I pantaloni sono un capo d'abbigliamento portato sulla parte inferiore del corpo, dove le due gambe sono coperte separatamente. Fanno parte dell'abbigliamento maschile, e con alcune differenze estetiche, di quello femminile.
Deve il suo nome a quello del personaggio della Commedia dell’arte, Pantalone, il cui costume porta queste culotte lunghe tipiche.
Storicamente i pantaloni sono legati alla storia della domesticazione del cavallo, essendo indispensabili per montare a cavallo. I pantaloni moderni saranno adottati verso il 1850 sotto il soprannome di "canna fumaria". Non si sono molto evoluti, tranne che sui dettagli, come l'aggiunta del lato posteriore sotto l'impulso di Edoardo VII del Regno-Unito nel 1909. È lo sport che ne popolarizzerà l'indossatura nell'ambiente femminile.
L'arte figurativa preistorica fa risalire l'uso dei pantaloni al Paleolitico superiore. Un esempio caratteristico si trova nelle statuette delle Veneri paleolitiche trovate nei siti siberiani di Malta e di Le Buret. Una parte del tessuto per coprire i genitali e delle bande trasversali ricordano molto i pantaloni portati dai popoli dell'Artico.
Due autentici pantaloni, muniti di copertura per i genitali, sono stati scoperti in Cina, in una tomba alla fine del deserto di Taklamakan : sono stati datati tra il XIII secolo e il X secolo a.C e utilizzati per l'equitazione.
La scoperta di Ötzi, una mummia molto ben conservata, ha permesso di osservare un uomo del Calcolitico indossare leggins in pelle attaccati con una corda alla cintura di un pareo.
Nell'Antichità la storia dei pantaloni è legata alla domesticazione del cavallo. Fanno la prima apparizione nell'ectonografia greca nel VI secolo a.C. I pantaloni, probabilmente portati da entrambi i sessi, sono attestati da degli scultori e da disegni degli Achemenide, nei Medi e Sciti iraniani, i Friginei, i Traci, i Daci, gli Armeni o gli Unni.
I greci antichi utilizzano i termini anaxyris per definire i pantaloni portati dai popoli dell'Est (pantaloni lunghi alla caviglia annodati con una corda) e sarabara per quelli portati dagli Sciti. Non portavano altri modelli, ad eccezion fatta dei loro schiavi, che utilizzavano dei pantaloni collat, perché i padroni li trovavano ridicoli, come attesta l'utilizzo del termine thúlakos (sacco), che si usa per i pantaloni larghi portati dai Persiani sotto le loro tuniche (segno del loro rango socialmente elevato) e degli altri popoli dell'Oriente.
La Repubblica Romana rinnega inizialmente i pantaloni, visti come un emblema dei Barbari. L'espansione dell'Impero Romano al di là del bacino del mediterraneo fece sì che i soldati romani a contatto con questi popoli riconoscessero l'utilità di questo capo che preserva il calore, ed è così progressivamente adottato nell'esercito romano e poi si generalizzò nella società civile III secolo. Due tipi di pantaloni erano in uso: i feminalia (che proteggeva i femori), che si adottò perfettamente ed erano generalmente corti o a metà polpaccio e i femoralia, pantaloni ampi legati alla caviglia. Questi due capi d'abbigliamento, che sono sia in pelle che in lana, cotone o in seta, sono usati inizialmente dai Celti poi si videro usati dai Persiani del Medio-Oriente e dai Teutonici.
In Cina antica, i pantaloni erano portati solo dalla cavalleria. Dopo, furono introdotti dal re Wu di Zhao nel 375 a.C., copiando il costume dei cavalieri turco-mongoli della frontiera settentrionale della Cina.
Le tombe di Yanghai sono un antico, vasto cimitero attribuito alla popolazione cinese Gushi, che si estende per 54 mila metri quadrati di superficie.
Il clima caldo e asciutto dell'area ha contribuito a preservare corpi e manufatti risalenti a migliaia di anni fa.
Prima di quell'epoca gli abitanti della zona si coprivano con tuniche, toghe e mantelli, lunghe vesti perfette per camminare, ma scomode una volta saliti in sella.
«Durante i normali movimenti quotidiani la parte interna della gamba e il cavallo non sono esposti a costante frizione: questo diviene un problema solo quando si cavalca ogni giorno» spiega Mayke Wagner del German Archaeological Institute di Berlino, tra gli scopritori dei pantaloni.
La scoperta avvalora l'ipotesi che ad inventare i pantaloni siano stati pastori nomadi capaci di cavalcare, e che l'innovativo tipo di abbigliamento si sia diffuso nella regione dello Xinjiang grazie a popoli a cavallo - allevatori o forse guerrieri. Nella tomba in cui è stato trovato il reperto, appartenente a due uomini sui 40 anni, sono stati rinvenuti anche una frusta, un morso per cavallo in legno, un'ascia da battaglia e un arco. La datazione è compatibile con le attuali teorie sulla nascita delle prime cavalcate, databili intorno a 4 mila anni fa.
Gli antichi pantaloni sono fatti di tre diversi pezzi di stoffa cuciti l'uno all'altro, uno per ogni gamba e uno per il cavallo: quest'ultimo è realizzato con un tessuto diverso e più resistente, con pieghe lasciate appositamente un po' lasse (per facilitare la salita in sella e non stringere durante la cavalcata) come alcuni pantaloni che vanno di moda oggi.
I calzoni - ipotizzano gli archeologi - dovevano risultare abbastanza scomodi una volta scesi dal destriero. Ma erano comunque, per l'epoca, finemente decorati con motivi geometrici su entrambe le gambe. «Tendiamo a sottostimare i tentativi ornamentali di migliaia di anni fa, perché raramente se ne conserva traccia» spiega Wagner «ma anche all'epoca i vestiti si distinguevano anche per stile e aspetto estetico, e non solo per comodità».
I pantaloni sono stati introdotti in Europa occidentale a più riprese nel corso della storia, specialmente dagli Ungheresi e i Turchi dell'Impero ottomano ma sono diventati comuni soltanto a partire dal XVI secolo.
I pantaloni traggono origine da quelli alla zuava portati dagli uomini del XV secolo. I pantaloni alla zuava erano facili da fabbricare e fissare con dei lacci. Ma poco a poco, i pantaloni alla zuava, sul davanti, lasciarono una grande apertura per i bisogni sanitari. Inizialmente, i bottoni scendevano fino al ginocchio, coprendo il bacino. Ma con l'evoluzione della moda, i bottoni diventano più corti, e diventa necessario per gli uomini coprire le loro parti genitali con una cerniera, che fu aggiunta ai pantaloni alla fine del XVI secolo.
Nel 1788, durante la Rivoluzione francese, coloro che portavano i pantaloni, chi lavorava per il popolo, si sono distinti sotto il nome di Sanculotti, in opposizione a coloro che portavano le culotte, che erano aristocratiche e borghesi. Diventò in seguito una tendenza rivoluzionaria.
Ma è a partire dal 1830 che i pantaloni furono veramente accettati e portati come capo d'abbigliamento da città.
Questo stile fu introdotto in Inghilterra all'inizio del XIX secolo, probabilmente da Beau Brummell, e divenne il capo più portato dalla metà del secolo.
L’eleganza maschile, semplice ma elitaria e aristocratica, all’inizio del nuovo secolo è improntata alla moda inglese e il Principe di Galles, Edoardo VII dal 1901 re d’Inghilterra, ne è l’arbitro. Inaugurò la moda del risvolto quando, visitando le scuderie di Ascot, si rimboccò l’orlo dei pantaloni per non inzaccherarli e dimenticò poi di metterli a posto; a lui si deve anche l’uso di tenere slacciato l’ultimo bottone del gilet, da cui deriva la foggia delle due punte sul mezzo davanti. In fatto di moda
maschile gli esempi del Principe di Galles venivano immediatamente seguiti e consacrati all’ultima moda. La consuetudine inglese raccomandava il completo giacca, pantalone, gilet; il pantalone continua ad essere tagliato in quattro pezzi, dotato di un risvolto al fondo, riservato esclusivamente ai modelli da mattina, e di una piega tenacemente stirata, nel mezzo davanti e dietro di ogni gamba, che conferiva una linea secca, precisa ed elegante. Le bretelle contribuivano a tenere in forma il pantalone, erano rigorosamente nascoste sotto il gilet, come la parte alta dei pantaloni, perché considerate un accessorio intimo.
Ai completi formali composti da finanziera e pantaloni grigi, si contrappongono mises adeguatamente studiate per poter praticare lo sport.
Dall’Inghilterra, insieme alla giacca Norfolk, monopetto e allacciata molto alta, collo con piccoli revers e cintura incorporata, si diffondono i knickerbockers, pantaloni che si chiudono sotto al ginocchio con una fascetta e due bottoni, o una fibbia di metallo. Sono in tessuto di lana dall’aspetto rustico, quasi sempre assortito alla giacca, e si portano con calzettoni di lana e ghette; sono indossati dagli uomini che vanno in bicicletta, scalano monti, cacciano, pescano, giocano a golf. La versione americana viene chiamata plus-fours, poiché il modello è allungato di quattro pollici in nome di una più comoda vestibilità.
D’estate gli sportivi che giocano a tennis, fanno canottaggio, veleggiano con gli yacht da diporto e affollano le stazioni balneari della mondanità internazionale, hanno un guardaroba fornitissimo di pantaloni diritti, appena più larghi di quelli da sera, in lino bianco, in flanella panna o avorio, abbinate ai cardigan blu marina e all’immancabile paglietta.
I marinai hanno giocato un ruolo nella diffusione dei pantaloni nel mondo. Nel XVII e XVIII secolo, i marinai portavano dei pantaloni larghi chiamati galligaskins. I marinai sono stati inoltre i primi a portare i jeans. Questi ultimi diventarono popolari alla fine del XIX secolo nell'America dell'Ovest, per la loro resistenza e longevità.
È in Persia che troviamo i primi pantaloni femminili. In Europa, i pantaloni per donna non diventano di moda fino al XX secolo. Prima, a causa delle proibizioni religiose e i valori attribuiti a ciascun genere (coraggio per l'uomo, pudore per la donna) s'imponeva la differenza sessuale nell'abbigliamento, e portare i pantaloni per le donne era proibito e condannato.
In Francia, durante la Rivoluzione, un'ordinanza del prefetto della Polizia di Parigi del 16 brumaio anno IX (7 novembre 1800) regolamentò l'utilizzo dei pantaloni per le donne, impose a quelle che volevano vestirsi con abiti maschili nei 81 comuni del dipartimento della Senna e i comuni di Saint-Cloud, Sèvres e Meudon di presentarsi alla prefettura di polizia per essere autorizzate. Quest'autorizzazione non poteva essere concessa che per motivi medici. Contrariamente a ciò che si è spesso affermato, nessuna legge ha generalizzato questa restrizione.
Due circolari prefettizie (1892 e 1909) attenuato il bando, autorizzarono l'uso di pantaloni femminili se la donna teneva per mano il manubrio della bicicletta o le redini di un cavallo. Poco tempo dopo, le donne non portarono i pantaloni, seguita dall'affermazione popolare «una donna che porta i pantaloni è una donna che si porta male» perché «una donna onesta ha le ginocchia sporche». Alcune donne nel corso del XIX secolo, portarono i pantaloni, artiste come Rose Bonheur o George Sand, che beneficiarono di una relativa complicità delle autorità.
Ma è la pratica dello sport come l'alpinismo o il ciclismo che hanno allargato l'uso dei pantaloni. C'erano sempre delle resistenze: nel 1930, alla campionessa olimpica Violette Morris fu respinto il suo ricorso contro la Federazione femminile sportiva di Francia che l'aveva rimosse a causa del suo comportamento e del suo abbigliamento maschile, giudicando "deplorevole" l'esempio che lei dava alla gioventù.
I pantaloni non erano tollerati tranne nel caso che le donne facessero un mestiere da uomo. Così, in Inghilterra, le donne che lavoravano nelle miniere di carbone di Wigan furono tra le prima a portare i pantaloni per compiere il loro lavoro pericoloso. Portavano una tuta al di sotto dei pantaloni, ma questa tuta era avvolta fino alla vita per non rovinare i loro movimenti. La loro divisa scioccò la società vittoriana dell'epoca. Nell'Ovest dell'America, nel XIX secolo, le donne lavoravano nei ranch portando i pantaloni per poter cavalcare.
All'inizio del XX secolo, aviatrici e donne attive incominciarono a portarli. Tre attrici celebri, Marlène Dietrich, Greta Garbo e Katharine Hepburn, portavano volentieri i pantaloni, vedere lo smoking, ad Hollywood negli anni 1930, scioccò molto l'America puritana e in crisi, ma le prime due furono considerate dalla stampa femminile come le rappresentanti di una sofisticazione europea un po' esotica, poiché l'anticonformismo di Katharine Hepburn era mal giudicato. Ma questa contribuì più progressivamente a democratizzare una capo "maschile" per le donne "ordinarie".
Durante la Prima Guerra Mondiale e la Seconda Guerra Mondiale, le donne lavoravano nelle fabbriche o eseguivano altri "lavori per uomini" e cominciarono a portare i vestiti civili dei loro mariti mobilizzati, compresi i pantaloni. Nel dopo-guerra, i pantaloni sono diventati un capo di tendenza accettato per il giardinaggio, la spiaggia, e le altre attività di piacere.
Le nuove generazioni degli anni Sessanta rifiutano i modelli esistenti e cercano forme nuove, di rottura con il passato. Il veicolo principale di questo contagio è la musica rock inglese e americana, impersonata da gruppi e cantanti che rompono con le tradizioni attraverso le parole, i suoni delle loro canzoni, i comportamenti e il look. E poiché questi cantanti sono per lo più uomini, è proprio l’abbigliamento maschile quello che per primo subisce le più traumatiche trasformazioni. I teddy boys e i motociclisti sulle Harley Davidson indossano pantaloni di cuoio nero tenuti da un cinturone torchiato, infilati negli stivali. I pantaloni di pelle hanno conservato, dai loro lontani antenati persiani, un aspetto maschio e virile, e nell’abbigliamento dei “centauri selvaggi”, reso celebre da films come The Wild One e Easy Rider, hanno assunto valenze simbolico-feticiste dichiarando gli istinti aggressivi di chi li indossa.
A Londra i giovani trovano la loro identificazione specchiandosi nei Beatles: indossano pantaloni newedwardians, ispirati ai modelli italiani, in colori sobri e scuri, alternati a tartan, camicie dai colli alti e si spostano in Vespa o Lambretta: in Carnaby Street le piccole sartorie assecondano l’influenza dell’Italian look.
Jeans attillati, capelli lunghi, stivaletti, maglie a righe diventano la mise giovanile di strada: è dal Settecento che l’uomo non dava di sé un’immagine tanto vistosa e sessualmente provocatoria, arrivando a mettere in ombra la figura femminile.
L’ideologia femminista e la rivalsa della parità sessuale nella generazione degli anni Sessanta portano al fenomeno del tutto nuovo dell’unisex: le ragazze cominciano ad indossare gli stessi capi dei coetanei maschi, pantaloni e magliette attillate accompagnate da un trucco marcato, capelli lunghi e cotonati.
Ragazzi e ragazze si scambiano pullover e maglioncini corti in vita, camicie, giacche e pantaloni colorati.
Immancabili i jeans, diritti o affusolati, di velluto liscio o a coste, così stretti che per chiuderli con la zip è consigliato sdraiarsi sul letto e trattenere il respiro.
Poi il pantalone scende sotto il punto vita, stretto al bacino e nella coscia, si allarga sotto il ginocchio a zampa di elefante, secondo i dettami del look delle rock stars del momento. Durante gli anni settanta la linea maschile subisce un mutamento d’immagine: diviene più smilza e il corpo più fasciato.
Superate le stravaganze della contestazione, verso la metà del decennio Settanta-Ottanta
ritornano modelli di pantaloni a quattro pinces con tasche tagliate in diagonale, a gamba larga ma non più scampanata.
Le stesse linee dei pantaloni maschili diventano parte integrante del guardaroba femminile per l’abbigliamento sia casual sia formale.
Risale al 1966 la proposta di Yves Saint Laurent dello smoking da donna e la comparsa del tailleur pantalone nell’uso comune in versione da giorno, lavorato in velluto rasato, a coste, in tweed e da sera in georgette o fibre di seta.
Negli anni Ottanta la battaglia dei pantaloni per le donne è stata del tutto vinta: il tailleur giacca e pantalone al femminile emula l’immagine dello yuppie, formale e in carriera. I calzoni valorizzano la figura e sottolineano le gambe sia nei modelli ampi, sciolti e morbidi, realizzati in tessuti leggeri, sia nei modelli a tubo più corti con spacchetti o nei pantacollant aderenti e in lycra.
La versione corta, modulata in tutte le lunghezze e realizzata in tutti i materiali, compare nell’abbigliamento casual, sportivo, giovanile, e nei completi giacca e shorts in versione trendy.
Negli ultimi vent’anni, i pantaloni vengono presentati nella moda femminile in svariati e fantasiosi modelli, di atmosfera classica maschile, country, etnica, elegante, sofisticati, trasparenti e sexy, immancabili i jeans in tutte le lavorazioni. Oggi sono una tipologia indispensabile nel guardaroba femminile, e di uso corrente, al punto da essere il capo più amato e utilizzato dalle donne di tutte le generazioni, tanto da diventare i veri protagonisti delle collezioni di prèt à porter.
Nel 2003, il deputato Jean-Yves Hugon che proponeva l'abrogazione di questa legge francese, si è sentito rispondere dal ministro delegato alla Parità e Uguaglianza professionale, Nicole Ameline, che in questo genere di casi, lasciare una legge non applicata è meglio che fare adottare un testo abrogato. Nel settembre 2010,i consigli municipali di Parigi, alla domanda degli eletti Verdi e Comunisti, fanno la stessa domanda e viene loro risposto dal prefetto, che lui ha meglio da fare che occuparsi di archeologia legislativa. Nel 2013, in risposta ad una domanda simile di un senatore, Alain Houpert, il ministro dei Diritti delle Donne constata l'abrogazione implicita dell'ordinanza, dal fatto della sua incompatibilità «...con i principi d'uguaglianza tra le donne e gli uomini che sono scritti nella Costituzione e gli impegni europei della Francia».
Nel Sudan, la legge che vieta l'uso del capo d'abbigliamento indecente è interpretata dalle autorità sudanesi come un divieto dell'uso dei pantaloni per le donne e chiunque di loro li indossi è punita con quaranta colpi di frusta.
Nel corso dei secoli, alcuni termini, oggi obsoleti, sono stati utilizzati per definire i pantaloni:
i braies, portati dai Celti e dai Germani, composti da due gambe indipendenti la cui parte alta si avvolgeva sul bacino;
la rhingrave, una sorta di jupe-culotte maschile del XVI secolo, plissettata e ornata di pizzo;
i pantaloni alla zuava, pantaloni del X secolo, che risalgono fino alla vita;
la culotte che, nel XVIII secolo, scendeva fino al ginocchio.
I pantaloni possono essere classificati secondo la loro lunghezza. Si parla di :
short, quando la gamba si ferma a metà coscia;
bermuda, quando la gamba si ferma al di-sopra del ginocchio;
pantaloncini, per pantaloni stretti la cui gamba si ferma al di-sotto del ginocchio (così come per i ciclisti).
Un gran numero di materiali possono essere utilizzati nella produzione di pantaloni:
la tela così come il lino sono destinati ad essere portati in estate;
il velluto è destinato ad essere portato in inverno;
il denim, utilizzato nella produzione di blue jeans;
la pelle;
la gomma, il lattice o il vinile;
tessuti elastici, come l'elastane (lycra), utilizzati nella produzione di leggins o pantaloni fuseau.
I pantaloni si classificano secondo tre altezze di vita :
pantaloni a vita alta, la cui cintura arriva all'altezza della giro vita ;
pantaloni a vita giù (o abbassata), la cui cintura arriva a 3 o a 4 cm sotto il giro vita.
pantaloni a vita bassa, la cui cintura arriva a 5 o a 6 cm sotto il giro vita. Il baggy appartiene a questa categoria, il quale è spesso realizzato con taglio dritto, molto largo dei fianchi fino alla base dei pantaloni.
Numerosi termini permettono di qualificare la forma e il taglio dei pantaloni:
Pantaloni affusolati : pantaloni molto rettificati la cui base si ristringe.
Pantaloni regular fit : pantaloni il cui taglio è dritto.
Pantaloni relaxed fit : pantaloni i cui fianchi sono molto abbondanti.
Pantaloni slim o sigaretta : pantaloni stretti.
Pantaloni skinny : pantaloni molto stretti, assomiglia molto ai leggins
Pantaloni oversize : pantaloni molto larghi.
Pantaloni bootcut : pantaloni le cui gambe sono svasate a partire dal polpaccio.
Pantaloni flare : pantaloni le cui gambe sono svasate a partire dal ginocchio.
Pantaloni extra-flare : pantaloni più svasati di quello flare
Pantaloni a zampa di elefante: pantaloni della moda degli anni 1970, stretti in alto e sui fianchi, terminano in un tubo molto largo sulle caviglie. Ridiventati di moda negli anni 2010.
Pantaloni a pieghe: pantaloni con delle pieghe fatto a ferro caldo.
Pantaloni a clip : pantaloni con una cucitura sul fianco che creano una piega lungo l'intera lunghezza o larghezza con freccette nella parte anteriore. Sono stati inventati negli anni 1920-1930 «...in un momento in cui abbiamo cercato di amplificare il contrasto tra una grande e una dimensione molto stretto coscia per dare la larghezza e profondità alla gamba», osserva Le Figaro Magazine coniugati a una vita alta e larghe spalle di giacca per dare una parte centrale. Le clip posso essere fino a tre. Questi pantaloni erano un capo standard degli anni 1940 prima di cadere in disuso, specialmente a causa dei costumi, i cui tessuti sono divenuti più fini e supportano meno la piega e di fatto i pantaloni si portano ora più stretti.
I pantaloni si formano spesso con una chiusura a cerniera o con dei bottoni, situati sul davanti.
Possono anche essere chiusi sui fianchi attraverso un punto, un pezzo di tessuto che si attacca alla vita mediante bottoni.
Alcuni modelli di pantaloni femminili hanno la chiusura posteriore.
Infine, alcuni pantaloni si mantengono con un elastico all'anca. È il caso dei pantaloni sportivi, come il jogging.
La maggior parte dei pantaloni sono muniti di passante, al fine di poterci infilare una cintura.
I pantaloni sono all'origine dei soprannomi, per esempio in bretone, Maryann ar Bragou o Marianne le pantalon ("Marianna pantaloni"), soprannome di una moglie-amante. Come "portare le culotte, cioè "portare i pantaloni", si dice di una donna che comanda la casa.
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