lunedì 9 febbraio 2015

CANI E GATTI:LA CONVIVENZA E' POSSIBILE



Spesso indichiamo il cane e il gatto come due figure perennemente in conflitto ma non è così.
Molto spesso, quando qualcuno tenta di spiegare l’apparente inconciliabilità tra cane e gatto, si sente dire che il problema è nel loro reciproco linguaggio. L’esempio tipico che si fa è quello della coda: se il cane scodinzola vuol dire che è “felice” mentre il gatto lo fa, normalmente, quando è molto nervoso. Questo implica che un cane che incontri per la prima volta un micio accondogliendolo con entusiastiche sferzate di coda, molto probabilmente verrà interpretato dal felino come un essere “strano” e soprattutto molto, molto arrabbiato e, quindi, potenzialmente pericoloso. O, al contrario, un cane potrebbe interpretare per giocoso un qualunque gatto agiti nervosamente la coda e pronto ad aggredire.

In realtà, cane e gatto sono più simili di quanto si pensi: in entrambi uno stato emotivo di disagio o preoccupazione li porta a piegare le orecchie all’indietro, entrambi sfruttano l’evitamento (distolgono lo sguardo, assumono posture laterali o addirittura si allontanano) per evitare conflitti con conspecifici, entrambi espongono i denti come tecnica difensiva di “persuasione”, entrambi ringhiano sommessamente per esprimere lo stesso stato d’animo, entrambi tengono la coda attaccata al corpo nelle posture più difensive ed entrambi preferiscono la via di fuga allo scontro ad oltranza (fatte salve specifiche tendenze di razza e temperamento).
Del resto, se il fraintendimento fra cane e gatto fosse vincolato solo dall’interpretazione reciproca del movimento della coda, dovremmo pensare che qualunque coppia cane-gatto sarebbe destinata, prima o poi, a vivere in armonia: nel tempo, infatti, subentrerebbero meccanismi di apprendimento tali per cui i fraintendimenti iniziali dovrebbero chiarirsi (come vi dimostra chiaramente l'estrema attenzione con cui un qualunque cucciolino di cane osserva il movimento della coda di un micio). Invece, non sono rari i casi di gatti irrimediabilmente incapaci di intessere una qualunque relazione con un cane e viceversa. Paradossalmente, la socializzazione tra individui senza coda dovrebbe risultare facilitata senza questo segnale discriminatorio così fuorviante, mentre l’esperienza comune insegna che così non è.
Allora, imparare quali sono le differenze profonde tra queste due specie, è il primo passo che si deve compiere se si ha intenzione di farle convivere e si desidera intervenire attivamente sulla reciproca scoperta e comprensione.

Prima di proseguire con la lettura, se ancora non l'avete fatto, vi invitiamo a leggere l'articolo dedicato al comportamento del gatto, per avere una prima idea delle tematiche che affronteremo.

Confrontando la lista sintetica e affatto esaustiva delle caratteristiche di specie del gatto fornite nell'articolo sopra citato con l’approccio “usuale” di un cane equilibrato e ben socializzato, non faremo fatica a comprendere perché questi due animali fatichino tanto a capirsi, almeno inizialmente.
Il cane è un animale sociale e, come tale, vive la vicinanza con altri individui come una condizione naturale, persino indispensabile al suo equilibrio emotivo. Un cane che incontri un gatto con intenzioni giocose, gli si avvicina normalmente scondinzolando, magari annusandolo nell’area anogenitale appena ne ha l’opportunità ed, eventualmente, può decidere di invitarlo al gioco con balzi e movimenti concitati. Se il gatto, per tutta risposta, si sottrae e si allontana con un passo via via più veloce, è molto probabile che il cane ceda alla tentanzione di lanciarsi in un gioco predatorio.

Il gatto è un animale che modula le distanze per evitare i conflitti o, semplicemente, per limitare le interazioni indesiderate. Un cane che si avvicini scondinzolante ignorando - esattamente come un essere umano - i segnali di distanza o di evitamento del gatto, rompe il “patto” di non belligeranza, imponendo un’interazione ad un animale discreto e riservato che, per di più, tollera il contatto fisico solo di precisi, ben selezionati individui. A seconda del grado di confidenza tra i due, del temperamento e dell’umore, il gatto può decidere di assecondare il cane. Tuttavia, è molto più probabile, che il micio decida di allontanarsi indispettito o addirittura impaurito dall’esuberanza dell’altro (anche nell’invitare al gioco i gatti sono discreti e graduali, non "fisici" come certi cani). A questo punto, se all'approccio un po' invasivo si aggiunge l’ulteriore imposizione del contatto naso-anogenitale da parte del cane (il contatto più “profondo”, l’ultimo e più confidenziale stadio del rituale di approccio per il felino), questo attiva nel gatto una risposta di allontanamento veloce, per poi trasformarsi in autentica fuga, scatenando nel cane la sequenza predatoria. È evidente, dunque, che i problemi di (intolleranza fra cane e gatto vanno ben al di là di una semplice lettura del linguaggio posturale. Le differenze sono profonde e radicate nella natura sociale delle due specie, a partire dalla quale scaturiscono aspettative diverse riguardo l’interazione con il mondo esterno e, quindi, riguardo il modo di approcciare e di presentarsi.

Impostare una convivenza pacifica, tuttavia, non è impossibile, a patto che si abbia la pazienza di dar modo agli individui di conoscersi, di capirsi, e di modulare opportunamente la loro relazione sulla base delle rispettive caratteristiche di specie. Inoltre, tenete sempre presente che è molto più semplice far conoscere tra loro due cuccioli (di cane e gatto, rispettivamente), piuttosto che inserire un cucciolo di cane in una casa in cui viva un gatto adulto o viceversa. Nel primo caso, in particolare, a seconda del temperamento del cane e del bagaglio esperenziale del gatto, la convivenza può anche non riuscire a superare mai i limiti di una reciproca indifferenza. Il che è già una conquista per entrambi.

LEGGI ANCHE LA PAGINA
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