Il peltro è una lega composta principalmente di stagno (min. 90%), con l'aggiunta di altri metalli (rame, bismuto e antimonio). Anticamente, secondo la qualità e l'uso previsto, poteva contenere fino al 15% di piombo. Oggi il piombo è stato bandito per la tossicità. È impiegato per creare oggetti artistici, monili, trofei, vassoi, piatti, e altro ancora. Il peltro è un materiale antico che si produceva colando una lega di stagno in forme di ferro o di ottone incise, e lavorandola successivamente con la tecnica della corrosione e della martellatura per ottenerne le forme della tradizione artigiana. Oggi viene lavorato a caldo in stampi di ghisa, terra o gomma siliconica e poi rifinito a mano artigianalmente, oppure stampato in lastre e lavorato al tornio, ma sempre utilizzando tecniche prettamente artigiane. Talvolta questo materiale viene ancora utilizzato per la fabbricazione delle canne d'organo.
Lo stagno, principale componente della lega di peltro, è utilizzato in Europa da almeno quattro millenni. In Europa veniva spesso utilizzato unito al rame per la produzione del bronzo ed era utilizzato in preferenza come metallo di lega. Lo stagno ha ottenuto il favore di molte popolazioni fin da tempi antichi grazie alle sue caratteristiche tecniche: la resistenza agli agenti chimici ed atmosferici, il punto di fusione relativamente basso (232 °C), la facilità a formare leghe, la duttilità e il colore brillante.
Con il Medioevo si ha il vero punto di svolta nella storia del peltro grazie alla nascita delle Corporazioni delle arti e dei mestieri. In molte città della Germania e in altri Paesi europei nascono comunità artigiane di fonditori di stagno e nel 1285 si ha la prima menzione ufficiale dei fonditori di Norimberga. In questo periodo l'arte del fonditore guadagna stima e considerazione. In Italia, Le storie del peltro e di Venezia si fusero nel 12° secolo, lo testimoniano statuti e ordinamenti che disciplinano i rapporti tra i singoli produttori raccogliendoli nella corporazione dei peltrai, sicuramente una delle più importanti in Europa.
Lo stagno, che del peltro è la componente principale, si estrae da un minerale detto "cassiterite" che si trova, mescolato con altri minerali, in giacimenti sotterranei oppure in miniere a cielo aperto in sabbie metallifere. Se l'estrazione della cassiterite non presentava particolari difficoltà, la separazione del metallo dai diversi minerali ad esso mescolati era assai faticosa. Mulini a pestelli azionati ad acqua frantumavano il minerale che veniva poi lavato al fine di separare i minerali con diverso peso specifico. Una successiva separazione, effettuata in un forno ad alta temperatura, precedeva un'ulteriore frantumazione in un mulino a pestelli.
Il metallo veniva finalmente avviato verso il forno fusorio a legna nel quale otteneva una definitiva purificazione. Il metallo ottenuto da questi laboriosi procedimenti, lo stagno (simbolo chimico Sn-Stannum), è di colore grigio argenteo leggermente dorato e si ossida formando, a seconda degli elementi con i quali viene a contatto, ossido stannoso - di colore bruno verdastro - e ossido stannico - di colore giallo bruno -. Il punto di fusione dello stagno avviene tra il 231' e il 238', il più basso tra quelli dei metalli comuni. Lo stagno è un metallo molto malleabile ma, a causa della sua struttura cristallina, manca di resistenza; basta l'azione di una forza di circa 8 Kg per mm' per provocarne la rottura che viene accompagnata da un suono caratteristico detto "grido dello stagno". Essendo inoltre buon conduttore, consente la facile trasmissione del caldo e del freddo; ciò spiega la realizzazione sia di scaldavivande che di stampi o forme per sorbetti. Lo stagno è difficilmente lavorabile allo stato puro in quanto non fonde in modo omogeneo e presenta delle cristallizzazioni sulla superficie. Per questa ragione lo stagno è da sempre stato legato ad altri metalli quali il rame, l'antimonio, il piombo ed il bismuto.
Avendo ogni fonditore conservato gelosamente il segreto della composizione delle leghe usate, risulta oggi praticamente impossibile indicare formule attendibili riguardanti la composizione delle leghe dei peltri antichi. Si può tuttavia indicativamente stabilire una distinzione tra tre diverse qualità di peltro:
-Il peltro "fino", con un'alta percentuale di stagno (superiore al 907o) unita a percentuali variabili di antimonio, rame, bismuto e piombo. Questa lega, la migliore, è di colore chiaro, brillante e con suono squillante.
-Il peltro "comune", con un contenuto di piombo variabile dal 10 al 20%, fu la lega usata in passato e può essere ancora considerata di buona qualità anche se leggermente più tenera e meno sonora della precedente.
-Il peltro "corposo o pieno" con una percentuale di piombo variabile dal 30 al 40% genera oggetti che si presentano di colore grigio scuro, non hanno riflessi ed emettono un suono sordo e cupo. L'abuso da parte di alcuni peltrai della quantità di piombo aggiunta alla lega rendendola così nociva alla salute, indusse Inghilterra, Francia, Germania e Italia ad emanare norme che fissavano nel 10% la quantità massima di piombo consentita. I vantaggi economici derivanti da un abbondante uso del piombo sono facilmente intuibili: il piombo costava molto meno dello stagno, abbassava il punto di fusione della lega con conseguente sensibile risparmio "energetico", facilitava la fusione e rendeva più semplice la finitura degli oggetti. Dall'entrata in vigore di queste normative, alcune leghe di più facile fusione e lavorazione, si diffusero in tutta Europa e diventarono patrimonio di molte botteghe artigiane.
E' interessante a questo punto sapere come gli organi di controllo potessero determinare la percentuale di piombo presente in una lega fusa in un crogiolo senza aver a disposizione un moderno studio di analisi. Il metodo usato, senz'altro piuttosto empirico, consentiva comunque di determinare con una sorprendente precisione la percentuale di piombo contenuta nella lega basandosi sulla differenza di peso specifico esistente tra lo stagno (7,285) ed il piombo (11,36). 1 funzionari addetti al controllo delle leghe disponevano di undici campioni di identico volume. Il primo campione era composto in parti uguali da stagno e piombo e seguito da altri dieci campioni con percentuali di piombo via via decrescenti fino a giungere all'ultimo campione composto interamente da stagno puro. Giunti nella bottega di un peltraio i controllori prelevavano direttamente dal crogiolio un corrispondente volume di lega e confrontavano, su una bilancia a due piatti, il peso dei campioni con quello della lega prelevata. Quanto più il peso della lega corrispondeva a quello di uno dei campioni, tanto meglio si poteva conoscere la percentuale di piombo contenuta nella lega usata dal peltraio controllato.
Ai nostri giorni lo stagno, troppo tenero per essere lavorato da solo, viene temperato per lo più con piccole quantità di rame e antimonio dando così origine al peltro che oggi troviamo in commercio.
La massa dello stagno con le sue doti di malleabilità e di agevole fusione, per acquistare forza deve legarsi a quantità modeste di altri metalli. Ora il rigore delle normative ha limitato o vietato l'utilizzo di alcuni metalli nelle leghe impiegate nella realizzazione di stoviglie o vasellame vario.
La lega di peltro è formata inserendo i lingotti di metallo nel crogiolo alla temperatura di circa 300 °C. Il metallo fuso viene raccolto dal crogiolo con un mestolo e versato nello stampo in movimento, montato su di una macchina centrifuga. La forza centrifuga aiuta il metallo liquido ad occupare tutti gli spazi dello stampo. Una volta solidificatosi, l'oggetto viene manualmente estratto dallo stampo e successivamente ripulito da eventuali sbavature di fusione con un processo di smerigliatura. Se un oggetto, come spesso accade, è composto da più pezzi, è necessario che ogni singolo pezzo venga assemblato tramite la saldatura.
Infine, l'oggetto viene inserito nelle macchine dedicate alla burattatura che levigano la superficie rendendola più liscia e meno opaca. Il pezzo viene poi controllato e raddrizzato dalle eventuali ammaccature utilizzando appositi martelletti.
Chi si trovasse a visitare il laboratorio di un Maestro peltraio dei nostri giorni, rimarrebbe probabilmente sorpreso nel vedere quanto poco differiscono nella sostanza le odierne tecniche di lavorazione da quelle del passato sopra descritte. Certo nuove tecnologie sono venute in aiuto del peltraio d'oggi che può contare su attrezzature più resistenti e veloci specialmente nel campo della fusione e della finitura, ma la manualità del montaggio dei pezzi è praticamente rimasta invariata così come invariati sono rimasti tutti gli accorgimenti ed i segreti per ottenere una buona fusione. E' qui il caso di accennare brevemente al problema delle leghe oggi usate; una normativa della Comunità Economica Europea vieta in modo tassativo l'uso del piombo e limita nel contempo i quantitativi di antimonio, rame e bismuto in modo da poter garantire per l'uso della tavola tutti gli oggetti attualmente prodotti nell'ambito della Comunità Europea. La normativa sopra citata - EN 611/1 - prevede anche la possibile presenza di una percentuale d'argento non superiore al 4%. Questa precisazione ci offre lo spunto per affrontare un argomento oggetto di dibattito tra gli esperti e riguardante la presenza o meno di argento in alcuni peltri antichi. I più sostengono, e questo è anche il mio parere, che le leghe di peltro graffi più ostinati, potrete strofinare il pezzo non abbiamo mai, di norma, contenuto argento. Le ragioni per le quali si ritiene quanto meno improbabile l'ipotesi della presenza dell'argento nel peltro sono principalmente due: la prima deriva dal fatto che l'aggiunta d'argento in percentuali di un certo rilievo (sopra il 10%) rende più difficoltosa la fusione facendo anche diventare il metallo più difficile da lavorare; la seconda è legata al fatto che, essendo impossibile dimostrare tangibilmente quale percentuale d'argento fosse presente nella lega, è facile intuire le difficoltà che un peltraio avrebbe incontrato per spuntare un prezzo più alto dovuto al maggior costo della materia prima. Con ciò non possiamo comunque escludere che qualche peltraio abbia aggiunto alla sua lega piccoli quantitativi d'argento.
Il peltro, a differenza di altri materiali, non si ossida e tende a rimanere inalterato nel tempo senza bisogno di particolare cura. È tuttavia possibile prendere alcuni accorgimenti per mantenerlo in perfetto stato. È sconsigliato l'uso di lavastoviglie e anche l'avvicinamento diretto a fonti di calore, visto il basso punto di fusione del materiale che lo compone. In caso di macchie è quindi possibile lavare il peltro con acqua e un normale detersivo per piatti.
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