sabato 18 aprile 2015

IL FALASCO

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Il falasco (Cladium mariscus Pohl, è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Cyperaceae. Tipica della zona Mediterranea, il suo habitat è la palude.

Il falasco è una pianta costituita da foglie molto affilate che se attraversate possono tagliare come rasoi: per toccarlo o coglierlo senza ferirsi bisogna accarezzarlo o tagliarlo sempre dal basso verso l'alto.

Pianta erbacea con fusto eretto e robusto, alla base cilindrico con un diametro che può raggiungere i 3 cm., ed un altezza che varia dagli 80 ai 150 cm.
Le foglie sono sempre verdi, larghe dai 1-2 cm., piuttosto rigide e molto lunghe, con una guaina a nervature reticolate e molto taglienti sui margini.
L'infiorescenza è ramificata con piccole spighe brune di 3-5 mm., riunite in "glomeruli" e composte da 4-6 fiori ferruginei. Generalmente forma i cosidetti "falascheti" grazie alla sua capacità di colonizzare il territorio in cui si trova.
Comune in tutto il territorio nazionale, in particolare nelle zone ricche d'acqua come prati umidi, torbiere neutro basiche, stagni, acquitrini e paludi in genere. Si trova fino a 800 mt. sul livello del mare.

Già la popolazione etrusca si impiegava nella lavorazione delle erbe e piante palustri quali il giunco o la cannuccia sortendone a una specie di ingegneria civile, applicata nella costruzione di robuste capanne dai tetti in paglia, ed a una industria minuta fatta di spazzole, stuoie e ceste.Una attività assai praticata nel comprensorio del lago fino agli anni sessanta del secolo scorso, e oggi tramontata, era permessa dalla presenza di un tipo di pianta: il falasco. Assai diffusa un tempo, come canta – è proprio il caso di dirlo tanta è la musicalità dei suoni – Gabriele D'Annunzio in questi versi tratti dall'Alcyone, il Commiato, composto nei primi anni del Novecento.
«Si i gravi carri lungo le vie chiare / passa il falasco // Sono si vasti i cumoli spioventi / che il timone soperchiano dinnanzi / e il giogo cèlano e le corna e i lenti / corpi dei manzi, // onde sembran di lungi per sé mossi / e tra la polve aspetto hanno di strani / animali dai lanosi dossi, / dai ventri immani. // In fila vanno verso Pietrasanta, / strame ai presepi, ai campi ingrasso. / L'un carrettiere vócia e l'altro canta / a passo a passo.»

Elemento essenziale di tanta semplice architettura il falasco era utilizzato per ricoprire i tetti dei capanni: prime rudimentali abitazioni per tante generazioni. Ancora agli inizi dell'Ottocento la capanna è l'abitazione del pescatore e della sua famiglia, il cui modello costruttivo identico si ripete di generazione in generazione. Costituito da un solo ambiente nel quale in promiscuità si vive: segno di una vita quasi primitiva condotta in un luogo inospitale e inadatto a procurare qualsiasi altro reddito se non quello stesso offerto dalla pratica della pesca e della caccia.
Era usato anche nella costruzione di semplici strutture di riparo per gli animali, o di rimessa per gli arnesi da lavoro. Modeste e semplici costruzioni, quasi elementi naturali dell'ambiente: pochi pali alzati su una base generalmente quadrangolare e collegati tra loro, sopra i quali si stendeva l'orditura del tetto, poi ricoperta dai fasci di falasco.

Ma il falasco era anche materia prima per attività artigianali. Veniva utilizzato nella fabbricazione di sedie, per rivestire oggetti comuni, quali damigiane e fiaschi in vetro, ma anche intrecciato nella composizione di oggetti d'arredo. Oppure direttamente raccolto in fasci che poi venivano venduti. Con il falasco si ricoprivano i pagliai, si preparava lo strame per i buoi. A volte dopo una giornata di pesca o di caccia con mucchi di falasco e legna si accendevano fuochi sui quali venivano cucinati i pesci: le anguille, girate più volte sulle fiamme, oppure se settembre od ottobre, era il luccio il piatto preferito, quando la sua carne si ingentiliva e si faceva più saporita. A volte la lavorazione del falasco si combinava alla pratica della caccia e della pesca, e ad altre occupazioni agricole, adattandosi tutte queste attività alle diverse stagioni in cui l'una o l'altra diventava più proficua e praticabile; dando così vita a esistenze che trascorrevano nell'ambiente del lago quasi in simbiosi con i suoi elementi, seguendone i ritmi, e l'andare delle stagioni.


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