domenica 10 aprile 2016

IL TAPPETO

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L'arte del tappeto diviene l'affermazione della civiltà quando al tessuto si poté dare varietà e carattere attraverso la fantasia del disegno e le varietà del colore, evoluzione che si realizzò nei tempi remoti. Dagli affreschi della necropoli di Tarquinia e di Settecamini presso Orvieto, si può affermare che gli etruschi conoscevano già l'uso del tappeto orientale, naturalmente come oggetto di gran lusso.
Di fronte alla scarsità di reperti e manufatti antichi, dobbiamo necessariamente riferirci alle testimonianze degli storici, dei poeti, dei pittori e degli scultori per sapere che il tappeto faceva parte della vita quotidiana di antiche civiltà scomparse.

Per esempio, pile di tappeti sono raffigurati su dei vasi greci, mentre nello Yucatan si sono ritrovati dei bassorilievi che raffigurano personaggi intenti a tessere. Durante gli scavi nell'antica Tebe fu rinvenuto un piccolo tappeto annodato, blu e bianco, con motivi geroglifici che risalirebbe al IV secolo A.C..
Eschilo nel suo "Agamennone" fa camminare l'eroe su tappeti color porpora mentre Omero, nel IX secolo A.C., parla già di tappeti di grande valore e anche l'Antico Testamento, nei libri di Samuele e di Ezechiele, ne fa riferimento come di oggetti che si usava scambiare e commerciare tra i popoli e i regnanti dell'antica Tiro e di Israele.

I cronisti dell'epoca ci lasciarono gli inventari dei favolosi bottini conquistati dai Persiani e dai Greci nel corso delle loro guerre, e i tappeti sono compresi fra gli oggetti più preziosi.
Lo splendore dei tappeti antichi è testimoniato anche da altre fonti letterarie, tra cui il Milione di Marco Polo, nel quale il viaggiatore veneziano esalta la suprema bellezza di alcuni manufatti annodati che ornavano le regge turche.
Dai testi antichi comunque, si ha quasi sempre solo una panoramica più che altro "economica" del valore dei tappeti e quasi mai informazioni dettagliate sulle tecniche usate: lo stesso Eschilo ad esempio, ci informa che con un Kg. di argento si pagava un Kg. di tappeto e che in media, 1 mq. pesava circa 4 Kg.; Metello Scipione cita i tappeti di Babilonia, e ne parla come di oggetti che avevano un costo stratosferico, mentre lo stesso Nerone, si narra che avrebbe pagato cifre enormi per un esemplare.

In Oriente, il tappeto ha origini particolarmente antiche, datate V secolo o VI secolo, più tardi il tappeto annodato sarebbe stato introdotto in Persia dai turchi Selgiuchidi a partire dall'XI secolo. Il più antico tappeto a noi pervenuto è noto come Tappeto di Pazyryk (circa 500 a.C.). L'arte del tappeto persiano giunse alle più alte vette durante la dinastia dei Safavidi, ovvero fino al primo quarto del Settecento. Nell'Ottocento ha un ruolo importante la città turca di Smirne dietro le accresciute richieste della borghesia europea. I Tappeti egiziani, un tempo chiamati Tappeti di Damasco o Tappeti mammelucchi a motivi geometrici stilizzati, furono prodotto di punta dei mercanti veneziani già dal 1500, come appare ad esempio nei dipinti dell'epoca di Tintoretto.

Il periodo migliore della produzione di tappeti in India corrisponde al XVI secolo e XVII secolo, sotto la dinastia Moghul e grazie a lavoratori migrati dalla Persia. I capolavori di questa arte raffigurano spesso scene di caccia con elementi naturalistici.

In Europa i tappeti sono stati fabbricati sin dal 1200 in Spagna, con molteplici riferimenti alla produzione anatolica; questo tipo di tappeto venne massicciamente esportato nel resto del continente e chiamato tappeto ispano-moresco. La Francia ebbe maggior fortuna nella produzione seicentesca dei laboratori del Louvre, i cui motivi sono ispirati alla pittura francese di paesaggio. Nel 1800 la manifattura dei tappeti venne fusa con quella dei gobelin.
In altre nazioni europee nacque una produzione più che altro all'imitazione di disegni orientali, ma maggiormente meccanizzata; infine nel 1900 l'arte del tappeto passò dall'imitazione a motivi astratti o stilizzati, fino alla rivalutazione di tipi rustici regionali.

Il tappeto orientale ha una individualità spiccata, che permette agli esperti del settore di determinare il luogo d'origine e, con buona approssimazione, persino l'età. Ogni distretto, persino ogni famiglia, possiede disegni e motivi propri che vengono trasmessi di generazione in generazione e che di solito non vengono copiati da estranei. Peraltro la conoscenza dei costumi permette anche di stabilire l'uso che si intendeva fare del tappeto ed il simbolismo religioso o poetico in esso contenuto.

I tappeti orientali sono classificati in base alle aree di provenienza, non necessariamente coincidenti con confini politici, e tipicamente nominati secondo la città di provenienza:

Tappeti persiani, ornati a disegni floreali con scene di caccia e, negli esemplari antichi, persino di novelle;
Tappeti Anatolici o turchi, commercializzati nei mercati principali di Izmir ed Istanbul, non hanno solitamente figure umane o di animale e sono asimmetrici, con prevalenza di colori come azzurri, verde Nilo, seppia, giallo ed avorio;
Tappeti Afgani;
Tappeti Berberi, caratterizzati da colori squillanti (rosso, azzurro, oro), disegni geometrici asimmetrici e lane di filato grosso;
Tappeti del Caucaso, adorni principalmente di arabeschi e figure geometriche;
Tappeti indiani;
Tappeti Transcaspio, i cui tipi migliori vanno sotto il nome di Bukhara, caratterizzati da motivi geometrici che si ripetono su uno sfondo rosso;
Tappeti Turkestan, il cui motivo dominante è un ottagono reiterato in colonne verticali o orizzontali;
Tappeti del Deccan;
Tappeti cinesi, che riprendono disegni ed ornamenti tipici delle ceramiche della medesima provenienza, come il drago e la fenice;
La lana utilizzata nei tappeti orientali è prevalentemente di pecora, ma ciò non esclude l'utilizzo di lana di capra o di cammello. La finezza del filo ed il numero dei punti annodati nell'unità di superficie dipendono anch'essi dalla regione di provenienza, ma anche dal pascolo e dalla razza dell'animale da cui si è ricavata la lana.



Sono da considerarsi tappeti anche le coperte tessute dagli indiani Navajo.

I coloranti utilizzati dalla tradizione orientale sono divisi in due gruppi:

Coloranti naturali, usati per tutti i tappeti fino al 1870;
Coloranti sintetici, giunti dall'Europa nella seconda metà del XIX secolo;
L'introduzione di coloranti chimici all'anilina rischiò di pregiudicare la fama del Tappeto Orientale in tutto il mondo. Infatti i tappeti lavorati con filati tinti chimicamente scolorivano e si deterioravano rapidamente. Il governo persiano dopo qualche decennio proibì l'importazione dei coloranti all'anilina e vennero prese severe misure contro chi continuava ad utilizzarli.

Due sono i tipi di nodi utilizzati dalle popolazioni orientali per tessere tappeti:

Il nodo simmetrico Turkibaft, che in persiano significa "annodato dai turchi", è anche noto come ghiordes o semplicemente nodo turco. Prende questo nome perché effettivamente utilizzato prevalentemente dalle popolazioni turche, comprese quelle della Persia;
Il nodo asimmetrico Farsibaft, "annodato dai persiani", prende anche nome di senneh (o Sehna) o nodo persiano.

Le categorie decorative della tradizione orientale sono:
Tappeti geometrici, che non necessitano di un'alta densità di nodi, sono prevalentemente utilizzati da popolazioni nomadi ed in alcuni villaggi anatolici, persiani e caucasici. I motivi sono generalmente semplici e spesso formati dalla ripetizione degli stessi elementi. Come nelle altre arti si tratta della forma più primitiva di decorazione ed i suoi elementi sono generalmente frutto di antichi retaggi tribali;
I Tappeti floreali nacquero agli inizi del XVI secolo con l'introduzione di nuove tecniche e tecnologie che permisero l'esecuzione di motivi curvilinei e quindi di una maggiore densità di nodi. Le decorazioni, a differenza dei tappeti geometrici, nascono dall'artista che disegna e colora i cartoni: l'Ustad, il maestro decoratore che poi affida il suo progetto agli artigiani addetti all'annodatura.
Entrambe le tipologie annoverano le stesse strutture decorative del campo:

A tutto campo, con una decorazione uniforme per tutto il campo del tappeto;
A medaglione centrale, dove al centro del tappeto viene posto un grande elemento principale. A volte i medaglioni possono essere ripetuti più volte, solitamente mai più di tre volte;
Da preghiera, che presentano il mihrab ovvero presentano il campo composto a nicchietta;
Ad alberi, motivo utilizzato anche nei tappeti da preghiera;
Ad animali, nei tappeti geometrici solitamente animali legati alla vita dei nomadi (cavalli, ecc.) mentre nei tappeti floreali l'esotismo delle specie annoverate è limitato solo dalla fantasia dell'Ustad.

Il più antico esemplare di tappeto fu ritrovato nel 1947 al confine tra la Siberia e la Mongolia, sui monti Altai, precisamente nella valle di Pazyryk, dalla quale prese il nome, in un tumulo "kurgan" apparternuto ad un capo sciita, interamente racchiuso nel ghiaccio e quindi per questo, quasi perfettamente conservato. Completamente in lana e con motivi raffiguranti una teoria di cavalieri e alci, questo esemplare è databile intorno al V secolo a.C. e, dato il luogo del ritrovamento, fa ritenere che in origine l'uso del tappeto si sia sviluppato nella zona del Turkestan, dalla quale, in seguito alle migrazioni, si sarebbe diffuso verso ovest in Persia, Caucaso e Anatolia, verso est in Cina e, più tardi, verso sud in India.

E' oggi conservato al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo e misura cm 200 x 183 ed è composto da 360.000 nodi di tipo turkibaft per metro quadrato. Il disegno è composto da un campo centrale e da una bordura divisa in due cornici principali delimitate da tre cornici secondarie. La cornice principale esterna, a fondo rosso, è decorata da una processione di cavalieri (sette per ogni lato proprio come la tradizione sciita, che erano soliti inumare sette cavalli per ogni capo morto), alcuni dei quali procedono in sella mentre altri marciano di fianco al loro cavallo bianco. Nella cornice principale interna, a fondo chiaro, si muovono ventiquattro alci rossi e gialli in direzione contraria ai cavalieri. Le cornici che delimitano la bordura presentano dei quadrati con all'interno un grifone. Il motivo floreale della cornice che separa la marcia dei cavalieri dal pascolo di alci ricorda la croce di sant'Andrea. Il campo centrale è diviso in ventiquattro quadrati a fondo rosso, con un disegno a forma di croce le cui estremità terminano con un fiore stilizzato. Una piccola cornice formata da piccoli quadratini colorati decorano ognuno dei ventiquattro quadrati.

Nonostante sia stato rinvenuto a migliaia di chilometri dalla Persia, secondo Rudenko, uno dei due studiosi Russi che scoprirono il manufatto, il tappeto è probabilmente di origine persiana, magari frutto della dinastia achemenide. Altri invece, ritengono che il tappeto fu eseguito avvalendosi del contributo dell'evoluta civiltà degli Urartei, fiorita in area armena. Presso tale popolo, infatti, la tessitura era quanto mai evoluta, come confermano sia gli scritti dello storico e geografo greco Strabone sia il rinvenimento di telai e frammenti di manufatti. Inoltre proprio nel regno di Urartu si usava estrarre il colore porpora dalla cocciniglia, tinta che compare con abbondanza nel tappeto di Pazyryk.
Lo stesso Rudenko, alcuni anni dopo il ritrovamento del tappeto di Pazyryk, rinvenne, in un tumulo a Basadar (200 chilometri ad occidente dai cinque kurgan di Pazyryk), i resti di un tappeto annodato ancora più finemente del Pazyryk (circa 700.000 nodi per metro quadrato). Questa scoperta dovrebbe quindi dimostrare come le popolazioni altaiche, già nel V secolo a.C., utilizzassero i tappeti e fossero addirittura in grado di annodarne.

Il grande sviluppo della lavorazione del tappeto avvenne nell'antica Persia e durante il regno di Ciro (sec. V A. C.) si realizzarono i primi tappeti tessuti con fili d'oro e d'argento; il culmine si raggiunge nell'epoca dei Sasanidi (225-600 d.C.).
Fonti storiche e letterarie infatti, narrano che nel palazzo di Ctesifonte, capitale dell'antica Persia sasanide, il re Cosroe, che detenne il potere dal 531 al 579 d.C, possedeva uno splendido e prezioso tappeto, di oltre 1600 Mq (si narra che fosse di 25 x 65 metri) tessuto con fili d'oro e decorato da pietre preziose. Questo capolavoro andò purtroppo perduto quando gli Arabi, nel 634 d.C, invasero e conquistarono la Persia. La sua bellezza doveva essere davvero senza pari: un tripudio di disegni e di colori, tutti utilizzati per esaltare la suprema armonia della natura.
Secondo una leggenda, infatti, fu tessuto per consolare il sovrano, amante della caccia e della vita all'aria aperta, nelle tristi giornate d'inverno.
Riproduceva boschi, ruscelli e prati popolati da animali di ogni specie e ravvivati da variopinti fiori. Ammirandolo il re placava il suo animo, che nella stagione fredda diventava crudele, e ritornava tollerante verso i suoi sudditi.

Dopo la scoperta di Pazyryk, sporadici ma significativi ritrovamenti testimoniarono come nell'area mediorientale l'arte dell'annodatura continuò a fiorire. Sui rilievi di At Tar, ad esempio, non lontano dalla città irachena di Karbala, in grotte destinate all'inumazione dei defunti, furono rinvenuti brandelli di tappeti con doppio vello, cioè con nodi anche al rovescio. Databili tra il 250 ed il 650 D.C., furono probabilmente tessuti in area persiana e forse utilizzati per la sellatura dei cavalli, come sembra confermare la tecnica della doppia annodatura, quanto mai adatta per ridurre l'attrito.
Nel Turkestan Orientale, presso il Lago di Lop Nur, sono stati riportati alla luce brandelli di manufatti annodati con le medesime caratteristiche, risalenti al lll-IV D.C. e ben conservati dalla sabbia del deserto.

Pur costituendo testimonianze frammentarie, questi reperti permettono di affermare che tanti secoli fa, in molti territori dell'Asia, l'arte dell'annodatura era diffusa e praticata da diversi popoli che si servivano di tecniche piuttosto complesse.
Fortunatamente, a partire dal XIII secolo possiamo ricostruire la storia dei tappeti orientali non solo attraverso le parole di chi ebbe il privilegio di ammirarli con i propri occhi; infatti all'inizio del XX secolo, e precisamente nel 1905, nella moschea di Alaeddin a Konia, furono rinvenuti alcuni frammenti di epoca selgiuchide (le tribù che abitarono parte dell'Asia Centrale e del Medio Oriente dal XI al XIV secolo), e tale scena si ripetè poi nel 1925 all'interno della moschea di Eshrefoglu, a Beyshehir.

Alcune fonti sostengono che questi tappeti fossero tanto ricercati da essere stati i primi ad essere esportati in tutto il mondo. Erano caratterizzati da motivi geometrici e declinavano le varie tonalità del rosso e del blu.



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