Il vaso sanitario o water è un apparecchio sanitario costituito da un vaso, generalmente in ceramica (ma ve ne sono anche versioni in acciaio, in vetro e in resina), destinato allo smaltimento degli escreti di funzioni fisiologiche come la minzione e la defecazione.
I Romani davano molta importanza alle "necessità fisiologiche". Sono famosi gli enormi acquedotti e il sistema fognario (cloaca maxima) che si sviluppavano nel sottosuolo di Roma. Fontane, piscine, terme e latrine con acqua corrente erano d’uso comune tra i romani. Ogni nobile aveva la propria latrina personale all’interno o all’esterno anche se fatta solo di un semplice foro senza seduta, ma con uno scolo collegato ad un piccolo pozzo nero nel terreno.
A quei tempi non esistevano indumenti intimi e bastava solo alzare la lunga veste, mentre nelle latrine pubbliche vi erano appositi contenitori di acqua con spugne legate ad aste, che servivano a pulirsi il deretano senza sporcarsi le mani. A livello igienico non era il massimo, ma per chi aveva una spugna tutta per se era meglio delle foglie, dell’erba, delle pannocchie, del terreno o delle pietre usate nei secoli dalle varie civiltà. A Roma, le latrine pubbliche erano grandi stanze rettangolari o semi-circolari con intorno dei sedili di marmo lungo le pareti, con sopra dei fori e sotto dei canali di scolo per l’acqua.
Nonostante l’ambiente era in comune e le "sedute" una vicino l’altra, per i romani era un fatto normale stare insieme a "defecare", così come fare bagni o massaggi tutti insieme alle terme (sotto gli auspici della dea Igea, da cui, poi, la parola igiene). La latrina spesso diventava un luogo di incontro, per chiacchierare, per fare affari o per rapidi incontri sessuali. I canali di scolo e le fogne, in genere, servivano solo per i luoghi pubblici mentre per gli alloggi, le case o le ville esistevano pozzi neri o in mancanza, si gettavano i rifiuti, fatti in contenitori appositi, in strada. Il popolo o la plebe era forse meno avvezza a frequenti lavaggi e si suppone che non sempre ci si recava alle latrine pubbliche almeno per urinare. Le cose andavano ancora peggio per gli schiavi ai quali spettava il compito di pulire le latrine e svuotare i pozzi neri.
Persino ai confini dell’impero, nelle fortificazioni intorno al Muro di Adriano nel nord dell’Inghilterra, sono state trovate enormi latrine con acqua corrente che permetteva di portar via i rifiuti, mentre ad ogni sosta degli eserciti in marcia, venivano preparate delle latrine volanti per le truppe.
Sotto l’imperatore Vespasiano (69-79 d.C.) fu messa una tassa sull’urina racccolta dai privati. Infatti, l’urina serviva ai lavandai per ottenere e vendere ammoniaca con la quale si trattavano i panni di lana mentre con l’aceto si preparavano soluzioni antincendio. Per questo motivo, i lavandai avevano posto fuori le loro botteghe dei recipienti in cui ogni passante poteva liberamente orinare se ne sentivano l’esigenza; ecco perché, secoli dopo, gli orinatoi pubblici posti nelle città furono chiamati "vespasiani". Ma i primi esempi di fognature risalgono perfino al 3000 a.C. e sono state trovate nella valle dell’Indo (Mohenjo-Daro), tra l’attuale India e Pakistan, mentre la prima vera testimonianza storica di un gabinetto con pulitura ad acqua risale addirittura al tempo del re Minosse nell’isola di Creta, intorno al 1700-2000 avanti Cristo. Era fatto di ceramica e legno, con un canale sotterraneo che portava la feccia al fiume.
Nel medioevo, il vaso da notte che aveva già fatto la sua comparsa in epoca romana, era ancora usato e senza vergogna si facevano i propri bisogni anche davanti agli altri. Almeno fino agli inizi del Medioevo, il senso dell’igiene personale era molto vivo e l’usanza di fare il bagno era molto diffusa. Esistevano bagni pubblici e sale termali che permettevano agli uomini di incontrarsi e rilassarsi in ambienti piacevoli. La moda del bagno e la costruzione di latrine, segno dell’eredità culturale romana, all’epoca erano diffuse più o meno in tutta Europa.
Stranamente, negli anni successivi non solo non ci furono migliorie, ma la situazione igienica peggiorò perfino!
Gli "illuminati" del momento e la Chiesa ne ebbero le maggiori colpe.
Per questo, il Medioevo in generale, è considerato un secolo buio in cui le condizioni igieniche vanno decadendo portando alla diffusione di molte malattie, tra cui alcune gravi come il tifo e l’epidemia di peste del 14° secolo. L’uso del "vaso" (di rame o terracotta) prende il sopravvento, mentre le latrine pubbliche vanno pian piano scomparendo. Quella che per le civiltà precedenti era un importante elemento di pulizia e igiene, ovvero l’acqua, diventa in questo secolo un nemico pericoloso.
La poca stima per le latrine pubbliche e in assenza di sistemi fognari o di piccoli pozzi neri, il modo più sbrigativo per eliminare i “rifiuti corporali” fu lo sbarazzarsene “set et simpliciter” buttandoli fuori di casa. E, difatti, almeno nelle città, le strade e i vicoli divennero ricettacolo di merda e urina. Ogni mattina non c’era casa dalla quale dalla porta o dalla finestra non si svuotavano i “vasi da notte” al grido: <Attenti sotto!>.
Di mattina, anche se non pioveva, non era insolito vedere persone camminare con l’ombrello aperto. D’estate specialmente, l’aria nelle strade non doveva essere molto gradevole e solo in campagna si utilizzavano i rifiuti come letame per il terreno. Era perfino d’uso alimentare gli animali da cortile con le feci. I centri attraversati dai fiumi, se da un lato potevano vantare strade più pulite e meno puzzolenti, per contro si ritrovavano un’acqua fluviale inquinata e infetta nella quale finiva di tutto. Per anni tale situazione portò ad un aumento delle malattie infettive specialmente nelle città grandi e popolate. Nei centri urbani d’Inghilterra un bambino su due moriva prima dei cinque anni: di tubercolosi, febbre tifoide, dissenteria, colera e altre forme infettive. Nel 1348 la prima ondata di peste nera che colpì l’Inghilterra nella contea del Dorset portò alla morte di un terzo della popolazione, mentre ratti e pulci prosperavano tra sporcizia e immondizia.
Verso la fine del Medioevo, non v’era quasi più casa o persona senza un vaso da notte. Si andava dalla semplice caraffa di metallo da tenere sotto il letto, alle apposite e più comode sedie di legno, col classico buco a forma di serratura (utile agli uomini per urinare mentre seduti) e con all’interno un contenitore rimovibile. Nelle case di nobili e regnanti il lusso portava perfino ad artistici troni-gabinetto seduti su quali si poteva anche ricevere visite. E’ scritto che Luigi XIV (1638-1715) annunciò il proprio matrimonio, mentre era seduto sulla sua sontuosa poltrona “comoda” nella sala reale. E si dice che il duca di Beaufort, monsieur de Vendome (1616-1669), si pulì perfino il culo mentre il vescoso di Parma era al suo cospetto per delle trattative, e per questo se ne andò indignato. Nell’800 la Richard Ginori aveva in catalogo numerosi tipi di vasi, che facevano normalmente parte del corredo da sposa. Nei cortili o nei piccoli paesi si trovavano anguste cabine di legno con dentro una piccola panca forata al di sotto della quale si apriva un canale o una fossa. Nei castelli non era insolito trovare piccole latrine di pietra che sporgevano dalle mura, così i bisogni cadevano direttamente sul terreno sottostante.
In attesa del vater, il vaso da notte rimase indispensabile fino a pochi anni fa e il primo vero prototipo di quello che poi diventerà il futuro gabinetto o WC fu inventato nel 1596 dal figlioccio della regina Elisabetta I, un certo John Harrington. Fu posto nelle stanze della regina ed era formato da una seduta con un serbatoio di acqua sovrastante apribile tramite un rubinetto e da una botola a valvola che faceva poi defluire le acque di scolo in un pozzo nero sottostante. Sir Harington lo chiamò Ajax (dal nome greco di Aiace che in inglese suona simile a “a jakes” ovvero “una latrina”) e gli era costato soltanto 6 scellini e 8 penny. Ma lui, orgoglioso dell’invenzione, ne fece menzione in un suo libro e la regina indignata non ne volle più sapere niente e così l’invenzione non ebbe il successo che doveva. Per produzioni su vasta scala bisognerà aspettare ancora altri 200 anni circa.
Nel 1738, J.F. Brondel riprese l’invenzione di Harington proponendo delle modifiche. L’orologiaio inglese Alexander Cummings nel 1775 migliorò l’invenzione con l’aggiunta di un sifone a livello della valvola, che grazie alla continua presenza di acqua, eliminava definitivamente il problema degli odori, ottenendo un gran successo. Altre migliorie tecnologiche furono apportate da Joseph Preiser nel 1777 e altre ancora ne seguirono fino al 1883 quando in Francia fece la sua comparsa la “tazza” del water così come la conosciamo oggi. Nel frattempo in molti paesi si era diffuso il semplice buco detto “alla turca” sul quale ci si accovacciava, evitando così problemi di tipo igienico. Già dal 1739 a Parigi comparirono toilette separate per donne e uomini mentre sono del 1824 le prime toilet pubbliche.
Solo nel 1886 l’inglese Thomas Crapper inventò lo sciacquone sopra la tazza, ovvero un serbatoio di 10 litri che grazie a delle leve ed a un tirante con catenella di ferro, scaricava e puliva il gabinetto.
Per motivi di sicurezza, nelle carceri furono vietati tali sciacquoni.
Ma quello che segnò il successo del gabinetto fu la creazione di un grande sistema fognario sotterraneo che, partendo dalle grandi città, interessò pian piano ogni centro abitato. Alcune fogne, come quelle di Londra, divennero note perché così grandi da servire anche come via di fuga e di rifugio per ladri, prostitute e biscazzieri.
Il water è costituito da un vaso di colletta, tipicamente dotato di sedile (spesso ribaltabile), collegato ad una tubatura di scarico a mezzo di un sifone riempito d'acqua per evitare la diffusione di cattivi odori nell'ambiente.
Dopo ciascun utilizzo, la parte interna del vaso viene ripulita da un getto d'acqua, di solito proveniente da un piccolo serbatoio, usualmente denominato sciacquone; tale soluzione ha soppiantato progressivamente l'impiego di acqua corrente, in quanto permette di impiegare una quantità adeguata e non eccessiva di acqua ad ogni risciacquo, limitandone lo spreco. Taluni accorgimenti (altezza e conseguente incremento della caduta, direzionamento dei getti) ottimizzano la funzionalità del getto, gli escrementi vengono così spinti dal getto verso la tubatura di scarico fino a raggiungere la fossa biologica o le fogne e l'acqua contenuta nel sifone viene rinnovata.
I water si distinguono per il tipo di montaggio in:
vasi con piedistallo, fissati al pavimento, con altezza normalizzata.
vasi sospesi, fissati ad una parete e completamente staccati dal pavimento, con altezza in genere attorno ai 400 mm.
vasi a parete, altrimenti detti orinatoi.
vasi a pavimento, detti anche vasi alla turca
Le altezze indicate sono in genere comuni a quelle dei bidet montati accanto ai vasi. Dimensioni, caratteristiche e modalità di posa in opera sono oggetto di dettagliati standard edilizi in molti paesi, tendenti a favorire una fruizione ottimale del servizio al maggior numero possibile di utenti, contro le possibili differenziazioni biometriche. In Italia, ad esempio, i sanitari per bambini sino a 10 anni debbono avere un'altezza massima di 350 (±10) mm, quelli per disabili e persone affette da dolori articolari e dell'anca di 500 (±10) mm.
Il sistema di lavaggio del vaso assume la denominazione comune di sciacquone. Gli sciacquoni possono essere:
a cassetta:
bassa, esterna o incassata a muro, con adduzione dell'acqua a quota prefissata, con pulsanti di apertura meccanici, che sempre più spesso consentono di modulare la quantità d'acqua impiegata per ogni singolo lavaggio secondo necessità (in genere consumando circa 3 o 6 litri).
appoggiata direttamente alla parte posteriore del vaso, con comandi e funzionamento analoghi a quelli delle cassette basse.
alta o a mezza altezza, esterna, con pulsante di apertura idraulico, sempre meno utilizzate, soprattutto per l'elevato consumo d'acqua che determinano ad ogni lavaggio (circa 9 litri).
a "passo rapido":
un tubo dell'acqua corrente - incassato a muro o a vista - è collegato direttamente al vaso a mezzo di un rubinetto ad alta portata, generalmente dotato di una molla che ne causa la chiusura automatica dopo esser stato azionato (sistema a flussometro), garantendo così il lavaggio per mezzo di una predeterminata quantità d'acqua, spesso maggiore di quella impiegata con i sistemi a cassetta. Il passo rapido senza flussometro è stato abbandonato perché, essendo una semplice valvola a chiusura manuale, la disattenzione degli utilizzatori poteva portare a grandi sprechi d'acqua.
In entrambi i casi, il sistema a passo rapido richiede l'alimentazione idrica attraverso un impianto dimensionato per erogare la portata richiesta, generalmente superiore a quella fornita dai più comuni impianti domestici. Per questo motivo, il sistema è utilizzato quasi esclusivamente nei servizi igienici ad uso pubblico, specialmente quando l'elevata frequenza di utilizzo dei wc è incompatibile con i tempi di riempimento delle tradizionali cassette. Inoltre, l'allacciamento diretto dei dispositivi a passo rapido alla rete idrica è vietato in molti Comuni, dove il regolamento del servizio di Acquedotto richiede l'interposizione di serbatoio di accumulo dotato di valvola a galleggiante, la cui bocca di immissione deve essere libera e trovarsi al di sopra del livello massimo di riempimento, questo per evitare il rischio di "sifonamento". Le comuni cassette di scarico soddisfano già questo requisito, a condizione di avere la valvola a galleggiante con bocchello libero, cioè sprovvista del tubicino silenziatore, perché l'estremità di quest'ultimo verrebbe a trovarsi al di sotto del livello dell'acqua.
Alcuni condomini erano dotati di scarichi a passo rapido alimentati da serbatoi di accumulo posti sulla terrazza, attraverso colonne discendenti che alimentavano i dispositivi dei vari appartamenti. Questo sistema è stato abbandonato, in primis per le problematiche di ripartizione dei consumi relativi ai singoli appartamenti.
Il raccordo tra il sifone del vaso e il bocchettone di scarico (generalmente in PVC grigio) può essere disposto verticalmente o orizzontalmente ed è sempre orizzontale nei vasi sospesi. La conformazione del sifone e l'orientamento del raccordo determinano la tipologia di funzionamento dello scarico:
a cacciata, con raccordo normalmente verticale (scarico a pavimento);
ad aspirazione, con raccordo normalmente orizzontale (scarico a parete).
Nel 2004 è stato trovato il water su cui Martin Lutero scrisse le sue 95 tesi, un sedile di pietra di 30 cm in una spoglia nicchia nel muro della sua casa. Il monaco pare infatti soffrisse di costipazione cronica e quindi passasse molte delle sue ore più costruttive al gabinetto.
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