martedì 21 aprile 2015

I CHIODINI

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Il chiodino, Armillariella mellea, è un fungo che cresce ad esemplari numerosi su ceppi o tronchi di latifoglie e di vecchie conifere. Non è un fungo pregiato però è di facile reperibilità in tutt'Italia, poco costoso e con sapore dolce negli esemplari giovani. I chiodini sono diffusi in tutti gli ambienti boschivi e in tutti gli habitat non coltivati delle campagne e lungo le rive dei fossi e dei fiumi, ovunque ci sia una pianta indebolita. Si tratta infatti di un fungo che cresce sul legno. Crescono solitamente nella stagione autunnale. Deve essere raccolto solo il cappello, perché il gambo è coriaceo e non edule, fate questa operazione direttamente nel bosco. Dopo eventuali gelate, i chiodini risultano tossici e quindi non devono essere raccolti. È un fungo commestibile, ma va consumato con cautela perchè può causare disturbi ed intossicazioni. Devono essere consumati solo esemplari giovani, in modeste quantità e sempre dopo una prolungata bollitura, buttando più volte l'acqua di cottura. Possono essere confusi con specie tossiche e non commestibili, quali il falso chiodino (Hypholoma fasciculare) e la pericolosa Galerina marginata, velenosa e mortale. Si consiglia di prestare molta attenzione. La classificazione dei funghi e della loro relativa commestibilità vanno affidate a micologi esperti o al personale specializzato degli enti sanitari competenti. Informazioni errate o atteggiamenti superficiali in merito potrebbero arrecare gravi danni da intossicazione o avvelenamenti anche mortali. Non consumare funghi se non si ha l'assoluta certezza della loro commestibilità. Le lamelle non sono molto fitte, protette da un velo fugace nei giovani esemplari, bianche poi giallognole, infine brunastre e macchiate di rossastro con l'età. Il gambo va da 5 a oltre 20 cm. slanciato, fibroso, a crescita cespitosa, brunastro e ricoperto da squamette bianche o gialline. È presente un anello membranoso, pendulo, biancastro. La carne è bianca, soda, coriacea e fibrosa soprattutto nel gambo, sapore più o meno amarognolo e astringente, odore fungino. Durante la cottura la sua carne diventa scura, quasi nera. È un fungo dal sapore ottimo, aromatico.

Questo micete meriterebbe, secondo autori del passato, il nome di "asparago dei funghi" per il fatto che la parte buona di esso è l'estremità superiore del gambo unitamente al cappello, mentre il resto dei gambi (specialmente negli individui adulti) è coriaceo ed assai indigesto.
Cresce in autunno, cespitoso, parassita di ceppi e tronchi d'albero, di cui può causare la morte. È diffuso in Nord America e in Europa.

È un buon commestibile ma tossico da crudo, fungo molto ricercato, apprezzato e consumato da sempre, ma non esente da rischi e poiché è uno dei funghi più consumati al mondo, sono molte le intossicazioni ascritte al suo consumo.

Contiene infatti tossine di natura proteica ("emolisine") termolabili a 65–70 °C che si inattivano facendo bollire il fungo in acqua per 10-15 minuti. L'acqua di cottura va sempre buttata. Durante la cottura, se non sottoposto ad una corretta prebollitura, il fungo secerne un liquido viscoso leggermente velenoso.

Sono stati registrati inoltre casi di disturbi gastrointestinali, di breve latenza, procurati da esemplari di A. mellea congelati a fresco, ovvero senza preventiva cottura. Tale fenomeno non è ancora chiaro dal punto di vista scientifico. La teoria più accreditata è che con la congelazione le "emolisine" vengano fissate nella struttura fungina e, pertanto, anche se poi si scongelano i funghi in maniera corretta e si cuociono successivamente attraverso una prolungata cottura, tali principi attivi non vengono smaltiti completamente. Questo fenomeno si registra anche in caso di gelate notturne, per cui è generalmente sconsigliato raccogliere questa specie e le specie affini se la temperatura è scesa sotto lo zero nei giorni immediatamente precedenti il ritrovamento.

Durante la cottura la carne diventa scura, quasi nera e salvo esemplari molto giovani, si cucina solo il cappello.

Gli esemplari piccoli e sodi si prestano egregiamente alla conservazione sott'olio o sott'aceto. Viene consumato in umido, trifolato, come condimento per risotti e con carne e salsiccia.

Quelli cresciuti su ceppi di latifoglia sono considerati migliori di quelli cresciuti su ceppi di conifera, a causa del loro gusto meno amaro.

Armillaria mellea è un fungo parassita di piante arboree, in cui provoca il marciume radicale fibroso. Esternamente la corteccia delle grosse radici appare depressa e imbrunita; sotto di essa compaiono spesse placche di micelio di colore bianco-crema, che si insinuano tra il tessuto corticale e il tessuto legnoso, per cui la corteccia finisce per staccarsi facilmente dal legno sottostante. La chioma della pianta appassisce e muore, mentre alla base delle piante attaccate compaiono i corpi fruttiferi del fungo. Il parassita si propaga nel terreno a macchia d'olio attraverso cordoni di ife dette "rizomorfe", per cui passa dalle piante malate a quelle sane. La lotta si effettua con l'estirpazione delle piante colpite; la buca deve essere disinfettata con prodotti chimici. Quando si comporta da saprofita, vegeta sulla pianta morta per più anni, fino a consumare le sostanze nutritive del legno morto.

I funghi chiodini sono alimenti estremamente ipocalorici, ovvero che forniscono pochissima energia.
Le calorie provengono soprattutto dalle proteine, comunque scarse e dal valore biologico poco interessante. I lipidi non sono significativi, anche se mostrano una prevalenza di acidi grassi polinsaturi (buoni); i glucidi (esclusivamente semplici) risultano irrilevanti. Per contro, i chiodini sono ricchissimi di acqua e fibre alimentari.
Per quel che concerne l'aspetto salino, i funghi chiodini apportano poco sodio e quantità a dir poco notevoli di potassio. Questa caratteristica li rende alimenti idonei alla dieta contro l'ipertensione, anche se ciò comporta l'eliminazione del sale discrezionale (sarebbe inutile mangiare cibi con poco sodio aggiungendo poi il sale da cucina); inoltre, per lo stesso scopo, sarebbe anche necessario verificare quale possa essere il livello di soluzione e dispersione del potassio nell'acqua di cottura.
I funghi chiodini possono anche rientrare tranquillamente nella dieta contro l'obesità, il diabete, l'ipertrigliceridemia e l'ipercolesterolemia.
Il contenuto in ferro non è molto elevato, ma risulta comunque utile al raggiungimento della razione raccomandata giornaliera (elevata soprattutto per le donne fertili).
L'apporto vitaminico non è dei migliori e l'unica concentrazione degna di nota è quella di niacina (vit. PP).
Trattandosi di funghi, si consiglia caldamente di NON eccedere con le porzioni e di consumarli con una frequenza ben inferiore rispetto agli ortaggi (alimenti con i quali condividono la funzione nutrizionale); i funghi sono tutti considerati cibi da consumare con moderazione e, forse anche per questo, non rientrano nella classificazione dei 7 gruppi fondamentali di alimenti.
Particolare attenzione va rivolta alla dieta della donna gravida, che potrebbe (e dovrebbe) evitare del tutto il consumo di chiodini (ma anche degli altri funghi in genere, specie da crudi). Questi alimenti sono poco raccomandabili anche nell'alimentazione della nutrice (le tossine potrebbero disperdersi nel latte) e della prima infanzia dopo lo svezzamento (in quanto il fegato dei giovanissimi potrebbe avere una minor capacità di metabolizzare certe molecole indesiderate).
La porzione media di funghi chiodini, cotti bolliti e sgocciolati, potrebbe essere di circa 50-150 g (7-20 kcal).



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