lunedì 13 aprile 2015

IL CAVALLO



I progenitori del cavallo sono apparsi sulla Terra tra 45 e 55 milioni di anni fa; i biologi evoluzionistici, infatti, hanno una buona conoscenza del processo evolutivo cominciato all'inizio del Cenozoico che ha portato alla specie attuale, dato che si sono trovati vari resti: dal Sifrhippus e dall'Eohippus dell'Eocene inferiore si è passati all'Orohippus e all'Epihippus dell'Eocene medio e superiore, cui ha fatto seguito, nell'ordine, il Mesohippus e il Miohippus dell'Oligocene. Proprio dal Miohippus, o forse dal Parahippus nel Miocene, l'evoluzione ha portato al Merychippus e da questi al Pliohippus, vissuto nel Mio-Pliocene, arrivando quindi all'Equus del Pleistocene e infine all'Equus caballus del Neolitico. Tutti i cavalli attuali possono essere ricondotti a tre ceppi principali appartenenti a un'unica specie: gli estinti tarpan ed Equus robustus e il quasi estinto cavallo di Przewalski.

Gli studi sui fossili dimostrano che il l'Eohippus aveva un'altezza non superiore a 30 cm al garrese, arti anteriori con quattro dita e posteriori con tre dita; il suo habitat naturale era la foresta ed aveva una dentatura tipica degli onnivori. Durante il processo evolutivo, svoltosi principalmente nel continente americano dal quale l'Equus migrò poi verso l'Asia, l'Europa e il Sud America, i suoi discendenti si adattarono progressivamente alla condizione di erbivori stretti e alla vita nelle praterie; la statura aumentò, gli arti divennero più lunghi, diminuì il numero delle dita e i denti si modificarono progressivamente aumentando in lunghezza e nei caratteri della superficie masticatoria. Il cavallo odierno, Equus caballus, e gli altri appartenenti del genere Equus poggiano sull'unico dito rimasto loro: il medio, mentre delle altre dita non rimane che il metacarpo, il metatarso e le castagnette. Nel corso dei millenni molte ramificazioni si sono anche estinte, come l'Anchitherium e l'Hypohippus, discendenti del Miohippus, o l'Hipparion e l'Hippidion, discendenti del Merychippus; anche il Pliolophus, contemporaneo dell'Eohippus ma vissuto in Europa, si estinse senza lasciare discendenti, mentre in America il cavallo si estinse per ragioni sconosciute circa diecimila anni fa, tornandovi solamente con la scoperta del continente da parte di Cristoforo Colombo.

Un cavallo selvaggio è una specie o sottospecie che non ha progenitori addomesticati. La maggior parte dei cavalli noti oggi come "selvaggi", infatti, sono in realtà cavalli inselvatichiti, fuggiti o lasciati liberi dall'uomo. La storia scritta ricorda solo due subspecie di cavalli mai addomesticati, il tarpan e il cavallo di Przewalski, ma solo il secondo non si è estinto.

Il cavallo di Przewalski (Equus ferus przewalskii), così chiamato in onore dell'esploratore russo Nikolaj Michajlovič Prževal'skij, conosciuto anche come "Mongolian Wild Horse", vive in Mongolia in pericolo di estinzione, portato in questo stato presumibilmente tra il 1969 e il 1992, anno in cui alcuni esemplari provenienti da numerosi zoo vennero reintrodotti nell'ambiente selvaggio.

Il tarpan, o "European Wild Horse" (Equus ferus ferus) era diffuso in Asia ed Europa, ma si estinse nel 1909 con la morte dell'ultimo esemplare in uno zoo russo, e con esso andò perduta anche la linea genetica. I tentativi di ricreare il tarpan hanno portato a cavalli simili, tutti però discendenti da cavalli addomesticati.

Periodicamente vengono proposte ipotesi di specie relitte di cavalli selvaggi, che tuttavia all'atto pratico risultano essere inselvatichiti o domestici. È il caso ad esempio del cavallo di Riwoche del Tibet, il cui codice genetico non è però diverso da quello di un cavallo domestico, o della sorraia portoghese, indicata come diretta discendente del tarpan ma in realtà, come dimostrano gli studi eseguiti sul DNA, più vicina ad altre specie, considerando anche che l'aspetto esteriore non può essere considerato una prova solida.

Sopravvissuto in Europa e Asia, la prima evidenza storica dell'addomesticamento del cavallo si ha in Asia centrale verso il 3.000 a.C. Infatti in Asia centrale e meridionale il cavallo fu addomesticato dagli allevatori di stirpe mongola, che diedero vita all'Impero mongolo proprio grazie alla forza e all'astuzia dell'esercito di guerrieri a cavallo. Secondo altri studiosi, l'addomesticamento risale a 6.000 anni fa nell'Età del rame presso la cultura di Srednij Stog fiorente in Ucraina.

Per quanto riguarda l'Europa , l'uso del cavallo fu appreso prima dai popoli indoeuropei, come gli Ittiti o i Mitanni, che lo esportarono fino in Mesopotamia dalle regioni nordiche dell'Eurasia (passando per Anatolia e Zagros). Le prime documentazioni scritte sul cavallo risalgono al 2300-2100 a.C.: antichi documenti sumeri, dove il cavallo è chiamato "anshe-kur-ra", cioè "asino di montagna". Tuttavia i popoli mesopotamici  preferirono l'asino; l'uso bellico del cavallo (ad opera dei popoli indoeuropei) era principalmente nel carro da guerra. Nei popoli Hittiti, prima che negli altri popoli, la società ebbe una classe sociale di cavalieri: i "maryannu", ovvero "giovani cavalieri".

Oggi il cavallo è usato anche in ambito circense, nel mondo legato allo spettacolo nato in Spagna, patria dell'Alta Scuola, dove il cavallo è utilizzato in un contesto cruento in una delle fasi della corrida. Altre nazioni come la Francia con il Cadre Noir di Saumur e l'Austria con la Scuola di equitazione spagnola hanno una grande tradizione di "Alta Scuola".

Un uso molto recente del cavallo, basato sia sulla fortissima carica emotiva connessa al rapporto uomo-cavallo che a peculiari aspetti psicomotori connessi all'equitazione, è la cosiddetta ippoterapia o "riabilitazione equestre", consistente nell'uso del cavallo come strumento di riabilitazione per le persone diversamente abili.

Il pareggio e la ferratura sono le due pratiche di gestione tradizionale dello zoccolo del cavallo, svolte dal maniscalco ad intervalli regolari per riprodurre artificialmente, nel cavallo domestico, il naturale consumo e indurimento delle strutture dello zoccolo, che nel cavallo selvaggio o nel cavallo in libertà è assicurato dal contatto diretto e continuo fra zoccolo e suolo senza che si verifichi una eccessiva usura o eccessiva crescita.

Nel corso del rapporto millenario fra uomo e cavallo, si è assistito ad una contemporanea evoluzione della bardatura del cavallo. L'ideazione dell'imboccatura, favorita dalla particolare anatomia della dentatura del cavallo, sembra essere contemporanea alla domesticazione. Molto posteriore l'invenzione della sella, ulteriormente migliorata dalla scoperta della staffa; altrettanto importante, per l'uso del cavallo da traino, l'invenzione del collare rigido. Ancora posteriore l'uso della ferratura, attribuita a popolazioni nordeuropee in epoca medioevale.

La maggior parte delle razze equine sono state create dall'uomo per fissare i caratteri più desiderati. La selezione artificiale prevede quindi l'incrocio tra razze diverse e l'unione fra meticci, cioè esemplari nati da un incrocio. Nello scegliere i riproduttori ci si può basare su una selezione morfologica o funzionale (è il caso delle razze da corsa).

Esistono cinque razze di tipo purosangue: l'Arabo, il Purosangue inglese, l'Anglo-Arabo Francese, il Berbero e l'Akhal-Tekè. Una delle razze più conosciute è il cavallo arabo. Da oltre duemila anni gli arabi, sia per credenze religiose che per necessità pratiche di sopravvivenza, selezionano quasi con fanatismo questa razza. Esso è ricercato per le sue forme perfette ed armoniche, per la sua grande intelligenza e per la sua notevole resistenza, anche se di piccola taglia. Questo animale si è inoltre distinto per essere un ottimo miglioratore di tutte le altre razze contribuendo alla formazione di nuove linee. Infatti non a caso è il progenitore di un altrettanto famoso e diffuso cavallo: il Purosangue inglese. Nella sua genealogia ci sono appunto tre stalloni orientali: Byerley Turk, Darley Arabian e Godolphin Barb, con essi inizia la vera e propria storia del Purosangue.

Altra razza molto importante è l'Andaluso, chiamato anche cavallo spagnolo, da non confondere con il "Pura Raza Española". Direttamente derivato dall'arabo e dal berbero, è stato un grande colonizzatore giacché fu portato in ogni parte del mondo dai conquistadores spagnoli, ed in particolar modo nelle Americhe, dove ha come discendenti il criollo, il Paso Peruviano, i mustang e via via dopo incroci vari il Quarter Horse, l'Appaloosa, il Paint horse, usati soprattutto nella monta americana.

Per quanto riguarda l'alloggiamento del cavallo, il box è necessario: d'inverno e d'estate garantisce una temperatura moderata, anche se è responsabilità umana fare in modo che questa non crei problemi all'animale. Non è necessario però tenere il cavallo rinchiuso tutto il giorno: esiste infatti una terza sistemazione, e cioè lasciarlo libero al pascolo, o paddock. Questa è un'alternativa comoda anche per quanto riguarda l'alimentazione, perché il cavallo sa perfettamente regolarsi sulle quantità e preferisce consumare più pasti al giorno, piccoli e continui. Inoltre ha la possibilità di fare più movimento e di stare con i suoi simili. Per contro, però, il cavallo è anche più soggetto a parassiti e malattie che in un box certamente non contrarrebbe. Va semplicemente seguito di più. Un altro svantaggio è che, spesso, ci si dimentica di farlo muovere proprio perché si pensa che da solo il cavallo si sfoghi abbastanza. In realtà non è propriamente così, e per quanto possa galoppare il lavoro con l'uomo è indispensabile e contribuisce alla formazione dell'esemplare. Inoltre bisognerebbe somministrargli l'acqua a mano, perché se dovesse ammalarsi con un abbeveratoio automatico non si capirebbe mai se il cavallo beve o meno, problema frequente anche nei box. Invece l'ideale sarebbe poter controllare, per assicurarsi che il cavallo non rischi la disidratazione (possibile anche in inverno). La normativa in vigore consiglia di mantenere i cavalli all'aperto o, in caso di necessità alla stabulazione, di consentire la fruizione quotidiana di un paddock compatibile con le caratteristiche morfologiche dell'animale.

Anche i temi dell'addestramento e della tecnica di monta hanno subito un'evoluzione storica e una differenziazione locale. In funzione delle necessità di utilizzo, si sono sviluppati stili e tecniche di addestramento differenziate; alcune tecniche tradizionali sono rimaste confinate a specifiche aree geografiche ("monte da lavoro" maremmana, Camargue, sudamericana ecc). Una particolare monta da lavoro, la "monta western", ha assunto un grande rilievo e viene largamente praticata anche a scopi di svago e sportivi. La cosiddetta "equitazione classica" europea, sviluppata particolarmente per scopi militari, ha avuto origine dalle Scuole di Equitazione dei famosi cavallerizzi italiani, primo fra tutti Giovan Battista Pignatelli. In ambito sportivo la vera e moderna rivoluzione è stato il "Sistema di Equitazione naturale" ideato dal capitano di cavalleria italiano Federico Caprilli. Venne così chiamato dallo stesso Caprilli, che per metterlo a punto studiò e capì il modo in cui assecondare sia i movimenti del cavallo che rispettarne la sua indole generosa e collaborativa; il metodo ha tanto successo che ancora oggi i risultati migliori nell'equitazione sportiva (salto ostacoli e completo) li ottengono i cavalieri che si attengono a questi dettami.

Le diverse tecniche di addestramento condividono comunque molti punti importanti, ed è sorprendente la modernità e la profondità delle considerazioni di Senofonte, intellettuale di scuola socratica e generale greco del IV secolo a.C., autore del celeberrimo trattato Sull'equitazione (Ἱππαρχικὸς ἢ περὶ ἱππικῆς).

Le tecniche di addestramento attuali, come la cosiddetta doma gentile, hanno dimostrato una maggiore efficacia rispetto ai metodi tradizionali e meno rispettosi nei confronti del cavallo. Per questa ragione stanno venendo apprezzate con sempre maggiore interesse.

L'evoluzione del cavallo è cominciata dai 55 ai 45 milioni di anni fa e ha portato dal piccolo Hyracotherium con più dita, al grande animale odierno, a cui rimane un unico dito. L'essere umano ha iniziato ad addomesticare i cavalli più tardi rispetto ad altri animali, attorno al 5.000 a.C. nelle steppe orientali dell'Asia (il tarpan), mentre in Europa lo si iniziò ad addomesticare non prima del III millennio a.C. I cavalli della specie caballus sono tutti addomesticati, sebbene alcuni di questi vivano allo stato brado come cavalli inselvatichiti, diversi dai cavalli selvaggi che, invece, non sono mai stati addomesticati. L'unico cavallo selvaggio rimasto oggi è il quasi estinto cavallo di Przewalski. Il cavallo ha accompagnato e accompagna l'uomo in una notevole varietà di scopi: ricreativi, sportivi, di lavoro e di polizia, bellici, agricoli, ludici e terapeutici. Tutte queste attività hanno generato vari modi di cavalcare e guidare i cavalli usando ogni volta i finimenti più appropriati. L'uomo trae dal cavallo anche carne, latte, ossa, pelle e capelli, nonché estratti di urine e sangue per scopi farmaceutici.

La femmina del cavallo, chiamata giumenta, ha un periodo di gestazione dei puledri di circa undici mesi, al termine dei quali il piccolo, una volta partorito, riesce a stare in piedi e a correre da solo dopo pochissimo tempo. Solitamente l'addomesticamento avviene dopo i tre anni di vita dell'animale. A cinque anni è completamente adulto, con una prospettiva di vita che si aggira sui 25-30 anni. Il cavallo presenta un'elevata specializzazione morfologica e funzionale all'ambiente degli spazi aperti come le praterie, in particolare ha sviluppato un efficace apparato locomotore e un apparato digerente adatto all'alimentazione con erbe dure integrate con modeste quantità di foglie, ramoscelli, cortecce e radici.

Le oltre trecento razze di cavalli si dividono in base alla corporatura (dolicomorfi, mesomorfi e brachimorfi) e in base al temperamento (a sangue freddo, mezzo sangue e i cosiddetti purosangue). Il tipo brachimorfo comprende i cavalli da tiro (Shire, Vladimir, Gipsy Vanner, ecc.), il tipo dolicomorfo le "razze leggere da sella" (purosangue inglese, arabo, trottatori, ecc.), mentre il tipo mesomorfo comprende le "razze da sella" (inglese e americana, Quarter Horse, trottatori, ecc.).

La parola cavallo deriva dal latino căballus, che indicava però principalmente il cavallo da fatica o castrato, invece in latino cavallo si dice ĕquus, da cui il nostro equitazione. L'aggettivo ippico invece dal greco ἵππος (híppos) che significa appunto cavallo.

A seconda della razza, della cura con cui è stato mantenuto e dal modo in cui si è sviluppato, il cavallo domestico ha una vita media variabile dai 25 ai 30 anni; più raramente supera i 40 anni di vita. Il record è detenuto da Old Billy, un cavallo del XIX secolo morto all'età di 62 anni.

Per gran parte delle competizioni sportive l'età del cavallo è calcolata come se l'animale fosse nato il 1º gennaio nell'emisfero boreale e il 1º agosto nell'emisfero australe, a prescindere dal vero giorno di nascita. Un'eccezione è l'endurance equestre, dove l'età minima del cavallo per partecipare è calcolata dall'effettivo giorno di nascita.

A seconda dell'età e del sesso ci si può riferire ad un cavallo in vari modi, alcuni mutuati dalla lingua inglese:

Puledro: cavallo con meno di un anno di vita. Solitamente i puledri vengono svezzati dopo cinque o sette mesi, sebbene lo svezzamento possa essere attuato senza danni psicologici anche dopo il quarto mese
Yearling: cavallo tra uno e due anni di vita
Colt: maschio di cavallo sotto i quattro anni
Filly: femmina di cavallo sotto i quattro anni
Giumenta: femmina adulta di cavallo
Stallone: maschio adulto di cavallo capace di riprodursi
Castrone: cavallo castrato di qualsiasi età
Nell'ippica questi termini possono cambiare: ad esempio, nelle corse di purosangue inglesi che si svolgono nell'arcipelago britannico sono definiti "colt" e "filly" i cavalli con meno di cinque anni di vita, anziché quattro.

La testa del cavallo può essere di colore uniforme o con chiazze bianche che possono essere classificabili in:

La stella è una piccola macchia bianca a forma di rombo e ben definita sulla fronte del cavallo
Il fiore è una piccola macchia bianca non ben definita sulla fronte del cavallo
La lista è una lunga striscia bianca e stretta che, solitamente, parte dal ciuffo e arriva al naso ma può essere anche interrotta e, in questo caso, prende il nome di lista interrotta, oppure larga che prende il nome di Stella prolungata
La lista in bevente è uguale alla lista ma si prolunga fino alla bocca e può cadere di lato
Il taglio: piccola macchia bianca in mezzo alle narici del cavallo; un po' più sopra della bocca.Contorni solitamente ben definiti e abbastanza visibili.
La striscia: lunga e stretta striscia bianca che parte dal ciuffo e va a finire un po' sopra la bocca. Contorni abbastanza definiti.
La testa in più è protetta dalla cosiddetta criniera, un ammasso di capelli che servono a proteggere la testa e il muso del cavallo dagli agenti atmosferici e dal freddo.

Alla nascita il puledro è apparentemente privo di denti, ma già dopo la prima settimana di vita spuntano gli incisivi superiori, ai quali seguiranno gli altri.

La dentatura da latte è composta da 24 denti: 6 incisivi superiori, 6 incisivi inferiori, 6 premolari superiori, 6 premolari inferiori.

Nell’ adulto il numero dei denti dipende dal sesso: 40 nel maschio e 36 nella femmina, in particolar modo nel maschio sono presenti due canini (o scaglioni) superiori e due inferiori, che nella femmina compaiono raramente. In entrambi i casi la dentatura è caratterizzata da uno spazio vuoto di nuda gengiva denominato barra, tra incisivi e premolari nella femmina o tra canini e premolari nel maschio.

I denti sono un’utile elemento di valutazione per determinare l’età del cavallo, sia per l’inclinazione visibile di  profilo ("tutto sesto", "sesto ribassato", "sesto acuto"), che per l’usura, che più il cavallo è anziano, più sarà evidente.

Il cavallo è un erbivoro monogastrico (all’ esofago segue direttamente un solo sacco stomacale) anche se in parte atipico, perché riunisce i vantaggi di una digestione sia enzimatica (quale è quella dei monogatrici), sia microbica (propria dei ruminanti). La digestione enzimatica permette di ottenere il miglior rendimento dai glucidi, lipidi, proteine, e vitamine, mentre le fermentazioni microbiche offrono la possibilità di trarre vantaggio da alimenti fibrosi e da un reciclo di azoto. Per questo motivo il cavallo si adatta molto bene a svariati tipi di regimi alimentari.

L'apparato digerente è formato da:

- bocca

- esofago

- stomaco

- intestino tenue (piccolo intestino)

- intestino crasso (grande intestino, formato da: crasso, colon e retto)

Fondamentale per una buona digestione, è la masticazione. In un cavallo infatti la capacità in litri dello stomaco è pari a 13-15 l mentre quella dell’intestino cieco è di 30-35 l. Per questo motivo il cibo si ferma nello stomaco solo per breve tempo, mentre permane a lungo nell’ intestino nel quale avvengono le fasi più importanti del processo digestivo e di assimilazione (la digestione gastrica dura circa 6 ore, mentre quella intestinale va da 12 ore a 3 giorni).

È una macchia bianca sul naso chiamata anche infarinatura se comprende tutto il naso. Essa è tipica dei cavalli islandesi.

"Bella faccia" è una macchia bianca che comprende tutto il muso e, spesso, uno o entrambi gli occhi che diventano azzurri.
La testa e il corpo del cavallo possono presentare anche dei remolini ovvero dei punti in cui il pelo cambia direzione e possono essere classificabili in:

"Remolino semplice" che si dirama intorno ad un punto centrale e sembra un piccolo vortice;
"Remolino spigato" è una linea centrale che separa un tratto di peli indirizzato verso l'alto e un tratto verso il basso;
"Remolino sinuoso" è un remolino la cui linea di separazione non è dritta ma a S mandando un ciuffo verso l'alto.
L'occhio, talvolta, può essere circondato da una sclera bianca e viene chiamato, in questo caso, "occhio umano". È tipico della razza americana appaloosa.

I crini di cavallo maschio possono essere usati per gli archetti dei violini.

Il mantello (o manto) è il complesso dei peli che rivestono il corpo del cavallo, proteggendolo dagli agenti atmosferici. Il suo colore e disegno è l'elemento tra i più significativi nella distinzione tra i soggetti, ogni animale, anche se apparentemente sembra dello stesso colore, nel mantello ha caratteristiche e particolarità che servono per il suo riconoscimento. Alcune razze hanno mantelli caratteristici. A volte può risultare difficile determinare l'esatta classificazione di un mantello. Fenotipicamente possiamo suddividere i mantelli in:

Semplici: monocromatici
Composti: a due colori separati; a due colori mescolati; a tre colori mescolati
A due pelami: a componente bianca
I mantelli base sono:

Baio: Il baio presenta crini ed estremità nere e corpo marrone in tutte le sue gradazioni. Il baio, essendo il mantello ancestrale del cavallo (gene Agouti), è il più diffuso.
Morello: È un manto completamente nero che caratterizza alcune razze, come il Frisone e il Murgese; il morello (gene E) è dominante autosomico nei confronti del sauro (gene A).
Sauro: È marrone rossastro o color zenzero. Può variare dal marrone chiaro ai colori più scuri. La coda e la criniera sono spesso dello stesso colore del mantello.

Benché sia il maschio sia la femmina del cavallo raggiungano la maturità sessuale all'età di circa due anni, i primi istinti sessuali si manifestano al primo anno di vita ma in allevamento raramente vengono fatti riprodurre prima dei tre. Le cavalle rimangono fertili oltre il quindicesimo anno, mentre nei maschi la vita sessuale dura quasi tutta la vita. Durante l'anno l'attività sessuale è più spiccata da febbraio a luglio, con punte nei mesi di aprile, maggio e giugno, che insieme costituiscono la cosiddetta "stagione di monta", durante la quale lo stallone può compiere fino a due salti al giorno e i calori nella femmina sono più evidenti. I calori nelle femmine sono riscontrabili da tumefazione dei genitali esterni, arrossamento della mucosa vaginale ed emissione di un liquido vischioso, unitamente da una tendenza a scalciare, urinare e alzare la coda; lo stallone in calore è invece eccitato e inquieto, nitrisce spesso e presenta l'organo sessuale in erezione. Durando il ciclo estrale ventidue giorni, in caso di mancata fecondazione i calori nella cavalla si ripresentano dopo tre o quattro settimane, ogni volta con una durata variabile dai tre agli otto giorni.

Al termine della gestazione, che dura in media undici mesi e dieci giorni, nasce generalmente un solo puledro. Durante la gravidanza la fattrice non deve essere lasciata inattiva ma neanche sottoposta a lavori troppo gravosi, l'appetito aumenta, le mammelle si ingrossano e il carattere dell'animale è più tranquillo, mentre dopo il quinto mese l'addome si ingrossa assumendo un aspetto rotondeggiante. Nell'ultimo mese prima del parto la cavalla torna irrequieta, si alza e si corica spesso e le mammelle diventano turgide. Pochi giorni dopo il parto la cavalla può di nuovo essere fecondata. Il periodo di "convalescenza" post-parto dura un mese, dopo il quale la cavalla è in grado di svolgere un moderato lavoro. Lo svezzamento del puledro avviene dopo circa sei-sette mesi di allattamento.

I riproduttori vengono scelti tenendo conto dei fattori morfologici e funzionali. Generalmente i maschi non destinati alla riproduzione vengono castrati al fine di ottenere un animale più tranquillo per la monta, mentre vengono sterilizzati con la sola resezione dei dotti deferenti i maschi destinati al ruolo di "stallone ruffiano", cioè per accertarsi che la femmina sia davvero disposta all'accoppiamento onde evitare rifiuti con possibile danneggiamento allo stallone riproduttore.

La longevità arriva e supera abbastanza facilmente i 40 anni anche se la vita media dei cavalli in Italia si aggira tra i 25 e i 30 anni sia perché logori dal carico di lavoro impostogli, sia per la progressione della razza che rende controproducente tenere a lungo animali da reddito.

La macellazione dei cavalli è vietata in alcuni stati.

La carne di cavallo, il cui consumo è vietato dalla religione ebraica, è di rapido deterioramento specie in paesi caldi (da qui forse l'origine del veto ebraico) ed è stata protagonista di diversi tabù nella storia. Nel Medioevo i papi Zaccaria I e Gregorio III ne proibirono il consumo assieme a quella del castoro.

Il sapore è a metà tra quella di bovino e della selvaggina. Si adatta alla preparazione di piatti in umido, stracotti e insaccati. Povera di grassi e ricca di ferro, viene prescritta a soggetti anemici. I pochi grassi sono per il 70% insaturi, quindi apportano pochissimo colesterolo come la carne di pollo ma al contrario delle carni bianche ha molto ferro. La carne si può considerare migliore di quella del bovino come apporto nutritivo. Durante controlli a campione nel 2013 alcune partite di carne di cavallo destinate all'alimentazione umana sono state rinvenute positive al Fenilbutazone, un antidolorifico utilizzato abitualmente nei cavalli e pericoloso per la salute umana. Attualmente i residui di questo farmaco non rientrano tra le sostanze ricercate dai piani di controllo sanitario per la sicurezza alimentare. L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di macellazioni di equidi annuali. In ragione di questo la FVO (Food and Veterinary Office) della UE ha condotto nel 2013 un meticolosa ispezione delle strutture di macellazione in Italia. I risultati sono stati una generale non conformità al pacchetto igiene, non soddisfacente informazione sulla catena alimentare, banche dati non affidabili e criticità nei laboratori che eseguono le analisi sulle trichinelle, con conseguenti rischi per la salute dei consumatori.

Viene apprezzata in Francia e Giappone. In Italia, è consumata nel Veneto, dove entra come ingrediente base della tipica pastissada, in Lombardia soprattutto in provincia di Mantova, in Puglia, Emilia-Romagna, Sicilia (soprattutto nella zona di Catania) e in alcune zone della Sardegna.




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