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La belladonna è una pianta a fiore (Angiosperme dicotiledoni) appartenente, come il pomodoro e la patata, all'importante famiglia delle Solanaceae.
Il nome deriva dai suoi letali effetti e dall'impiego cosmetico. Atropo era infatti il nome (in greco:Ἄ-τροπος,cioè in nessun modo, l'immutabile, l'inevitabile) di una delle tre Moire che, nella mitologia greca, taglia il filo della vita, ciò a ricordare che l'ingestione delle bacche di questa pianta causa la morte.
L'epiteto specifico belladonna fa riferimento ad una pratica utilizzata che risale al Rinascimento: le dame usavano questa pianta per dare risalto e lucentezza agli occhi mediante le capacità dilatative della pupilla, un effetto detto midriasi e provocato dall'atropina contenuta nella pianta, che agisce direttamente sul sistema nervoso parasimpatico.
Pianta erbacea e perenne, dotata di un grosso rizoma dal quale si sviluppa un fusto robusto, eretto e ramificato, di altezza compresa tra i 70–150 cm.
Le foglie sono semplici, picciolate, di forma ovale-lanceolata, alternate nella zona superiore a foglie più piccole; come il fusto, sono ricoperte di peli ghiandolari responsabili dello sgradevole odore emanato dalla pianta.
I fiori sono ermafroditi, ascellari e penduli; presentano un calice a 5 sepali ed una corolla a 5 petali di forma campanulata-tubulosa e di colore violaceo cupo; l'androceo è composto da 5 stami con antere molto sviluppate, il gineceo da un ovario biloculare con stilo unico e stigma bifido.
La belladonna fiorisce nel periodo estivo e l'impollinazione è entomogama (tramite Insetti). I frutti sono lucide bacche nere, di piccole dimensioni, contornate dal calice che, durante la maturazione, si accresce aprendosi a stella.
Nonostante l'aspetto invitante e il sapore gradevole, le bacche sono velenose per l'uomo e l'ingestione può provocare una diminuzione della sensibilità, forme di delirio, sete, vomito, seguiti, nei casi più gravi, da convulsioni e morte.
La belladonna cresce sporadica nelle zone montane e submontane fino ad una altitudine di 1400 metri. Predilige i suoli calcarei e i margini di boschi freschi e ombrosi, come le faggete. Allo stato selvatico è presente in Europa centrale, Africa settentrionale e Asia occidentale fino al Pakistan. In Italia si può incontrare nei boschi delle Alpi e Appennini; in Sicilia, ove è conosciuta col nome di "sulatra" (almeno nella zona nord del siracusano), si trova facilmente anche negli agrumeti, in zona collinare attorno ai 400 metri di quota; il succo delle foglie viene usato come rimedio contro le punture di vespa.
In fitoterapia la belladonna è usata da tempo immemorabile dai medici per le sue doti spasmolitiche.
L'ingrediente terapeutico principale della pianta è l'atropina o DL-giusciamina. Si trova in tutte le Solanacee: in dosi terapeuticamente rilevanti in Datura stramonium, Hyoscyamus niger, Solanum nigrum; in dosi più basse in piante coltivate come patate e pomodori.
In medicina accademica (dotta) l'atropina isolata viene ancora usata come dilatatore di pupille e come miorilassante prima di interventi chirurgici.
Secondo l'omeopatia le pillole ricavate dalla belladonna dovrebbero avere gli effetti terapeutici per le seguenti patologie:
faringiti, rinofaringiti, tracheobronchiti e tonsilliti in cui si avverte il bisogno di deglutire in continuazione
febbre durante l'influenza, convulsioni infantili da febbre elevata
Cefalea vasomotoria violenta, pulsante
Processi infiammatori locali con arrossamento "brillante", tumefazione, calore intenso e radiante, dolore acuto, violento e pulsante
Attacchi di delirio, ipersensibilità al rumore e alla luce intensa.
Le foglie della belladonna contengono alcaloidi come atropina, scopolamina, giusciamina, con un contenuto complessivo di min. 0,3%. Nelle radici raggiunge min. 0,5%.
L'effetto complessivo è parasimpatolitico / anticolinergico per via di un'inibizione competitiva del trasmettitore neuromuscolare acetilcolina del recettore. Questo antagonismo incide prevalentemente sull'effetto muscarinico (meno sul nicotinico, sui gangli e sul terminale neuromuscolare). L'effetto è quindi indirizzato al neurovegetativo parasimpatico periferico di muscolatura liscia e al sistema nervoso centrale:
tratto gastrointestinale e biliare: cedimento di organi di muscolatura liscia e spasmolitico
cuore: positivamente dromotropo e cronotropo
bronchi: dilatazione, spasmolisi
nervoso centrale: parasimapatico stimolante: effetti su tremore e rigidità muscolare (malattia di Parkinson)
Secondo la Guida all'uso dei farmaci del Ministero Italiano della Salute la belladonna è indicata sotto le voci di:
Antiemorroidari lenitivi:
Antimuscarinici:
secondo la Commissione E del Ministero della salute germanico l'atropa belladonna è indicato contro:
spasmi e coliche del tratto gastrointestinale e biliare
secondo le esperienze fitoterapiche popolari è utile anche per alleviare le seguenti patologie:
asma, dismenorrea, tremor
Disturbi di ritmo tachicardiaco, iperplasia prostatica, glaucoma, edemi polmonari acuti e stenosi meccaniche nel tratto gastrointestinale.
Effetti collaterali:
bocca secca, diminuzione del sudore e
(in sovradosaggio): disturbi di accomodazione, secchezza e rubor dermico, tachicardia, disturbi di minzione, allucinazioni e stati spastici.
Lesioni anatomiche:
Non sono caratteristiche né costanti; consistono generalmente in una congestione intensa dei polmoni, e dei visceri addominali, della retina, delle meningi e del cervello, associata ad emorragie: in un caso osservato da Rosenberg, il cervello, il cervelletto ed il midollo allungato presentavano numerosi focolai d'emorragia capillare.
Interazioni:
Amplificazione degli effetti anticolinergici di antidepressivi triciclici, amantadina e chinidina.
Le dosi tossiche sono individualmente molto variabili. I bambini reagiscono al solito più sensibilmente degli adulti.
I sintomi di un avvelenamento sono:
mucose secche, difficoltà di lingua e deglutizione
pupille midriatiche (aperte, senza riflesso) con paralisi di accomodazione e ipersensibilità del soggetto alla luce
pelle secca e arrossata
febbre, tachicardia
atonia intestinale
eccitazione centralnervosa (irrequietudine, confusione, ev. allucinazioni e spasmi)
più tardi sonnolenza, coma e arresto respiratorio
Sintomi dell'avvelenamento - Insorgono per lo più molto rapidamente, e sono caratterizzati da un senso di aridità, di secchezza e di stringimento nella bocca e nelle fauci, nausea e raramente vomito, midriasi con insensibilità delle pupille alla luce, ambliopia e poi amaurosi; andatura barcollante (gli ammalati sembrano ebbri e non possono tenersi in piedi); vertigini seguite da deliqui; occhi sporgenti, iniettati di sangue, sguardo fisso, stupido o truce; polso frequente, piccolo o pieno e duro; dispnea; emissione involontaria di feci e di orina (paralisi degli sfinteri). La pelle è calda, sede di prurito intenso, coperta d'un esantema scarlattiniforme. Nei bambini si notano ordinariamente trisma e convulsioni; negli adulti delirio gaio o furioso, con allucinazioni, seguito da coma, convulsioni, talvolta tendenza a mordere, morte per paralisi generale in 24-36 ore. Nei casi non letali si osserva un lento e graduale miglioramento dei sintomi; talvolta insorge la febbre con profusi sudori, e la guarigione avviene dopo 4-8 giorni. L'avvelenamento per atropina non si differenzia da quello per belladonna che per una maggiore rapidità di decorso.
Diagnosi differenziale da bambini: malattie infettive
Primo soccorso: svuotamento gastrico, fisostigmina. Cura come sindrome anticolinergico centrale
Cura:
Emetici, purganti, pompa gastrica. Gli antagonisti dell'atropina sono principalmente la pilocarpina, la morfina e l'idrato di cloralio. La morfina è solo indicata nello stadio dell'eccitamento, e non in quello del collasso terminale: in questo periodo può usarsi l'idrato di cloralio, avvertendo però che il cuore viene maggiormente indebolito dal cloralio che dalla morfina. Non si dovranno pertanto dimenticare gli eccitanti (caffè, alcool, etere; ecc.) ed i rivulsivi cutanei (affusioni fredde sul capo, senapismi sul petto e sui polpacci ecc.).
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