Nelle questioni religiose, il primo dovere della donna, come quello dell'uomo è di credere nell'Unicità di Dio, solo mezzo di salvezza nell'aldilà. Si sa che l'Islâm ha formalmente proibito l'uso della costrizione per ottenere la conversione; ricordiamo che la moglie non-musulmana di un musulmano ha pieno diritto di conservare la sua religione e di praticarla. All'interno della comunità islamica si mantiene una rigorosa disciplina per salvaguardare l'insieme della struttura della sua vita. I tradimenti sono puniti e certi esempi dell'epoca dei Califfi ortodossi ci mostrano che la punizione della donna è meno severa di quella dell'uomo.
Nella pratica religiosa, la preghiera deve essere osservata dalla donna come dall'uomo, ma con delle concessioni: durante il periodo mensile la donna adulta è dispensata dall'osservanza quotidiana delle preghiere canoniche e quanto alla preghiera pubblica del venerdì, è facoltativa e non obbligatoria. Il rigore del digiuno le viene alleggerito: durante la gravidanza, ecc., ella ha diritto di rimandare il digiuno del mese di Ramadan. Nel Hagg (pellegrinaggio alla Mecca) è pure dispensata da certi riti, se non li può compiere per ragioni inerenti al suo sesso. In breve, la religione è indulgente verso di lei. Per l'ultimo dei doveri principali, il pagamento dell'imposta zakat, ha la stessa parità dell'uomo, ma certe scuole giuridiche, degli Shafeiti, per esempio, le fanno delle concessioni: c'è una tassa suoi risparmi, ma i risparmi convertiti da un donna in gioie ed ornamenti per uso personale sono esentati dall'imposta zakat. Malgrado il fatto che l'Islâm insista sulla circolazione costante della ricchezza nazionale, in vista del suo accrescimento, e scoraggi la tesaurizzazione, assoggettandola ad una tassa, fa una concessione a favore della donna e dei suoi gusti propriamente femminili.
La morale regola i rapporti dell'uomo con i suoi simili, come la spiritualità regola i suoi rapporti con il Creatore. L'una e l'altra impongono dei doveri. Nel campo della moralità, l'Islâm ha avuto, come altrove, la preoccupazione di attaccare il male alle sue radici, e non solo le sue manifestazioni, certi suoi effetti: ha imposto, raccomandato o, incoraggiato delle pratiche, di cui ci si può stupire, a prima vista, se non se ne considerano i motivi profondi. Tutte le religioni diranno che la fornicazione e l'adulterio sono dei peccati, ma l'Islâm va oltre: prescrive i mezzi per diminuire le tentazioni.
È per questo che il Corano (XXIV, 30-31) esorta: "Dì ai credenti (oh Profeta) che abbassino i loro sguardi e conservino la loro castità, è per loro più puro, Dio è ben informato, veramente, di quello che fanno. E dì alle credenti che abbassino i loro sguardi, che conservino la loro castità, che non mostrino dai loro indumenti se non ciò che è lecito mostrare e che facciano scendere il velo sui loro petti". Una vita di reclusione non è raccomandata, il solo scopo del velo è di diminuire l'attrazione sugli sconosciuti e di proteggere pure la donna dalla malvagità degli uomini, come è detto altrove nel Corano (XXXIII, 59). In ogni epoca della storia islamica, compresa quella del Profeta, si videro donne musulmane occuparsi di tutti i settori loro convenienti; esse furono infermiere, istitutrici e anche soldati combattenti, al bisogno, a fianco dell'uomo; ci furono cantanti, parrucchiere, cuoche, ecc. Il califfo Omar impiegò una donna, la stessa che insegnò a Hafsa, sposa del Profeta, al leggere e a scrivere, come direttrice del mercato della capitale a Medina. I giuristi ammettono le donne come giudici di tribunale, e ci sono molteplici esempi.
Il Corano (XXX, 21) assegna a questa collaborazione il suo posto: "È dei Suoi segni l'aver creato da voi, per voi delle spose, affinché abitiate presso di loro, ed Egli pone tra di voi amore e misericordia". L'uomo e la donna si completano a vicenda (II, 187); è loro interesse aiutarsi quindi, reciprocamente. Il consiglio del Corano (IV, 19) ai mariti concernente il trattamento delle loro spose, fa ben riflettere: "... Comportatevi in maniera conveniente verso di loro, e se avete avversione per loro è come se aveste avversione per una cosa mediante cui Dio vi concede grande bene". Infatti, più si è saggi, più si fanno concessioni, soprattutto quando si è più forti.
Si cerca e si preferisce sposare la persona che si ama. Ma i motivi d'amore, soprattutto per i giovani, spesso sono fantasiosi ed effimeri: Mohammed ha fornito un consiglio molto saggio riguardo al matrimonio: "Non sposatevi solo per la bellezza, è possibile che questa diventi la causa di una degradazione morale, non sposatevi neppure per la ricchezza, forse la ricchezza sarà causa di insubordinazione, sposatevi, piuttosto, mirando alla pietà". (Ibn Magih, N° 1859). La religione islamica regge ogni campo della vita, quindi, va da sé che, colui che si attiene scrupolosamente ai suoi doveri, crea anche la pace nel focolare domestico. Un'altra volta Mohammed disse: "Il mondo è una cosa effimera, di cui l'umanità gode solo temporaneamente, e tra le cose del mondo, non vi è nulla di meglio di una donna che opera il bene". (Ibid, N° 1855). Tirmidhiy e Nasa'iy riportano un'altra espressione del Profeta: "Il migliore tra i credenti è colui che ha un buon carattere ed è dolce nei confronti della sposa".
Come abbiamo appena sottolineato, l'Islâm attribuisce un'importanza particolare alla moralità e la promiscuità sarà quindi repressa con ogni mezzo. Secondo il Corano (IV, 34), se uno teme l'infedeltà della moglie, deve immediatamente ammonirla, allo scopo di esercitare su di lei una pressione, facendola dormire a parte; come ultimo mezzo, può arrivare a punirla, ma non troppo duramente. Se non ottiene alcun esito, il divorzio - "La più detestata delle cose permesse", come si è espresso in merito il Profeta - può risolvere il problema. Ma il problema della castità è reciproco. Più oltre, il Corano (IV, 128-130) precisa che se la donna teme che suo marito sia infedele, o che sia indifferente nei suoi confronti, tenterà di arrangiare le cose e, come ultimo mezzo, ella ha il diritto di reclamare la separazione giudiziaria.
Un buona intesa implica identità di vedute: questa identità di vedute si realizza, a volte, spontaneamente, quando i due sposi arrivano alla stessa conclusione, ma, altre volte, uno dei due deve fare delle concessioni, una rinuncia alla sua opinione. Esiste però un limite alle concessioni; non stupiamoci se il Corano (XXIX, 8) ed un Hadith del Profeta Mohammed dice: "Nessuna obbedienza ad una creatura nella disobbedienza del creatore!". Si può fare concessione ad ogni sorta di cose, per amore o per semplice espediente, concesso che ciò non leda un dovere islamico formale; soprattutto le ingiunzioni religiose non devono essere violate.
Una cosa aveva particolarmente a cuore il Profeta, e se ne è spesso parlato: che gli uomini evitino atteggiamenti effeminati e che le donne non si comportino da maschi, nella pettinatura, nell'abbigliamento, nel modo di parlare e via di seguito. Bisogna svilupparsi in base alla propria natura e non in senso contrario: la maledizione divina colpisce chiunque violi questa direttiva.
La vita coniugale predicata dall’Islâm è improntata alla serenità, alla tenerezza e al mutuo affetto, poiché più la famiglia è solida, più la comunità è unita e forte.
Infatti, la famiglia è il supporto essenziale su cui si può costruire una società forte ed equilibrata. È da questa prospettiva che si può considerare l’interesse accordato dall’Islâm alla famiglia e il ruolo rilevante che essa occupa nella società islamica.
Per citare l’esempio del matrimonio, che ha la funzione di fondamenta, sulle quali viene costruita una famiglia, esso ha uno scopo molto nobile ed elevato dal punto di vista islamico. Permette agli sposi di trovare la tranquillità, l’affetto e la bontà, di perpetuare la vita, e di preservarsi dalle tentazioni sessuali illecite.
Allah l’Altissimo dice:
Fa parte dei Suoi segni l’aver creato da voi, per voi, delle spose, affinché riposiate presso di loro, e ha stabilito tra voi amore e misericordia. Ecco davvero dei segni per coloro che riflettono (Corano XXX.Ar-Rûm, 21)
Egli è Colui che vi ha creati da un solo individuo, e che da esso ha tratto la sua sposa affinché riposasse presso di lei… (Corano VII. Al-A’râf, 189)
Ibn Kathîr (rahimahullah) scrive, a questo proposito: “Significa che fa nascere tra loro un’initmità e una compagnia, poiché non vi è intimità maggiore, tra due anime, di quella esistente tra due sposi” (Tafsîr Ibn Kathîr, vol. 6, pag. 274).
In un altro versetto, il Corano ci dona una bella descrizione di questa intimità, nel suo senso umano più nobile:
…esse sono una veste per voi, e voi siete una veste per loro… (Corano II. Al-Baqara, 187)
Questo versetto descrive gli sposi come un vestito, l’una per l’altro. Ora, il vestito, come tutti sanno, è il tessuto che l’essere umano indossa per pudore e per proteggersi.
Il vestito, così, è l’elemento più vicino alla pelle dell’essere umano. È per questo che il Corano simbolizza la relazione tra i due sposi tramite l’esempio del vestito; poiché tale relazione, secondo il Corano, deve avere lo stesso significato e lo stesso ruolo che ha il vestito sul corpo.
Significa che i due sposi devono essere legati nel cuore e nell’anima; che ciascuno dei due deve essere per l’altro un abito che lo protegga dai rischi che potrebbero nuocere al loro onore e alla loro intimità. Tuttavia, perché questa armonia nella coppia possa realizzarsi, Allah ha imposto dei doveri ad ognuno dei due coniugi, accordando loro, in cambio, dei diritti.
I diritti devono andare di pari passo coi doveri, perché i due possano vivere in armonia.
A / Il dovere di obbedire al marito in ciò che è lecito
Allah l’Altissimo dice:
…Le donne virtuose sono obbedienti (ai loro mariti) e proteggono ciò che deve essere protetto, in assenza del loro sposo, con la protezione di Allah… (Corano IV. An-Nisâ’, 34)
Sayyid Qutb (rahimahullah) scrive, a proposito di questo versetto: “L’obbedienza cui è fatta allusione qui è quella che deriva dalla volontà, dal buon volere e dall’amore, e non quella che è dettata dalla forza o dalla costrizione. Per questo il Corano ha detto “obbedienti” (qanitât) e non “sottomesse” (ta’i’ât), poiché questo è il termine relativo alla tranquillità, alla tenerezza, alla protezione e all’amore che uniscono le due metà di una sola anima. Inoltre, è nella natura della credente virtuosa di essere fedele al legame sacro che la unisce a suo marito, in assenza di costui come in sua presenza” (“All’Ombra del Corano”, vol. 2, p. 652).
In un hadîth riportato da Nisâ’î, riferito da Abû Hurayra (radiAllahu ‘anhu), il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse, a qualcuno che lo interrogava riguardo la migliore delle mogli: “La migliore delle spose è quella che rallegra il suo sposo quando questi la guarda, gli obbedisce quando questi le chiede qualcosa, e non fa della sua persona o dei suoi beni delle cose che egli aborrisce” (Sunan Nisâ’î, vol. 6, pag. 68).
Il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) disse: “Non è dovuta obbedienza per le cose che suscitano la collera di Allah. L’obbedienza non è valida che per le cose lecite” (Sharh Sahîh Muslim – Nawawi, vol. 12 pag. 227).
L’Imâm Ibn Hajar Al-Asqalani (rahimahullah) scrive: “L’obbedienza della moglie nei confronti del marito non deve oltrepassare i limiti di ciò che è lecito; se costui la invitasse a fare ciò che è illecito, ella non deve obbedirgli” (Fath al-Bari, vol. 9 pag. 304).
Tra i suoi doveri, deve anche preservare i beni di lui e averne la miglior cura possibile. Secondo Ibn ‘Umar (radiAllahu ‘anhuma), il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “Ciascuno di voi è un pastore responsabile del suo gregge. Il capo della comunità musulmana (imam) è un pastore, e gli verrà chiesto conto del suo gregge; l’uomo è il pastore dei suoi ed è responsabile del suo gregge; la donna è un pastore nella sua casa ed è responsabile del suo gregge; lo schiavo è un pastore responsabile dei beni del suo padrone, ed è responsabile del suo gregge” (Fath al-Bari, vol. 9, pag. 299).
Alla luce di questo hadîth, la donna è responsabile dell’educazione dei suoi bambini, della gestione del suo focolare, in breve di tutto ciò che contiene la casa. Deve essere all’altezza delle sue responsabilità e rivolgervi tutta l’attenzione richiesta.
In quanto all’obbedienza della moglie nei confronti di suo marito, essa deriva dal favore della “qiwama” (l’autorità familiare) che Allah ha accordato all’uomo. Allah l’Altissimo dice:
Gli uomini hanno autorità (qawamûn) sulle donne, in ragione dei favori che Allah accorda loro su di esse, e perché spendono (per esse) i loro beni… (Corano IV. An-Nisa’, 34)
L’autorità significa qui il potere sulla famiglia, cioè l’uomo è il capofamiglia. Etimologicamente il verbo qama (dalla radice QiWaMa) significa occuparsi di qualcosa e prendersene cura. In altri termini, l’uomo deve prendersi cura di sua moglie e soddisfare tutti i suoi bisogni per quanto riguarda il cibo, l’abbigliamento e l’alloggio. È lui che deve prendersi carico dei bisogni della sua famiglia e assicurarle la protezione necessaria.
Occorre segnalare, tuttavia, che la funzione di capofamiglia attribuita all’uomo non vuol dire affatto dittatura o costrizione imposte da costui. Assolutamente al contrario: essa deve essere basata sulla concertazione e l’uguaglianza.
Sayyid Qutb (rahimahullah) scrisse a questo proposito: “Allah ha creato gli esseri umani, uomini e donne, affinché facciano prosperare, in comunione e armonia, la vita sulla terra. Ha affidato, a questo scopo, a ciascuno di essi, una funzione adatta alla sua natura. Alla donna, tra le altre funzioni, ha affidato quella di portare nel suo ventre i bambini, di metterli al mondo, di allattarli e di educarli per renderli uomini e donne responsabili. Si tratta di una funzione nel contempo immensa e decisiva, che necessita di capacità fisiologiche, psichiche e intellettuali considerevoli. È dunque giusto che l’uomo assicuri alla moglie tutto ciò di cui ha bisogno sul piano materiale e affettivo, affinché ella possa consacrarsi alla sua funzione primordiale” (“All’Ombra del Corano”, vol. 2, pag. 65).
La donna occidentale soffre oggi dell’assenza dell’uomo capace di compiere questa missione, assicurandole la protezione e la quiete.
Ora, la donna, in generale, non raggiunge la felicità e la serenità se non vivendo sotto la protezione di un uomo che eserciti coscientemente il suo ruolo di capofamiglia, affinché ella viva in pace e goda della protezione e della sollecitudine del suo sposo.
Purtroppo, molti musulmani e musulmane hanno mal assimilato il vero significato dell’autorità. Gli uomini abusano spesso di questo favore e lo snaturano.
1 – La condizione di uguaglianza
Quando Allah ha imposto dei doveri all’uomo e alla donna, ha accordato loro, in cambio, dei diritti, affinché ciascuno senta in se stesso l’equità e la giustizia e possa vivere nella felicità e nell’armonia. Allah ha riunito gli obblighi e i diritti dei due sposi nelle sue sublimi parole:
…Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, in base alle buone consuetudini… (Corano II. Baqara, 228)
L’Imam Al-Qurtubi (rahimahullah) spiega così questo versetto: “Significa che le donne hanno sugli uomini gli stessi diritti che costoro hanno su di esse. È in questa ottica che Ibn ‘Abbâs (radiAllahu ‘anhu) disse: “Mi faccio bello per mia moglie come lei si fa bella per me. Non voglio, tuttavia, reclamare tutti i diritti che ho su di lei, affinché ella non esiga i diritti che ha su di me, poiché Allah l’Altissimo dice:
…Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, in base alle buone consuetudini… (Corano II. Baqara, 228)”
(Tafsîr Al-Qurtubi, vol. 5 pag. 123).
In quest’ordine di idee, M. Darwaza scrive: “Il senso di questo versetto è che tutto ciò che l’uomo esige da sua moglie come obbedienza, fedeltà, lealtà, castità, buona compagnia, buon comportamento, tenerezza e rispetto, fiducia e generosità, benevolenza e gradimento, custodia degli interessi e disponibilità; e tutto ciò che egli non vuole vedere in lei, come tetraggine, veemenza, grossolanità, perversità, nocività, ristrettezza di spirito, cattivo comportamento, malvagità, orgoglio, arroganza, ecc… tutto ciò, (anche) la moglie ha il diritto di esigerlo dal suo sposo” (“La donna nel Corano e nella Sunnah”, pag. 30).
Questo per quanto riguarda il principio generale di uguaglianza. Poi viene la Parola dell’Altissimo:
…tuttavia gli uomini hanno una predominanza su di esse… (Corano II. Al-Baqara, 228).
Questo versetto potrebbe prestarsi ad un equivoco, dando l’impressione che vi sia una distinzione tra i diritti degli uomini e quelli delle donne, ma non è affatto così, perché in questo caso vi sarebbe una contraddizione con la parte precedente del versetto:
…Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, in base alle buone consuetudini… (Corano II. Baqara, 228)
Così, la sola spiegazione possibile – e Allah è il più Sapiente – è che il grado di predominanza accordato agli uomini riguardi l’autorità (qiwama).
2 – La condizione di concertazione
La vita tra i due sposi deve essere basata sulle fondamenta della shûrâ, ossia la concertazione, la consultazione. Non vi deve essere né costrizione, né oppressione, ma, come dice Allah l’Altissimo descrivendo i credenti:
Coloro che rispondono al loro Signore, assolvono all’orazione, si consultano vicendevolmente su quel che li concerne e sono generosi di ciò che Noi abbiamo concesso loro (Corano XLII. Ash-Shûrâ, 38)
Il Corano ci mostra che ogni accordo che impegni i due coniugi in qualsiasi dominio deve concludersi dopo una preventiva consultazione. Allah l’Altissimo dice:
…E se, dopo che si siano consultati, entrambi sono d’accordo per svezzarlo (il loro figlio), non ci sarà colpa alcuna… (Corano II. Al-Baqara, 233)
Questo versetto riguarda la situazione della donna divorziata e l’allattamento del bambino. Quindi, se tale è il diritto della moglie divorziata alla consultazione e al mutuo accordo, cosa dire della moglie che vive con suo marito e amministra gli affari domestici?
3 – La condizione del buon comportamento
Il Corano ha descritto le relazioni tra i due sposi come improntate alla convivialità e al buon senso, poiché il principio generale dell’Islâm è che tutte le relazioni e transazioni devono svolgersi in uno spirito nobile e conveniente. Questa raccomandazione torna spesso nel Corano.
Allah l’Altissimo dice:
…e accordatevi tra voi convenientemente… (Corano LXV. At-Talâq, 6)
Ibn Kathîr (rahimahullah) scrive a questo proposito: “Ciò significa: che i vostri affari siano regolati tra voi in modo conveniente, senza che vi siano torti o ingiustizie per nessuno di voi due” (Tafsîr Ibn Kathîr, vol. 4, pag. 373).
Allah l’Altissimo dice:
…comportatevi verso di loro convenientemente… (Corano IV. An-Nisâ’, 19)
Ibn Kathîr commenta così questo versetto: “Ciò significa: siate cortesi e gradevoli nei loro confronti tramite il vostro comportamento, così come vorreste che esse lo fossero verso di voi” (Tafsîr Ibn Kathîr, vol. 1, pag. 466).
Il conveniente (ma’rûf) è “tutto ciò che ha a che fare con la generosità, la sincerità e la buona intesa, con un parente oppure no. È un termine che si applica ad ogni azione che la religione e la ragione giudichino buona” (Dizionario della Lingua Araba – A. Reda, vol. 4, pag. 79).
Se la vita coniugale si basa su queste tre principi e se l’autorità è affidata all’uomo in virtù della ripartizione delle funzioni in seno alla famiglia, non vi è dubbio che questa conoscerà stabilità e gioia.
B / Il dovere di soddisfare i bisogni sessuali
Ciò significa che la moglie deve rispondere al marito quando questi la inviti nel suo letto, senza stanchezza né noia, poiché non le è permesso di rifiutare il corteggiamento del suo sposo, salvo in caso di forza maggiore o d’impedimento legale, secondo un hadîth riportato da Bukhârî (rahimahullah), riferito da Abû Hurayra (radiAllahu ‘anhu), in cui il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse:“Gli angeli maledicono fino al mattino la donna che trascorre la notte abbandonando il letto del suo sposo”.
Ibn Hajar Al-Asqalani scrive, a commento di questo hadîth: “Se il rifiuto della donna non è motivato da una valida ragione, esso non è accettabile. Ibn Abi Jamra dice che “il letto” indica le relazioni sessuali coniugali. Questo hadîth, dice, è un consiglio rivolto alla donna, affinché stia attenta a soddisfare il suo sposo” (Fath al-Bari, vol. 9, pag. 294).
In un altro hadîth, il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) disse: “Non è permesso ad una donna digiunare se suo marito sia presente, salvo che col suo permesso” (Bukhârî).
Ibn Hajar Asqalani spiega: “Le parole “salvo che col suo permesso” riguardano i giorni che non siano del mese di Ramadan (in cui il digiuno è obbligatorio)” (Fath al-Bari, vol. 9, pag. 395).
Tuttavia, la legislazione islamica non ha trascurato il diritto della donna a soddisfare anch’ella i suoi bisogni sessuali, in virtù del principio di uguaglianza. In un hadîth riferito da ‘Abdullah Ibn ‘Umar (radiAllahu ‘anhuma), quest’ultimo riportò che il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) gli disse: “ ‘Abdullah! Ho sentito dire che tu digiuni il giorno, e passi la notte in preghiera”. Egli rispose: “Sì, Messaggero di Allah”. Egli proseguì: “Non farlo più; ma digiuna e mangia; veglia la notte e dormi; poiché il tuo corpo ha un diritto su di te, i tuoi occhi hanno un diritto su di te, e tua moglie ha un diritto su di te”(Bukhârî).
Commentando questo hadîth, Ibn Hajar Asqalani scrive: “Ibn Battal ritiene che l’hadîth in questione sia una replica all’hadîth citato precedentemente, che invita le donne a non rifiutare le proposte dei loro mariti.
In questo hadîth, il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) ordina agli uomini di non affaticarsi negli atti d’adorazione, allo scopo di non ledere le loro spose nel loro diritto alla soddisfazione sessuale, e di poter sovvenire ai bisogni materiali della famiglia” (Fath al-Bari vol. 9, pag. 399).
Così, il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) vietò ad ‘Abdullah di sprecare le forze per poter accordare i suoi diritti a sua moglie. Ciò prova l’equità della legislazione islamica.
In un hadîth, il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “Ogni volta che compite l’atto coniugale, fate un’elemosina”. I Sahâba che erano con lui esclamarono: “E come mai ciascuno di noi, soddisfando i suoi appetiti sessuali, meriterebbe una retribuzione?”. Rispose allora: “Vediamo un po’; chi soddisfi i suoi appetiti in modo illecito non si carica forse di un peccato? Allo stesso modo, chi li soddisfi in modo lecito ottiene una retribuzione” (Muslim).
C / Il dovere di proteggere il focolare domestico
Fa parte dei doveri della moglie di tener conto dei sentimenti del marito, non aprendo la porta dell’abitazione a coloro che egli non ami vedere a casa sua.
Il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse, secondo un hadîth riferito da ‘Amr ibn Ahwas (radiAllahu ‘anhu): “Voi avete un diritto sulle vostre mogli, così come esse hanno un diritto su di voi. Il vostro diritto su di loro consiste nel fatto che esse non lascino che la gente che non amate calpesti il suolo della vostra casa, e che non l’invitino. In quanto al loro diritto su di voi, consiste nel fatto che siate buoni nei loro confronti, e che assicuriate loro il cibo e il vestiario” (Sunan Tirmidhî).
L’Imam Nawawi (rahimahullah) scrive a questo proposito: “Il senso di questo hadîth è che la donna non deve permettere a coloro che il suo sposo non gradisce di entrare in casa, sia che si tratti di un uomo o di una donna estranei, sia che si tratti di parenti della sposa. Il divieto riguarda tutti i casi. La moglie deve lasciare entrare solo coloro la cui visita sia sicura che non contrarierà il marito. In effetti, la regola stabilisce che nessuno possa entrare in casa d’altri senza il permesso del proprietario” (Sharh Sahîh Muslim).
D / Il dovere di avere un aspetto curato
Questo dovere è uno dei più importanti nella vita coniugale, al punto tale che il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “La migliore delle donne è quella che, quando la guardi, ti rallegra; quando le chiedi una cosa ti obbedisce e non fa nulla che possa indispettirti” (Sunan Nisâ’î).
Ciò che ci interessa, in questo hadîth, è la frase: “…quando la guardi, ti rallegra…”; ciò significa che il suo aspetto curato, il suo viso sereno e il suo sorriso quotidiano fanno gioire il suo sposo e fanno entrare la felicità nel suo cuore.
Queste qualità rallegrano il marito e rafforzano i legami che lo uniscono a sua moglie, poiché la natura umana ama, essenzialmente, ciò che è bello ed emana un buon profumo, così come detesta ciò che è brutto ed esala un cattivo odore.
Ora, l’essere umano, a causa degli sforzi e della fatica cui si deve confrontare tutti i giorni, è esposto al sudore e alla polvere che, accumulandosi, emanano un cattivo odore. Per questo motivo l’Islâm accorda una tale importanza alla pulizia. Lavarsi tutto il corpo (quotidianamente) è molto raccomandato nell’Islâm, oltre alle abluzioni rituali che ciascuno deve effettuare cinque volte al giorno.
La Sunnah del Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) racchiude molti ahadîth che trattano della pulizia e dell’ordine in tutte le questioni.
È così che il Messaggero di Allah (pace e benedizioni di Allah su di lui) non dimenticava di istruire le donne a questo proposito, e si spingeva fino ad aiutarle a mostrarsi in modo conveniente dinanzi al loro sposo. In quest’ottica, è riportato che, al ritorno dalle spedizioni militari, chiedeva ai suoi Compagni (che Allah sia soddisfatto di loro) di rimanere alla periferia della città, affinché le loro spose, informate del loro arrivo, si potessero preparare ad accoglierli.
In un hadîth, Jabir ibn ‘AbdAllah (radiAllahu ‘anhu) riferì: “Tornammo, in compagnia del Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) da una spedizione militare, finché, giunti dinanzi a Madinah, egli ci ordinò di fermarci fino al calar della notte, afinché quelle delle nostre spose che non erano pettinate potessero farlo, e quelle che volevano depilarsi potessero ugualmente farlo” (Sahîh Bukhârî).
Il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) vegliava anche affinché la donna fosse sempre pulita e ben curata. Le insegnava a lavarsi e a purificarsi dalle mestruazioni. Ad una donna che gli chiedeva come si dovesse purificare dalle mestruazioni, egli rispose (sallAllahu ‘alayhi waSallam): “Prendi un pezzo di stoffa intriso di muschio e purificati” (Sahîh Muslim).
Abu Dharr (radiALlahu ‘anhu) riferì che il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) gli disse: “Non sotovalutare le buone azioni, per quanto piccole possano essere, come il fatto di andare incontro a tuo fratello con un viso sereno” (Sahîh Muslim). Se è così nei confronti dei musulmani in generale, come dovrebbe essere, allora, nei confronti del coniuge?
E / Il dovere di governare bene la casa
La morale istituita dalla legislazione islamica esige dai due sposi che essi si aiutino vicendevolmente in tutto ciò che riguarda gli affari familiari. Se l’uomo si occupa di sovvenire ai bisogni della famiglia in quanto al cibo, all’abbigliamento, ecc…, la moglie deve partecipare con lui alla gestione domestica. Ciò è basato sugli usi e costumi, oltre che sul mutuo accordo dei coniugi.
La maggior parte degli ulamâ’ dicono, in effetti, che l’uomo non deve costringere la moglie a svolgere i lavori domestici. Allo stesso modo, dicono, non ha il diritto di licenziare i domestici che lavorano per lei, ma deve pagarli secondo i suoi mezzi.
L’Imâm Shafî’î e gli ulamâ’ di Kufa ritengono che il marito debba pagare uno stipendio a sua moglie e al suo domestico (Fath al-Bârî).
Negli ahadîth autentici relativi al lavoro domestico delle donne, viene detto, in sostanza, che la moglie deve compiere le sue mansioni domestiche di buon grado e senza alcuna costrizione, partecipando alla gestione familiare e aiutando suo marito se egli non possa offrirle un domestico per scarsità di mezzi.
In compenso, egli deve essere compassionevole nei suoi confronti e comprensivo per ciò che riguarda le faccende domestiche. Se è ricco, può offrirle l’aiuto di un domestico, ma se non può, deve accontentarsi di imitare il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) nel suo comportamento nei confronti delle sue spose, che egli aiutava nelle loro faccende, per rispetto e considerazione nei loro confronti.
In effetti, interrogata su ciò che facesse il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) in casa, ‘Aisha (radiAllahu ‘anha) rispose: “Divideva con sua moglie le faccende domestiche, e quando sentiva l’appello alla preghiera, usciva” (Fath al-Bârî).
F / Altri doveri
Quelli citati sopra sono i doveri della donna in quanto sposa.
Esistono altri doveri, che ella condivide con suo marito.
In particolare:
1) Il buon comportamento reciproco
Allah (che Egli sia Esaltato) dice:
O credenti, preservate voi stessi e le vostre famiglie da un fuoco il cui combustibile saranno uomini e pietre e sul quale vegliano angeli formidabili, severi, che non disobbediscono a ciò che Allah comanda loro e che eseguono quello che viene loro ordinato (Corano LXVII. At-Tahrîm, 6)
È dovere di ogni musulmano quello di cercare di proteggere la sua persona, la sua sposa e la sua famiglia dal fuoco eterno. Lo stesso vale per la donna. Ibn Kathîr scrive a questo proposito: “Ibn ‘Abbâs (radiAllahu ‘anhu) disse: “Obbedite ad Allah, evitate i peccati e raccomandate ai vostri parenti il ricordo di Allah; e sarete risparmiati dal fuoco”. Mujâhid disse, da parte sua: “Temete Allah e raccomandate il timore di Lui ai vostri parenti”. In quanto a Qatada, commentò: “Ordinate loro di temere Allah e di non disobbedirGli, e applicate nella vostra dimora le prescrizioni di Allah”. Dhahak e Muqatil ritengono,da parte loro, che il dovere del musulmano a casa sua sia quello di istruire i suoi parenti, la sua famiglia, e finanche i suoi schiavi sulle prescrizioni e interdizioni decretate da Allah” (Tafsîr Ibn Kathîr).
Gli ulamâ’ hanno così mostrato al musulmano come evitare il fuoco preservandone la propria famiglia e i propri parenti. Lo stesso vale per la donna, poiché se l’uomo è responsabile della sua famiglia, anche lei è responsabile della sua casa. Allah l’Altissimo dice:
I credenti e le credenti sono alleati gli uni degli altri. Ordinano le buone consuetudini e proibiscono ciò che è riprovevole (Corano IX. At-Tawba, 71)
È dunque normale che i coniugi si consiglino reciprocamente e si aiutino vicendevolmente nel bene. Un hadîth del Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) ci fornisce un bell’esempio di aiuto reciproco tra gli sposi e dello stimolo che l’uno deve essere nei confronti dell’altra. Il Messaggero di Allah (pace e benedizioni di Allah su di lui) disse: “Che Allah abbia misericordia di un uomo che, svegliandosi la notte per pregare, sveglia sua moglie con sé. Se costei non riesce a svegliarsi, egli le spruzza sul viso un po’ d’acqua. Che Allah abbia misericordia di una donna che, svegliandosi la notte per pregare, sveglia suo marito con sé. Se costui non riesce a svegliarsi, gli spruzza il viso con un po’ d’acqua” (Sunan Nisâ’i, Sharh Suyûti).
2) Preservare i segreti della vita coniugale
Lo sposo è tenuto a non rivelare nulla dei segreti di sua moglie, e viceversa. In un hadîth riportato da Al-Bukhârî, il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse:“Le più vili creature dinanzi ad Allah, il Giorno della Resurrezione, saranno degli uomini che avranno fatto delle confidenze alla loro moglie – e viceversa – per poi rivelare i loro segreti” (Sahîh Muslim).
L’Imâm an-Nawâwî commenta così questo hadîth: “È formalmente vietato all’uomo di rivelare ciò che vi è di intimo tra lui e sua moglie, che si tratti di parole o di atti”. La stessa cosa è valida evidentemente per la donna, poiché entrambi sono responsabili dinanzi ad Allah.
Questi sono i principali doveri che l’Islâm ha imposto alla donna, in quanto sposa. A questi doveri imposti alla moglie durante la vita del suo sposo, è bene citare in aggiunta un altro dovere che ella è tenuta ad applicare dopo la morte di costui.
3) Il lutto e il periodo di attesa
L’Islâm ha imposto alla donna che perda il suo sposo di portare il lutto per quattro mesi e dieci giorni; ciò significa che non deve uscire di casa, se non per necessità, che non deve fidanzarsi né risposarsi, né profumarsi o farsi bella, finché tale periodo sia trascorso; tutto ciò come segno di fedeltà alla vita coniugale trascorsa.
Allah l’Altissimo dice:
E per coloro di voi che muoiano lasciando delle spose, queste devono osservare un ritiro di quattro mesi e dieci giorni. Passato questo termine, non sarete responsabili del modo in cui disporranno di loro stesse, secondo la buona consuetudine. Allah è ben informato di quello che fate” (Corano II. Al-Baqara, 234).
Nel commento a questi versetti, Ibn Kathîr scrive: “Questo è un ordine di Allah rivolto alle donne che perdono il loro marito, affinché esse portino il lutto per quattro mesi e dieci giorni. Questo ordine riguarda sia la donna il cui matrimonio sia stato consumato, sia quella il cui matrimonio non fosse stato ancora consumato” (Tafsîr Ibn Kathîr).
In quanto alle parole divine:
…queste devono osservare un ritiro.. (Corano II. Al-Baqara, 234),
ciò significa, secondo Al-Qurtubi, che esse “devono pazientare durante questo periodo, evitando di risposarsi, di uscire senza necessità dal loro domicilio e (comunque) non lasciarlo di notte” (Tafsîr al-Qurtubi).
Secondo un hadîth riferito da Umm Habiba (che Allah sia soddisfatto di lei): “Sentii il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) dire: “Non è permesso ad una donna che creda in Allah e nel Giorno Ultimo di portare il lutto di un morto per più di tre giorni, salvo che si tratti di suo marito. Il suo lutto sarà allora di quattro mesi e dieci giorni” (Bukharî).
Occorre segnalare che il periodo di attesa di quattro mesi e dieci giorni riguarda la vedova non incinta. Per colei che il marito lasci incinta, il periodo ha termine col parto. Allah l’Altissimo dice:
…Quelle che sono incinte, avranno per termine il parto stesso… (Corano LXV. At-Talâq, 4)
Così, senza imporle alcunché di disonorevole, l’Islâm ordina alla donna di portare il lutto per suo marito per una durata di quattro mesi e dieci giorni durante i quali non deve truccarsi, portare dei bei vestiti di seta o di colori sgargianti, mettere del kohol (polvere di antimonio per gli occhi), profumarsi o portare gioielli. Tutto ciò, secondo l’Islâm, per onorare la memoria di suo marito, esprimere la sua tristezza, e anche per associarsi al dolore dei parenti dello scomparso e condividere il loro lutto.
Certamente, essendo il lutto un costume proprio a tutte le culture, ciascuna possiede la sua concezione della cosa.
L’Islâm, al suo arrivo, trovò dei costumi arcaici che facevano legge in materia di lutto. Così, ha regolamentato le modalità che li governavano, fissando a tre giorni il lutto normale e a quattro mesi e dieci giorni quello della moglie per suo marito.
Il Legislatore, nella Sua saggezza, sa che il dolore di una donna per la perdita del marito è incommensurabile, per via della tenerezza e dell’amore che li univano. Di conseguenza, le ha permesso di portare il lutto per fedeltà alla loro vita comune e per onorare la memoria del defunto. Così, il lutto e il periodo di attesa che l’accompagna sono per la donna musulmana un atto d’obbedienza ad Allah e al Suo Inviato (sallAllahu ‘alayhi waSallam) prima di essere un costume sociale.
La condizione della donna è una delle realtà dell’Islam che più sconcertano l’Occidente. Dal punto di vista religioso non sembrano esserci problemi; per la legge islamica la donna è ontologicamente uguale all’uomo, ha gli stessi doveri, non c’è per essa alcuna discriminazione nella vita eterna che l’attende dopo la morte. I problemi cominciano quando dal campo religioso si passa a quello sociale. Stabilisce infatti il Corano: «gli uomini sono preposti alle donne perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro beni per mantenerle.»
Così, in virtù di questo precetto, le donne sono private persino dei fondamentali diritti umani e civili: non godono della libertà di spostamento, della libertà di espressione e di parola; non possono procedere negli studi né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso. Non possono decidere il proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui possono venire ripudiate (e non viceversa). Sono eventualmente costrette a convivere con altre mogli scelte dall'uomo; e sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso. La poligamia è lecita e prevista dal Corano per gli uomini. Secondo il Corano l'uomo può ripudiare la moglie e non v'è nessun accenno che la moglie possa farlo nei confronti del marito. Esso prescrive che le credenti abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne, non mostrino troppo le loro parti belle ad altri che agli uomini della famiglia e non battano i piedi sì da mostrare le loro parti nascoste.
Rimane un retaggio di un mondo passato anche se si aprono particolarmente in alcuni paesi prospettive di cambiamento, mentre in altri si devono fare i conti con regimi repressivi dove alle donne è vietato uscire dalle case senza autorizzazione e sono in pratica sepolte sotto i burqua , quelle vesti che coprono anche gli occhi. In altri paesi la situazione è molto differente e la presenza femminile è ormai simile a quella che si riscontra nel resto del mondo, ma ci sono settori rimasti inaccessibili alla partecipazione femminile, quali l’esercito, la burocrazia, la giustizia. L’obbligo del velo nella maggior parte dei paesi islamici è tuttavia ancora presente, e di questa imposizione si è occupato anche Amnesty International in un rapporto sulla donna nel 1995.
Nella società occidentale il velo delle donne islamiche viene interpretato come simbolo dell’oppressione e allo stesso tempo dell’arretratezza della società di quei paesi che l’impongono. Un altro problema è quello della dignità matrimoniale: la donna spesso viene assegnata ad un giovane. Il matrimonio è combinato dai genitori e i figli devono sottostare senza possibilità di dissenso. L’idea della donna, nei paesi dell’Islam, sia considerata un essere inferiore e debole è assai diffuso anche nella letteratura.Già nel 1859 Gustav Flaubert in una lettera alla sua amica Louis Colet così scriveva : “La donna orientale è una macchina e niente più; non trova differenza tra un uomo e un altro uomo”.
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