La sigaretta fu, forse, inventata dai soldati musulmani che, durante l'assedio di San Giovanni d'Acri (nell'odierno Israele) del 1831-2, pare sostituissero al narghilè i tubetti di carta svuotati della polvere da sparo con del tabacco sminuzzato manualmente. Altri ne attribuiscono l'invenzione ad alcuni soldati inglesi, sbarcati sempre a San Giovanni d'Acri nel 1840 in seguito all'azione militare contro l'Egitto. Costoro, privi di pipe e di tabacco, fabbricarono speciali sigarette ricorrendo a foglie di tè arrotolato. L'arrivo nel mondo moderno, non tanto della sigaretta quanto dell'uso di inalare il fumo prodotto dalla combustione delle foglie di tabacco, avvenne l'8 novembre 1587 quando Sir Walter Raleigh portò in Gran Bretagna, allora sotto il regno di Elisabetta I d'Inghilterra, delle foglie di tabacco e altri vegetali provenienti dalle terre adiacenti al fiume Orinoco. Nel 1885 James Buchanan Duke iniziò la produzione e la commercializzazione delle moderne sigarette prodotte industrialmente.
Non solo Duke contribuì a creare la sigaretta ma ha anche aperto la strada ai sistemi di marketing che hanno portato al suo successo in tutti il mondo.
Nel 1880, all’età di 24 anni, Duke entrò in quella che allora era una nicchia nel business del tabacco: le sigarette rollate e pronte. Inizia a lavorare con un giovane meccanico, James Bonsack, che diceva di poter meccanizzare la produzione di sigarette. Duke era convinto che la gente avrebbe avuto voglia di fumare queste sigarette ordinate e perfettamente simmetriche.
Dalla macchina di Bonsack venne fuori una sigaretta di lunghezza infinita e successivamente veniva tagliata attraverso cesoie rotanti. Il manufatto veniva “vivacizzato” con additivi chimici: glicerina, zucchero, melassa e altri prodotti utili per mantenere umide le sigarette.
Il Dr Robert K. Jackler, della Stanford University Medical School, spiega come le donne siano state persuase a fumare agli inizi del XX secolo: “L’industria del tabacco ha avuto un problema rispetto alle donne e alla pubblicità a loro rivolta: per convincerle a fumare doveva cambiare le aspettative culturali”. In quegli anni, una donna che fumava veniva infatti considerata una prostituta. Una “signora”, invece, non sarebbe mai stata sorpresa a fumare in pubblico.
La Società Americana del Tabacco chiamò un esperto di comunicazione, il dottor Edward Bernays (parente di Sigmund Freud), che elaborò una strategia di marketing rivolta proprio alle donne. Edward, a sua volta, consultò lo psicanalista Abraham Arden Brill, per indagare sul significato più profondo della relazione tra la sigaretta e la donna. Brill era stato uno dei primi in America a praticare la psicanalisi, e confidò a Bernays che secondo lui per le donna la sigaretta avrebbe potuto rappresentavano il simbolo maschile per eccellenza, il pene, e il potere sessuale del maschio. Brill disse a Bernays che se fosse stato possibile trovare il modo di collegare le sigarette all’idea di sfida al potere maschile, le donne avrebbero fumato. E in quel modo avrebbero posseduto un proprio “pene”. Alla fine degli anni ’20, Bernays reclutò un gruppo di donne e le fece marciare sulla Quinta Avenue di New York con le loro “torce della libertà”: le sigarette. Uno dei simboli più potenti dell’emancipazione femminile.
La macchina di Bonsak era in grado di produrre 120.000 sigarette al giorno, circa un quinto del consumo degli Stati Uniti in quel momento. L’industria del tabacco si trovava di fronte ad un problema: a breve avrebbe prodotto più sigarette di quanto ne venivano vendute. Doveva dunque capire come catturare questo mercato. La risposta si trovava, ancora una volta nella pubblicità e nel marketing. Duke iniziò a sponsorizzare manifestazioni e concorsi di bellezza, tappezzando di annunci giornali e rotocalchi. Nel 1889 spese 800 mila dollari per azioni di marketing (circa 25 milioni di dollari di oggi). Come Duke aveva intuito alla gente piaceva questa “sigaretta meccanizzata”. Era di aspetto moderno e igienico (rispetto ai sigari rollati a mano e chiusi con la saliva). Le sigarette, inoltre, venivano considerate più salutari delle altre forme di fumo viste le loro dimensioni. E a lungo i medici le consigliarono contro il raffreddore, la tosse e la tubercolosi.
C’è stato un movimento anti-sigaretta agli inizi del 1900, ma era più interessato alla morale che alla salute. Le sigarette sono state vietate in 16 diversi stati degli USA, tra il 1890 e il 1927. Anche per questo motivo lo sguardo di Duke inizia a rivolgersi ai mercati stranieri. Nel 1902 fonda la British American Tobacco con il suo rivale Imperial Tobacco. Imballaggio e commercializzazione sarebbe stata ottimizzata per i consumatori diversi, ma le sigarette sarebbero rimaste invariate. Oltre un decennio prima della creazione del modello T, di Henry Ford (la prima auto costruita in serie), James Duke aveva realizzato un prodotto universale. Secondo Jordan Goodman, autore del libro “La storia del tabacco”, tutta la globalizzazione per come la conosciamo (da McDonald a Starbucks) è stata preceduta dalla sigaretta di Duke.
La diffusione delle sigarette, a livello globale, ancora oggi è in crescita. Sebbene il fumo nelle parti ricche del mondo sia in declino, la domanda di sigarette nei paesi in via di sviluppo è in aumento del 3,4% l’anno, portando ad una crescita complessiva dei consumi di sigarette. L’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che, se non verranno prese urgenti misure preventive, 100 milioni di persone moriranno per malattie legate al tabacco nel corso dei prossimi 30 anni: più che di Aids, tubercolosi, incidenti stradali e suicidi messi insieme.
La sigaretta è un oggetto di consumo molto diffuso in alcune culture, nonostante i danni noti derivanti dalla dipendenza (tabagismo) e dall'assunzione diretta o indiretta del fumo, anche da parte di soggetti astanti e non fumatori. Il fumo di sigaretta è il metodo più comune di assunzione della nicotina, il componente psicoattivo del tabacco.
La sigaretta in uso in occidente è generalmente composta di foglie di tabacco essiccato e finemente tritato (trinciato) e di tabacco ricostituito, spesso mischiato con altri additivi, arrotolate o pressate in un cilindro di carta arrotolata di varie fogge, spesso di poco meno di 120 mm di lunghezza e 10 mm di diametro. Uno dei lati della sigaretta viene acceso e brucia lentamente senza fiamma permettendo di inalare il suo fumo dall'altro lato dove può essere posto un filtro, che il fumatore porta alla bocca. Talvolta le sigarette vengono fumate attraverso un bocchino.
La sigaretta si differenzia dal sigaro per le sue dimensioni inferiori, per il diverso trattamento a cui sono sottoposte le foglie di tabacco che la compongono e per la carta di colore bianco che la avvolge. L'involucro dei sigari invece viene generalmente creato arrotolando foglie di tabacco intere.
La nicotina, il principale componente attivo a livello neurologico della sigaretta, provoca una forte dipendenza nel soggetto che la consuma, stimolando il "sistema di ricompensa" del cervello.
Il fumo di sigaretta è considerato causa di gravi danni alla salute e fattore favorente l'insorgere di patologie a carico dell'apparato respiratorio, dell'apparato cardio-vascolare, nonché lo sviluppo di tumori. Studi hanno dimostrato che l'assunzione di fumo attraverso la sigaretta è più pericolosa per l'organismo rispetto all'assunzione tramite pipa o sigaro, in quanto nell'atto del consumo la quantità inalata è superiore, e i prodotti di combustione della carta aggiungono ulteriori componenti tossici, anche se alcuni tumori del cavo orale sono specifici delle ultime due modalità. Il consumo del fumo provocato dalle sigarette in maniera attiva o passiva provoca secondo alcune stime più di 440.000 morti ogni anno soltanto negli Stati Uniti.
Il fumo di sigaretta (e generalmente di tabacco), è una miscela di gas (87%), vapore (5%) e particelle solide sospese (8%).
Il fumo derivante dalla combustione di una sigaretta contiene oltre 4.000 composti. Circa 3900 di queste sostanze sono gravemente dannose per gli organismi viventi. In generale comunque, il prodotto della maggior parte delle combustioni in carenza di ossigeno, atte a generare particolato incombusto o fumo, contengono composti dannosi per la salute.
Negli ultimi anni nei paesi più progrediti, i consumatori del fumo di sigaretta sono diminuiti, a seguito delle notizie riportate dal Surgeon General nel 1964, di correlazione fra fumo e danno alla salute. La riduzione non fu poi così drastica: nel 2003, ad esempio, negli USA il 22% degli uomini fumava regolarmente sigarette, e anche se nel 2004 il Surgeon General ha evidenziato nuovi pericoli aggiuntivi per chi fa uso abitualmente di sigarette, il numero di consumatori non è diminuito ulteriormente. In Italia tra il 2006 e il 2007 il numero complessivo di fumatori è leggermente aumentato. Il sesso maschile prevale e per quanto riguarda l'età iniziale si attesta intorno alla prima decade,e più del 30% dei fumatori inizia prima del raggiungimento della maggiore età. Per quanto riguarda il sesso femminile comporta il 17% di tutti i decessi negli USA, il fumo in generale avendo effetti anti-estrogenici comporta nella donna cambiamenti ormonali come l'anticipazione della menopausa.
La maggior parte delle sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene prodotte nella combustione di una sigaretta è contenuta nel residuo del fumo ottenuto per allontanamento dell'acqua e della nicotina. Le sostanze nocive del fumo che possono danneggiare direttamente l'apparato respiratorio, irritare e predisporre a danni ulteriori, ma anche indirettamente il resto dell'organismo, sono essenzialmente prodotti della combustione incompleta di tabacco e carta, e sostanze volatilizzate per la relativamente elevata temperatura che ne consegue:
catrame
composti organici volatili (VOC), tra cui il cancerogeno benzene;
idrocarburi policiclici aromatici (IPA), provenienti dalla combustione sia della carta sia del tabacco;
particolato, e principalmente
particolato carbonioso, anch'essi derivanti dalla combustione incompleta;
nicotina, contenuta nelle foglie della pianta del tabacco e volatilizzata col calore;
monossido di carbonio, prodotto dalla combustione incompleta;
sostanze irritanti,
in primo luogo le aldeidi (acroleina, acetaldeide), conseguenti ad una combustione incompleta ma a maggior livello d'ossidazione;
e a seguire acidi organici carbossilici (acido formico), fenoli (fenolo, cresoli),
ammine e ammoniaca,
idrocarburi non aromatici di varie tipologie (principalmente alcani C12-C15) che contribuiscono a intaccare lo strato lipidico protettivo di organi e cellule, predisponendo all'aggressione di altri composti;
altre sostanze ossidanti.
È misurabile la formazione di radicali liberi e ossidanti di ossigeno o carbonio durante la combustione della sigaretta. Questi radicali sono a "a vita lunga", con un tempo di vita alla temperatura del fumo inferiore al secondo, che quindi terminano le loro reazioni mentre fluiscono attraverso la lunghezza della sigaretta, prima di arrivare al polmone del fumatore. Il principale di questi è il complesso chinone-idrochinone, che riduce l'ossigeno molecolare a anione superossido, perossido di idrogeno e radicale idrossilico. Queste reazioni sono ostacolate se interviene la superossido dismutasi, una metalloproteina che catalizza la dismutazione del radicale superossido in ossigeno singoletto.
Nella fase aeriforme, invece, si dimostra la formazione di un secondo tipo di radicali alchilici e carbossilici, molto più reattivi e a vita breve, pari a qualche frazione di secondo. Questi radicali si rilevano in alte concentrazioni nel fumo sia con la condensazione del fumo a temperature molto basse, che a temperatura ambiente con lo spettroscopia EPR, se questi radicali sono stati intrappolati da composti più stabili (spin trapping e chemiluminscenza) che li rendono misurabili dopo 1000-1200 secondi. La dinamica di questi radicali è stata correlata al biossido di azoto, molto reattivo con le specie chimiche presenti nella sigaretta, in particolare con i dieni (come l'isoprene) per formare radicali alchilici.
Una sigaretta brucia tra i 25 e i 30 mg di acido ascorbico. Un picco nella produzione di radicali liberi e ossidanti avviene nei primi minuti di combustione. Con la tecnica della chemiluminescenza, si è verificato che questo primo picco è ridotto in modo importante dalla acetilcisteina e l'erdosteina, e ancora di più il derivato glutatione; con la stessa tecnica è stato evidenziato per la prima volta un secondo picco più significativo, dopo 12-14 minuti, che scompare con l'aggiunta alla sigaretta di antiossidanti quali sodio selenito, vitamina C oppure A/ C/ E, e si riduce debolmente con acido urico, nell'impossibilità di portarli in dosi adeguate direttamente al polmone.
L'assunzione alimentare di resveratrolo sembra ridurre drasticamente i sintomi dell'ostruzione delle vie aeree nei fumatori e nei malati cronici, non la permanenza di sostanze tossiche nei polmoni. Se il fumo è tra le possibili cause di un aumento dei globuli rossi nel sangue (policitemia, percentuale in volume), l'alcol determina una minore produzione del numero di globuli fino a condizioni di anemia.
La nicotina è uno dei principali componenti del tabacco, cui conferisce aroma e sapore; viene per la maggior parte eliminata nell'aria, mentre una piccola quantità arriva ai polmoni, dai quali viene parzialmente assorbita, generalmente in ragione da un quindicesimo ad un ventesimo della quantità di nicotina presente nel fumo inspirato, per un totale compreso tra 1 e 2 milligrammi per ogni sigaretta fumata. Provoca l'aumento della pressione del sangue, l'aumento delle contrazioni del cuore e produce contrazioni dei vasi sanguigni periferici; è inoltre l'agente che più di ogni altro porta al fumatore dipendenza ed assuefazione.
Il monossido di carbonio è un gas tossico che interferisce con il trasporto dell'ossigeno da parte del sangue e con il suo utilizzo a livello cellulare.
Gli idrocarburi policiclici aromatici prodotti dalla combustione della sigaretta, contribuiscono al danno genomico, aumentano notevolmente il rischio di insorgenza dei principali tumori dell'apparato respiratorio, dell'apparato digerente e di diverse altre patologie tumorali.
Il consumo abituale di sigarette è fattore di incremento del rischio dell'insorgenza di una serie di patologie che possono avere esito mortale per il soggetto, raggruppabili in tre sottospecie: cardiopatie, malattie respiratorie e comparse di masse tumorali:
Il fumo aumenta la pressione delle arterie, causa aterosclerosi, ostacolando la circolazione del sangue nei vasi e aumentando il rischio di infarto e di ictus.
Broncopneumopatia cronica ostruttiva, la quarta causa di morte nel mondo più civilizzato, un'ostruzione delle vie respiratorie, il cui sintomo premonitore è una tosse continua.
Carcinoma polmonare, negli USA nel 2005 considerato come il 13% di tutti i tumori, mentre in Italia è considerato la prima causa di morte per manifestazione tumorale, con 32.000 morti nel 2002.
Carcinoma della bocca, di cui rappresenta la prima causa in assoluto, assieme all'abuso di alcolici, abitudine che spesso si accompagna al fumo.
Carcinoma endometriale, soprattutto nelle donne in stato di postmenopausa.
Carcinoma gastrico, per cui viene considerato il più alto fattore di rischio.
Polmonite interstiziale desquamativa
Infarto miocardico acuto, nelle donne il rischio è aumentato da 6 a 9 volte.
Ictus
Bronchiolite respiratoria con interstiziopatia
Malattia di Buerger, una forma di trombosi più diffusa nel continente Asiatico, se la persona continua il consumo abituale delle sigarette può rendersi necessario l'amputazione dell'arto interessato.
Malattia di Legg-Perthes: fumare durante la gravidanza aumenta il rischio di incidenza nei nascituri.
In alcuni Paesi, come l'Italia, i produttori sono tenuti a inserire nei pacchetti di sigarette messaggi sulla pericolosità del fumo per la salute. In altri Paesi, i produttori provvedono a farlo volontariamente. Queste informazioni escludono la responsabilità dei produttori per le malattie causate dal fumo attivo, e la possibilità di richieste di risarcimento danni.
Il tabacco, e in particolar modo la nicotina in esso contenuta, possono creare dipendenza. L'esistenza di un'astinenza da nicotina fu ipotizzata per la prima volta nel 1942, ma fu scientificamente provata dagli studi sul tabacco effettuati tra il 1961 e il 1975 dai dottori Herbert Silvette e Paul Larson. In un primo momento si credette che i sintomi della dipendenza fossero inconsistenti e di origine psicologica, e solo alla fine degli anni settanta si parlò di una vera e propria sindrome di astinenza da nicotina.
L'approccio iniziale favorì la credenza che l'assunzione di nicotina non comportasse tossicodipendenza, e in questo contesto si inserirono le campagne di disinformazione da parte delle industrie delle sigarette, che cercarono per decenni di nascondere i rischi mortali derivanti dal fumo. Un indicatore per comprendere la dipendenza del soggetto alla nicotina è il semplice cercare di ritardare la cosiddetta "prima sigaretta della giornata", spesso si va incontro all'astinenza da fumo, e la persona cerca aiuto non riuscendo a smettere autonomamente.
Occorre distinguere comunque tra dipendenza fisica e dipendenza psicologica. La nicotina o anche la sigaretta nella sua interezza (ad esempio il gesto stesso di fumare o di tenere la sigaretta tra le dita) possono generarle entrambe. La dipendenza dalla sigaretta può variare molto da soggetto a soggetto, comunque in genere si ha una diminuzione o scomparsa dei sintomi della dipendenza fisica entro una decina di giorni dall'ultima sigaretta[senza fonte], mentre la dipendenza psicologica può durare anche per mesi, anni o non scomparire mai del tutto.
Alcune ricerche metterebbero in risalto l'estrema difficoltà, per i soggetti che ci provano, a smettere completamente di fumare: meno del 7% di chi non usufruisce di alcun supporto farmacologico e/o medico-psicologico non avrebbe ricominciato a fumare a distanza di un anno. Più recentemente si è ricorso anche all'ipnosi, all'agopuntura, ai farmaci a base di nicotina e al bupropione. Nell'ipnosi il terapeuta trasmette messaggi al paziente, immerso in uno stato di coscienza basso, che potrebbero rinforzare la sospensione al fumo; invece l'agopuntura sfrutta il metodo di terapia auricolare; i prodotti a base di nicotina, siano essi cerotti, gomme da masticare o spray, tendono a spezzare il circolo della dipendenza fisica; il bupropione, infine, produce avversione al fumo.
Ma possiamo incolpare Duke di tutto questo? Dopo tutto, nessuno è stato costretto a iniziare a fumare, anche se per tanti è difficile rinunciare una volta che hanno iniziato. In un saggio Proctor Robert ha scritto che molte persone in tutta l’industria del tabacco hanno una certa responsabilità: “Dobbiamo renderci conto che tutte gli annunci pubblicitari possono essere cancerogeni, insieme ai negozi che vendono le sigarette. I dirigenti che lavorano per le aziende di sigarette causano il cancro, così come i grafici che curano il design dei pacchetti di sigarette”. Le cause legali vinte contro contro “Big Tobacco” hanno dimostrato che le aziende del tabacco erano a conoscenza degli effetti negativi dei loro prodotti, ma non ha fatto nulla a riguardo. Buck Duke, che morì nel 1925, non lo ha fatto.
Dietro il tabacco si cela uno dei piu' evidenti conflitti di interesse nello Stato italiano che guadagna dalle imposte sul tabacco il 74 per cento del costo del pacchetto. Inoltre lo Stato italiano incassa anche la percentuale destinata al produttore (16 per cento) nel caso in cui la sigaretta venduta e' quella prodotta dal Monopolio di Stato.
Grazie alle tasse delle sigarette nel 1999 sono entrati nelle casse dell'erario 17 mila miliardi.
Il Monopolio di Stato da pochi mesi si e' trasformato in Ente Tabacchi Italiani (ETI), sempre statale ma che ha avviato alla privatizzazione la struttura della manifattura di Stato.
A proposito di sprechi: per rendere competitiva la struttura aziendale l'ETI ha dovuto fare numerose potature al personale chiudendo alcune manifatture. Come dichiarato dagli stessi dirigenti dell'ETI in Italia 14 stabilimenti producevano tanto quanto viene prodotto in un solo stabilimento della Philip Morris in Olanda. Ora gli stabilimenti sono quasi dimezzati e gli addetti in esubero spostati altrove. Spesso si sente dire da parte degli operatori del settore che il tabacco crea lavoro.
Di fatto vanno ridimensionate le cifre, sia per gli esuberi, sia per gli addetti alla coltura e trasformazione del tabacco che vengono contati come se le loro economie familiari dipendessero unicamente dal tabacco, mentre moltissimi di loro sono stagionali e precari.
Il fatto che il tabacco crei posti di lavoro e' una teoria che spesso ne legittima l'esistenza. Ben poca evidenza viene data al fatto che il tabacco contiene una droga (la nicotina, catalogata come tale dalle autorita' sanitarie mondiali piu' importanti), che questa droga andrebbe venduta in farmacia come sostanza stupefacente, e che questa sostanza genera nel giro di poche settimane dipendenza, e che questa dipendenza induce a fumare oltre alla nicotina una quantita' di catrame che provoca la morte (prematura, di 10-15 anni) a 90.000 persone ogni anno in Italia.
Lo Stato evidentemente preferisce le entrate immediate (i tabaccai a cui spetta il 10 per cento del costo del pacchetto, pagano settimanalmente alla consegna della merce il prezzo integrale delle sigarette che acquistano) senza tenere conto dei costi sanitari che a lungo termine il vizio del fumo provoca. Tra cure per il cancro, asma, bronchiti e giornate lavorative perse la spesa sanitaria determinata dal fumo ammonta a circa 17.000 miliardi l'anno, che corrisponde piu' o meno alla cifra che lo Stato incassa con le tasse sulle sigarette.
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