domenica 10 aprile 2016

LE TRIVELLE

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La trivella è uno strumento utilizzato per perforare (trivellare) del materiale solido (o semi-solido) per mezzo di un elicoide che ruota sul suo asse ed in questo modo estrae il materiale creando una perforazione nel corpo in questione.

La perforazione di un pozzo viene eseguita con macchine dette sonde perforatrici. Su tali sonde (dotate di una torre su cui scorre una slitta con testa rotante) viene avvitata una testa a martello e successive aste di prolunga fino a raggiungere la profondità desiderata.

I tipi di perforazione principali sono:

Perforazione a secco: con il solo ausilio di benne o sonde, è un metodo lento. La benna viene usata per scavare solo in assenza di acqua e può essere usata solo su terreni granulari incoerenti ed in argilla tenera; la sonda invece può perforare solo in presenza di acqua e può essere usata anche in presenza di alcuni tipi di terreno duri e compatti tipo conglomerati arenarie o calcari.
Metodo a circolazione inversa: è un metodo molto veloce che può perforare in qualsiasi tipo di terreno ed inoltre permette di perforare con grandi diametri ed a profondità sufficienti per individuare falde acquifere, il liquido di perforazione può essere fango o anche semplicemente acqua.
Metodo a circolazione diretta: è un metodo abbastanza veloce che può perforare nella maggior parte dei terreni (però risulta difficile intervenire su terreni di ghiaia sciolta e di grossa granulometria dato che i grani tendono a cadere nel perforo stesso), ma questo tipo di perforazione richiede solo il fango (bentonite o polimeri vari) come fluido di perforazione. Con questo metodo si possono raggiungere grandi profondità ma diventa anti-economico con perfori di grande diametro.
Perforazione ad aria compressa: applicabile solo su terreni molto compatti che non richiedano la posa della tubazione per sostenere le pareti dello scavo, necessita di compressori con grossa portata di aria ad alta pressione.

La trivella è un attrezzo costituito da una grossa vite senza fine, adatto a scavi di pochi metri in terreni molli, assolutamente inadatto agli scavi in roccia. Essa pertanto può essere utile per infiggere pali di grosso diametro in giardino ma non certo a cercare il petrolio. Purtroppo il termine è diventato di uso comune e probabilmente dovremo farci l’abitudine in ogni caso.

Nel caso della coltivazione degli idrocarburi si parla più correttamente di “impianto di perforazione”. Si tratta di una torre a traliccio alta fino a 60 metri che regge una serie di aste d’acciaio (batteria) in posizione verticale. Le aste sono lunghe circa 9 metri ciascuna, hanno le estremità filettate e sono avvitate in serie l’una all’altra. La torre le fa ruotare sul loro asse tramite un motore e le spinge contro il suolo. Ogni volta che la batteria è completamente infissa si ferma l’impianto, si avvita una nuova asta in cima alla batteria e si ricomincia a perforare. All’estremità inferiore della batteria (cioè sul fondo del foro) c’è lo scalpello di perforazione, che fino a qualche anno fa era classicamente composto da tre rulli conici con denti in carburo di tungsteno mentre attualmente “vanno di moda” gli scalpelli a bottoni (i triconi si usano molto poco). La forza di rotazione impressa alle aste è tale da permettere allo scalpello di frantumare qualunque tipo di roccia esso incontri, anche la più tenace.

Le aste sono a sezione circolare e cave al loro interno e dentro di esse viene pompata a pressione dall’alto una speciale miscela a base di acqua detta “fango di perforazione“. Il fango percorre tutte le aste, esce in corrispondenza di un foro nello scalpello e risale in superficie lungo lo spazio presente tra la batteria e le pareti del foro, dopodiché viene filtrato e ripompato nelle aste. Questa circolazione di fluido ha diversi compiti: raffreddare lo scalpello, portare in superficie i frammenti di roccia perforata (cutting) per le analisi dei geologi, depositarsi sulle pareti interne del foro impedendo eventuali crolli, e impedire scambio di fluidi tra la perforazione e le rocce circostanti (per esempio l’acqua presente nelle rocce in profondità non deve passare nel foro e risalire in superficie).



Solitamente una perforazione può essere profonda da qualche centinaio di metri a circa 7 – 8 kilometri. Grazie all’uso di scalpelli di varie dimensioni viene prodotto un foro di diametro via via decrescente con la profondità. Ogni volta che viene terminata una sezione del foro, viene rivestita con un tubazione in acciaio cementate nella roccia (casing), per garantire una totale tenuta stagna. Normalmente il diametro di un pozzo intubato varia dagli 80 cm della parte superiore ai 15 cm del fondo pozzo. Lo spazio tra i tubi e le pareti del foro viene riempito con del cemento, mentre la porzione di foro che intercetta il giacimento è munita di aperture che permettono al petrolio di penetrare nel pozzo. Il greggio viaggia verso la superficie attraverso ulteriori tubazioni di piccolo diametro appositamente inserite nel pozzo.

Le tecniche di costruzione dei pozzi sono ormai molto sofisticate. Un pozzo può avere più diramazioni ed è possibile deviare la batteria di aste dalla verticale più volte ed a qualsiasi profondità, e dirigere orizzontalmente la perforazione nella direzione voluta per raggiungere strati produttivi anche lontani: ciò permette di diminuire il numero di impianti a parità di produzione. Le tecniche di rivestimento del foro permettono di attraversare le eventuali falde idriche sotterranee fino a raggiungere i giacimenti profondi, e di far risalire il petrolio senza che ci sia alcun contatto tra esso e l’acqua delle falde. Le varie porzioni del pozzo che intercettano giacimenti a differente profondità possono essere isolate dal resto della colonna tramite il posizionamento di speciali “tappi” mobili ad espansione (packer), in modo che l’estrazione del greggio possa avvenire da varie profondità sia contemporaneamente che separatamente. La testa del pozzo è munita di speciali dispositivi di sicurezza che possono chiudere ermeticamente il foro in qualsiasi condizione operativa per impedire fuoriuscite di fluidi. La legge impone il divieto assoluto di dispersione di materiali sia in mare che nel suolo (tranne che per i fluidi di scarto eventualmente reiniettati nelle rocce serbatoio): ogni fluido utilizzato o prodotto deve essere efficacemente stoccato ed eventualmente smaltito a termini di legge.


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