venerdì 22 gennaio 2016

LE MINIERE



Nella preistoria l'uomo cercò di migliorare la sua esistenza creando oggetti utili alla caccia o alla propria difesa o ancora per preparare e cucinare i cibi.
All'inizio gli oggetti furono costruiti in legno, poi in pietra, ma una sorpresa attendeva quegli uomini; la scoperta del rame e dello stagno diede origine all'era del bronzo, ma uno di quei popoli di allora fece una scoperta ancora più interessante, era il popolo degli Ittiti, scopritori del ferro.
A partire dal XIV secolo a.C. cominciò la vera siderurgia, gli Ittiti conservarono a lungo il monopolio della lavorazione del ferro e solo dopo il loro decadimento nel 1200 a.C. la lavorazione del ferro si diffuse in medio Oriente, nell'Egeo e in Europa.

La ricerca del ferro come degli altri minerali quali il rame e lo stagno a quell'epoca era in un certo qual modo semplice, infatti questi minerali erano in vene affioranti e la loro estrazione si rivelava abbastanza semplice; avendo a disposizione martelli, scalpelli e mazze, anche se duro il lavoro veniva svolto velocemente.
Ma con l'andar del tempo il materiale affiorante divenne scarso e per sopperire alla necessità dei vari minerali l'uomo dovette cambiare il sistema di escavazione.

L'estrema necessità di poter disporre di questi metalli e con l'esperienza acquisita nella sua ricerca, l'uomo cominciò a scavare più in profondità, bucando la montagna con gallerie.
A quel tempo il lavoro veniva fatto prevalentemente da schiavi o prigionieri di guerra e non ci si poneva il problema della sicurezza.
Si scavavano piccole gallerie poco profonde ma molto anguste che costringevano gli uomini a lavorare in ginocchio o sdraiati
Le gallerie scavate tendevano ad abbassarsi rispetto all'ingresso e così quelle rudimentali miniere diventavano trappole mortali per le inondazioni o per i frequenti crolli.
L'illuminazione avveniva per mezzo di torce fatte con legni resinosi che non duravano molto e rendevano irrespirabile l'ambiente.
Non si conosceva la meccanica delle rocce e non venivano costruite puntellature, così quando si tagliava una faglia o un tratto molto fessurato, si proseguiva senza tenerne conto e molti uomini perdevano la vita sotto crolli improvvisi.
Questo modo di coltivazione durò per moltissimi anni, poi vi fu una svolta: il lavoro del minatore non era più fatto da schiavi o prigionieri, ma erano i contadini che si dedicavano a questo mestiere nei mesi invernali, durante la lunga pausa dei lavori agricoli, per guadagnare un po' di danari.

A quel tempo il territorio apparteneva ai nobili, i quali comperavano per poco il ferro estratto dai contadini e davano ad essi le "licenze" di scavo nei loro territori pretendendo anche il pagamento dei diritti.

Nonostante si conoscessero già i problemi nel fare gallerie, questi minatori non tenevano sempre conto del pericolo; spinti dal desiderio di guadagno, costruivano gallerie che si incrociavano, e di piccole dimensioni per risparmiare tempo e fatica; ognuno aveva la sua "licenza", ma lo sconfinamento con un altro minatore era frequente e allora sorgevano liti tremende.

Vi fu un periodo molto nefasto, in quanto queste escavazioni disordinate e precarie cominciarono a provocare frane, facendo vittime su vittime, compromettendo anche il sito minerario che per instabilità doveva essere abbandonato nonostante vi fosse ancora molta presenza di minerale da cavare.
Questo indusse i governanti a prendere provvedimenti in merito istituendo un controllo affidato a Maestri.
Le cose non migliorarono molto, però si cominciò la centinatura delle gallerie nei punti pericolosi e la puntellatura nelle zone di coltivazione.

Esplorando vecchie miniere si scopre che in quegli anni non venivano lasciati pilastri naturali di sostegno, questo perchè si godeva tutto il materiale fino all'ultimo granello, ed era pura e vera fortuna se tutto il complesso restava in piedi.

Solo nel primo '800 si pensò di sfruttare le miniere in modo industriale; sparirono i piccoli cavatori ad uso famigliare e presero il loro posto gli imprenditori.

Cominciò una nuova epoca e di conseguenza un modo nuovo di coltivare le miniere; ben presto si scoprì la coltivazione a ribasso, cioè si perforava la montagna alla base fino a raggiungere la giacitura del minerale, poi, una volta estratto tutto il materiale utile, si proseguiva lo scavo verso l'alto con pozzi, alla ricerca di altre giaciture.
In questo modo lo scavo era facilitato in quanto il materiale abbattuto cadeva in basso ed era sempre portato all'esterno per mezzo della galleria situata più in basso.
I pozzi oltre a servire per la ricerca di altre giaciture servivano anche per convogliare facilmente il materiale nella galleria carreggiabile risparmiando molto tempo.
Tuttavia le perforazioni erano ancora molto disordinate; prevalentemente si andava dietro alla vena senza tener conto della fessurazione delle rocce, causa principale di probabilità di crollo.

In ogni caso il mestiere del minatore non era privo di imprevisti, e gli incidenti avvenivano per vari motivi; l'esplosivo usato era la polvere pirica, non esistevano ancora le micce per far esplodere le cariche e si usava un sistema empirico per fabbricarne.
Si prendevano rami dritti di sambuco, si tagliavano a metà per la loro lunghezza, levandone il midollo, si riempiva la scanalatura ottenuta con la polvere pirica e si riunivano le due parti legandole con spago.
Queste micce non erano molto affidabili, ed erano assai veloci a bruciare, pertanto il tempo per mettersi al sicuro non era molto; il lavoro di accensione di queste micce veniva affidato spesso ai ragazzi, che erano piccoli, agili e veloci nella fuga; furono chiamati fochini.
Non sempre, però, tutto andava liscio; la miccia a volte si interrompeva e l'esplosione non avveniva nel momento prefissato; questo comportava di andare a vedere il perchè, e più di una volta succedeva che l'esplosione avvenisse in ritardo uccidendo il malcapitato controllore.

In miniera si usava un gergo particolare, erano parole che i minatori e i fochini avevano coniato per intendersi meglio nel loro lavoro; queste parole vengono ancora usate oggi giorno e fanno ormai parte della storia delle miniere.

Nonostante le gallerie fossero costruite a ribasso con la pendenza necessaria allo scolo delle acque, capitava anche di forare una falda e allora il lavoro del minatore si faceva duro, essendo costretto a lavorare in gallerie fangose con continuo stillicidio d'acqua dalla volta e dalle pareti.
Però altri sistemi lentamente entravano a far parte del bagaglio dei minatori; si cominciò ad usare i muli per il trasporto del materiale fuori dalla miniera, mentre prima erano i ragazzi a fare questo mestiere faticoso.
Ben presto si cominciò anche a non più usare i basti sui muli, ma apparvero i primi carretti, che però non potevano essere usati in tutte le gallerie poichè il pavimento non lo consentiva per la natura troppo scoscesa o per ingombri insormontabili.

L'illuminazione del minatore era garantita solamente da lumi ad olio di noce o grasso animale; questi lumi non procuravano abbastanza luce per garantire la sicurezza dei minatori, specialmente quando si lavorava nella perforazione dei pozzi.

In questo lavoro era necessario usare la polvere pirica, l'unico problema era che i fori, essendo fatti da sotto in su, non potevano essere intasati come quelli orizzontali, in quanto la polvere sarebbe ovviamente ricaduta fuori dal foro.
Allora si ricorreva ad uno stratagemma che consisteva nel fare una cartuccia cilindrica di carta, piena di polvere pirica, che veniva poi inserita nel foro con un calcatoio di legno.
Ma la polvere pirica può esplodere per sfregamento o per pressione, così durante l'intasamento a volte capitava l'incidente, che era quasi sempre mortale, in quanto il minatore, oltre che essere investito dalla fiammata della mina, rischiava di precipitare lungo il pozzo.

Un altro pericolo c'era durante il disgaggio del materiale non precipitato durante l'avanzamento in un pozzo; anche questo momento per il minatore era uno dei più pericolosi e causa di gravi infortuni.
Purtroppo il lavoro di disgaggio nei pozzi si attua ancora ai giorni nostri, anche se in modo ancora diverso.

Come illuminazione si cominciarono ad usare le lampade a petrolio, queste emanavano una luce più intensa e avevano un'autonomia maggiore oltre a non spegnersi se nelle gallerie vi era stillicidio d'acqua.
Avere più luce assicurava al minatore più agibilità e nello stesso tempo maggior sicurezza.

Nel 1866, con l'avvento della dinamite scoperta da Alfred Nobel mescolando farine fossili alla nitroglicerina, le cose in miniera cambiarono di molto, ma gli infortuni non furono ridotti come si sperava.

Infatti il lavoro poteva essere svolto con maggior velocità, e questo indusse gli imprenditori, e di conseguenza i minatori, ad operare frettolosamente, gli uni per lucro e gli altri per avere un miglior salario lavorando a cottimo.

Cambiò anche il sistema di trasporto del minerale fuori dalla miniera; si cominciò a fare carreggi con rotaie in ferro sulle quali scorrevano vagoncini basculanti, all'inizio spinti a mano o trainati ancora da muli.

Un'altra scoperta fu il carburo, materiale molto infiammabile se viene a contatto con l'acqua perchè la sua scomposizione crea un gas chiamato acetilene.

Si inventarono le lampade a carburo, composte da un serbatoio dove veniva messo il carburo, sovrastato da un altro contenitore contenente acqua, che per mezzo di un rubinetto regolatore lasciava cadere goccia a goccia quest'ultima sul carburo; qui si formava il gas acetilene che per mezzo di un tubicino veniva incanalato fino a raggiungere un ugello tarato in modo da regolarne l'uscita.
Questo marchingegno emanava una luce bianca intensa che migliorava moltissimo la visione nei bui meandri della miniera rendendo più sicuro il lavoro del minatore.

Naturalmente questo tipo di lampada non era adatto per le miniere di carbone, in quanto la possibile presenza di grisou (gas di metano), avrebbe causato esplosioni fatali per i minatori.

Anche il sistema di brillamento delle mine si evolve, infatti entra in uso il tiro elettrico, ovvero invece della miccia normale si usano detonatori elettrici speciali per l'innesco e esploditori elettrici per far partire le cariche.
Questo sistema migliora molto il lavoro del fochino, perchè permette di manovrare le mine a distanza, senza dover allontanarsi di corsa dal luogo dell'esplosione.

A riguardo delle miniere di carbone, già nel 1815 Sir Humphrey Davy inventò una lampada a petrolio particolare  che serviva unicamente come rivelatore di gas (grisou), la quale prese il suo nome.
Se vi era presenza di grisou quest'ultimo oltrepassando le due retine metallice veniva a contatto con la piccola fiammella; questo creava un arricchimento di gas nell'interno della lampada provocando l'allungamento della fiammella fino a provocare il suo spegnimento avvertendo così il minatore del pericolo.
La fiamma prodotta dalla lampada non potendo uscire dalla doppia retina non innescava il grisou presente nella galleria.
Lo stesso sistema della retina antiscoppio si usa ancora nei serbatoi di benzina e altri infiammabili.
In seguito questa lampada venne modificata con l'aggiunta di un vetro al di sotto della retina, in questo modo la piccola fiammellina spia era più visibile dal minatore e assicurava un intervento più rapido quando essa si spegneva per la presenza di grisou.
Naturalmente tutto il marchingegno era a tenuta stagna nella parte inferiore e anche la sua accensione avveniva per mezzo di un sistema che permetteva di accenderla senza aprire la lampada stessa.



Nonostante queste precauzioni in Italia si verificarono incidenti gravissimi come quello capitato nella miniera di carbone il 4 maggio 1954 a Ribolla, comune di Roccastrada in provincia di Grosseto, dove trovarono la morte 43 minatori.
In questa miniera fu il grisou che causò un grave incendio nella "galleria vecchia 31".

Anche all'esterno della miniera le cose stavano cambiando in modo radicale: piani inclinati su binari per il trasporto del minerale a valle, o teleferiche con vagoncini sospesi.
Non tardò a farsi strada il primo locomotore elettrico trainante i vagoncini basculanti per il trasporto del minerale fuori dai siti di scavo; anche l'avanzamento in galleria subì molte variazioni, si costruirono ascensori che servivano i diversi livelli in miniera, rendendo più veloce sia l'estrazione del minerale, sia l'entrata e l'uscita dei minatori.

Oggi le miniere in Italia sono rare in quanto il costo di gestione "dicono" sarebbe troppo alto, pertanto si preferisce comprare il materiale da altri paesi dove la mano d'opera è più a buon mercato (anche se muoiono migliaia di minatori per le scarse o nulle sicurezze a nessuno importa niente).
La vita di miniera, dunque, rimane una vita dura e pericolosa, nessuno parla mai di queste cose, tranne quando, a volte, ci giungono notizie di disgrazie.
Tutti vogliono trarre vantaggio da questo mestiere antico che ci ha permesso di vivere meglio per merito di questi uomini che hanno cavato dal sottosuolo minerali utilissimi; anche le miniere che oggi vengono trasformate in musei rendono bene a qualcuno, ma è puro divertimento per tutti, e pochi comprendono il vero messaggio che può giungere dagli oscuri meandri di una vecchia miniera.

I pericoli connessi a questo lavoro possono derivare da diversi elementi: macchinari inadeguati e tecnologicamente obsoleti, norme di sicurezza carenti e controlli blandi. Un mix che contribuisce a creare condizioni di lavoro assai rischiose, non di rado fatali. Un dato globale sugli incidenti e i morti in miniera non è facilmente reperibile: le statistiche spesso sono incomplete a causa innanzitutto di normative arretrate in molti Paesi e del prolificare di miniere abusive.

L'altro fronte di rischio per i minatori è quello delle malattie, che si manifestano nel tempo ma non sono meno letali degli incidenti. Quelle tipiche di chi lavora nelle miniere sono di natura respiratoria: antracosi e pneumoconiosi colpiscono in maniera cronica coloro che lavorano nelle miniere di carbone, mentre la silicosi è una malattia polmonare causata dall'inalazione di polvere contenente biossido di silicio.

Nonostante si parli molto di energia sostenibile, le miniere di carbone rappresentano ancora per molti paesi una risorsa insostituibile. Nel 2011 in tutto il mondo è stato estratto materiale pari alla potenza di 7000 megatoni. Nel 2010 la produzione di questo materiale è aumentato del 6.8 per cento, e sono circa 70 i Paesi che possiedono una riserva di carbone che, ai livelli di estrazione attuale, può durare per almeno un altro secolo.Il minatore è uno dei mestieri più pericolosi del mondo. Gli incidenti in miniera rappresentano la prima causa di morte sul lavoro in Cina, con migliaia di morti ogni anno. Non va meglio in Occidente. A rendere pericolosi questi luoghi non è la mancanza di sicuezza, ma la produzione di CO2 e di gas velenosi ed esplosivi durante le operazioni di estrazione. Una miniera porta anche gravi conseguenze a livello ambientale. Le piogge acide, l’inquinamento delle falde acquifere, malattie respiratorie e scarti industriali sono tra le prime conseguenze dirette dell’estrazione mineraria.
Nel mondo il 40 per cento dell’energia si ottiene ancora bruciando carbone. Questo risultato conferma il carbone come prima fonte energetica al mondo. Con buona pace delle pale eolice, delle centrali nucleari e delle dighe.  Probabilmente anche la maggior parte dell’energia che in questo momento sta illuminando i vostri pc, le vostre case o i vostri uffici deriva dal carbone estratto e lavorato dalle persone qui rappresentate.

Una miniera, ai sensi del regio decreto 29 luglio 1927 n° 1443, è un'attività di estrazione mineraria che sfrutta un giacimento di minerale classificato come materiale da miniera.

I materiali definiti da miniera in questo decreto sono i seguenti:
minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti, anche se detti minerali siano impiegati direttamente;
grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi, rocce asfaltiche e bituminose;
fosfati, sali alcalini e magnesiaci, allumite, miche, feldspati, caolino e bentonite, terre da sbianca, argille per porcellana e terraglia forte, terre con grado di refrattarietà superiore a 1630 gradi centigradi;
pietre preziose, granati, corindone, bauxite, leucite, magnesite, fluorina, minerali di bario e di stronzio, talco, asbesto, marna da cemento, pietre litografiche;
sostanze radioattive, acque minerali e termali, vapori e gas.
Secondo quanto previsto dal R.D. 1443, l'attività di miniera è sottoposta a concessione statale; il proprietario del fondo quindi non è considerato proprietario del giacimento, il quale è proprietà dello Stato.

Lo sfruttamento (coltivazione) del giacimento minerario può avvenire con due metodologie principali:
a cielo aperto (miniera di superficie)
in sotterraneo (miniera sotterranea)
Le norme relative alla polizia per miniere e cave, sono regolate dal DPR 9 aprile 1959 n° 128.

La varietà dei materiali estratti, assieme alle caratteristiche topografiche rende profondamente diverso ogni complesso di estrazione. È possibile tuttavia individuare caratteri comuni nell'ambito delle miniere tradizionali: il flusso di lavorazione può essere descritto sinteticamente come abbattimento del materiale utile, seguito dal suo trasporto all'esterno, che comporterà un'evoluzione della miniera. Altro ambito comune è l'ambiente sotterraneo di lavorazione.

Proprio grazie a quest'ultimo, il peso predominante per quanto riguarda i costi iniziali di avviamento di una miniera è dato dalla creazione di pozzi e galleria, dalla loro messa in sicurezza e dall'installazione dei macchinari fissi, che comunque possono variare notevolmente a seconda del minerale coltivato.

L'organizzazione dell'impresa deve provvedere al coordinamento tra l'abbattimento ed il trasporto del materiale, e garantire i servizi essenziali al processo, come distribuzione dell'energia, ventilazione ed illuminazione dei tunnel. Normalmente, la metodologia di scavo prevede di frantumare il materiale componente il giacimento con esplosivi o macchine da scavo, per poi asportarlo ed avviarlo alle successive lavorazioni.

L'energia maggiormente impiegata nelle miniere è energia di tipo elettrico, usata sia come alimentazioni per motori, che per produrre aria compressa, altra fonte di energia secondaria molto utilizzata in miniera. La corrente elettrica sta sostituendo gradualmente l'aria compressa, grazie a vantaggi quali costi di manutenzione ridotti, continuità di servizio e possibilità di azionamento a distanza; per contro problemi quali il costo notevole di elettrificazione, i vari problemi di sicurezza correlati e la difficoltà di adattamento per macchine alternative costituisce talvolta un problema per impianti già avviati.

Le corrente elettrica comunemente impiegata è di tipo alternato, eccetto che per impianti di trasporto su rotaia e motori per argani di estrazione ad elevata potenza, dove viene preferita la corrente continua. La tensione varia mediamente dai 5000 ai 6000 V: particolare attenzione va data alla progettazione del materiale elettrico di miniera, infatti esso dovrà sopportare in maniera adeguata urti e usura, essere incombustibile e protetto da fonti che possono causare malfunzionamenti, come acqua o polveri, o esplosioni; in modo tale da essere compatibile con le opportune norme di sicurezza. L'aria compressa è prodotta da compressori volumetrici, ed è utilizzata a pressioni che vanno dai 6 ai 7 bar, ed è soprattutto usata con macchine operatrici a movimento alternativo.

Viene sfruttata, in misura comunque minore, energia di tipo termico, principalmente utilizzata per generatori elettrici di emergenza e per servizi esterni, come riscaldamento di vari ambienti.

I trasporti sotterranei del materiale estratto possono essere divisi in trasporti di cantiere e trasporti principali: i primi trasportano il materiale dal fronte di abbattimento ad un punto di raccolta, e sono caratterizzati da postazioni provvisorie, che possono essere rimosse o spostate con grande facilità, mentre i secondi portano il materiale nel punto dove poi saranno indirizzati verso l'esterno, e sono generalmente impianti più stabili con "rendimento" maggiore, i quali possono essere discontinui (ad esempio vagoni montati su rotaie) o continui (tipicamente nastri trasportatori).

I nastri trasportatori sono usati specialmente per miniera con una produzione non particolarmente dispersa, infatti il nastro trasportatore lavora con continuità e il trasporto risulta fortemente automatizzabile; i nastri possono essere lunghi alcuni chilometri. I trasporti su via ferrata, che hanno accompagnato l'evoluzione delle miniere sin dalle origini, comportano un'organizzazione più complessa del trasporto del materiale: i vagoncini hanno una capacità che varia dai più piccoli, spinti a mano, contenenti sui 500 litri di materiale, fino ai più grossi, utilizzati nei grandi impianti, che ne contengono fino a 12000 litri. Lo scarico del materiale può avvenire tramite l'apertura di una parete laterale oppure mediante il rovesciamento completo del carrello, costruito appositamente.
L'ultima fase è l'estrazione, in cui il materiale viene portato al di fuori della miniera mediante dei contenitori che viaggiano mediante delle guide in pozzi verticali comunicanti con l'esterno (ad esempio delle gabbie che contengono i vagoncini sui cui era stato caricato il minerale): tali contenitori sono movimentati da funi collegate ad un motore. Più raramente l'estrazione è effettuata idraulicamente o su nastri trasportatori.

Il motore per il sollevamento dovrà essere in grado di operare a diversi regimi di velocità: con massimi di 24 m/s per il trasporto di materiale, 8 m/s per il trasporto del personale, e 0,5 m/s in caso di verifica delle installazione nel pozzo. I motori possono essere sia in corrente continua che alternata, questi ultimi asincroni trifase.

Ogni miniera ha un ciclo di vita che dipende dalla quantità di riserve, dalla velocità di estrazione e dalla sostenibilità nel tempo della convenienza economica all'estrazione. Al termine del ciclo di vita della miniera si pone il problema della preservazione dell'ambiente naturale e della sua ricostituzione, nei limiti del possibile, nelle condizioni quanto più simili alla situazione originaria. Tali condizioni sono generalmente fissate al momento dell'inizio dello sfruttamento e seguono un programma che il concessionario deve seguire a partire dall'ottenimento della concessione estrattiva.
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