La müsa o müsa appenninica, è uno strumento musicale italiano della famiglia delle cornamuse, ad ancia doppia con bordone ad ancia semplice, intonata in do con la sensibile si.
La müsa dava il nome, e ha continuato a farlo ben oltre la sua scomparsa, alla coppia di musicisti tipica delle Quattro Province i müsetta, che suonavano prima piffero e müsa, poi piffero e fisarmonica. Il tradizionale duo ha dato il nome al gruppo musicale della Val Trebbia noto appunto come Müsetta.
Le origini della musa, come quelle di molti strumenti popolari, si perdono nel passato semplicemente per la scarsità di documentazioni precise riguardo agli oggetti di uso comune. Un quadro del seicentesco pittore genovese Bernardino Strozzi, intitolato "L'allegra brigata", rappresenta un gruppo di suonatori tra i quali si riconosce una zampogna oltre a bombarde e altri fiati. Le associazioni di parecchi strumenti all'epoca non dovevano essere inconsuete: una grida vescovile del 1578 a Sestri Levante cita balli "con suon di Muse, et altri istromenti", e vieta risolutamente di "suonare Muse, Liuti, Arpe, Viole, Lire, Rebecchini, Cittere, Chitarre, Flauti, Piffali, Cornetti: né qualsi vogli altra sorte d'istromenti atti a far ballare". È questo il documento più antico a nostra conoscenza che nomini la musa. Il fatto che venga citata per prima e ripetutamente suggerisce che si trattasse di uno strumento tipico dell'area ligure. Altre tracce infatti se ne trovano pochi anni dopo tra Torriglia e la Fontanabuona. In un processo del 1583 o 1584 l'imputato dichiara: "volevamo andare alla volta di Soglio, e gionti à Orero avendo sentito la musetta a casa di Gottardo Arata, si accostiamo per bere"; e in un altro del 1661 si riporta che nel paese di Marzano "il Bortolo Guano disse al Chigorno se le voleva fare due stanze con la musa et esso rispose che gliene havrebbe anche fatto quattro di stanze e così cominciò a pinfare la musa per suonare, ma Bortolo disse al Giacomo fermatevi di suonare perché ho da fare conto con alcuni che hanno mangiato e che se pur suonate usciranno fuori e non farò bene i fatti miei, per il che il detto Giacomo cessò di suonare et anco esso andò nell'osteria a mangiare...".
Il termine dialettale müza può essere trasposto in italiano, coerentemente con la fonologia dei dialetti liguri, in musa con u normale; e così viene infatti pronunciato, parlando in italiano, dai suonatori odierni. I parlanti anziani delle Quattro Province la chiamano anche müzetta, forma che potrebbe essere riconnessa alla musette francese.
Venne utilizzata fino agli anni trenta del secolo scorso, prima di essere sostituita dalla fisarmonica, come strumento di accompagnamento del piffero, per le musiche delle "Quattro province" che costituiscono l'area culturale formata dalle valli montane delle province di Pavia, Alessandria, Genova e Piacenza. Nella provincia di Piacenza era diffusa nelle valli della parte ovest: val Trebbia, val Tidone, val Luretta, val Boreca, mentre nelle valli ad est, dalla val Nure fino alla provincia di Parma si usava la piva emiliana.
La müsa è composta da una canna con fori digitali (chanter o canna del canto), da una canna di bordone che emette un unico suono e da una detta insufflatore. Tutte e tre sono inserite in un otre di pelle che costituisce il serbatoio dell'aria.
Il chanter, ad ancia doppia, è costruito in un unico pezzo di legno, lavorato al tornio, con sette fori (quindi mancante del foro per il pollice; la nota che manca si ottiene ottavizzando lo strumento) per le dita nella sua parte anteriore, il foro per il mignolo è doppio per permettere l'uso dello strumento a destrimani e mancini (quello non utilizzato viene tappato con cera). Possiede altri fori chiusi detti di intonazione.
Il bordone, ad ancia semplice, è costituito da due pezzi, lavorati al tornio, all'estremità ha dei fori di intonazione che vengono tenuti aperti o chiusi con la cera per modificare l'intonazione. Il bordone è intonato in sol (tonica) o re (dominante), e questa possibilità di scelta costituisce un caso straordinario nel panorama delle cornamuse europee: solo una svedese, detta säckpipa, anch'essa attualmente in disuso, possiede un bordone con fori per modificare l'altezza del suono prodotto. La canna di bordone viene tenuta appoggiata all'avambraccio, a differenza della piva emiliana che avendo due bordoni appoggia il bordone maggiore sulla spalla e quello minore sull'avambraccio.
L'otre o baga è in pelle conciata, tradizionalmente di capretto, che viene cucita nella parte posteriore e si utilizzano le aperture di collo e zampe anteriori per l'inserimento dell'insuflatore, del chanter e del bordone.
L'insufflatore, con valvola di non ritorno, permette al musicista di immettere il fiato dentro l'otre che lo distribuisce in modo costante a chanter e bordone, con la pressione che l'avambraccio esercita sull'otre stessa.
Alcuni chanter e bordoni di müsa provenienti dal laboratorio del Grixiu (famoso costruttore di pifferi di Cicagna) raccolti da Ettore Guatelli sono conservati al Museo etnografico di Ozzano Taro (PR).
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