lunedì 10 agosto 2015

I MULINI AD ACQUA

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I primi documenti riguardanti i mulini ed il loro funzionamento vi sono quelli di Vitruvio, nel trattato De Architettura (25 a.C.), che descrisse un mulino che lavorava con una ruota verticale nell'ultimo secolo a.C., ma egli conosceva anche le ruote orizzontali. Ci sono poi gli scritti del poeta greco Antipatro di Tessalonica, contemporaneo di Vitruvio, dove nell'Antologia Greca descrive il funzionamento di un mulino a ruota verticale.

La diffusione della ruota ad acqua per le attività pre-industriali si estese molto lentamente, con periodi di regressione dovuti alle invasioni barbariche del V e del IX secolo.
Fu però solamente a partire dall'XI secolo che la stabilità politica, la relativa prosperità economica e la notevole crescita demografica, posero le condizioni per un rapido imporsi delle attività artigianali e la crescita prepotente della produttività, con conseguente necessità di forza motrice per i primi, rudimentali ma efficaci, macchinari.

Questo fattore portò a ripercussioni politiche di non poco conto. Nell'economia feudale, il signore era proprietario dei terreni e di tutto quello che sopra di essi poggiava, intendendo con questo non solo tutti i manufatti produttivi, ma anche gli animali e gli stessi uomini, nonché l'uso di tutte le risorse naturali. Quindi anche l'acqua.

E' con l'economia comunale che prese corpo il concetto di uso pubblico delle risorse e divenne attività artigianale il lavoro che un addetto, nel nostro caso parlando di mulini il 'mugnaio', svolgeva da libero professionista svincolato dalla proprietà del feudo.
Conseguenza di questo fu il maturare l'idea che l'acqua fosse materia strumentale al lavoro. Ecco quindi che per forza di cose dovesse essere rigidamente regolamentata e il suo uso soggetto a tassazione in quanto, dal suo utilizzo, se ne poteva ricavare un guadagno. Concetto che verrà sempre più esteso e rafforzato, fino ad arrivare alle estreme conseguenze ancora oggi in vigore. Si pensi, ad esempio, al monopolio idrico per la produzione idroelettrica o i rigidissimi vincoli per l'installazione anche di una semplice ruota ad acqua per far girare una giostrina improduttiva.



I mulini, pur mantenendo caratteristiche tecnologiche comuni, erano strumenti studiati di volta in volta alla destinazione d'uso funzionale ai compiti che dovevano svolgere e perfettamente integrati all'ambiente da cui prelevavano la forza motrice.
In montagna si sfruttava il salto d'acqua, quindi la forza d'urto di una maggiore pressione ma con minore portata, privilegiando la spinta 'per di sotto' con ruote piccole, molto robuste e tecnologia rudimentale.

In pianura, non disponendo di adeguati dislivelli nel salto d'acqua, si optava giocoforza ancora per la tecnologia 'per di sotto', ma data la grande e costante portata d'acqua disponibile nel canale di alimentazione e la bassissima pressione e velocità, la ruota doveva essere molto grande, a volte anche gigantesca raggiungendo perfino i 10 metri, e la tecnologia molto sofisticata con le pale molto curate al fine di catturare la maggior spinta possibile.
Tipicamente vi erano due soluzioni strutturali. Una casetta fissa in muratura o in legno con le ruote poggianti su solide fondamenta, particolarmente adatta alle roggie di risorgiva con portate d'acqua costanti pressoché tutto l'anno. Una flottante, praticamente dei grandi barconi completamente in legno ancorati alla terraferma con cordame e ponticelli, tipica dei grandi fiumi di pianura dove vi era disponibilità di una grandissima massa d'acqua, ma a bassissima velocità e con il problema di una forte variazione stagionale del livello del fiume. Questo genere di mulini natanti era utilizzato esclusivamente per le macine di granaglie.

Un'altra soluzione prevede ruote con alimentazione 'dal di sopra', molto più efficente e performante delle soluzioni precedenti, ma richiede un dislivello nel salto d'acqua pari almeno al diametro della ruota stessa. E' la tecnologia più sofisticata in questo settore e necessita un accuratissimo sistema di alimentazione, ruota e pale costruite con molta precisione. Era diffusa soprattutto nelle aree collinari e pedemontane dove vi era una discreta e costante disponibilità d'acqua, anche se non con masse paragonabili a quelle ricavabili dai grandi fiumi di pianura.

L'energia ricavata e disponibile sull'albero rotante all'interno dell'officina, fu per molti secoli sfruttata esclusivamente per le macine da grano e frantoi, cioè la rotazione costante di una grossa mola. Fu solamente nel XII secolo che venne inventato l'albero a camme, sostanzialmente dei grossi cunei innestati nell'albero rotante (o albero motore), che permisero l'utilizzo di macchinari a movimento discontinuo o alternato.
Ecco comparire i magli, grossi martelloni con la testa in ferro e come manico una trave di legno, sollevati dal cuneo della camma e lasciati cadere. E poi meccanismi per azionare i mantici. Con questa tecnologia si diffusero enormemente le fucine e la lavorazione del ferro battuto.
Il moto alternato permise l'invenzione delle segherie, di pestelli usati anche per triturare panni e scarti di segheria per produrre la carta, di folli per le lane.

Per trovare delle significative innovazioni bisogna giungere già in epoca industriale, alla fine del XIX secolo. Per la molitura dei cereali venne inventata la mola a cilindri, mentre tutta una serie di accorgimenti tecnici modificò significativamente le strutture meccaniche: ruote, pale e ruote dentate fatte in ferro, cinghie per la trasmissione della forza motrice, turbine idrauliche ad altissimo rendimento collegate a generatori elettrici.
Con quest'ultima tecnologia, per la prima volta nella storia, fu possibile disgiungere il luogo di produzione dell'energia dal luogo di sfruttamento della forza motrice.



In genere, l'acqua viene deviata da un fiume o da un bacino e condotta alla turbina o alla ruota idraulica attraverso un canale o una tubazione. La forza del movimento dell'acqua, unità all'effetto delle pale di una ruota o turbina, determina la rotazione dell'asse che aziona gli altri macchinari del mulino. L'acqua, lasciando la ruota o la turbina, viene drenata attraverso un canale di coda che può fungere anche da canale di testa per un'altra turbina di un altro mulino. Il passaggio dell'acqua è controllato da paratoie che consentono la manutenzione ed una minima misura di controllo delle inondazioni; grandi complessi di mulini possono avere decine di chiuse di controllo e complicate canalizzazioni interconnesse che alimentano più edifici e processi industriali. In alcuni impianti l'acqua destinata al funzionamento degli stessi era trasportata da un canale e conservata in un serbatoio adiacente al mulino.

I mulini ad acqua possono essere suddivisi in tre tipi, uno con una ruota idraulica orizzontale, su un asse verticale, e l'altro con una ruota verticale su un asse orizzontale. I più antichi sono mulini orizzontali in cui la forza dell'acqua, colpendo una ruota a pale semplice posta orizzontalmente in linea con il flusso della corrente, faceva ruotare la pietra della macina che era collegata direttamente all'asse di rotazione attraverso un ingranaggio. Il problema con questo tipo di mulino nasce dall'impossibilità di regolare la velocità di rotazione, che dipende direttamente dalla velocità del flusso d'acqua.

Nella maggior parte dei casi la ruota idraulica è posta verticalmente, con l'asse di rotazione orizzontale:

In un mulino a filo d'acqua è la corrente del corso d'acqua che, passando sotto la ruota, ne provoca la rotazione.
Nel caso in cui l'acqua giunga alla ruota dalla sua parte superiore, la caduta verso il basso dovuta alla forza di gravità, ne provoca la rotazione, in seguito al passaggio attraverso le pale; l'uso di ruote a camere sagomate permette prestazioni superiori.
L'acqua può anche passare sotto la ruota, trasmettendo parte della sua energia cinetica.
A partire dalla rivoluzione industriale, e per tutto il XX secolo, alcuni mulini utilizzavano una ruota orizzontale, con asse verticale, noto come "turbina", in particolare nel caso dei frantoi, che erano di dimensioni più piccole. Il livello dell'acqua era mantenuto ad una quota sufficientemente elevata sopra il mulino da una piccola diga o da una briglia munita di una paratoia. Questo accorgimento tecnico permetteva ai pesci di passare in tutta sicurezza attraverso la ruota, senza correre il pericolo di essere feriti o uccisi. In tutti i casi una griglia proteggeva la ruota o la turbina da rami, tronchi o oggetti portati dalla corrente che potrebbero danneggiare queste parti meccaniche. Lo schermo doveva essere pulito regolarmente.

La maggior parte dei mulini ad acqua in Gran Bretagna e degli Stati Uniti aveva una ruota idraulica verticale. Il movimento della ruota attorno ad un asse orizzontale poteva essere utilizzato per sollevare martelli in una fucina, per la follatura e così via. La rotazione orizzontale poteva essere convertita in rotazione verticale per mezzo di ingranaggi. Di solito nei mulini da grano inglesi e americani la ruota idraulica attivava un asse orizzontale sul quale era montata una serie di ingranaggi che permettevano il trasferimento del moto a ruote più piccole, come un ingranaggio per lanterne.

I mulini ad acqua sono stati impiegati per molteplici usi prima dell'era industriale. Alcuni sono:

per la macinatura dei cereali, l'utilizzo più antico;
per il funzionamento delle segherie, nel settore forestale;
per azionare fulloni e telai, nell'industria tessile;
nella lavorazione dei metalli, per azionare macine, forge e martelli per forgiatura;
per azionare delle pompe idrauliche;
mulino per carta: dal XIII al XVIII secolo l'energia del mulino veniva utilizzata per sfibrare gli stracci e la pasta di legno con l'utilizzo di mazze e martelli dotati di punte.
per la produzione dell'elettricità con l'utilizzo di un generatore.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/08/valvestino.html






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