Le osterie le possiamo considerare come le antenate degli alberghi e delle pensioni di oggi. Il loro numero era molto alto... Prendevano nome, di norma, dalle insegne quasi araldiche che esponevano: un angelo, un leone, un'aquila, una corona, due spade, spesso unite ad una frasca. Quelle anonime, più rare, si intitolavano... al nome o soprannome del proprietario. Offrivano vino, vitto e - a volte - alloggio ed erano di differente "categoria". Le più accoglienti ospitavano i personaggi di riguardo; le più scalcinate i pellegrini e la soldataglia. Osterie a buon mercato si trovavano nella contrada dei magnani (cioè dei calderai). Fuori delle mura o accanto alla stazione di posta si affacciavano altre osterie; qui alloggiava chi non aveva tempo, denaro e le carte in regola per entrare in città. Le osterie più economiche erano situate nei pressi del porto ad accogliere i frastornati viaggiatori che scendevano dalle barche. Alcune osterie erano situate nei luoghi più malfamati della città, luoghi frequentati nottetempo da prostitute, ladruncoli, vagabondi e sbirri. Nelle osterie si pernottava e si mangiava. Cosa, non lo sappiamo, in ogni caso, fatte le dovute eccezioni, si può immaginare che i piatti saranno stati pochi e semplici. Un'osteria ... serviva, nel 1544, una "menestra de tagliategli". Nelle osterie si moriva, anche. Sono stati compilati lunghi elenchi di forestieri morti nelle osterie: viandanti ammalati, soldati feriti e soprattutto pellegrini sfiancati. Numerosissimi sono quelli che spiravano mentre andavano o tornavano dai santuari. Agli ospedali si preferivano senz'altro le osterie. Gli osti accoglievano senza nessuna difficoltà i passeggeri ammalati, anche gravemente: per carità cristiana e perché, in caso di morte, "ereditavano" tutto quello che la buonanima aveva indosso.
Da "Comune di Rimini - Storia delle osterie" (liberamente tratto)
Locali simili alle osterie esistevano già nell'antica Roma chiamati enopolium, mentre nei thermopolium si servivano anche cibi e bevande caldi, mantenuti a temperatura in grandi vasi di terracotta incassati nel bancone: esempi ben conservati sono visibili presso gli scavi dell'antica Pompei.
Le osterie sorsero, come punti di ristoro, nei luoghi di passaggio o in quelli di commercio che nella fattispecie sono strade, incroci, piazze e mercati. Ben presto divennero anche luoghi d'incontro e di ritrovo, di relazioni sociali. Gli edifici, spesso poveri e dimessi, assumevano importanza in base al luogo dove sorgevano e alla vita che vi si alimentava. Il vino era l'elemento immancabile intorno al quale tutti gli altri facoltativi giravano: il cibo, le camere da letto, la prostituzione.
A partire dal XV secolo le osterie divennero sempre più numerose, punto di ritrovo di cittadini e intellettuali, fino a ricoprire un ruolo di aggregazione e dibattito molto importante nel tessuto sociale cittadino. Ancora oggi sono molti in città i locali improntati sull'antico concetto di osteria.
L'osteria era, fino alla metà del 1900, un tipico luogo di ritrovo serale popolare delle persone di sesso maschile; luogo di incontro e di socializzazione ha costituito per lungo tempo, uno dei pochi momenti di incontro e di scambio d'idee, in aggiunta alla chiesa e alla piazza.
Dal dopo guerra ad oggi la frequentazione di questi locali è venuta sempre meno, negli ultimi anni però si è visto un rifiorire di questi locali che stanno recuperando la loro funzione di luogo di incontro per ambo i sessi.
L'osteria e la figura dell'oste sono presenti in vari testi letterari. Si trova menzione già nei Vangeli, ad esempio nella Parabola del buon samaritano nel Vangelo secondo Luca (10- 25, 37) in cui un samaritano soccorse un uomo aggredito dai briganti, lo fasciò e lo portò in una locanda. "Il giorno dopo, presi due denari li diede all'oste e gli disse: - Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno".
La storia di una città, l’identità di un popolo si possono ricostruire anche attraverso la storia delle osterie, dei mercati, dei personaggi famosi che sono passati nei secoli e hanno lasciato un’impronta nella cultura locale. A volte basta un racconto, altre volte un suono e la musicalità di un accento per richiamare alla mente una terra e la sua gente.
Il filo rosso che lega i racconti sulle osterie si srotola passo dopo passo, attraverso le storie dei viandanti, dei briganti, dei nobili rinascimentali, degli artisti e dei poeti che rivelano i caratteri delle persone del tempo, le atmosfere dei luoghi che ancora oggi possono ricondurre con la mente al passato.
Protagonista è l’osteria, luogo d’incontro in cui si mangiava, si beveva, si giocava a carte, dove scendevano i signori del Rinascimento o la gente equivoca che apparteneva alla numerosa schiera di chi vive ai margini della legge.
Fino agli anni più recenti, che l’hanno caratterizzata come luogo di ritrovo anche per gli intellettuali, gli studenti e gli artisti: tutti accomunati dal desiderio di stare insieme e di chiacchierare tranquillamente tra loro, davanti a un buon bicchiere di vino. Tradizioni e usanze che vanno scomparendo, travolte dall’avanzata, ormai inarrestabile, della nuova epoca dei fast food.
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