venerdì 19 febbraio 2016

IL MANDOLINO

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L'origine del mandolino risale alla prima metà del XVII secolo: soltanto a circa la metà del Settecento risale invece l'inizio della produzione di mandolini napoletani da parte della celebre "Casa Vinaccia" di Napoli. Questi mandolini sono quasi tutti ricchi di intarsi e filettature d'avorio e madreperla lungo il manico e si deve proprio ai Vinaccia l'applicazione delle corde di acciaio in sostituzione di quelle in ottone, nel primo Ottocento.

Il repertorio di musiche per mandolino è pressoché illimitato, potendosi adattare a questo strumento vari tipi di musica. È inoltre possibile utilizzare il repertorio violinistico, dal momento che il mandolino ha la stessa accordatura del violino.

Pur essendo uno strumento popolare, è stato impiegato anche nella musica cosiddetta colta e, talvolta, anche nell'opera lirica. Lo stesso Antonio Vivaldi compose un concerto per mandolino (Concerto in Do maggiore Op.3 n.6) e due concerti per due mandolini ed orchestra. Mozart lo inserì nel suo Don Giovanni e Beethoven gli dedicò quattro sonatine.

Tra i più importanti mandolinisti del Novecento si ricordano Raffaele Calace (compositore, esecutore e liutaio) e Giuseppe Anedda, virtuoso concertista e docente della prima cattedra di conservatorio italiana di mandolino (Padova, 1975). Oggigiorno tra i rappresentanti italiani di spicco nella musica classica e classico-contemporanea si possono annoverare Ugo Orlandi, Carlo Aonzo, Dorina Frati, Mauro Squillante, Duilio Galfetti.

Appartiene alla famiglia degli strumenti cordofoni. Simile ad una mandola, di cui costituisce una varietà, ha trovato e tuttora trova largo uso soprattutto nel sud Italia e, più specificatamente, nel napoletano. Grazie alla sua particolare cassa armonica emette un suono melodioso che lo rende uno strumento unico nel suo genere.
L'origine del mandolino napoletano risale alla metà del 17° secolo: in quel tempo sembra incominciasse la sua produzione di mandolini la celebre "Casa Vinaccia". Questi mandolini sono quasi tutti ricchi di intarsi, filettature d'avorio lungo il manico eseguite con molta precisione e di deve proprio al Vinaccia l'applicazione delle corde di acciaio in sostituzione di quelle in ottone usate all'inizio e che difettavano di voce e di timbro.
Oltre al mandolino classico, detto napoletano (con quattro corde doppie, in versione barocca oppure da concerto), ne esistono altri tipi fra cui il mandolino milanese (di origini più antiche, con cinque o sei corde doppie) ed il mandolino genovese barocco..

Lo strumento di per sé è costituito da una cassa armonica e da un manico.
Come tutti gli strumenti a corda classici, la cassa armonica è provvista di un foro in cui la vibrazione delle corde si amplifica donando all'orecchio un suono dolce e delicato. Poco dopo questo foro è posizionato un ponticello con le fessure per il posizionamento delle corde che vengono poi fissate all'estremità della cassa armonica tramite dei gancetti.
Le corde del mandolino sono quattro e doppie: la loro posizione sul manico è: il Mi è quella più in basso; poi salendo vengono La, Re, Sol; ogni corda prevede la possibilità di eseguire quattro note pigiando altrettanti tasti diversi sul manico e nel contempo facendo vibrare le corde con l'aiuto di un plettro.
In genere si suona con il plettro, di materiale plastico, ma i più ricercati sono quelli in guscio di tartaruga che per la sua durezza rendono il suono ancora più nitido.
Il plettro si tiene tra il pollice e l'indice per 1/3 della sua lunghezza e con il semplice movimento del polso bisogna colpire una volta la corda dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto. Più si esegue questo movimento velocemente e più il suono sarà perfetto e senza stonature.



In pentagramma, la chiave di lettura usata per suonare il mandolino è la chiave di sol.

Nel mandolino brianzolo, lo scudo ha proporzioni maggiori andando a costituire, come nella chitarra, delle vere e proprie fasce cioè le pareti della cassa. Il fondo è piatto anziché bombato, cambia pertanto il disegno dell'innesto corpo-manico che non è più di testa ma a coda di rondine, risultando più robusto. La volumetria interna è pari a quella del mandolino classico o solo lievemente inferiore mentre forma ed architettura della tavola armonica sono analoghe, salvo eccezioni in cui la tavola non è piegata ma piatta o leggermente arcuata. Il timbro ricorda quello del mandolino napoletano ma è meno gutturale e più asciutto, favorisce la definizione delle frequenze medie aumentando la portata del suono e riducendo la tendenza della quarta corda a risuonare simpateticamente in presenza di vibrazioni estranee. Questo modello, tipico del nord Italia, prende il nome dalla porzione di territorio lombardo che maggiormente ha visto la sua diffusione e costituisce una forma di transizione verso lo sviluppo del mandolino contemporaneo, che raggiungerà la perfezione negli Usa durante i primi anni del Novecento. Il timbro del mandolino brianzolo conserva una componente melliflua ma lo strumento, pur non potendo competere a livello di dinamica con quelli progettati nell'ultimo secolo, dispone di una migliore capacità di proiezione specie sulle basse frequenze e in genere sopporta meglio un uso più aggressivo.

Il mandolino portoghese si discosta maggiormente dal disegno tradizionale in quanto la forma della cassa, decisamente più larga dei modelli appena descritti, assume una sagoma piriforme. La tavola, in cima alla quale si apre una buca tonda o ovale ma sempre di piccolo diametro, è di conseguenza assai ampia. Negli strumenti più pregiati presenta una leggera arcatura mentre in quelli economici è piatta. In comune con i modelli nostrani lo strumento ha catene parallele, disposte perpendicolarmente alla linea di mezzeria. Le fasce sono molto alte e si rastremano in corrispondenza del giunto corpo/manico, il quale è invariabilmente realizzato con un incastro a coda di rondine e coperto dal prolungamento (cappetta) del fondo. Il fondo è curvo, assumendo così un profilo blandamente emisferico. Non è fatto a doghe bensì a spicchi, costruzione riservata agli strumenti di pregio in cui gli spicchi sono separati da filetti colorati, mentre quelli più modesti possono avere il fondo in un pezzo unico leggermente arcuato o addirittura piatto. Analogamente agli strumenti contemporanei, il manico si congiunge alla cassa in posizione più arretrata rispetto al mandolino classico ed ha in genere un profilo dorsale sottile, favorendo così l'accesso alle posizioni più acute. La tastiera può essere piatta o presentare un profilo convesso. Ponticello e cordiera sono assimilabili ai modelli nostrani. Rispetto ai due tipi già descritti, grazie alla profondità della cassa il timbro è decisamente più profondo e risonante. In genere non ne possiede la medesima dolcezza, qui compensata da una maggior capacità di proiezione, dal lungo sustain e da un invidiabile equilibrio tonale. Sempre a causa delle proporzioni relative tra l'ampia volumetria interna e le ridotte dimensioni della buca, gli acuti non sono particolarmente brillanti e lo strumento, più che ai cantabili disseminati di trilli, si rivela adatto a fraseggi ad ampio respiro che richiedono molta dinamica nonché ai passaggi riccamente arpeggiati con accordi estesi in cui la forte sollecitazione impartita alle corde si traduce in una maggior risonanza più che in un incremento di suono.

Il mandolino monta corde d'acciaio armonico, un metallo estremamente elastico onde poter ricevere e ritrasmettere efficacemente alla cassa le sollecitazioni impartite dal plettro. Le prime due corde (Mi e La) sono in acciaio nudo - in genere stagnato, argentato o dorato - mentre la terza e la quarta (Re e Sol) sono avvolte, ossia ottenute sovrapponendo strettamente al nucleo d'acciaio una sottilissima spirale di filo metallico che consente di incrementarne di poco lo spessore conservando un elevato grado di capacità vibratile. Quando l'avvolgimento costituisce lo strato più esterno, la corda, denominata round wound, produce un suono brillante e carico di armoniche mentre quando questo è a sua volta rivestito da un secondo strato metallico nastriforme la corda prende la definizione di flat wound ed emette un suono meno argentino ma con la fondamentale in evidenza, a tutto vantaggio della definizione e della pulizia di suono. Il tipico rumore da sfregamento a contatto con i polpastrelli di cui sono affette le corde ad avvolgimento tondo è praticamente assente in quelle dalla superficie piatta, che per contro hanno una risposta un po' più ottusa. Per l'avvolgimento si utilizzano filo di rame argentato, ottone, bronzo, bronzo fosforoso, acciaio al carbonio, nickel o nickel/cromo; ciascun metallo apporta differenti caratteristiche fisiche che si rispecchiano in diverse sfumature timbriche. I progressi apportati dalla tecnologia, uniti ai gusti individuali dei musicisti ed alle caratteristiche fisiche dei vari tipi di corda hanno portato al sedimentarsi di abbinamenti tipici tra strumenti e relative corde.

La scelta del materiale e del calibro è legata alla tipologia progettuale oltre che al gusto individuale, pertanto varia a seconda del tipo di strumento; in genere i mandolini di tipo tradizionale a tavola piatta, lievemente arcuata o piegata, dalla sonorità tendenzialmente delicata e le cui formanti si collocano nella regione acuta dello spettro sonoro, sono caratterizzati da una struttura più leggera e sfruttano al meglio corde di piccolo calibro con i bassi avvolti in rame argentato (morbide al tatto, suono relativamente dolce ma rapidissima usura e oggi pressoché in disuso), nickel (suono deciso e bilanciato, buona durata) o acciaio al carbonio (suono forte e brillante, grande volume e ottima durata); la struttura dei mandolini con tavola e fondo scavati dal massello è più robusta e la sonorità è in genere percussiva, stentorea ed estroversa, marcata da un transitorio d'attacco più netto, ampia dinamica, enfasi sulle basse frequenze e superiore durata del suono. Questi strumenti sfruttano al meglio corde di grosso calibro con i bassi avvolti in varie leghe di ottone o bronzo (timbro brillante e pastoso, media durata) o bronzo fosforoso (suono aperto e lunga durata, necessita di un periodo di rodaggio per ridurne l'asprezza iniziale). Di recente sono state messe in commercio mute in cui le corde avvolte presentano un ulteriore microscopico rivestimento a calza in materiale sintetico allo scopo di rallentarne l'usura e favorire la scorrevolezza. I mandolini elettrificati con pickups magnetici devono montare corde avvolte in materiale ferromagnetico (acciaio, nickel) evitando quelle bronzate, pena una netta perdita di volume e di corposità su terza e quarta corda.

Il plettro è una laminetta di forma vagamente triangolare o sagomata a goccia con cui, analogamente all'arco per il violino ed alle unghie del chitarrista, si pongono in vibrazione le corde del mandolino. L'impugnatura corretta si ottiene piegando l'indice della mano destra verso il palmo ed appoggiandovi il plettro sul fianco delle ultime due falangi, disposte ad angolo tra di loro. il plettro verrà quindi fermato morbidamente dal polpastrello del pollice, che vi si appoggia di piatto. Per affrontare la tecnica dello strumento, pur se saldamente tenuto, il plettro deve poter oscillare nella presa.

Il plettro è un accessorio fondamentale: ferma restando l'acquisizione di una buona tecnica a livello di precisione, agilità, forza e scioltezza di polso, la scelta di forma, materiale e spessore determina in buona parte la sonorità del mandolino. In particolare essa si esprime in funzione della tipologia di strumento e quindi dalla sonorità ricercata; in linea di massima sul mandolino classico si usano plettri tendenzialmente sottili ed appuntiti, dall'azione scattante; all'estremità opposta della gamma timbrica il plettro adatto a sfruttare a piena potenza le doti del mandolino contemporaneo a cassa scolpita sarà massiccio, di forma smussata ed alquanto rigido.

Anticamente i plettri erano ricavati dal carapace di tartaruga, ma erano fatti anche di osso, di corno o con legni duri e flessibili, come il salice o il legno di bambù. Quelli che attualmente si trovano comunemente in commercio sono fatti di celluloide (a buon mercato ma facilmente usurabile nonché infiammabile) e da diversi altri materiali sintetici d'avanguardia. La flessibilità è determinata dalla miscela cellulosa usata per fare questo oggetto.

Il plettro si tiene tra il pollice e l'indice per 1/3 della sua lunghezza e con il semplice movimento del polso bisogna colpire una volta la coppia di corde dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto. Eseguendo questo movimento alternato molto rapidamente su una stessa nota si ottiene il tremolo o trillato, effetto che rende unico il suono di questo strumento.

L'accordatura del mandolino napoletano è identica a quella del violino: dalla quarta corda (la coppia più spessa) alla prima, le note sono Sol, Re, La e Mi. In particolare, il La vibra alla frequenza di 440 Hz, quella del comune diapason a forchetta; in mancanza di questo, si può far riferimento al La ottenuto premendo al 5º tasto il Mi cantino di una chitarra. Sempre sulla chitarra, la 3ª corda a vuoto (Sol) corrisponde alla 4ª del mandolino.

La nota più grave è il Sol sotto il Do centrale del pianoforte e la tessitura si sviluppa verso l'acuto per almeno tre ottave. L'estensione effettiva varia a seconda della lunghezza della tastiera; nei modelli a 17 tasti è di tre ottave ed un tono mentre in quelli a tastiera prolungata può arrivare ad oltre quattro. All'atto pratico, tuttavia, l'elevata tensione esercitata dalle corde doppie unita all'esigua distanza tra i tasti a fine tastiera limita l'estensione effettiva in funzione della complessità esecutiva nonché della conformazione - e della forza - delle dita. In particolare, le note oltre il Do sovracuto sono di difficile esecuzione per cui vengono usate sporadicamente. In alcuni mandolini classici, la cui tastiera si prolunga oltre la buca fino a 24-26 tasti, ma in alcuni modelli fino a 39, alcuni di questi vengono rimossi (a volte limandone solo la testa per non compromettere l'estetica) per offrire una buona accessibilità ad alcune note estreme pur se a scapito della completezza cromatica.

È interessante constatare che, con la debita eccezione della mandola tenore, la famiglia dei 'plettri' condivide il medesimo schema di accordatura di quella degli 'archi': gli strumenti corrispondenti alla tessitura di soprano (mandolino e violino), contralto (mandola e viola) e baritono (mandoloncello e violoncello) sono accordati per quinte mentre in quelli dall'estensione più grave (mandolone e contrabbasso) l'accordatura è per quarte.

All'interno della famiglia dei plettri è sopravvissuta, ed anzi oggigiorno prospera grazie alla musica acustica contemporanea, una taglia da tempo estromessa dalla famiglia degli archi: la già citata mandola tenore che si pone timbricamente tra la mandola (voce contralto) ed il mandoloncello (voce baritono) ed è accordata un'ottava esatta sotto il mandolino. Sulla mandola tenore non esiste tuttora un'uniformità di vedute circa il suo nome; per esempio, negli Stati Uniti è spesso chiamata octave mandolin («mandolino all'ottava», cioè basso).

In Italia è presente la Federazione Mandolinistica Italiana (F.M.I.), che accoglie orchestre, ensembles e gruppi che utilizzano il mandolino quale strumento principale nel proprio organico. La F.M.I. rappresenta l'Italia in seno all'E.G.M.A. (European Guitar and Mandolin Association).

Uno dei gruppi più antichi è l'Estudiantina Bergamasca di Bergamo, cofondata dal compositore Angelo Mazzola.



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