La prima benzodiazepina, il clordiazepossido (Librium), è stata sintetizzata nel 1955 da Leo Sternbach mentre lavorava alla Hoffmann-La Roche sullo lo sviluppo di tranquillanti. Le proprietà farmacologiche dei composti inizialmente preparati, tuttavia, furono deludenti e Sternbach abbandonò il progetto. Due anni dopo, nell'aprile del 1957, il collega Earl Reeder notò un composto "piacevolmente cristallino" lasciato dal progetto interrotto mentre eseguiva una pulizia del laboratorio. Questo composto, più tardi chiamato clordiazepossido, non fu testato nel 1955 per via dell'attenzione posta da Sternbach su altre questioni. In attesa che i risultati farmacologici fossero negativi e sperando di pubblicare i risultati correlati alla chimica, i ricercatori iniziarono una serie di test standard sugli animali. Il composto mostrò forti effetti sedativi, anticonvulsiovanti e miorilassanti. Questi impressionanti risultati clinici portarono, nel 1960, ad una rapida commercializzazione in tutto il mondo con il marchio Librium. A seguito del clordiazepossido, il diazepam fu commercializzato dalla Hoffmann-La Roche con il marchio Valium nel 1963, e per un po' i due furono i farmaci con maggior successo commerciale. L'introduzione delle benzodiazepine ha portato ad una diminuzione della prescrizione di barbiturici e nel 1970 avevano in gran parte sostituito i vecchi farmaci per gli usi sedativi e ipnotici.
Il nuovo gruppo di farmaci fu inizialmente accolto con ottimismo dai professionisti sanitari ma a poco a poco sorsero alcune preoccupazioni; in particolare, il rischio di dipendenza divenne evidente nel 1980. Le benzodiazepine hanno una storia unica, a loro si deve la più grande class action mai tentata contro i produttori farmaceutici nel Regno Unito, che coinvolse 14.000 pazienti e 1.800 studi legali e che sosteneva che le case farmaceutiche sapessero della potenziale dipendenza, ma volutamente non divulgarono queste informazioni dai medici. Allo stesso tempo, 117 medici di medicina generale e 50 autorità sanitarie furono citate in giudizio dai pazienti per i danni dovuti ali effetti nocivi della dipendenza e dalla sospensione. Questo ha portato alcuni medici a richiedere un modulo di consenso firmato dai loro pazienti e di raccomandare che tutti i pazienti siano adeguatamente avvertiti dei rischi di dipendenza e sospensione prima di iniziare il trattamento con le benzodiazepine. Il processo non raggiunse mai un verdetto; il patrocinio gratuito fu ritirato e vi erano accuse che i consulenti psichiatrici e i periti potessero avere un conflitto di interessi. Questo contenzioso ha portato a cambiamenti nella legislazione britannica, rendendo le azioni legali collettive più difficili.
Anche se sono stati introdotti antidepressivi con proprietà ansiolitiche e vi è una crescente consapevolezza degli effetti negativi delle benzodiazepine, le prescrizioni per il sollievo dall'ansia a breve termine non sono diminuite di molto. Per il trattamento dell'insonnia, le benzodiazepine sono ora meno popolari delle nonbenzodiazepine, che comprendono lo zolpidem, lo zaleplon e l'eszopiclone. Le nonbenzodiazepine sono molecolarmente distinte, ma ciò nonostante, lavorano sugli stessi recettori delle benzodiazepine e producono effetti sedativi simili.
Le benzodiazepine sono una classe di psicofarmaci la cui struttura chimica è composta dalla fusione di un anello benzenico e un anello diazepinico.
L’abuso di benzodiazepine è frequente fra i giovani che assumono la sostanza insieme ad altre droghe. Coloro che assumono cocaina o eroina assumono benzodiazepine ed altri depressivi per aumentare l’effetto acuto di tali sostanze. I soggetti dipendenti da alcool e oppioidi sono a più alto rischio di abuso e dipendenza da benzodiazepine. Spesso i pazienti in cura disintossicante per l’alcool o che seguono una terapia di metadone incominciano ad abusare di benzodiazepine.
In generale le benzodiazepine agiscono come ipnotici a dosi elevate, come ansiolitici in dosi moderate e come sedativi a basse dosi. L’assunzione di benzodiazepine in dosi elevate determina sedazione massiccia e può compromettere la lucidità mentale e la coordinazione motoria.
Le benzodiazepine hanno un effetto inibitorio generalizzato nel sistema nervoso centrale (SNC) attraverso l’aumento di acido gamma amino butirrico (GABA). A differenza dei barbiturici che determinano un aumento di GABA attraverso un effetto aspecifico sugli ioni Cloro (Cl-) della membrana sinaptica, le benzodiazepine si legano ad uno specifico recettore. La presenza di un recettore specifico per le benzodiazepine nel SNC indica la presenza di un neurotrasmettitore endogeno che si lega a tali siti, del quale la sostanza imita l’attività. Tale neurotrasmettitore endogeno deve ancora essere isolato.
Il recettore per le benzodiazepine è associato al recettore GABA-A. Il recettore GABA-A è un complesso proteico etero-oligomerico composto da recettori per il GABA e per le benzodiazepine, associato ad un canale del Cloro. La stimolazione del recettore per le benzodiazepine aumenta la frequenza di apertura dei canali ionici del cloro in risposta al legame fra il GABA ed il recettore GABA-A. Inoltre le benzodiazepine aumentano la quantità dei legami fra il GABA ed il suo recettore, mentre la presenza di GABA aumenta il legame delle benzodiazepine con il loro recettore. L’effetto globale della presenza delle benzodiazepine nel sistema nervoso centrale è un incremento dell’effetto dell’attività del GABA sul recettore GABA-A e l’aumento dell’attività GABA-ergica. Tale azione determina effetti comportamentali come sedazione ed effetti ansionlitici conseguenti all’assunzione di tali sostanze.
Le benzodiazepine, così come l’alcool e gli oppiacei, interagiscono con il sistema noradrenergico abbassando l’attività del Locus Coeruleus, un nucleo localizzato nella parte caudale del ponte che contiene circa il 50% dei neuroni noradrenergici del SNC. Il locus Coeruleus contiene i recettori per le benzodiazepine, attraverso i quali la sostanza determina una riduzione del turnover noradrenergico.
L’attività ansiolitica della sostanza potrebbe essere legata anche alla sua azione farmacologica sul recettore per la serotonina 5-HT3 a livello dei nuclei del Rafe, una struttura mesencefalica prevalentemente serotoninergica che proietta al Locus Coeruleus esercitando un’azione inibitoria sul sistema noradrenergico.
In studi condotti su animali con il paradigma dell’autosomministrazione, si nota che il livello di autosomministrazione della sostanza è inferiore a quello dell’autosomministrazione di barbiturici. Ciò significa che esiste un effetto di rinforzo positivo della sostanza che rende più probabile la successiva ricerca della sostanza dopo la somministrazione, ma tale effetto di rinforzo è inferiore a quello per i barbiturici. La somministrazione delle benzodiazepine per via orale non determina autosomministrazione negli animali. Studi su umani mostrano che le benzodiazepine determinano un comportamento di preferenza modesto ed i soggetti preferiscono i barbiturici alle benzodiazepine. Siccome le benzodiazepine interagiscono con il sistema GABA-ergico, è possibile che le sue proprietà di rinforzo siano dovute ad un meccanismo simile a quello per l’alcool, che coinvolge principalmente il sistema dopaminergico. In altre parole, così come per l’alcool, l’aumento dell’attività dei neuroni dopaminergici potrebbe essere una conseguenza dell’aumento dell’inibizione GABA-ergica su altri sistemi inibitori che determinano una diminuzione dell’attività dopaminbergica dei neuroni dell’area tegmentale ventrale nel tronco dell’encefalo. La diminuzione dell’inibizione GABA-ergica sui sistemi che inibiscono la produzione di dopamina ha come conseguenza un aumento dell’attività dopaminergica stessa, con conseguente effetto di rinforzo. Inoltre le proprietà ansiolitiche della sostanza probabilmente contribuiscono all’instaurarsi di un meccanismo di rinforzo psicologico.
L’overdose da benzodiazepine di solito non provoca la morte se il farmaco è assunto singolarmente, senza assumere altre sostanze contemporaneamente. L’esito può essere fatale, invece, se l’overdose da benzodiazepine avviene quando esse sono assunte in combinazione con alcool ed altre droghe che deprimono l’attività del SNC.
Dopo una terapia con le benzodiazepine prolungata nel tempo si possono verificare una serie di effetti tossici a carico del SNC, che determinano, a livello comportamentale, un certo numero di sintomi tipici che includono emicrania, irritabilità, confusione, deficit di memoria, depressione, insonnia e tremore.
L’assunzione prolungata di benzodiazepine determina tolleranza ai loro effetti terapeutici e ad altri effetti comportamentali. Ciò significa che, a parità di dose assunta, tali effetti diminuiscono di intensità in funzione del tempo di assunzione. Tale effetto può essere determinato dalla riduzione dell’attività GABA-ergica come risultato della desensibilizzazione del recettore per le benzodiazepine dovuto ad una prolungata esposizione alla sostanza. La tollleranza al farmaco, comunque, è blanda ed a dosi terapeutiche molti pazienti non necessitano di aumentare la dose del farmaco assunta per mantenere gli stessi effetti ansiolitici.
La cessazione improvvisa dell’assunzione prolungata di benzodiazepine può portare ad una serie di disturbi a carico del sonno, problemi gasrointestinali, sensazione di malessere, perdita di appetito, ansia, disturbi percettivi come alterazione della soglia sensoriale per le luci, i suoni e gli odori. In rari casi, dopo assunzione prolungata di alte dosi, si verificano psicosi e convulsioni. La gravità dei sintomi conseguenti all’astinenza è, di solito, più marcata per le benzodiazepine che sono eliminate dal corpo più velocemente, come il triazolam e l’alprazolam, che per quelle eliminate più lentamente, come il diazepam. La dipendenza dal farmaco è rara in quei pazienti che la utilizzano per diverso tempo al fine di curare alcune patologie croniche, come panico, fobie sociali o agorafobia. In soggetti che abusano di più droghe o in cura con terapia di metadone contro l’abuso di eroina, si instaura una forma di dipendenza psicologica alle benzodiazepine, dovuta principalmente agli effetti ansiolitici della sostanza.
Anche a dosi terapeutiche l’assunzione prolungata della sostanza può dare origine ad una forma di dipendenza fisica. Così come per l’alcool e per i barbiturici subentra una sindrome d’astinenza dopo cessazione dell’assunzione cronica, dovuta principalmente ad un decremento dell’attività GABA-ergica e caratterizzata da un aumento dell’ansia ed insonnia. In generale durante l’astinenza si verificano gli stessi sintomi che hanno richiesto il trattamento con la sostanza. In conseguenza di una massiccia dipendenza, durante la sindrome d’astinenza possono comparire tremori, insonnia in forma più grave e deliri. Durante l’astinenza da benzodiazepine, come in quella da oppiati o alcool, l’ansia cresce parallelamente all’aumento di attività del Locus Coeruleus. Ciò è dovuto principalmente alla desensibilizzazione dei recettori per le benzodiazepine che determina un aumento dell’attività noradrenergica. Dato che è dimostrato che un aumento dell’attività del Locus Coeruleus conseguente a stimolazione chimica o elettrica negli animali determina un aumento dell’ansia e dell’arousal, è possibile che le conseguenze comportamentali della sindrome d’astinenza dalle benzodiazepine siano determinati da un aumento dell’attività noradrenergica nel Locus Coeruleus conseguente a desensibilizzazione del recettore per le benzodiazepine.
Le benzodiazepine possono essere molto utili in terapia intensiva per sedare i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica o per quelli in condizioni di estrema difficoltà. In questa occasione deve essere osservata una particolare attenzione in quanto possono verificarsi occasionali depressioni respiratorie e si raccomanda che siano facilmente disponibili trattamenti per l'overdose da benzodiazepine.
Le benzodiazepine sono efficaci se somministrate un paio di ore prima di un intervento chirurgico per alleviare l'ansia. Esse producono anche amnesia, che può essere utile per far dimenticare la procedura. Esse sono utilizzati anche nei pazienti con odontofobia, nonché in alcune procedure oftalmiche come la chirurgia refrattiva; anche se tale uso è controverso ed è consigliato solo per coloro che sono molto in ansia. Il midazolam è il più comunemente utilizzato per questo uso per via delle sue forti azioni sedative e il veloce tempo di recupero, così come la sua solubilità in acqua, il che riduce il dolore a seguito dell'iniezione. Anche il diazepam e il lorazepam sono a volte utilizzati. Il lorazepam ha proprietà particolarmente spiccate di amnesia.
Le benzodiazepine sono ben note per le loro forti proprietà miorilassanti e possono essere utili nel trattamento degli spasmi muscolari, sebbene per questo scopo si sviluppa ben presto una certa tolleranza. Il baclofene o la tizanidina sono talvolta utilizzati come alternativa alle benzodiazepine. La tizanidina si è dimostrata avere una tollerabilità superiore rispetto al diazepam e al baclofene.
Le benzodiazepine sono anche usate per trattare gli attacchi di panico causati da intossicazione da allucinogeno. Le benzodiazepine vengono usate per calmare l'individuo in uno stato di agitazione acuta e possono, se necessario, essere somministrate tramite una iniezione intramuscolare. Talvolta, possone essere efficaci nel trattamento a breve termine delle emergenze psichiatriche, come la psicosi acuta nei pazienti con schizofrenia o mania, comportando una rapida tranquillizzazione e sedazione fino a quando gli effetti del litio o dei neurolettici (antipsicotici) abbiano effetto. Il lorazepam è più comunemente usato, ma il clonazepam è talvolta prescritto per la psicosi acuta o la mania; il loro uso a lungo termine non è raccomandato a causa del rischio di sviluppare dipendenza.
Il clonazepam, una benzodiazepina, è usato per trattare molte forme di parasonnie. Essa trova impiegno anche come trattamento di terza linea per la sindrome delle gambe senza riposo essendo ancora in fase di sperimentazione.
Le benzodiazepine sono a volte utilizzate nei casi di disturbo ossessivo-compulsivo, anche se generalmente si ritiene che siano inefficaci per questa indicazione anche se un piccolo studio ha rivelato qualche vantaggio. Possono comunque essere considerate come opzione nei casi di resistenza al trattamento tradizionale.
Gli antipsicotici sono generalmente un trattamento di prima linea per le forme di delirio; tuttavia, quando esso è causata da alcool o dalla sospensione di sedativi ipnotici, le benzodiazepine diventano un trattamento di prima linea.
Vi è qualche evidenza che basse dosi di benzodiazepine riducono gli effetti avversi della terapia elettroconvulsivante.
Reazioni paradosse, quali l'aumento delle convulsioni negli epilettici, l'aggressività, la violenza, l'impulsività, l'irritabilità e comportamenti suicidari, a volte si verificano. Questo tipo di reazioni sono rare nella popolazione generale, con un tasso di incidenza al di sotto dell'1% e simile al placebo. Tuttavia, si verificano con maggiore frequenza nei consumatori ricreativo, negli individui con disturbo borderline di personalità, nei bambini e nei pazienti che fanno uso di alti dosaggi. In questi gruppi, i problemi del controllo degli impulsi sono forse il fattore di rischio più importante per la disinibizione; la difficoltà di apprendimento e disturbi neurologici sono anch'essi rischi significativi. La maggior parte delle segnalazioni di comportamenti disinibiti comportano dosi elevate di benzodiazepine ad alto potenziale. Gli effetti paradossi possono essere riscontrati anche dopo un uso cronico di benzodiazepine.
L'esposizione alle benzodiazepine durante la gravidanza è stato associato a un leggero aumento (tra lo 0,06% e lo 0,07%) di rischio di palatoschisi nei neonati, una conclusione tuttavia controversa in quanto alcuni studi non hanno trovaro alcuna correlazione. Il loro uso da parte delle donne incinte poco prima del parto può causare nel nascituro ipotonia, ipotermia, letargia e difficoltà nella respirazione e nell'alimentazione. I casi di sindrome da astinenza neonatale sono stati descritti nei neonati cronicamente esposti in utero alle benzodiazepine. Questa sindrome può essere difficile da riconoscere, iniziando diversi giorni dopo il parto. I sintomi includono tremore, ipertonia, iperreflessia, iperattività, vomito e può durare fino a tre o sei mesi.
Negli anziani, i vantaggi delle benzodiazepine sono inferiori mentre i rischi maggiori. Gli anziani sono a rischio di una aumentata dipendenza e sono più sensibili agli effetti negativi, quali problemi di memoria, sedazione diurna, compromissione della coordinazione motoria e aumento del rischio di incidenti automobilistici, cadute, e un aumento del rischio di fratture dell'anca. Le conseguenze a lungo termine degli effetti delle benzodiazepine e della dipendenza negli anziani possono assomigliare a demenza, depressione o sindromi ansiose; nel tempo si registra un progressivo peggioramento. Gli effetti negativi sulla capacità cognitiva possono essere scambiati per gli effetti della vecchiaia. I vantaggi derivanti dalla sospensione includono il miglioramento della cognizione, della vigilanza, della mobilità, rischio ridotto di incontinenza e minor probabilità di incorrere in cadute e fratture. Negli anziani, le benzodiazepine devono essere prescritte con cautela e solo per un breve periodo a basse dosi. Quelle ad azione breve o intermedia sono preferibili, come l'oxazepam e il temazepam. Le benzodiazepine ad alto potenziale, come alprazolam e triazolam, e euelle a lunga attività non sono raccomandate negli anziani a causa di un aumento degli effetti avversi. Le nonbenzodiazepine, quali zaleplon e zolpidem e basse dosi di antidepressivi sedativi, sono talvolta usati come alternative alle benzodiazepine.
L'uso a lungo termine delle benzodiazepine è stato associato ad un aumentato del rischio di deterioramento cognitivo, ma la sua correlazione con la demenza non è stata dimostrate.
Le benzodiazepine sono talvolta prescritte per trattare i sintomi comportamentali della demenza. Tuttavia, come gli antidepressivi, hanno poche prove di efficacia, anche se gli antipsicotici hanno mostrato qualche beneficio. Gli effetti cognitivi delle benzodiazepine che si verificano frequentemente negli anziani possono anche peggiorare uno stato già presente di demenza senile.
Nel complesso, dai dati raccolti risulta che il temazepam sia la benzodiazepina più pericolosa per l'assuefazione psicologica (dipendenza). L'abuso temazepam ha raggiunto proporzioni epidemiche in alcune parti del mondo, in particolare in Europa e in Australia e in molti paesi del sudest asiatico. Ciò ha portato le autorità di diversi paesi a inserire il temazepam in uno status giuridico più restrittivo. Alcuni paesi, come la Svezia, lo hanno vietato a titolo definitivo. Il temazepam possiede anche alcune proprietà farmacocinetiche di assorbimento, distribuzione, eliminazione e clearance che lo rendono più suscettibile all'abuso rispetto a molte altre benzodiazepine.
Le benzodiazepine sono utilizzati nella pratica veterinaria nel trattamento di vari disturbi e condizioni. Come negli esseri umani, sono utilizzati nel trattamento di prima linea di convulsioni, stato epilettico, tetano e come terapia di mantenimento dell'epilessia (in particolare, nei gatti). Esse sono ampiamente utilizzati in piccoli e grandi animali (compresi i cavalli, suini, bovini e animali esotici e selvatici) per i loro effetti ansiolitici e sedativi, come pre-medicazione prima dell'intervento chirurgico, per l'induzione dell'anestesia e in aggiunta ad essa.
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