lunedì 27 aprile 2015

LA CANOA

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L'idea di usare la canoa per svago e sport è spesso attribuita all'esploratore scozzese John MacGregor (1825-1892), che la incontrò per la prima volta nel 1858, durante un viaggio in Canada e Stati Uniti. Al suo ritorno in Gran Bretagna si fece costruire una canoa, con la quale navigò corsi d'acqua nel Regno Unito, in Europa e nel Medio Oriente, descrivendo in un libro ormai famoso le sue esperienze:"A Thousand Miles in the Rob Roy Canoe" (Mille miglia nella canoa Rob Roy). Nel 1866 fondò a Londra il Royal Canoe Club che nel 1874 organizzò la prima gara di canoa, la "Paddling Challenge Cup".
Nel 1924 le associazioni dei canoisti provenienti dall'Austria, Danimarca, Germania e Svezia costituirono un comitato internazionale, la Internationalen Representation for Kanusport (IRK), predecessore della Federazione Internazionale della Canoa (ICF).

La canoa entrò nel novero degli sport olimpici nel 1936, ai giochi di Berlino. (Vedi Canoa/kayak ai Giochi olimpici).

Il termine canoa deriva dal caraibico canaoa, che significa "tronco d'albero scavato", manufatto sviluppato dall'uomo e adattato alle proprie esigenze. Nella sua accezione generale indica una piccola imbarcazione affusolata, di forma allungata, sospinta da uno o più remi particolari, le pagaie, privi di punto di appoggio (fulcro) sui bordi. L'imbarcazione, nella sua forma moderna, discende da mezzi arcaici usati in antico per spostarsi sulle acque di fiumi, laghi o torrenti. Ancora oggi, a prescindere dal suo impiego sportivo o turistico, la canoa è utilizzata in certe zone del mondo. Non è possibile stabilire con precisione in quale paese o regione siano effettivamente nati la canoa, la piroga, il kayak o altre imbarcazioni del genere, perché le notizie sono limitate e spesso inesatte. Tuttavia è opinione concorde che la canoa sia stata utilizzata un po' dovunque, da tempo immemorabile e sempre per il medesimo scopo, la sopravvivenza, dagli esquimesi come dai lapponi, dagli irochesi, dagli indios dei Caraibi, senza dimenticare le tribù dell'Oriente o dell'Africa.
La differenziazione tra i vari tipi di canoe appare dipendere dall'adattamento alle condizioni fisico-ambientali dei singoli luoghi geografici. Nelle forme e nei materiali ogni imbarcazione evidenzia infatti un particolare processo di adeguamento alle condizioni di navigazione, alla permeabilità del legno, alla forza delle correnti, alle caratteristiche specifiche e dimensionali dei corsi d'acqua, ai loro livelli e infine, elemento certamente assai importante, alla capacità dell'uomo di trasformare i materiali necessari alla costruzione.
È probabile che in origine la canoa sia stata un tronco d'albero alla deriva, trasportato dalla corrente e che, dopo averlo usato così com'era, l'uomo abbia deciso di dargli una forma per utilizzarlo meglio e renderlo più manovrabile. Una testimonianza su questi primitivi tipi di imbarcazioni proviene dalle cronache del primo viaggio di Cristoforo Colombo: quando nell'ottobre del 1492 gettò l'ancora presso l'isola di San Salvador vide gli indigeni arrivare sottobordo su barche ricavate da un tronco d'albero, alcune capaci di trasportare parecchie persone e altre condotte da un solo uomo. Così Colombo, scoprendo il nuovo continente, scoprì anche un modo inusuale di navigare e spostarsi. Oltre che dalla tipologia delle barche, venne colpito anche dal modo in cui venivano azionate, con una sorta di remo, certamente una pagaia, la cui forma poteva essere paragonata a una pala da fornaio.
Ormai con il termine 'canoa' si indica una particolare attività sportiva, indipendentemente dal tipo di imbarcazione effettivamente utilizzata, che può essere la canoa canadese o il kayak. In alcuni casi, generalizzando, la parola canoa viene anche usata in alternativa al sostantivo canotto per indicare imbarcazioni di piccola dimensione, azionate sia a pagaia sia a remi.

La canoa canadese, come evidenzia il nome, ha avuto origine in Canada, dove gli indiani per spostarsi utilizzavano un mezzo di media capacità (capace di trasportare 6-7 persone), con prua rialzata per infrangere le onde delle rapide e superare agevolmente anche le più impegnative discese dei fiumi. Per la costruzione si impiegavano materiali facilmente lavorabili a mano, senza utensili specifici, come il legno di castagno, noce, abete o betulla; la corteccia di quest'ultima, la più idonea per leggerezza, solidità e flessibilità, veniva cucita su telai di legno, con radici fibrose d'abete, rese impermeabili con la resina dei pini. La canoa era largamente usata dai cacciatori per il trasporto delle pelli degli animali cacciati nei territori del Nord. I componenti dell'equipaggio usavano una pagaia a una sola pala. Per risalire il corso dei fiumi i natanti venivano trainati da cavalli lungo la riva.
Con la canoa canadese mostrano analogie imbarcazioni utilizzate in età antica nei vari continenti e anche in Europa, come per es. due esemplari di piroghe monoxyle (ricavate da un solo tronco) rinvenuti negli anni Quaranta nella zona di Spina, antica città etrusca sommersa alle foci del Po, e conservati nel Museo Archeologico di Ferrara. Databili a epoca tardoromana, le due imbarcazioni hanno una lunghezza di 12 m circa e sono assimilabili, per tecnica costruttiva, alle piroghe azionate a pagaia di alcune regioni africane o dell'Oceania. Rispetto alle canoe, che sono costruite, le piroghe sono scavate da tronchi d'albero; oggi sono impiegate non soltanto per usi pratici, ma anche per divertimento e gare.
Gli antichi egizi navigavano sulle acque del Nilo con canoe costruite con fusti di papiro legati a fascio e cuciti a stuoia. Imbarcazioni simili si trovano ancora tra i popoli che vivono sul lago Ciad in Africa, mentre in Perù e Bolivia, sul lago Titicaca, le popolazioni rivierasche nei loro spostamenti brevi usano canoe di giunchi uniti a fascio. Assai simili sono in Sardegna i fasso'is (o fassonis), imbarcazioni costruite con fasci di erbe palustri, lunghe meno di 4 m, con prua a punta e poppa tronca, spinte mediante pertiche, utilizzate dai pescatori negli stagni di Cabras e di Santa Giusta, nelle vicinanze di Oristano.
In epoca moderna l'evoluzione sportiva della canadese, in cui il canoista sta in ginocchio, ha portato alla realizzazione di scafi, inizialmente in legno, poi in alluminio e infine in materiale plastico composito, sempre più affinati e leggeri e che spesso si allontanano dalle linee originarie.

Il kayak, in cui il canoista sta seduto, deriva dall'imitazione della caratteristica imbarcazione da caccia o pesca, ma anche da trasporto, ricavata dagli esquimesi delle zone artiche con quanto la natura metteva loro a disposizione: ossa di balena, ma anche pezzi di legno che nella stagione del disgelo venivano trasportati dalle correnti marine dalla Siberia e con cui era realizzato lo scheletro dello scafo, poi rivestito di pelli ben tese di animali, in prevalenza di foca. Di queste piccole imbarcazioni, che azionavano con una pagaia a doppia pala, gli esquimesi avevano assoluta padronanza. Nello spazio di inserimento nell'imbarcazione (pozzetto) infilavano una copertura a buona tenuta stagna (grembiule), per cui, anche in caso di rovesciamento, con opportuno appoggio della pagaia sull'acqua riuscivano a raddrizzare l'imbarcazione. Tale manovra, detta oggi esquimautage, è frequentemente utilizzata in caso di rovesciamento lungo i percorsi di discesa o di gara sui fiumi ed è nozione preliminare, importante per i neofiti della specialità, definita la 'prima manovra di autosalvamento'.
I kayak da caccia o pesca erano lunghi circa 4 m e larghi 50 cm. Per spostamenti prolungati o per carichi pesanti veniva utilizzato l'umiak, lungo quasi 13 m e realizzato con legni legati tra loro e ricoperti da pelli, con il quale era possibile trasportare varie persone.
Le prime notizie su queste imbarcazioni vennero portate in Europa nel 18° secolo da alcuni cacciatori di pellicce russi, che dalla Siberia erano approdati alle Isole Aleutine. All'inizio del 19° secolo alcuni etnologi inglesi, al ritorno dalle prime esplorazioni dell'Artico, portarono con sé in patria un kayak esquimese, ancora oggi conservato al British Museum di Londra.

Oggi, sotto la generica definizione di canoa si sviluppano varie attività sportive, che in campo internazionale sono regolate dalle norme della ICF (International canoe federation) e si possono suddividere in quattro gruppi: canoa da turismo (su fiumi, laghi e mare), canoa fluviale (slalom e discesa), canoa su acque ferme o acqua piatta (gare sprint, di fondo, o marathon, e canoa polo), canoa a vela. Altri settori dello sport con la pagaia, come per es. il rafting o il dragonboat, pur rientrando nell'ambito di attenzione della ICF, sono tuttavia organizzati con specifiche federazioni indipendenti. Un tempo la canoa su acque ferme (a eccezione della canoa polo che ha uno sviluppo più recente), veniva definita anche canoa olimpica, ma con l'ammissione dello slalom nel programma delle Olimpiadi, tale definizione non è più corretta.
Lo sport fondamentalmente utilizza due tipi di imbarcazioni: il kayak e la canadese. Dalle due imbarcazioni di base si sono sviluppate numerose varianti e derivazioni. Le varianti, al di là di modifiche estetico-strutturali, sono essenzialmente dimensionali, in funzione del numero dei componenti l'equipaggio. La sigla di riferimento con cui è indicato il kayak è 'K', quella della canadese è 'C'. Le sigle sono seguite dalla cifra corrispondente al numero dei pagaiatori, per cui si parla di kayak monoposto (K1), kayak biposto (K2) e kayak quadriposto (K4); di canadese monoposto(C1), canadese biposto (C2) e canadese quadriposto (C4).

Lo sviluppo della canoa quale mezzo per praticare attività sportiva o turistica risale alla metà del 1800. Il merito della diffusione è da ascriversi a John McGregor, un avvocato di Londra di origine scozzese, che inizialmente sembrò privilegiare più l'aspetto turistico che quello agonistico. Nel 1865, dopo avere partecipato a una spedizione artica, ispirandosi a un'imbarcazione esquimese McGregor ideò e costruì personalmente un kayak singolo, che chiamò Rob-Roy. Con questa imbarcazione, che era lunga 4,57 m e larga 0,76 m, aveva un guscio in quercia e copertura in cedro, era dotata di piccola alberatura e vela e naturalmente prevedeva l'uso della pagaia, McGregor intraprese numerose crociere sui fiumi e i laghi del nord e centro Europa e fece la traversata della Manica. I successivi esemplari del Rob-Roy furono ridotti a 4,26 m di lunghezza e 0,66 m di larghezza. Le esperienze di viaggio di McGregor furono raccolte nel libro Un migliaio di miglia nella canoa Rob-Roy (1866), che ebbe un grande successo e fu determinante per la diffusione della canoa.
Il 25 luglio 1866, a Teddington, nelle vicinanze di Londra, McGregor fondò il Canoe club, divenuto poi il Royal canoe club of England e l'anno successivo, il 27 aprile, a Ditton, sul Tamigi, fu organizzata una prima regata per canoe. Essa comprendeva tre specialità di kayak: kayak racer, o da corsa, lungo 25 piedi (7,70 m circa), che percorreva il miglio in circa 8 minuti; kayak leggero, lungo 18 piedi, circa 9 minuti sul miglio; kayak Rob Roy, o da turismo, circa 10 minuti sul miglio. Nel 1867 l'imperatore Napoleone III incaricò McGregor di organizzare una regata canoistica dimostrativa in occasione della Esposizione Universale di Parigi e McGregor arrivò con un gruppo di inglesi, tutti a bordo di canoe, dopo avere attraversato la Manica e risalito la Senna.
Nel 1869 Warrington Baden Powell fece un lungo viaggio attraverso la Svezia con un Rob-Roy modificato anche nella struttura velica; forte di quella esperienza, apportò ulteriori modifiche all'imbarcazione che, ribattezzata Nautilus III, nel 1871 diede il via allo sviluppo in parallelo della canoa a vela, specialità che nel corso degli anni avrebbe trovato particolare favore nei paesi nordici, pur non raggiungendo lo sviluppo delle canoe a pagaia.
Nel 1874 venne messa in palio per la prima volta la Paddling challenge cup, che insieme alla Sailing challenge cup e alla successiva New York canoe club cup, è fra i più antichi trofei nel mondo sportivo della canoa. La sua assegnazione, secondo la tradizione britannica, non ha subito nel tempo interruzioni o modifiche se non nella forma. Attualmente la Royal canoe club challenge cup-one mile paddling, di bellissima fattura, è attribuita in occasione della Serpentine Regatta, a Londra, sulla distanza del mezzo miglio (il 12 agosto 1961 è stata vinta dal cremonese Cesare Zilioli).
In America nel 1880, dalla fusione tra il New York canoe club e il Canadian canoe club, entrambi sorti nel 1871, nacque l'ACA (American canoe association). In quel periodo un numero crescente di canoe canadesi venne importato in Europa, specialmente in Francia e Germania, ma anche in Austria e Cecoslovacchia, dove si registrarono una particolare diffusione e un forte apprezzamento. Nel 1885 iniziarono a tenersi le prime competizioni nelle più importanti città della Germania, dove la canoa, specialmente a scopo turistico, si avvaleva della notevole rete fluviale e di canali navigabili. Lo sport si sviluppò grazie all'impegno di Herbert Klintz, di Colonia, organizzatore di numerose manifestazioni.
Il movimento canoistico ricevette grande impulso dalla intuizione costruttiva del tedesco Alfred Heurich che nel 1905 realizzò per le proprie esigenze un modello di kayak smontabile in legno e tela gommata, il Delfino, che offriva due evidenti vantaggi: semplicità di trasporto e facilità di montaggio. Heurich, che non aveva forse capito l'importanza del suo progetto o comunque non ne aveva previsto l'impatto, cedette il brevetto a Johann Klepper, un sarto di Rosenheim. In breve tempo Klepper divenne il produttore quasi esclusivo di queste canoe, che intanto avevano ottenuto uno straordinario successo in tutto il mondo; continuò a costruirle fino agli anni Sessanta, quando i materiali plastici ebbero il sopravvento. Rosenheim rimase tuttavia il centro motore della cantieristica delle canoe, con la nascita di nuove fabbriche.
Nei primi anni del 20° secolo nelle varie nazioni si registrarono iniziative di coordinamento sportivo nazionale. Le diverse federazioni, però, riuscirono soltanto in misura limitata a collegarsi fra loro. Nel 1923 furono poste le basi per un primo coordinamento internazionale, che portò nel gennaio del 1924 a Copenaghen, alla costituzione della IRK (Internationale Representantskapet för Kanotidrott), con la partecipazione formale di Austria, Danimarca, Germania e Svezia e l'adesione, senza delegato partecipante, della American canoe association. Dopo la riunione di Copenaghen di gennaio, il 22 luglio 1924 si tenne un'assemblea aperta, in occasione del meeting canoistico ad Amburgo, durante la quale si affiliò la Cecoslovacchia quale quinta nazione e fu eletto primo presidente il tedesco Franz Reinicke. Tra i primi impegni del nuovo organismo internazionale vi fu la normalizzazione delle caratteristiche delle imbarcazioni e delle competizioni: vennero uniformate le dimensioni degli scafi e, per le canoe a vela, la superficie della velatura, e fu codificata la classificazione. Per le gare in kayak singolo fu stabilito che l'imbarcazione dovesse avere lunghezza massima di 5,20 m e larghezza minima di 0,51 m. Per le canoe a vela si fissò la lunghezza massima in 5,20 m, la larghezza minima in 0,95 m (massima 1,10 m), la superficie velica massima in 10 m2 divisi tra le due vele, di cui la più ampia doveva essere quella anteriore; fu inoltre vietato l'uso di zavorra e panche fuori bordo. Per le canadesi fu deciso uno scambio preliminare di informazioni con l'American canoe association. Infine, per quanto riguarda i percorsi di gara, per le canoe a pagaia si stabilirono lunghezze da 1500 e 10.000 m e per le canoe a vela un piano d'acqua a forma triangolare non inferiore ai 10 km.
Alla metà degli anni Venti, i dirigenti della IRK cominciarono a verificare la possibilità di ampliare la gamma dei tipi di canoa. I tedeschi, nel cui territorio erano fioriti innumerevoli club, spinsero la Federazione internazionale ad adottare anche un kayak a due posti della lunghezza di 6,50 m. Nello stesso periodo venne sperimentato un kayak monoposto smontabile (F1, dal tedesco Faltboot), testato in gara nel mese di luglio 1925 in una regata dimostrativa a Praga, in occasione del Congresso del CIO.
Per una decina d'anni la IRK operò e coordinò i rapporti solo a livello continentale, in quanto l'Associazione americana di canoa sviluppò la sua attività separatamente. Già alle Olimpiadi di Parigi del 1924, nelle quali la canoa figurò come sport dimostrativo, l'ACA aveva partecipato, senza alcun contatto con la neonata IRK, con ben 11 rappresentanti , utilizzando particolari imbarcazioni, un ibrido tra i kayak e le canadesi e registrando una generalizzata affermazione di equipaggi canadesi. Negli anni successivi dedicò il suo impegno prevalente all'organizzazione di crociere in canoa e in canoa a vela, e di regate in canadese a uno, due e quattro posti. Fuori dall'Europa e dall'America Settentrionale si notava intanto un accresciuto interesse per la canoa: in Sudamerica come in Australia l'attività canoistica trovò sostegno nella presenza di emigrati tedeschi, che fecero tesoro delle esperienze fatte in patria.
In Inghilterra i canoisti inglesi, che erano stati i 'missionari' della evoluzione canoistica in Europa, in questo periodo svolsero un'attività contenuta: il club fondato da John McGregor organizzava con regolarità soltanto regate di canoe a vela e poche altre gare a pagaia. Dopo la Prima guerra mondiale si era dissolto l'embrione federativo delle società canoistiche e solo nel 1933, in vista delle Olimpiadi di Berlino, si sarebbe ritrovato un coordinamento con la rifondazione nel 1936 della British canoe union.
Nel 1932 l'ACA riprese gli scambi con l'IRK sull'opportunità di inserire la canoa nel programma olimpico di Berlino 1936, tema che venne affrontato in modo definitivo il 30 ottobre a Vienna, durante un'assemblea organizzata dall'IRK: vi furono stilati gli atti per l'ammissione della canoa alle Olimpiadi, prevedendo la partecipazione di Danimarca, Germania, Finlandia, Francia, Iugoslavia, Lussemburgo, Austria, Polonia, Svezia, Cecoslovacchia e Ungheria. Il CIO, nella veste di 'membro cooperante', decise l'inserimento della canoa nel movimento olimpico. Nello stesso anno l'IRK, in conseguenza del grado di sviluppo raggiunto, si diede un nuovo assetto organizzativo.
Il 19 agosto 1933, a Praga, sulla Moldava, si svolse il primo Campionato Europeo. Dopo un ampio dibattito, si giunse alla definizione dei seguenti tipi di gare: K1 donne sui 600 m; K1, C1 e C2 uomini sui 1000 m; K1, F1 e F2 uomini sui 10.000 m. Non fu preso in considerazione il K2, molto diffuso in Germania, ma poco praticato negli altri paesi. Inoltre, nel programma non fu inclusa la canoa a vela, in quanto a Praga non c'era uno specchio d'acqua adatto a questo tipo di test, che fu rinviato ai Campionati del 1934 a Copenaghen. In questa seconda edizione, disputata a Öresund, furono inserite, oltre alla regata di canoa a vela (con vela da 7,5 m2), le prove di K1 donne sui 600 m; K1, K2, C1 e C2 uomini sui 1000 m; K1, F1 e F2 uomini sui 10.000 m. L'austriaco Gregor Hradetzky, che aveva già vinto i Campionati di Praga, si ripeté nella F1 sui 10.000 m anche a Copenaghen. Intanto, nel 1933 in Svizzera era stata organizzata la prima gara di slalom, mentre nel 1934 a Vienna si sperimentò l'inserimento di ostacoli artificiali.
In occasione del decennale di fondazione della IRK al Congresso di Copenaghen, che si svolse il 17 agosto 1934, tra i nuovi membri fu ammessa anche l'ACA, in rappresentanza dei canoisti americani, e fu varato il programma tecnico-agonistico per i Giochi Olimpici di Berlino. Furono approvate le nuove dimensioni dei kayak smontabili da gara: per l'F1 lunghezza massima di 4,50 m, larghezza minima di 0,65 m e peso minimo di 15 kg (non ammesso il timone); per l'F2 lunghezza massima di 5,50 m (senza timone), larghezza minima di 0,75 m e peso minimo di 22 kg (ammesso il timone). Fu anche analizzata la proposta esecutiva per un K4, che però non fu presa in considerazione dal CIO per il programma olimpico.
Nel 1936, a inizio agosto, presero il via le Olimpiadi di Berlino, con la partecipazione di 19 nazioni per un totale di 157 atleti: le nazioni numericamente prevalenti nelle nove gare previste erano Germania, Austria, Cecoslovacchia e Canada, mentre la Polonia partecipò con due atleti e l'Italia con uno. I canoisti tedeschi erano 29. Fu particolarmente rilevante la prestazione di Hradetzky, con due medaglie d'oro. L'unico partecipante italiano, Elio Sasso Sant, gareggiò nel K1 sia sui 1000 m sia sui 10.000 m: nella prima gara, per i postumi di una infreddatura, non poté arrivare oltre i recuperi, nella seconda concluse all'ottavo posto. Cinque vittorie andarono ai tedeschi, i cecoslovacchi vinsero la canadese biposto, la Svezia conquistò la canoa a vela, a Danimarca e Austria toccò un titolo ciascuna. I risultati olimpici furono considerati validi anche per il Campionato d'Europa. A Duisburg furono successivamente disputate delle gare complementari di Campionato Europeo per il K1 femminile (prima la cecoslovacca Marta Pavlisowa, terza nelle due edizioni precedenti) e per il K4 maschile, con due formazioni tedesche al primo e secondo posto e una austriaca al terzo. Nell'equipaggio austriaco, fra gli altri, si distinse ancora una volta Hradetzky.
Il 6 agosto 1936, alla conclusione dei Giochi della canoa, si svolse l'ottava assemblea della IRK con la partecipazione di 22 nazioni e l'ammissione di due paesi d'Oltreoceano, Brasile e Canada. In occasione del Congresso berlinese gli austriaci chiesero che per lo slalom fossero stabilite dalla IRK delle regole di gara valevoli universalmente e che questa specialità fosse inclusa nei programmi del Campionato d'Europa. La proposta fu accolta quale indicazione di principio. Fu inoltre proposto di disputare ogni quattro anni, in alternanza con le Olimpiadi, il Campionato del Mondo, con l'inclusione del K1 donne sui 600 m e del K2 uomini sui 10.000 m. Nel 1937 venne aggiunto al programma anche il K2 donne sui 600 m, mentre per lo slalom e per la canoa canadese ci si limitò a prevedere una manifestazione dimostrativa.
Il primo Campionato Mondiale si tenne nel 1938. Per quanto presenti in quasi tutte le posizioni elevate di classifica, i canoisti tedeschi (quattro medaglie d'oro) furono battuti dalla superiorità degli svedesi (cinque medaglie d'oro), mentre nel K1 donne svettò la finlandese Maggie Kalka. Il 5 agosto 1938 si svolse a Stoccolma il Congresso della IRK, l'ultimo grande appuntamento organizzativo dei canoisti prima dell'inizio della guerra. Il successivo era stato fissato per il 1940 in concomitanza con le Olimpiadi di Helsinki, poi non disputate.
Dopo la Seconda guerra mondiale, la Federazione internazionale della canoa si ricostituì nel 1946 con l'adesione di 13 nazioni e un nuovo nome: International canoe federation (ICF). Germania e Italia vi furono ammesse soltanto nel 1950, insieme alla Saar, territorio autonomo tedesco, che restò affiliata sino al 1956. L'URSS, dove il movimento canoistico aveva avuto inizio verso la fine degli anni Venti, fu ammessa nel novero delle nazioni canoistiche nel 1952, e nello stesso anno alle Olimpiadi di Helsinki Nina Savina conquistò il bronzo nel K1, prima delle numerose medaglie del canoismo sovietico. Ai primi Campionati Europei del dopoguerra, a Gand (Belgio) nel 1957, l'URSS mise in evidenza la sua superiorità conquistando 8 dei 15 titoli in palio, tre dei quali furono le medaglie d'oro di Valentin Naumov (K1 500 m, 1000 m e staffetta 4x500 m). Nel 1952 la ICF prese atto della nuova situazione politica della Germania e affiliò le nuove federazioni dell'Est e dell'Ovest. Ai Mondiali di Praga del 1958, Dieter Krause, nel K1 sui 500 m, aprì con la sua medaglia di bronzo la lunga strada del podio per i canoisti della Germania Est.
All'apertura dei Giochi di Roma del 1960, l'importante quotidiano sportivo francese Équipe criticò il permanere nel programma olimpico della canoa, perché "le canoe e i kayak sono imbarcazioni utili per discendere delle rapide o dei fiumi a forte corrente. È un nonsenso organizzare delle competizioni sulle calme acque di un lago". Fu una voce fuori dal coro, che provocò parecchie reazioni, ma non ebbe conseguenze negative nel rapporto tra canoa e Olimpiadi. Al contrario durante gli anni Sessanta la canoa, che aveva stentato a espandere il proprio arco operativo, cominciò a diffondersi in maniera più cospicua.
Il movimento canoistico ricevette grande impulso durante il periodo di presidenza della ICF di Sergio Orsi (1981-1998), che varò un importante programma di sviluppo e di aiuti ai paesi dei diversi continenti. In quegli anni il numero delle federazioni associate, che al momento dell'insediamento di Orsi erano poco più di 50, salì a 117: 43 in Europa, 24 in America, 28 in Asia, 13 in Africa, 9 in Oceania. Naturalmente l'incremento del numero è dipeso anche dalla nuova situazione geopolitica, con l'ingresso delle federazioni degli stati dell'ex Unione Sovietica e delle repubbliche dell'ex Iugoslavia, e la scissione in due della Federazione cecoslovacca; si sono invece riunificate le due federazioni tedesche.
Nei vari continenti la ICF riconosce associazioni di coordinamento d'area. In Europa opera la ECA (European canoe association), fondata a Roma nel 1992 dal presidente della FICK (Federazione italiana canoa kayak) Francesco Conforti e dal britannico Albert Woods. In America è attiva la Pan American canoe federation, in Asia la Asian canoe confederation, in Africa la Confédération Africaine de canoe e in Oceania la Continental Representative Oceania.
Nel 1999, alla celebrazione del 75° anniversario di fondazione, la ICF suddivideva la propria attività nei seguenti settori agonistici: canoa in linea, detta anche su acqua ferma o piatta (dall'inglese flatwater); slalom, specialità sviluppata su fiume, su percorsi obbligati attraverso porte sospese, con una certa somiglianza allo slalom sciistico; discesa fluviale, altra specialità sviluppata su fiume, con ampio ventaglio operativo, dall'attività agonistica a quella turistica; canoa polo, moderna variante canoistica del gioco del pallone; canoa a vela, specialità di contenuta diffusione, per lo più in Europa e in America, che nella ICF rappresenta la memoria storica della prima canoa di McGregor; marathon, che prevede gare su lunghi percorsi, generalmente di circa 42 km, di solito su fiumi dalle caratteristiche torrentizie non eccezionali ma anche su laghi e mare; dragon-boat, competizione di imbarcazioni di grande capacità, con simboliche teste di drago sulla prua, derivata dalla trasposizione sportiva di una tradizionale manifestazione asiatica e diffusasi per iniziativa di un operatore turistico di Hong-Kong che ne intuì la rilevanza tecnico-spettacolare; rafting, disciplina sportiva di recente sviluppo.

Si è detto come all'origine della storia canoistica spicchi la figura di John McGregor che viaggiava sui fiumi europei e del Medio Oriente a bordo del suo kayak. Nel tempo altri hanno seguito il suo esempio, addirittura con crociere di massa. All'inizio del 20° secolo i giornali dell'epoca davano notizie di crociere in canoa sul Danubio, per oltre 1000 km, e in Italia sul Po e sull'Adige. Negli anni successivi alla Prima guerra mondiale altre se ne tennero sulla Senna, sulla Loira e sul Rodano in Francia, sui laghi svizzeri e sui fiumi della Iugoslavia e della Cecoslovacchia.
Nel 1925 il tedesco Karl Schott viaggiò fino a Costantinopoli scendendo il Danubio da Neuburg, sua città natale, con un kayak in legno munito di vela; poi proseguì il viaggio lungo le coste della Turchia, arrivando sino alla Siria. Ma il viaggio di maggiore rilevanza, se così lo si può definire, fu quello del capitano tedesco Franz Römmer, partito da Lisbona il 28 marzo 1928 con un kayak del tipo smontabile della Klepper, opportunamente adattato: dopo un paio di mesi di traversata atlantica, toccò terra il 30 luglio a St. Thomas, nelle Antille. Il successivo tentativo di raggiungere New York non ebbe esito altrettanto fortunato e non fu più trovata traccia di Römmer e della sua imbarcazione. Un anno più tardi il danese Kai Plesz-Schmidt tentò la traversata del Mare del Nord dalle isole Faerøer a Bergen con un kayak smontabile, che però concluse con qualche difficoltà dopo aver percorso 130 miglia, ad Alesund, in Norvegia.
Negli anni Trenta l'impegno turistico dei canoisti fu rilevante, tanto che la IRK si preoccupò anche di trovare delle facilitazioni per il superamento delle barriere doganali, adottando un documento, il 'trittico', che facilitava appunto il passaggio di frontiera per le imbarcazioni impegnate in crociere sui fiumi. Era convinzione che il turismo fosse l'elemento cardine per la diffusione della canoa e quindi fu proposta la realizzazione di adeguate guide fluviali, complete di informazioni sulle località di maggiore interesse per i canoisti e sulle possibilità di conveniente accoglienza. A ciò si aggiunse il progetto di realizzare una mappa con simboli codificati e accettati da tutti i paesi sulle caratteristiche dei fiumi. Ancora oggi le carte nautiche per i canoisti vengono realizzate conformemente a quei principi.
Negli anni del secondo dopoguerra lo sviluppo dell'attività agonistica ebbe una funzione di traino per tutto il movimento canoistico, grazie alle imprese e alla bravura di tanti campioni. Alla base della sua diffusione restava però, indubbiamente, l'entusiasmo dei turisti in canoa, che avevano saputo coinvolgere gradualmente nella propria passione gli sportivi. Si propagandava il valore dell'intimo contatto con la natura che poteva essere colto durante le discese in canoa lungo percorsi incontaminati e tranquilli, dove ogni ansa o curva del fiume riservava elementi di sorpresa, e nello stesso tempo veniva sviluppato un circuito informativo, basato sullo scambio reciproco delle pubblicazioni dedicate alla canoa e sull'organizzazione di conferenze, proiezioni di film e allestimenti di mostre fotografiche.
Un'impresa che attrasse l'attenzione di molti canoisti fu la traversata della Manica, che già McGregor compì diverse volte. Il 17 giugno 1924 trenta canoe francesi, con l'appoggio di un battello, impiegarono meno di sette ore per superare i 45 km da Calais a Dover. Nel 1961, 37 anni più tardi, W.S. Crook e R.E. Rhodes coprirono lo stesso percorso in kayak biposto in 3 ore e 20 minuti, mentre nel 1965 D. Shankland, su un kayak monoposto, impiegò 3 ore e 36 minuti.
Nel corso degli anni sono apparsi numerosi libri con relazioni di esploratori, che in Africa come in Sudamerica hanno utilizzato le canoe per le loro imprese. Più di recente ha trovato favore la pratica di discese fluviali con richiamo turistico avventuroso su fiumi sudamericani, asiatici e africani. Una delle mete più ambite è lo Zambesi, un traguardo comunque riservato ai canoisti più preparati.
In Italia negli anni dello sviluppo della canoa hanno preso forma vari tipi di iniziative turistiche, come la discesa dei fiumi più interessanti sotto il profilo naturalistico e ambientale. I programmi potevano prevedere percorsi da svolgersi in una sola giornata oppure contemplare più tappe, come la discesa del Tevere da Città di Castello a Roma, iniziata in forma avventurosa nel 1968 per iniziativa del Canoa Club Milano e successivamente sviluppata dal Canoa Club Città di Castello, fondato l'anno successivo. Numerosi sono stati anche i raid lungo il Po, come per es. quelli IvreaVenezia e Ivrea-Trieste che si tennero negli anni Cinquanta per iniziativa del Canoa Club Ivrea.

La canoa italiana ha attraversato periodi di alterne vicende, subendo anche le conseguenze della maggior attenzione riservata al canottaggio, sport approdato in Italia già alla metà dell'Ottocento e che fece presa fra i cultori della ginnastica. Imbarcazioni affini ai primi kayak possono considerarsi i périssoires o sandolini, che furono oggetto di un certo interesse da parte delle prime società italiane di canottaggio, tanto da inserirne delle prove nei loro programmi. A Torino nel 1884 si svolse la prima gara in périssoire, mentre il primo Campionato italiano di sandolino tipo libero a un vogatore su 1250 m fu organizzato a Stresa nel 1889; lo vinse Giovanni Vaudano della Canottieri Caprera di Torino in 5′50″1/2. Dal 1893 la distanza di gara fu uniformata a 1000 m. Dopo l'edizione del 1908, per il calo del numero di partecipanti, il campionato fu soppresso.
Per ritrovare un po' di attenzione verso lo sport della canoa bisognerà aspettare quasi trent'anni. Tra le prime iniziative realmente canoistiche, sia pure ristrette all'ambito turistico, nel 1921 si registrò a Roma la costituzione del Canoeing Club Tiberis, con presidente il professore britannico J.V. Jackson (che nel 1919 era stato tra i fondatori del Circolo Canottieri Roma) e segretario Celestino Cammarano. Il club, che aveva sede in piazza San Silvestro, proponeva ai suoi soci numerose iniziative: sortite in risalita sino a Castel Giubileo (15 km), con ritorno sempre in canoa la sera, oppure discesa del Tevere sino a Ostia e poi prosecuzione via mare sino ad Anzio (a vela o pagaia) e, sempre a vela o pagaia, gare da Anzio a Nettuno e ritorno. Per altre occasioni erano segnalate anche gare di canoa polo. Anche se in maniera primordiale, lo spirito agonistico attecchiva in questi pionieri della canoa, che il 6 agosto 1922 a Castelgandolfo organizzarono una gara nazionale di canoe a pagaia sotto il patronato del Regio rowing club italiano, come allora si chiamava la Federazione canottaggio.
Successivamente vi fu una nuova fase di stallo e solo verso il 1930 si ricominciò a parlare di attività canoistica organizzata, con epicentro Milano. A livello individuale la passione canoistica non diminuiva. Il 2 giugno 1930, a Roma, circondato da molti supporter, partendo dal galleggiante sul Tevere della Canottieri Aniene il capitano Vincenzo Sorrentino (socio del Circolo nautico Stabia di Castellamare di Stabia) si avventurava su una canoa modificata costruita in Italia (Cantieri Carlesi di Livorno) in un raid solitario sino a Tripoli. L'impresa suscitò molto interesse e fu enfatizzata in un filmato dell'Istituto Luce. Sorrentino, che nella traversata del Golfo di Napoli fu scortato da una jole a 8 del Circolo nautico di Stabia, fu premiato con medaglia d'oro dalla Federazione del canottaggio.
Il movimento canoistico si stava rivitalizzando e uno dei promotori della fase milanese, con propaggini in numerose altre località italiane, fu Ferruccio Casorati che, con un ristretto gruppo di amici, cominciò a solcare fiumi, canali e laghi della Lombardia. Il Gruppo milanese della canoa fu il primo sodalizio sportivo italiano dedicato esclusivamente allo sport canoistico, con la partecipazione di una trentina di soci. La sua finalità era promuovere l'attività sportiva e l'organizzazione delle manifestazioni. Successivamente, nel tentativo di coinvolgere maggiormente le istituzioni sportive nazionali, il Gruppo trovò un punto di riferimento nella Federazione italiana canottaggio, all'interno della quale fu istituita la Sezione canoa con circolare ufficiale del 17 febbraio 1936 alle società remiere affiliate e al CONI.
Nel 1936 l'Italia divenne membro con riserva dell'IRK. Nel 1938, definite in ambito nazionale certe sue prerogative di maggiore autonomia gestionale ‒ con la costituzione del Gruppo italiano della canoa (GIC), comunque operante sotto l'egida della Federazione canottaggio ‒ la canoa italiana fu definitivamente accettata nella Federazione internazionale, a Vaxholm (Svezia), in occasione del primo Campionato del Mondo di canoa in linea. Al Gruppo italiano della canoa, di cui il Gruppo milanese della canoa divenne la sezione di Milano, era demandato il compito di promuovere l'attività della canoa in Italia. Sezioni del GIC si costituirono in varie località italiane, mentre alcune società di canottaggio aprirono delle sezioni canoistiche. Nel 1938 il GIC iniziò la pubblicazione della rassegna periodica Noi canoisti, valido strumento di informazione e promozione.
Con il tempo l'organizzazione del Gruppo italiano della canoa andò sviluppandosi in maniera sempre più autonoma, pur continuando a fruire della collaborazione della Federazione italiana canottaggio. La sede fu trasferita a Roma e ad Aldo F. Pessina, presidente del periodo milanese, subentrò il conte Gino Tosti di Valminuta, mentre Giordano B. Fabjan fu nominato segretario reggente.
Nel 1937 si era disputata la prima gara ufficiale di slalom a Cassinetta di Lugagnano (Milano). Nel 1939 a Pallanza, in abbinamento con i campionati di canottaggio, si svolse il primo Campionato italiano di canoa per K1 uomini sulla distanza di 1000 m, categoria juniores. Fu a tutti gli effetti il primo Campionato italiano assoluto, in quanto all'epoca la Federazione italiana canottaggio classificava gli atleti come junior o senior non in base all'età, ma al numero di gare ufficiali vinte. Il primo titolo fu vinto da Guglielmo Ascani del GIC, sezione di Roma. L'anno successivo, sempre a Pallanza, fu organizzato il secondo Campionato italiano, con l'inserimento del K2. Nel K1 vinse Ferruccio Cattaneo della sezione di Milano del GIC e nel K2 l'equipaggio misto Cattaneo (Milano) e Luciano Pozzi (Dopolavoro Aziendale Fiat Torino). Vittorio Barbano (Fiat) vinse il titolo del K1 nel 1941, mentre nel 1942 si affermò Eugenio Cornacchia del Gruppo italiano canoa, sezione di Roma. Il Dopolavoro Fiat vinse il titolo del K2 con equipaggio composto da Vittorio Barbano e Walter Giacometti.
Nel 1946, alla ripresa delle attività sportive dopo gli eventi bellici, il CONI optò per la gestione della canoa quale sezione della Federazione italiana canottaggio, anche per evitare dispersione di risorse. Nel 1947 a Milano, in unione con i canottieri, i canoisti riproposero il campionato nazionale, limitato ancora a K1 e K2 sui 1000 m. Campione nel K1 fu Eligio Valentino della S.C. Augusta Taurinorum, mentre nel 1948 e nel 1949 si impose Virgilio Forte del Gruppo Milanese Canoa.
All'interno della Federazione italiana canottaggio il settore canoistico si sviluppava così rapidamente che le sue crescenti esigenze richiesero presto un'apposita Commissione canoa e iniziò una sostanziale revisione dell'impostazione agonistica e organizzativa. In questa fase si cercò l'appoggio delle varie federazioni europee, ma i tecnici inviati in Italia da Francia, Germania, Cecoslovacchia, Ungheria ecc. dopo un certo periodo di tempo rientrarono nei loro paesi senza aver completato il lavoro.
La canoa italiana non aveva partecipato alle Olimpiadi del 1948 a Londra e il primo tentativo di realizzare una buona squadra fu fatto in previsione delle Olimpiadi di Helsinki del 1952: Aldo Luciano Albera (Tirrenia), Raffaele Bastoni (Aniene) e Giorgio Piccinelli (San Giorgio) furono il punto di riferimento di una valida formazione, con i torinesi E. Valentino (Augusta Taurinorum) e P. Vennettilli (G.S. Fiat) e il romano D. Agostini (San Giorgio). Tuttavia non c'erano maestri adeguati per preparare una squadra a tale impegno e il lavoro di adattamento di metodi e tempi operativi non fu molto efficace. L'incarico di allenatore federale venne affidato al tedesco Gerhard Liersch. Le selezioni furono effettuate all'Idroscalo di Milano e l'allenamento della squadra ebbe luogo presso il lago di Bracciano. La partecipazione fu limitata a K1 e K2 su 1000 e 10.000 m. Albera ottenne il migliore risultato in assoluto, arrivando quindicesimo nel K1 sui 10.000 m.
Era necessario abituare i canoisti italiani ai nuovi parametri agonistici internazionali, per cui, con circolare federale del 5 marzo 1953, le società organizzatrici di gare remiere furono invitate a includere nei programmi competizioni di K1 e K2 sui 500, 1000 e 10.000 m, con giro di boa (gare di fondo) e staffetta 4x500 m in K1. Veniva altresì annunciato che nell'anno in corso sarebbe iniziata un'attività sulla C1 (canoa canadese) e ove fosse stato possibile si sarebbe disputato un campionato nazionale per la categoria (cosa che si realizzò più tardi). La stessa circolare informava della decisione di creare la categoria juniores, con relativo campionato, accanto a quella seniores. Sempre nel 1953 furono varati i campionati sui 10.000 m per K1 e K2.
Seguendo il principio che per sviluppare un settore bisogna offrire l'occasione di gareggiare, nel 1954 furono incoraggiate le competizioni femminili e, in abbinamento con i campionati nazionali juniores maschili, a Pallanza, fu inserita una regata nazionale femminile in K1 sui 500 m, di cui fu vincitrice Lucilla Peroni della Canottieri San Giorgio di Roma. Il primo campionato femminile di K1 e K2 sui 500 e sui 3000 m si tenne nel 1958, anno in cui fu varato anche il campionato maschile per la canadese (mono e biposto).
In quello stesso anno la Federazione italiana offrì l'incarico di allenatore federale a Kalman Blahó, ex allenatore federale ungherese e allenatore capo della Honvéd di Budapest, che nel 1956, dopo la rivoluzione d'Ungheria, si era rifugiato in Italia. Blahó, che mantenne l'incarico fino al 1965, diede una vera e propria svolta al settore tecnico dello sport canoistico. Si occupò di propaganda e organizzazione, ideò il KS1 (kayak schuler, di forma analoga al K1, ma con il fondo più piatto, che concede una migliore stabilità) in plastica, di basso costo, facendone realizzare il modello in legno, secondo le proprie direttive, dall'abile carpentiere della Canottieri Padova, Attilio Bruson. L'imbarcazione, costruita da una azienda umbra, ebbe una notevole diffusione e contribuì in maniera determinante allo sviluppo della canoa su acqua ferma. Blahó era competente, preciso, a volte pignolo, e la sua presenza consentì alla canoa italiana un deciso salto di qualità. Attento conoscitore degli uomini, giudicò Aldo Dezi e Francesco La Macchia, della Marina Militare, capaci di adattarsi con facilità alla pagaiata in canadese, settore in cui l'Italia era carente. Sul finire del 1959 fu dunque maturata la decisione che una decina di mesi dopo avrebbe portato a entusiasmanti risultati: alle Olimpiadi di Roma del 1960, Dezi e La Macchia ‒ che non avendo alle spalle adeguata storia sportiva dovettero guadagnarsi il diritto alla partecipazione attraverso le selezioni di rito ‒ conquistarono la medaglia d'argento. Il successo in C2 confermò le qualità di Blahó e la validità della scelta della FIC. In quegli anni, nei quali nei confronti della canoa vi erano ancora dubbi e perplessità, il terzetto veneto composto da Annibale Berton (Bucintoro) e Lorenzo Cantarello (Canottieri Padova) per il kayak e Danilo Tognon (Canottieri Padova) per la canadese, contribuì sensibilmente alla valorizzazione dello sport canoistico. In contemporanea con i tre campioni veneti operarono Renato Ongari e Alberta Zanardi (Canottieri Mincio) di Mantova, mentre una floridissima scuola di canoa si sviluppò a Cremona con due centri canoistici: i Canottieri Baldesio e Canottieri Bissolati, eternamente in rivalità; qui, con Zilioli, Beltrami, Pedroni e Perri sarebbero cresciuti tantissimi campioni. Non va trascurato poi l'impegno del laziale Claudio Agnisetta. Nel 1965 Blahó si trasferì negli USA, dove diventò allenatore nazionale; morì l'anno dopo, all'età di 46 anni, a Fort Wayne, nell'Indiana, stroncato da un infarto.
Nel 1961 fu varato il primo Campionato maschile per K4 sui 1000 m, disputato a Pallanza, nel quale si registrò la prima affermazione di un equipaggio fuori dal giro consueto: vinse il Circolo nautico Brindisi con Antonio Rucco, Ernesto Tasco, Benito Epifani e Pietro Lapertosa. L'anno successivo a Castelgandolfo Rucco e Tasco si aggiudicarono il titolo del K2 sui 10.000 m. Le società del Sud e delle isole, nonostante le problematiche legate ai lunghi trasferimenti, si dedicavano con grande impegno alla giovane specialità. Così nel 1968 a Castelgandolfo ai vertici del campionato femminile del K2 sui 500 m si pose il Circolo nautico Teocle di Giardini Naxos, con F. Maria Zagami in coppia con Angela Rigano, siciliana trasferita a Roma, dove si era espressa con eccellenza al Canottieri San Giorgio.
Nel 1973, in considerazione dello sviluppo dell'attività canoistica, fu accolta un'istanza di autonomia gestionale e si costituì la Commissione italiana canoa (CIC), ramificata sul territorio nazionale in 14 Comitati regionali e ammessa nella Federazione internazionale quale rappresentante della canoa italiana, insieme alle altre 37 federazioni nazionali. Finalmente il 30 novembre 1982, dopo il conseguimento di risultati eclatanti sul piano internazionale, il CONI, sotto la presidenza di Franco Carraro, riconobbe alla CIC il ruolo di federazione aderente con la denominazione Federazione italiana canoa kayak, che fu riconosciuta effettiva il 30 aprile 1987.
Attualmente la FICK promuove lo sviluppo dell'attività sportivo-agonistica, in linea con gli indirizzi della Federazione internazionale e con prevalenti finalità olimpiche. Al 1° gennaio 2003 le risultavano affiliate 289 società in tutti settori di attività (su acque ferme, discesa e slalom, canoa polo).
Parallelamente all'organismo federale riconosciuto dal CONI, si sono costituite altre forme associative di canoisti, culminate nella costituzione della Federazione italiana canoa turistica (FICT), alla quale aderisce una settantina di società. FICT e FICK hanno conseguito un accordo di cooperazione per aspetti organizzativi di comune interesse e collaborano nell'ambito del Comitato sport per tutti, del quale fa parte anche l'AIRAF (Associazione italiana rafting), che coordina l'attività delle associazioni operanti nell'attività fluviale con gommoni. La Federazione italiana dragon boat, che aderisce alla International dragon boat federation, coordina le particolari gare su dragoni, animate da pagaiatori talvolta ancora in attività anche nel settore agonistico della FICK. Nonostante l'attenzione della Federazione internazionale della canoa verso questa specialità, la FICK non ha mostrato interesse verso il settore, che sino a oggi si è autogestito.



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