Cactaceae Juss., 1789 (chiamate anche cactacee, più comunemente cactus e, più raramente cacti al plurale) è una famiglia di piante succulente (piante xerofite, adattate agli ambienti aridi mediante l'accumulo di acqua all'interno di tessuti succulenti) che comprende circa 3000 specie e 120 generi.
La parola cactus deriva dal greco antico kaktos, in riferimento ad alcune specie di cardi (Cynara). Carl von Linné nel 1753 diede in modo generico il nome cactus ad un genere (che comprendeva soltanto piante appartenenti agli attuali generi Mammillaria, Melocactus e Opuntia) che in seguito venne riutilizzato per la famiglia e a sua volta suddiviso in diversi generi.
Sono per lo più utilizzate come piante ornamentali, ma alcune sono anche piante da raccolto. I cactus fanno parte dell'ordine delle Caryophyllales, che include anche altri membri, come le barbabietole, gli spinaci, l'amaranto, i garofani, il rabarbaro, il grano saraceno, la piombaggine e la bougainvillea.
Le cactaceae sono piante inusuali e facilmente identificabili che sono riuscite ad adattarsi ad ambienti estremamente aridi e caldi, sviluppando diverse caratteristiche fisiologiche e anatomiche per conservare l'acqua. I loro fusti si sono adattati diventando succulenti e fotosintetici, mentre le foglie, molto spesso, sono diventate le spine, una delle caratteristiche più distintive delle piante di questa famiglia.
I cactus si presentano in forme e dimensioni molto diverse tra loro, da piccole e globose a grandi e colonnari. Il cactus più alto è il Pachycereus pringlei, con un'altezza massima registrata di 19,2 m, e il più piccolo è la Blossfeldia liliputana, che raggiunge 1 cm di diametro in piena maturazione. I fiori dei cactus sono grandi rispetto al fusto e alle foglie, ed esattamente come le spine e i rami, nascono dalle areole. Molte specie di cactus hanno la fioritura notturna, perché vengono impollinati da insetti notturni o da piccoli animali notturni, principalmente falene e pipistrelli.
Le cactaceae sono piante succulente. Possono assumere numerose forme geometriche: globose, colonnari, appiattite, singole e in gruppi numerosi e nella famiglia si annoverano quasi tutte le forme ecologiche di accrescimento: fanerofite, camefite, criptofite, emicriptofite, ecc. Sono tutte perenni.
Una caratteristica delle cactacee è quella di essere provviste di gemme latenti ricoperte di lanugine e, spesso, di foglie più o meno trasformate in spine (o glochidi). A tale organo è dato il nome di areola. I loro fiori sono generalmente bisessuali, con ovario infero e stami numerosi, tranne che nella sottofamiglia delle Pereskioideae che conserva caratteri primordiali. Alcune specie sono epifite delle foreste caducifolie tropicali (tribù delle Rhipsalideae) o della foresta amazzonica come il Disocactus amazonicus.
La diffusione naturale di questa famiglia di piante è limitata quasi esclusivamente al nuovo mondo, dove è presente dal Canada alla Patagonia, con particolari concentrazioni nelle steppe, nelle praterie e nei semideserti persino in ambienti caldo-umidi tipici della foresta tropicale e subtropicale. Una sola specie, Rhipsalis baccifera si trova spontanea anche nell'Africa centrale, in Madagascar e nello Sri Lanka. Varie specie sono state introdotte dall'uomo si sono naturalizzate anche in Europa, Africa, Australia e Asia, in alcuni casi diventando delle vere e proprie piante infestanti. In Italia le cactaceae sono rappresentate essenzialmente da alcune specie di Opuntia, la più importante delle quali è Opuntia ficus-indica, diffusa soprattutto in Sicilia, Calabria, Liguria, Puglia e lungo i versanti soleggiati e protetti di tutta la costa italiana. In alcuni luoghi, soprattutto zone una volta abitate del sud, si possono osservare anche grandi esemplari di Cereus e di Hylocereus che continuano a vivere tranquillamente senza l'assistenza di nessuno, ma generalmente senza riprodursi e diffondersi.
I frutti di molte di queste piante sono commestibili e sono dunque utilizzate nelle zone d'origine a scopo alimentare. Il fico d'india è il frutto dell'Opuntia ficus-indica originaria del Messico ma diffusa ormai in tutti i paesi a clima mite compresa l'Italia, che vanta delle ottime produzioni in Sicilia. Di origine boliviana è il pitaya conosciuto anche come Dragon Fruit, frutto commestibile di Hylocereus undatus, coltivato estensivamente anche nell'Asia tropicale.
Alcuni Cactus colonnari sono utilizzati in Argentina per costituire siepi e recinzioni (corral). Mentre nei paesi andini si usano varie specie arborescenti per la produzione di legname leggero, usato nella fabbricazione di piccoli manufatti e mobilio.
La Lophophora williamsii, è la maggiore rappresentante dei cacti allucinogeni o peyote, ed usata durante rituali nella Chiesa nativa americana, altre cactacee allucinogene appartengono al genere Pelecyphora e Trichocereus (San Pedro cactus).
L'assunzione e la detenzione di piante appartenenti alle specie allucinogene è perseguibile dalla legge.
In generale i cactus prediligono terreni sciolti, aerati e leggeri. Le specie forestali (Epiphyllum, Hylocereus, Aporocactus, Schlumbergera, Zygocactus) amano terricci a prevalenza organica, mentre le altre specie gradiscono una componente dominante di natura minerale, ad es. lava, pomice e argilla espansa. Le specie native dei deserti di altopiano messicano rispondono bene all'impiego di marna naturale sminuzzata.
Il ciclo vitale dominante è la crescita estiva e la stasi vegetativa invernale, quando le piante non vanno sollecitate a crescere mediante il mantenimento in condizioni di totale siccità e temperature fresche (10 °C). Alcune specie sono assai rustiche e resistono a -15 °C (ad es. Tephrocactus), altre dimostrano sofferenza a temperature inferiori ai 15 °C (ad es. Melocactus).
I semi delle piante grasse sono generalmente piccoli: in natura, vengono trasportati dai piccoli animali che vivono nelle zone secche, oppure dal vento. Nelle coltivazioni, si può ottenere la moltiplicazione oltre che per seme, per talea di foglia e di fusto, e per innesto.
Alcune piante (come l'aloe e l'agave) spuntano germogli che possono essere tolti dalla pianta madre e invasati, così da ottenere una nuova pianta.
La fioritura di quasi tutte le piante grasse si ha nel periodo che va da maggio a novembre. Spesso sono necessari anni prima che una pianta giunga allo stadio della fioritura: quando succede, la pianta si sviluppa a rosetta e, quando sono abbastanza robuste per fiorire, la rosetta si sviluppa in fiore. Se alla base non ci sono altre rosette o polloni, la pianta muore dopo la fioritura.
Le piante grasse presentano più di 200 generi di piante: dal momento che alcune fioriscono in periodi diversi dalle altre, selezionando diversi generi di piante si possono avere fioriture durante tutto l'anno.
Particolare è l'utilizzo di alcune piante di cactus (Lophophora williamsii) in alcuni rituali, viste le proprietà allucinogene: l'utilizzo di cactus allucinogeni è vietato dalla Legge.
Già gli Aztechi sfruttavano il cactus per le sue proprietà psicoattive ed allucinogene, nonostante alcune di queste non siano ancora state identificate con certezza.
La Chiesa cattolica attribuì l'accezione “dono del demonio” alle piante come il cactus, per dare un'idea dei poteri che potrebbero derivare da piante simili.
Più in particolare, queste proprietà allucinogene sono attribuite a Trichocereus pachanoi, al Peyote, al Cactus di San Pedro, e ad altre piante grasse del genere Carnegiea e Coryphantha.
Sono circa 40 i cactus appartenenti al genere Trichocereus: vantano proprietà psicoattive per la presenza di mescalina, alcaloide noto più precisamente come fenetilammina: nonostante i meccanismi d'azione che provocano l'effetto allucinogeno della mescalina non siano ancora del tutto chiari, sembra che questa sostanza esplichi la propria azione stimolando alcuni recettori del sistema nervoso centrale, i quali hanno la capacità di provocare effetti comportamentali e stupefacenti: la mescalina, infatti, potrebbe agire come agonista dei recettori serotoninergici e dopaminergici.
Le alterazioni provocate hanno conseguenze nel campo cognitivo e percettivo: subito dopo un'assunzione per os di 350 mg di questa sostanza ricavata dal cactus, si possono verificare effetti come nausea, vomito, diarrea, palpitazioni, tachicardia, ipertensione, ansia e visione offuscata. Dopo un'ora dalla somministrazione, si altera la percezione tattile e psicomotoria, accompagnata da visioni (bagliori, percezione di forme ondulate), flashback, brividi, tremori e debolezza.
Il Peyote (detto anche Cactus button) è un piccolo cactus messicano che per millenni fu il protagonista di riti magici e religiosi, sfruttato anche a fini terapeutici; era utilizzato per svariate finalità come, per esempio, comunicare con la natura e con gli dei, per invocare la pioggia, per la localizzazione degli animali da caccia, per dipingere, per benedire. Ovviamente, queste tradizioni non hanno un fondamento scientifico, ma le proprietà allucinogene sono state per molto tempo oggetto di studio da parte dei ricercatori.
La prima testimonianza delle proprietà allucinanti del cactus Peyote deriva dal Codex Florentinus, del frate francescano Bernardino di Sahagún, che descrive la pianta con le seguenti parole: «C'è un'altra erba... chiamata peiot... si trova nel nord. Coloro che la mangiano o la bevono hanno visioni sia spaventose ed esilaranti; questa ebbrezza dura due o tre giorni e poi scompare. È una specie di prelibatezza dicono che protegge da ogni pericolo».
È bene mettere in evidenza che le piante grasse non presentano solamente proprietà stupefacenti. Un esempio è il Cactus grandiflorus, ricordato per le sue proprietà cardiache, stimolanti e diuretiche, esplicate da un mix di principi attivi noti come cactina e ordenina.
La cactina è utilizzata nel trattamento dell'insufficienza cardiaca derivata da un eccesso di caffeina o tabacco o causata da disturbi nervosi; l'ordenina è un tonico cardiaco e ha capacità ipotensive. Inoltre, è utilizzata anche nel trattamento della diarrea.
L'uso di questi principi attivi è accolto anche dall'omeopatia: si usa la tintura madre di sommità fiorite e dei rami come coadiuvante per dismenorree e disturbi a livello vescicale.
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