giovedì 28 aprile 2016

ACQUA SPRECATA

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Il consumo medio quotidiano di una famiglia europea si aggira attorno ai 165 litri. Calcolando anche l'acqua virtuale, quella che non vediamo ma è servita a produrre il cibo e a far funzionare le industrie, scopriamo che il conto s'impenna. E che la situazione del nostro paese si fa critica: l'impronta idrica in Italia, cioè la quantità di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, è pari a 132 miliardi di metri cubi l'anno, 6.309 litri pro capite al giorno. Siamo il terzo importatore netto di acqua virtuale al mondo (62 miliardi di metri cubi l'anno), dopo Giappone e Messico e prima di Germania e Regno Unito.

"La colpa è del peggioramento delle nostre abitudini alimentari", spiega Francesca Greco, la ricercatrice del King's College di Londra che assieme a Marta Antonelli ha curato lo studio. "In Italia il consumo di cibo è responsabile dell'89 per cento dei consumi di acqua e questo dato ci dovrebbe aiutare perché la dieta mediterranea ha un impatto idrico molto minore di quella a base di carne. Peccato che negli ultimi anni il nostro stile di vita sia peggiorato: importiamo grandi quantità di beni che richiedono molta acqua come la carne di maiale tedesca".

Non solo abbiamo aumentato i consumi di carne (una bistecca da 3 etti costa 4 mila litri di acqua) ma siamo passati dal pollo ruspante al wurstel, dalla ricotta con latte di pecora al pascolo ai latticini d'importazione provenienti da allevamenti intensivi. E così la situazione è progressivamente peggiorata: l'impronta idrica dell'Italia è del 66 per cento più alta della media mondiale (1.385 metri cubi pro capite l'anno). E tra le principali economie non europee l'Italia si colloca al vertice dei consumi pro capite, dopo Stati Uniti, Canada e Australia.

"Sul risparmio idrico è stata fatta molta comunicazione ma sul versante sbagliato: si parla quasi solo dei consumi nelle case che valgono il 4 per cento del nostro bilancio complessivo", aggiunge Francesca Greco. "Visto che i prodotti di origine animale (latte, uova, carne, formaggi) rappresentano quasi la metà dell'impronta idrica totale dei consumi, in Italia per migliorare dovremmo puntare con forza sul made in Italy, sui prodotti da pascolo, sul chilometro zero, sulla dieta mediterranea".

Entro il 2050 non ci sarà abbastanza cibo per sfamare i nove miliardi di popolazione previsti. Secondo le recenti stime la domanda di cibo e fibre crescerà del 70% con un impatto insostenibile per l’oro blu.
A lanciare l’allarme è lo Stockholm International Water Institute (SIWI), che denuncia anche lo spreco enorme di acqua. Oltre un quarto di tutta l’acqua che consumiamo al mondo serve a produrre un miliardo di tonnellate di cibo che vengono poi buttate.
Se analizziamo i consumi attuali di acqua, vediamo che il 70% dell’oro blu viene impiegato in agricoltura, il 20% dall’industria e il 10% per uso domestico. E le richieste possono essere molto differenti tra loro, per esempio la produzione di carne richiede circa 8-10 volte più acqua rispetto a quella di cereali. Un bambino che nasce nei paesi industrializzati consuma da 30 a 50 volte più acqua rispetto a un coetaneo che abita in un Paese in via di sviluppo.
Per il 2025 nei Paesi in via di sviluppo si prevede un aumento del 50% dei consumi di acqua e in quelli industrializzati una crescita del 18%. La conseguenza immediata sarà che nel 2030 il 47% della popolazione mondiale vivrà in aree con problemi di scarsità d’acqua. Inoltre dare da mangiare a tutti nel 2050 potrebbe richiedere il 50% in più di acqua rispetto a quella necessaria attualmente.

Ogni giorno utilizziamo centinaia di litri d’acqua senza prestare molta attenzione; in genere l’atteggiamento più diffuso è quello di pensare che «basta aprire un rubinetto e servirsene a piacere», in realtà le cose non stanno proprio così, è necessario fermarsi a riflettere un attimo per dare il giusto valore ad una risorsa che purtroppo non è infinita.

Gli effetti di questa situazione sono sotto gli occhi di tutti: casi crescenti di razionamento idrico; il consumo di acqua minerale o filtrata diventato quasi un obbligo; lievitazione del costo dell’acqua potabile ecc.

Se poi allarghiamo lo sguardo a livello mondiale, il panorama diventa ancora più preoccupante: circa un miliardo e mezzo di persone non dispongono di acqua potabile.

Di fronte ad un quadro tutt’altro che roseo, oltre ad avvicinarsi al rubinetto con maggiore rispetto, diventa importante porsi il problema di come contribuire in prima persona a migliorare la situazione.

D’altra parte, un uso più appropriato dell’acqua non fa bene solo all’ambiente, ma anche al portafogli e con molta probabilità anche alla pace tra i popoli, perché sono oramai numerosi gli analisti politici che individuano nella carenza d’acqua uno dei possibili motivi di conflitto armato tra i paesi.

La doccia presenta un minor consumo d’acqua, rispetto al bagno, soprattutto se si tiene l’acqua aperta solo quando serve.
Inoltre è possibile adottare docce a risparmio energetico, in grado di ridurre i consumi oltre il 70%. In termini pratici, considerando una doccia al giorno si possono risparmiare in un anno oltre 50.000 litri d’acqua e diverse centinaia di euro.
La cosa importante è di utilizzare docce che non si limitino a ridurre il consumo d’acqua (allora tanto vale non aprire totalmente il rubinetto, con il risultato che s’impiega più tempo a lavarsi e si consuma lo stesso quantitativo di acqua), ma sfruttino in maniera più intelligente l’acqua, garantendo un elevato potere lavante a fronte di minori consumi.
Vi sono inoltre vantaggi secondari interessanti: nel caso di boiler elettrico, più persone riescono a fare la doccia consecutivamente e minori sono i cali di portata per gli altri utenti, l’unico rovescio della medaglia è che, passando meno acqua nei tubi, si deve attendere più tempo l’arrivo dell’acqua calda.

Nel caso in cui si utilizzino lavatrici o lavastoviglie è bene farle girare sempre a pieno carico; nel caso dei lavaggi a mano evitare l’uso d’acqua corrente e preferire l’acqua raccolta in un lavabo o in una bacinella.
Sempre per ridurre gli sprechi, non lasciate diventare vecchio lo sporco dei piatti e le macchie ostiche dei tessuti perché richiedono un lavaggio più impegnativo sia da un punto di vista chimico (detersivi) sia energetico (tempi e temperature più elevate); lavare separatamente i pezzi a seconda del grado di sporco.
Si consuma più acqua, energia e detersivi lavando a mano o a macchina?
Per rispondere in maniera corretta a questa domanda è necessario conoscere due fattori: grado di riempimento ed «economicità» della macchina da una parte e capacità di lavaggio manuale dall’altra.
Comunque alcuni studi in materia hanno dimostrato che per lavare lo stesso quantitativo di stoviglie, pari ad un carico intero di una lavapiatti, mediamente si consumano 80 litri d’acqua se lavati a mano; 60 se lavati a macchina; 12 litri nel caso di apparecchi ad elevata efficienza, i quali oltre al risparmio d’acqua consentono una notevole contrazione dei consumi di detersivi ed energia.



Le vaschette del water tradizionali, in genere contengono circa 24 litri, un volume d’acqua tale da permettere una buona azione lavante nel caso di presenze solide, ma eccessivamente elevata nel caso di rifiuti liquidi.
Mediamente, con tali sciacquoni si ha un consumo giornaliero di circa 100 litri a persona, in gran parte sprecati.
Più efficienti sono le vaschette a due mandate, una da 3 e l’altra da 6 litri, grazie alle quali il consumo giornaliero, a parità di funzione, scende a 15 litri d’acqua.
Se utilizzate in maniera corretta, ossia schiacciando il tasto giusto al momento giusto, con le vaschette a doppia mandata si arriva a risparmiare circa 17.000 litri d’acqua l’anno a persona.
Quando non si hanno a disposizione vaschette ad hoc, è possibile modificare i tradizionali cassonetti introducendo dei pesi che permettono di ottenere le stesse prestazioni.
Un altro metodo è di inserire nella vaschetta un mattone o più semplicemente una bottiglia piena d’acqua.
In quest’ultimo caso si risparmia molta acqua, ma si riduce anche la quantità disponibile per ogni scarico con l’inconveniente di ridurre l’azione lavante.

I rubinetti vanno aperti solo quando serve e tenuti chiusi mentre ci si insapona o ci si lava i denti; analogamente per lavare la frutta e la verdura è sufficiente usare acqua raccolta in una bacinella e non quella corrente.
Per dare un’idea concreta di quanto questi gesti quotidiani possano far variare notevolmente il livello dei consumi idrici, analizziamo in dettaglio cosa accade durante il lavaggio dei denti: tenendo aperto il rubinetto per tutto il periodo di pulizia, si arriva a consumare 10.000 litri l’anno a persona; quando il rubinetto viene aperto solo per il risciacquo il consumo d’acqua si riduce a 1600; se poi invece dell’acqua corrente si utilizza quella contenuta in un bicchiere, si arriva a non più di 200 litri d’acqua l’anno.
Per quanto concerne interventi di tipo impiantistico, è possibile sostituire i normali filtrini dei rubinetti (quelli che ogni tanto dobbiamo pulire dal calcare e da altre sporcizie) con dei modelli risparmio energetico (aeratori).
Come per le docce vale il discorso di acquistare dei modelli che non si limitino a ridurre la portata dell’acqua, ma che producano un getto di eguale capacità lavante con consumi inferiori.

L’acqua, che a causa di perdite delle guarnizioni gocciola dai rubinetti o dallo sciacquone, sembra poca cosa, ma essendo continuativo, anche il semplice gocciolamento comporta uno spreco inutile di migliaia di litri d’acqua (e di euro).
Nel caso in cui l’impianto è dotato di accumuli dell’acqua calda, come ad esempio i boiler elettrici, oltre al consumo d’acqua le perdite idriche si tramutano anche in uno spreco d’energia elettrica.
È pertanto consigliabile di sostituire immediatamente le guarnizioni danneggiate.

Tutti i detergenti, compresi quelli ecologici, comportano un impatto ambientale per la loro produzione, il trasporto e lo smaltimento.
Inoltre, soprattutto nel caso di detergenti convenzionali, si ha una liberazione di residui tossici nell’ambiente che poi vengono assimilati attraverso la respirazione, la pelle e il consumo di alimenti.
Ecco perché è bene ridurre al minimo l’impiego di detergenti e detersivi e in ogni caso preferire i prodotti ecologici.
In tutti i processi di pulizia viene utilizzata l’acqua come diluente che, se usata in modo intelligente, riserva ottime sorprese.
Per il lavaggio di stoviglie e del bucato è possibile trattare energicamente l’acqua con opportuni dispositivi da applicare direttamente alle condotte dell’acqua o direttamente nelle macchine da lavare o sotto forma di additivi, ottenendo circa un dimezzamento dei consumi dei detersivi.
Per quanto concerne la pulizia delle superfici è consigliabile impiegare dei panni in microfibra dove l’azione chimica degli additivi è completamente sostituita dall’azione meccanica, ossia si pulisce e si sgrassa unicamente utilizzando l’acqua.
Ma anche in questo caso, per non avere risultati deludenti, è necessario scegliere prodotti d’elevata qualità.

Il calcare è ben noto per la tendenza a creare incrostazioni, assai difficili da rimuovere da box doccia, lavelli e rubinetteria in generale; ma i maggiori inconvenienti, il calcare li crea all’interno dell’impianto idraulico, ossia nelle condutture e, soprattutto, nei generatori d’acqua calda (elettrici o a gas).
Tali depositi creano due tipi di barriere: una termica e una fisica.
La prima si traduce in un maggior consumo di energia per nulla trascurabile, infatti, per ogni millimetro di deposito di calcare nei tubi, si registra un aumento dei consumi elettrici di circa il 10% e siccome lo strato accumulato in un generatore d’acqua calda può diventare molto spesso, nel tempo, i consumi possono crescere vertiginosamente.
Analogamente, lo strato di calcare crea anche una barriera fisica al passaggio dell’acqua che, nel caso d’impianto dotato di autoclave, fa anch’esso aumentare i consumi di elettricità.
Infine va detto che il calcare sollecita maggiormente l’impianto idraulico riducendone la durata.
Una verifica della presenza di calcare all’interno dei tubi può essere realizzata con una semplice prova.
Aprite al massimo il rubinetto dell’acqua fredda e notate la portata; dopo qualche istante ripetete la stessa cosa con il rubinetto dell’acqua calda.
La minore portata dell’acqua calda è essenzialmente dovuta alle incrostazioni di calcare presenti nel generatore di calore.
Le soluzioni utili per vincere il calcare si dividono in due categorie: trattamenti in grado di inibire il potere di coesione del calcare che, pur continuando ad essere presente nell’acqua, non è più in grado di formare incrostazioni; trattamenti di rimozione del calcare dall’acqua.

La gestione e la salvaguardia di una delle più importanti risorse naturali, l’acqua, a livello europeo è sempre più impostata sui principi del cosiddetto sviluppo sostenibile. L’acqua è natura, salute, cibo, uguaglianza, urbanizzazione, industria, energia. La gestione efficiente di questa preziosa risorsa è sufficiente a garantire uno sviluppo sostenibile e tale obiettivo è perseguibile mediante un perfezionamento dei sistemi tecnologici, un’ottimizzazione del mercato, attraverso una modulazione della richiesta, un abbattimento degli sprechi ed una maggiore consapevolezza degli effetti delle azioni antropiche sull’ambiente. In altri termini una migliore qualità della vita è figlia di una migliore qualità della risorsa acqua.



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