I racconti di calamari giganti erano comuni tra i marinai fin dai tempi antichi e questi possono aver portato alla leggenda norvegese del kraken, un mostro marino tentacolato grande quanto un'isola capace di ingolfare ed affondare ogni nave. Japetus Steenstrup, il descrittore dell'Architeuthis, suggerì che un calamaro gigante fosse la specie descritta come monaco di mare dal re danese Cristiano III nel 1550 ca. Anche l'esistenza del Lusca dei Caraibi e della Scilla della mitologia greca può trarre origine dagli avvistamenti di calamari giganti. Si pensa che anche gli avvistamenti di altri mostri marini, come il serpente marino, possano essere stati interpretazioni erronee di incontri con calamari giganti.
Negli anni '50 del XIX secolo Steenstrup scrisse un gran numero di pagine sui calamari giganti. Utilizzò per primo il termine «Architeuthus» (questa è la grafia che utilizzò) in uno scritto del 1857. Un frammento di calamaro gigante venne raccolto dalla corvetta francese Alecton nel 1861, e, grazie a questo reperto, la comunità scientifica iniziò ad interessarsi a questo genere. Tra il 1870 ed il 1880 si arenarono molti calamari sulle coste di Terranova. Si ricordi ad esempio l'esemplare spiaggiatosi nella baia di Thimble Tickle il 2 novembre 1878; si riportò che il mantello era lungo 6,1 metri, un tentacolo 10,7 e che questa creatura pesasse 2,2 tonnellate. Nel 1873, un calamaro «attaccò» un ministro ed un giovane ragazzo mentre erano in una barchetta nei pressi dell'isola di Bell, sempre a Terranova. Durante la fine del XIX secolo avvennero anche molti spiaggiamenti in Nuova Zelanda.
Sebbene degli spiaggiamenti continuino ad avvenire sporadicamente in tutto il mondo, non sono mai più stati così frequenti quanto quelli che avvennero a Terranova ed in Nuova Zelanda nel XIX secolo. Non sappiamo il motivo per cui i calamari giganti cominciarono ad arenarsi sulle coste, ma forse la causa di tutto fu un'alterazione temporanea delle gelide acque profonde in cui vivono i calamari. Molti scienziati che hanno studiato questi spiaggiamenti di massa ritengono che siano ciclici e prevedibili. La durata del tempo tra essi non è nota, ma lo specialista di Architeuthis Frederick Aldrich ha stimato che sia di 90 anni. Aldrich utilizzò questo valore per predire correttamente gli spiaggiamenti, poco numerosi, per la verità, che avvennero tra il 1964 ed il 1966.
Le prime fotografie di un calamaro gigante vivo nel suo ambiente naturale vennero scattate il 30 settembre 2004 da Tsunemi Kubodera (del Museo Nazionale di Scienze del Giappone) e da Kyoichi Mori (dell'Associazione di Whale Watching delle Ogasawara). I loro team lavorarono insieme per quasi due anni prima di raggiungere il loro obiettivo. Utilizzarono un peschereccio da cinque tonnellate con un equipaggio di soli due uomini. Le immagini vennero scattate nel corso del loro terzo viaggio in una zona di caccia di capodogli a 970 chilometri a sud di Tokyo, dove immersero a 900 metri di profondità un cavo con un'esca composta da calamari e gamberetti. Al cavo era collegata anche una macchina fotografica munita di flash. Quel giorno, dopo più di 20 tentativi, un calamaro gigante di 8 metri attaccò l'amo e vi rimase intrappolato con un tentacolo. La macchina fotografica scattò più di 500 foto prima che il calamaro riuscisse a liberarsi, quattro ore dopo. Il tentacolo del calamaro, lungo 5,5 metri, rimase attaccato all'amo. Le successive analisi del DNA dimostrarono che si trattava di un calamaro gigante.
Il 27 settembre 2005, Kubodera e Mori pubblicarono in tutto il mondo le loro fotografie. La sequenza di foto, scattata a 900 metri di profondità al largo delle isole giapponesi di Ogasawara, mostra il calamaro che si avvicina al cavo sommerso per poi attorcigliarcisi in «una palla di tentacoli». I ricercatori furono in grado di localizzare la presenza di questo calamaro seguendo da vicino gli spostamenti dei capodogli. Secondo Kubodera, «sapevamo che si nutrivano di calamari, e sapevamo quando e a quale profondità si immergevano, così utilizzammo questi animali per guidarci verso il calamaro». Kubodera e Mori riportarono le proprie osservazioni sulla rivista Proceedings of the Royal Society.
Tra le altre cose, le osservazioni dimostrano gli effettivi metodi di caccia degli Architeuthis adulti, un argomento su cui erano state fatte molte speculazioni. Le fotografie mostrano che il calamaro presenta un atteggiamento di caccia aggressivo, tanto che un suo tentacolo rimane impigliato nella palla di uncini dell'esca. Questo smentisce la teoria che il calamaro gigante sia uno sbandato che si nutre di qualunque cosa gli capiti a tiro, muovendosi raramente per risparmiare energia. Sembra, invece, che questa specie abbia una tecnica di caccia molto più attiva.
Nel dicembre 2005, l'acquario di Melbourne, in Australia, spese 100.000 dollari australiani (circa 90.000 euro) per il corpo intatto di un calamaro gigante, conservato in un gigantesco blocco di ghiaccio, catturato da alcuni pescatori al largo dell'Isola del Sud della Nuova Zelanda nel corso dello stesso anno.
Agli inizi del 2006, un altro calamaro gigante, chiamato in seguito «Archie», venne catturato al largo delle coste delle isole Falkland da un peschereccio a strascico. Era lungo 8,62 metri e venne inviato al Museo di Storia Naturale di Londra per essere studiato e conservato. Venne messo in mostra il 1º marzo 2006 al Centro Darwin. Il ritrovamento di un grosso esemplare completo è molto raro, dal momento che la maggior parte degli esemplari ritrovati si trova in pessime condizioni, poiché si tratta quasi sempre di animali arenatisi sulle spiagge già morti o dei resti ritrovati negli stomaci dei capodogli.
I ricercatori intrapresero un processo meticoloso per preservare il corpo. Venne trasportato in Inghilterra nel ghiaccio che si trovava a bordo del peschereccio; in seguito venne scongelato, operazione che durò quattro giorni. La difficoltà maggiore che venne incontrata fu che il sottile mantello impiegò più tempo dei tentacoli per scongelarsi. Per prevenire la decomposizione di questi ultimi, gli scienziati li ricoprirono con pezzi di ghiaccio ed immersero il mantello nell'acqua. In seguito iniettarono nel corpo una soluzione salina per impedire la putrefazione. La creatura si trova ora in mostra al Centro Darwin del Museo di Storia Naturale, dietro ad una spessa lastra di vetro lunga 9 metri.
Il 4 dicembre 2006 Kubodera riuscì finalmente a filmare un calamaro gigante adulto nei pressi delle isole Ogasawara, 1000 km a sud di Tokyo. Era una piccola femmina lunga 3,5 m del peso di 50 kg. Venne issata a bordo del battello di ricerca, ma morì nel corso dell'operazione.
Nel 2007 un calamaro gigante attacco' un sottomarino di Greenpeace che stava svolgendo una ricerca oceanografica in un canyon sottomarino nel mare di Bering, reagendo con getti di inchiostro ai movimenti del sottomarino, l'attacco venne filmato e messo in rete nel 2014.
La natura elusiva del calamaro gigante ed il suo aspetto terrificante hanno giocato un ruolo determinante nell'immaginazione umana, dalle antiche leggende del kraken, passando attraverso libri come Ventimila leghe sotto i mari, in cui l'equipaggio del sottomarino Nautilus si trova ad affrontare uno di questi temibili predatori degli abissi, fino ai moderni programmi di animazione televisiva.
In particolare, è molto comune l'immagine di un calamaro gigante in lotta con un capodoglio, sebbene il calamaro sia, in verità, una delle prede di questo cetaceo e non un suo combattente alla pari.
Il calamaro gigante, il cui nome scientifico è Architeuthis princeps, può arrivare a misurare circa 18 metri di lunghezza totale: il corpo raggiunge i 5-6 metri e i tentacoli arrivano a 12 metri. È un mollusco cefalopode relativamente raro, che vive a grandi profondità nell’Oceano Atlantico e nel Pacifico. Come gli altri calamari, appartiene all’ordine dei decapodi: oltre agli otto tentacoli presenti nei polpi, ne possiede altri due più lunghi degli altri. Tra i polpi, il più grosso è l’Octopus dofleini: nel 1957, al largo delle coste occidentali del Canada ne fu pescato un esemplare con un’apertura dei tentacoli di dieci metri. Nel Mediterraneo si trovano il calamaro comune (Loligo vulgaris), lungo fino a 1 metro e 20 centimetri compresi i tentacoli, che vive nella zona litoranea sui fondali sabbiosi, e l’Ommastrephes bartrami, specie affine che supera il metro di lunghezza e vive in alto mare compiendo ogni tanto spettacolari balzi fuori dall’acqua.
Come tutti i calamari, il calamaro gigante possiede un mantello (torso), otto braccia e due tentacoli più lunghi. Le braccia ed i tentacoli costituiscono la maggior parte della lunghezza del calamaro, cosicché i calamari giganti sono molto più leggeri dei loro predatori principali, i capodogli. Esemplari documentati scientificamente pesavano centinaia, piuttosto che migliaia, di chilogrammi.
Le superfici interne delle braccia e dei tentacoli sono circondate da centinaia di ventose di forma sub-sferica, dal diametro compreso tra i 2 ed i 5 centimetri, ognuna delle quali fissata ad un peduncolo. La circonferenza di queste ventose è circondata da anelli di chitina taglienti e finemente dentellati. Grazie alla forza perforante di questi dentelli ed alla suzione delle ventose il calamaro può attaccare le sue prede. Sulla testa dei capodogli che hanno attaccato calamari giganti o nei pressi di essa è comune trovare le cicatrici circolari provocate dalle ventose. Ogni braccio e tentacolo è suddiviso in tre regioni - carpo («polso»), mano («mano») e dattilo («dito»). Sul carpo è situato un denso grappolo di ventose, allineate in file trasverse ed irregolari di sei o sette. La mano, vicina all'estremità del braccio, è più larga ed ha ventose più larghe disposte su due file mediali. Il dattilo costituisce l'estremità. Le basi di tutte le braccia e dei tentacoli sono poste a circolo intorno al singolo becco, dalla forma di quello del pappagallo, come negli altri cefalopodi.
I calamari giganti hanno piccole pinne sull'estremità del mantello, le quali vengono utilizzate per la locomozione. Come altri cefalopodi, i calamari giganti si muovono grazie ad una propulsione a getto - spingendo con l'imbuto acqua nella cavità del mantello con lievi e ritmiche pulsazioni. Possono anche muoversi rapidamente espandendo la cavità per riempirla d'acqua e contraendo in seguito i muscoli per spingerla fuori grazie all'imbuto. I calamari giganti respirano utilizzando due grandi branchie poste all'interno della cavità del mantello. Il sistema circolatorio è chiuso, caratteristica, questa, distintiva dei cefalopodi. Come altri calamari, anch'essi possiedono l'inchiostro scuro usato per depistare i predatori.
I calamari giganti hanno un sistema nervoso sofisticato ed un cervello complesso, caratteristica che attrae un grande interesse da parte degli scienziati. Hanno gli occhi più grandi di ogni creatura vivente, ad eccezione, forse, del calamaro colossale - più di 30 centimetri di diametro. I grandi occhi possono individuare meglio la luce (compresa la luce bioluminescente), scarsa in acque profonde.
I calamari giganti, come anche alcune altre specie di grossi calamari, mantengono un galleggiamento neutrale nell'acqua marina grazie ad una soluzione di cloruro d'ammonio, più leggero dell'acqua di mare, che scorre in tutto il corpo. Questo metodo è diverso dagli altri metodi di galleggiamento utilizzati dai pesci, i quali coinvolgono la presenza di una vescica natatoria piena di gas. Questa soluzione ha un sapore simile a quello del salmiakki e rende il calamaro gigante inadatto all'alimentazione umana.
Come tutti i cefalopodi, i calamari giganti possiedono organi detti statocisti per percepire la propria posizione ed i propri movimenti nell'acqua. Grazie agli «anelli di crescita» delle «statoliti» di una statocisti si può determinare l'età di un calamaro gigante, in maniera simile al metodo utilizzato per determinare l'età di un albero contando gli anelli del tronco. Gran parte di ciò che conosciamo riguardo all'età dei calamari giganti è basato su stime degli anelli di crescita e sui becchi non digeriti trovati negli stomaci dei capodogli.
Il calamaro gigante è il secondo mollusco più grande, oltre ad essere anche il secondo animale più grande tra tutti gli invertebrati attuali. Nelle dimensioni è superato solamente dal calamaro colossale, Mesonychoteuthis hamiltoni, che può avere un mantello lungo quasi il doppio del suo. Alcuni cefalopodi estinti, come il vampiromorfo cretaceo Tusoteuthis ed il nautiloide ordoviciano Cameroceras potevano raggiungere dimensioni perfino più grandi.
Comunque, le dimensioni del calamaro gigante, soprattutto la lunghezza totale, sono state spesso male interpretate ed esagerate. Le voci che parlano di esemplari che raggiungevano e perfino superavano i 18 m sono numerose, ma non è mai stato documentato il caso di esemplari che si avvicinassero a tali dimensioni. Secondo il Dr. Steve O'Shea, esperto di calamari giganti, alcune lunghezze furono probabilmente esagerate a causa dei due lunghi tentacoli che si allungano come elastici.
Sulla base dell'esame di 105 esemplari e dei becchi ritrovati all'interno dei capodogli, non si conoscono mantelli più lunghi di 2,25 m. Compresa la testa e le braccia, ma escludendo i tentacoli, la lunghezza supera raramente i 5 m. La lunghezza totale massima, misurata nello stato di rilassatezza post mortem, è stimata a 10 m per le femmine ed a 13 m per i maschi, dalla pinna caudale fino all'estremità dei due lunghi tentacoli. Il peso massimo viene stimato a 150 kg per le femmine ed a 275 kg per i maschi.
Conosciamo poco sul ciclo riproduttivo del calamaro gigante. Si pensa che raggiunga la maturità sessuale a circa 3 anni; i maschi raggiungono la maturità sessuale a dimensioni inferiori delle femmine. Le femmine producono grosse quantità di uova, talvolta più di 5 kg, ognuna delle quali è lunga in media 0,5-1,4 mm e larga 0,3-0,7 mm. Le femmine hanno un singolo ovaio posto nel retro dell'estremità della cavità del mantello a cui sono collegati ovidotti contorti da cui le uova mature raggiungono le ghiandole ovidottali, per poi attraversare le ghiandole nidamentali. Come in altri calamari, queste ghiandole producono un materiale gelatinoso che tiene unite insieme le uova una volta deposte.
Nei maschi, come nella maggior parte degli altri cefalopodi, l'unico testicolo posteriore produce spermatozoi che si spostano attraverso un complesso sistema di ghiandole che costituiscono le spermatofore. Questi vengono immagazzinati in un sacco allungato, o sacco di Needham, che termina nel pene, da cui vengono espulsi durante l'accoppiamento. Il pene, lungo più di 90 centimetri, è prensile ed è situato all'interno del mantello.
Come gli spermatozoi vengano trasferiti alla massa di uova è molto dibattuto, dal momento che il calamaro gigante è privo dell'ectocotile che molti altri cefalopodi utilizzano per la riproduzione. Potrebbero venire trasferiti in sacchi di spermatofore, detti spermatangi, che il maschio inietta nelle braccia della femmina. Questa ipotesi è stata suggerita dopo il recente ritrovamento in Tasmania di una femmina che aveva un piccolo viticcio sussidiario attaccato alla base di ogni braccio.
Dei piccoli post-larvali sono stati scoperti in superficie al largo delle acque della Nuova Zelanda, e vi sono in progetto dei piani per catturarne alcuni e mantenerli in un acquario, allo scopo di scoprire molte più cose sulla vita di queste creature.
Studi recenti indicano che i calamari giganti si nutrano di pesci di mare profondo e di altre specie di calamari. Catturano la preda usando i due tentacoli, facendo presa su di essa con gli anelli di ventose posti alle loro estremità. In seguito la trasportano verso il potente becco e la straziano con la radula (una lingua munita di piccoli denti disposti in fila) prima che questa raggiunga l'esofago. Si crede che siano cacciatori solitari, dal momento che nelle reti da pesca sono stati catturati solo individui singoli. Nella dieta dei calamari giganti vi sono anche pesci come l'hoki.
Gli unici predatori dei calamari giganti adulti sono i capodogli e, forse, nelle acque al largo dell'Antartide, gli squali sonnolenti del Pacifico, anche se non è chiaro se questi squali vadano a caccia di calamari o si nutrano solamente delle loro carcasse. I piccoli vengono predati dagli squali e dai pesci di mare profondo. Dal momento che i capodogli sono esperti nel localizzare i calamari giganti, gli scienziati hanno cercato di osservarli allo scopo di studiare questi cefalopodi.
I calamari giganti sono arealmente molto diffusi, dal momento che vivono in tutti gli oceani del mondo. Vivono solitamente a grandi profondità, nei pressi delle piattaforme continentali ed insulari dall'oceano Atlantico settentrionale, soprattutto nei pressi di Trinity Bay (Terranova), della Norvegia, delle isole britanniche settentrionali e delle isole oceaniche, come le Azzorre e Madera, all'Atlantico meridionale, intorno all'Africa meridionale, al Pacifico settentrionale, attorno al Giappone, fino al Pacifico sud-occidentale, nei pressi della Nuova Zelanda e dell'Australia. Gli esemplari sono più rari a latitudini tropicali e polari.
Nonostante il suo fascino misterioso, si sa ben poco del calamaro gigante, uno degli animali più enigmatici del pianeta. Ma ora un team di ricercatori ha scoperto che questi animali leggendari, diffusi in tutti gli oceani, sono molto simili a livello genetico, e contrariamente a quanto creduto sinora ne esiste una sola specie globale.
Il calamaro gigante, anche se è uno dei più grandi invertebrati viventi, è conosciuto principalmente sulla base di resti ritrovati nello stomaco dei capodogli o di carcasse spiaggiate. Solo eccezionalmente i ricercatori hanno avuto a disposizione corpi interi, recuperati casualmente durante battute di pesca a strascico in acque molto profonde.
I ricercatori, guidati da Inger Winkelmann, dottoranda dell’Università di Copenaghen, hanno analizzato 43 campioni di DNA, appartenenti a esemplari raccolti in tutto il mondo.
Le conclusioni del loro studio sono chiare: a livello mitocondriale, sono praticamente identici e inoltre non vi è nessuna prova che vivano in popolazioni strutturate geograficamente. “Una possibile spiegazione di questo è che anche se ci sono prove che gli adulti vivono in aree geografiche relativamente ristrette, gli esemplari giovani che vivono sulla superficie dell'oceano si lasciano invece trasportare alla deriva dalle correnti, e una volta raggiunta una dimensione sufficientemente grande per sopravvivere negli abissi, pensiamo che si stabiliscano in un’area da dove poi ricomincierà il ciclo. Tuttavia, ci mancano ancora moltissime informazioni sulla vita e le abitudini di queste creature”, ha detto Winkelmann, commentando lo studio che è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B.
Collo di bottiglia?
Non è ancora chiaro però il motivo di questa bassa diversità genetica e forse come suggeriscono i ricercatori, in passato i calamari giganti andarono incontro a un fenomeno conosciuto come "collo di bottiglia", cioè un evento o una serie di eventi che ridussero drasticamente il numero di individui a pochi esemplari, dai quali discenderebbe tutti calamari attuali.
Tom Gilbert, genetista del Museo di Scienze Naturali di Copenhagen e supervisore della ricerca, ha detto: “Lavorare su un mostro marino leggendario come il calamaro gigante è stata un’esperienza fantastica. Nonostante i nostri risultati, non ho alcun dubbio che questi miti e leggende continueranno a far sgranare gli occhi ai bambini”.
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