente parere espresso in merito dal Consiglio Superiore di Sanità».
L'Associazione nazionale medici veterinari italiani si era così espressa in merito:«quanto detto vale per qualsiasi cane: la correlazione fra alcune razze canine e la pericolosità è infatti scientificamente infondata.»
Alcune razze, come il Rafeiro do Alentejo, risultavano non esistenti in Italia in quanto nessun esemplare è stato iscritto ai registri ENCI dal 2003 al 2008.
La lista contiene alcuni errori nella denominazione delle razze, come risulta dal confronto con l'elenco ufficiale delle razze canine della FCI (Federazione Cinologica Internazionale). Ad esempio la razza denominata Perro da canapo majoero non è mai esistita al di fuori della Lista di razze pericolose. Si tratta probabilmente (per assonanza) di un riferimento al Perro de Ganado Majorero, razza ritenuta pressoché estinta, nonostante alcuni tentativi di recupero.
Dopo l’infelice pubblicazione, nel 2006, della “lista delle razze pericolose” e l’ordinanza “Martini” del 2009 con la quale si ristabiliva un equilibrio tra l’esigenza della tutela pubblica e la gestione della popolazione canina italiana, affermando il principio che l’aggressività di un cane non dipende dall’appartenenza ad una razza ecco finalmente affermato il principio che il proprietario o il detentore è responsabile dei comportamenti del suo cane e che è la relazione cane-padrone a dare origine alla disfunzionalità che sfocia dell’aggressività del cane.
Passaggio non di poco conto perché consente di perseguire anche chi, scientemente, ometta di microcippare il proprio cane e di denunciarne il possesso presso la ASL; un modo per evitare che, anche in questo, caso “i furbetti” sfuggano alle loro responsabilità nei casi di aggressione a terzi.
L’ordinanza per la prima volta parla di responsabilità del proprietario-detentore del “benessere” e della “conduzione” del proprio cane , ponendo l’accento finalmente alla “relazione” che deve instaurarsi tra l’uomo ed il suo fedele compagno da oltre 50.000 anni.
Abbandonata la visione antropocentrica (io sono il padrone buono-il cane è pericoloso) si arriva finalmente a riconoscere che i comportamenti “aggressivi” del cane sono il frutto di comportamenti umani sbagliati e che per eliminare i primi occorre correggere i secondi.
La grande novità è la “formazione obbligatoria” e l’istituzione di “percorsi formativi” per cani e proprietari dopo il verificarsi di episodi di morsicature o aggressioni.
Nessun cane è aggressivo “per natura” ed ogni cane agisce d’istinto a seconda delle situazioni che vive e in relazione all’imprinting ricevuto nella suo rapporto con l’uomo.
I proprietari, pur in perfetta buona fede e sempre per inesperienza, spesso non si accorgono di porre in essere veri e propri comportamenti “abusanti” nei confronti del proprio cane.
Far dormire il cane nel proprio letto, a parte le implicazioni igieniche, significa ,dalla parte del cane, essere “al suo livello” ed eliminare la barriera gerarchica di cui il cane ha bisogno per sentirsi tranquillo, guidato dal suo “padrone”-capobranco.
Relegare un cane in giardino perché “c’è tanto spazio e può correre” evitando di portarlo in passeggiata, significa limitare pesantemente la sua vita di relazione che, per un cane, è fatta principalmente di odori che lo mettono in relazione con il mondo circostante.
Strattonarlo mentre sta annusando la pipì di chi è passato prima di lui davanti a quel palo equivale a strappare violentemente di mano l’ultimo numero di Topolino o la sigaretta, a seconda dei gusti, all’umano nel momento “solenne” dell’espletamento delle funzioni corporali mattutine…
Le norme dell’ordinanza del 6 agosto obbligano i proprietari ad essere loro i “responsabili” sia delle conseguenze civili e penali dei comportamenti del loro cane anche con l’obbligo della stipula di idonea polizza assicurativa ma soprattutto della relazione disfunzionale che ha prodotto l’evento morsicatura o aggressione.
E se, nella fase “patologica” diventa di vitale importanza avviare cani e padroni ai percorsi formativi, è invece indispensabile l’istituzione obbligatoria del patentino per tutti i proprietari di cani a prescindere dalla razza perché solo educando il padrone si può amare meglio il cane.
Periodicamente si verificano incidenti gravi causati da cani che aggrediscono umani. Statisticamente gli incidenti mortali o gravemente invalidanti sono attribuibili a determinate razze che per stazza e/o indole sono in grado di produrre gravi danni durante l’attacco.
Per questo vengono periodicamente stilati elenchi di “razze socialmente pericolose”. La locuzione è inesatta e andrebbe corretta in “razze potenzialmente pericolose”, indicando che l’appartenenza a una razza non indica automaticamente una pericolosità.
Le statistiche sono comunque inconfutabili; una ricerca dell’azienda sanitaria di Firenze mostra che su 32 vittime 9 sono causate da pastori tedeschi, 4 da pit bull e 3 da rottweiler. Delle 32 vittime 19 non erano estranei al cane (proprietari o familiari). Poiché per ogni 15 pastori tedeschi ci sono 3 rottweiler e 2 pit bull, il pit bull e il rottweiler devono essere considerati i cani potenzialmente più pericolosi, una pericolosità statisticamente circa doppia rispetto a quella del pastore tedesco, razza troppo spesso ritenuta inoffensiva, vista la pubblicità fattale dal cinema e dalla televisione, da Rin Tin Tin a Rex.
Si potrebbe obiettare che l’ASL fiorentina usi dati solo italiani. Ampliando l’orizzonte, il risultato degli studi condotti presso la Scuola di veterinaria della Tufts University (una delle più prestigiose negli Stati Uniti) rivela che in ordine le razze maggiormente colpevoli di attacchi letali sono pit bull, rottweiler, pastore tedesco.
Questi dati mostrano chiaramente come l’affermazione proveniente dal mondo cinofilo e veterinario (Associazione nazionale medici veterinari italiani) secondo la quale la correlazione fra alcune razze canine e la pericolosità sia scientificamente infondata, è un colossale errore, frutto solo di una partigianeria incapace di un’analisi (scientifica, appunto) dei dati.
L’american pit bull terrier è l’incrocio di due razze inglesi l’english white terrier e l’old bulldog, avvenuta attorno alla fine del XIX secolo; secondo altri, come Richard Stratton, è invece l’autentico bull dog da lavoro rinascimentale senza apporto di altre razze.
La razza non è riconosciuta né dalla FCI (Federazione Cinologica Internazionale) né dall’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana), mentre lo è dall’UKC (United Kennel Club) e dalla ADBA (American Dog Breeders Association).
La FCI riconosce solamente quattro terrier di tipo bull: il bull terrier inglese, il bull terrier inglese miniatura, lo Staffordshire bull terrier e l’american Staffordshire terrier. Di fatto, quest’ultimo condivide la stessa origine del pit bull e solo dal 1930 si cominciarono a separare due tipologie distinte.
Certo tutti parlano di leggi, di cani pericolosi da tenersi al guinzaglio e/o con museruola, ma poi tutti concludono dicendo che in fondo è colpa del padrone che non ha saputo educare il cane. L’ultima frase è una profonda sciocchezza. Infatti non ha alcun senso avere un cane di una razza giudicata ad alta pericolosità sociale.
Infatti:
non ha senso averlo “da guardia”. Espressione pessima che rivela un sostanziale non affetto per il cane, visto solo come baluardo contro i malviventi.
Non ha senso averlo “da difesa”. Anche in questo caso si sceglie il cane per un puro egoismo personale, come fosse un’arma.
Non ha senso sceglierlo perché la razza piace. Questo è il punto più difficile da spiegare. In fondo, se lo educo bene, non è pericoloso per me o per gli altri: che male c’è?
Supponiamo che io, privato cittadino, me ne vada in giro con un’arma in mano, carica e senza sicura, in un luogo pubblico molto affollato. Chiunque protesterebbe e a nulla varrebbero le mie giustificazioni basate sul fatto che io conosco benissimo le armi e che mai mi partirà un colpo. Basterebbe banalmente farmi presente che se scivolo e cado rovinosamente a terra il colpo potrebbe partire e uccidere un bambino innocente. Nell’esempio l’arma è la forza della mascella del pit bull, ma l’essere senziente è comunque l’umano che gestisce la pistola. Se l’umano è un violento o un irresponsabile fa danni gravissimi.
Non serve a nulla educare bene il cane, perché se questo è di una razza di determinata mole e indole, in determinate circostanze può esplodere. Ci sono per esempio molti pit bull cui è stato insegnato a comportarsi bene con gli umani, ma non con i cani dello stesso sesso (sentita da un imbecille: “non si preoccupi la sua è una femmina, il mio non le fa niente”. Perché se era un maschio me lo sbranava oppure io non potevo circolare perché il suo pit bull non sopporta i maschi?); oppure si consideri un bambino che maliziosamente gli metta un dito in un occhio e gli tiri le orecchie. Il cane reagirà in modo eccessivo: anche se ha moralmente ragione, il piccolo verrà sbranato.
E se lo tengo al guinzaglio? .
Così il cane può sfuggirmi di mano (o può fuggire dal mio giardino: già successo) ed essere pericoloso. Sono penosi tutti i soggetti non particolarmente forzuti che vanno in giro con cani di grossa taglia che non saprebbero mai contenere in situazioni eccezionali.
E allora uso la museruola? Ma chi potrebbe dire di amare veramente il suo cane se fosse costretto a portarlo sempre al guinzaglio e con la museruola?
È quindi evidente che non c’è nessuna ragione per scegliere un cane ad alta pericolosità sociale.
Purtroppo per i pit bull, la razza è stata scelta da molte persone che ne fanno uno scudo alla loro insicurezza o, peggio, violenza. È un dato di fatto incontestabile.
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