venerdì 3 luglio 2015

L' ARDESIA

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L’ardesia è una roccia metamorfica di origine sedimentaria costituita in prevalenza da illite e clorite (35-50%), carbonato di calcio (40-50%), quarzo (10-15%) e caratterizzata da una fissilità molto marcata secondo un piano di scistosità. La fissilità è la proprietà della roccia di dividersi facilmente secondo piani paralleli, in modo da formare lastre più o meno sottili.

È uno scisto argilloso di colorazione per lo più grigio-cupa, che ha in grado eminente la proprietà di potersi separare in lastre sottili; tali lastre, di superficie piana, un po' squamosa, lisce nell'insieme, presentano lucentezza metallica, talvolta serica. La polvere è grigio-biancastra, dolce al tatto.
Al microscopio si riconosce un impasto di colorazione variabile, racchiudente una quantità di elementi cristallini, quali la mica, il feldspato, la clorite, la tormalina, ecc. Chimicamente contiene dal 45 al 75% (in media il 60%) di silice, 15-20% di allumina, e il resto: magnesia, potassa, soda, calce ed acqua. La densità varia da 2,64 a 2,95.

Oltre alla proprietà sopra accennata della sfaldatura, che l'ardesia possiede in alto grado al momento dell'estrazione, e che sparisce col tempo man mano che la roccia perde l'acqua di cristallizzazione, per non più ricomparire per effetto di umidità susseguente, ha pure la proprietà di essere impermeabile e resistente agli agenti atmosferici. In virtù di tali qualità, l'ardesia trova largo uso nelle costruzioni come materiale di copertura dei tetti, lastre di protezione per cornici e cornicioni, gradini, soglie, pavimenti e rivestimenti e in genere in tutti quei casi in cui è possibile sostituirla vantaggiosamente alle lastre di marmo.

In numerose località d'Italia si trovano rocce scistose di tipo svariato, riducibili con maggiore o minore facilità in lastre più o meno sottili e resistenti; però, nella maggior parte dei casi, si tratta di materiale che dà pezzi di piccola superficie, relativamente pesanti e non uniformi, talora anche alterabili per la presenza di noduli di pirite. Si può dire che in Italia la produzione di ardesie naturali di un qualche pregio è concentrata nella Liguria orientale; infatti si estraggono ardesie, e più si estraevano nel passato, in varie località sparse in una fascia che va da Apparizione, a oriente di Genova, fino quasi a Varese Ligure, e decorre parallela alla costa, dalla quale dista 5-10 km.

Ora, però, i centri principali d'estrazione sono ad Uscio, sopra Recco, e nella vicina valle di Fontanabuona, ove scorre il torrente Lavagna, nei dintorni di Cicagna (Orero, Lorsica, Moconesi, Pianezza, Coreglia); la produzione di questa vallata fa capo a Chiavari e Lavagna, ove l'ardesia viene lavorata, mentre quella di Uscio va a Recco. È probabile che da Lavagna, nelle cui vicinanze è Cogorno, nei secoli scorsi centro importante di cave d'ardesia, abbia tratto il suo nome il tipo più oscuro a grana fina usato per fare tavole da scrivere e disegnare.

La produzione di questa zona ligure, che coincide con la totale produzione italiana, verso il 1912-13 toccava 40.000 tonnellate annue; dopo essere discesa per effetto della guerra a 2000 tonnellate nel 1918, riprendeva poi a crescere, avendo avuto nel 1921-1924 un incremento notevole, benché transitorio, con riattivazione di vecchie cave e costruzione di nuovi impianti; ma, dopo raggiunte le 19.000 tonn., tornò a diminuire. Un terzo di tale produzione spetta alla zona di Uscio, il resto a quella di Fontanabuona. In questa zona il banco d'ardesia, alto quasi uniformemente 11 m., si trova fra due imponenti strati di arenaria; le cave talvolta vi s'addentrano profondamente, lasciando piloni di ardesia a reggere la sovrastante arenaria. In tutta questa zona appenninica l'ardesia è eocenica, alquanto calcarea, e forma quasi un passaggio fra l'argilloscisto e il calciscisto. Qui si chiama più propriamente ardesia la qualità facilmente riducibile a lastre sottilissime (abbadini), e lavagna quella pur di facile lavorazione, ma più compatta; il materiale ha un colore plumbeo, alle volte con tinta bluastra, o quasi nero.

I blocchi, ricavati dalla roccia a mezzo di piccone e di seghe a filo elicoidale e carborundum, vengono ulteriormente lavorati per lo più nei laboratorî di Lavagna, Chiavari e Recco, che sono dotati di seghe, pialle, levigatrici, lucidatrici, e altre macchine atte a cavarne pezzi dello spessore e della grandezza voluti.

Le cave produttrici sono oltre una trentina e impiegano, per 200 giorni all'anno, circa un migliaio d'operai.

La massima parte del materiale prodotto si consumava una volta principalmente nella Liguria; ma, poiché va perdendosi anche in tale regione l'usanza di coprire tetti e muri con le ardesie o lavagne (sostituite ogni giorno più dalle ardesie artificiali), negli ultimi anni la produzione si è, come vedemmo, notevolmente ridotta. A ciò ha contribuito in parte la mancanza di un'idonea organizzazione industriale e soprattutto commerciale dei produttori di ardesie, capace di fronteggiare la crisi.

Dal porto di Genova, nel 1927, sono state spedite all'estero quasi 2500 tonn. di ardesie, destinate per il 40% alla Gran Brettagna, il 30% agli Stati Uniti e il 15% all'Australia; ma si tratta quasi esclusivamente di materiale in lastre (da 1 a 3 m. di lunghezza) cioè non molto elaborato. Una parte cospicua di lavagnette grezze si spedisce anche in Germania, dove vengono ulteriormente levigate, smerigliate e incorniciate.

Le ardesie sono usate in prevalenza per lavori edilizi; le lastre più grosse e lunghe per stipiti, architravi, ecc.; quelle di circa 3 cm. di spessore servono invece per pavimenti, lapidi sepolcrali; altre per gradini; le più sottili (2,5-3 mm. di spessore), con 60 a 90 cm. di lato (dette abbadini), si adoperano per rìvestimenti esterni di muri e soprattutto per la copertura dei tetti. Un largo uso di tavole d'ardesia vien fatto in elettrotecnica, per i quadri; nella costruzione, poi, dei bigliardi, per formare il piano, questo materiale si sarebbe dimostrato insuperabile.

Per tetti occorrono ardesie scelte, perché debbono essere leggere e sottili, pur avendo buona resistenza meccanica; si debbono poter ritagliare e fissare con chiodi, debbono essere resistenti agli agenti atmosferici e non permeabili all'acqua.

Per accertare se un'ardesia risponda a questo requisito, la si fissa verticalmente sopra una bacinella contenente acqua, sino a che questa lambisce l'orlo inferiore della lastra; si nota poi la rapidità con la quale l'acqua sale per capillarità nell'ardesia (in 24 ore la zona bagnata non deve essere più alta di 1 cm. se l'ardesia è di buona qualità). Si può anche foggiare, con cera o argilla, un bordo attorno a una lastra; la si appoggia poi orizzontalmente su sostegni, e la bacinella così formata si riempie d'acqua; si osserverà allora in quanti giorni l'acqua arriva a trapelare al disotto.

Le buone ardesie devono essere dure e pesanti e quando si percuotono debbono dare un suono chiaro e sonoro. Se l'ardesia ha un secondo verso (oltre quello di sfaldatura) le eventuali spaccature tendono a prodursi in tal senso: occorre quindi che il pezzo venga tagliato con la lunghezza disposta secondo tale verso, cosicché, fissandone sul tetto il lato corto superiore, i due frammenti rimangano in posto, anche se la lastra si spacca per il lungo.
Qualità apprezzatissime per grande resistenza si hanno ad Angers (Francia), a Lehestein e Gräfenthal (Turingia), in Inghilterra a Carnarvon, a Bangor (Cornovaglia), ecc., in Irlanda, negli Stati Uniti, ecc.. Anche per colore, all'estero, si hanno i tipi più svariati, andandosi dal grigio piombo al bluastro, al violaceo e al verdastro.

In taluni paesi si dà alle ardesie una leggera cottura in fornaci per aumentarne la resistenza generalmente scarsa all'usura, e poterle usare in pavimenti d'abitazioni: il materiale allora per lo più assume tinta rossastra, ma se l'operazione è mal condotta esso diventa più fragile.
Si designano tipi di materiale di costruzione artificiale che sostituiscono le ardesie più sottili per la copertura di pareti e di tetti, pur avendo altre applicazioni, e che, sebbene abbiano in commercio nomi svariati, vengono prodotti per lo più con uno stesso processo, che ha per base e punto di partenza l'amianto e il cemento Portland.

Si attribuisce all'austriaco L. Hatschek (1900) la creazione di questa industria; però vari tentativi erano già stati fatti da altri per ottenere lastre o placche sottili, resistenti, incombustibili, ecc.; tra questi citiamo quello dell'ungherese Nagel, che comprimeva su rete metallica un impasto di amianto ed ossido di zinco bagnato con soluzione di cloruro di zinco, ottenendo così un cemento. Poi si usò come legante della fibra di amianto una miscela di ossido e cloruro di magnesio che si comporta come la precedente: per rendere omogeneo l'impasto e per ricavarne fogli o meglio cartoni, si ricorse al macchinario in uso per la fabbricazione di cartoni olandesi (rimescolatrici e macchine in tondo e in piano).

Le materie prime per la preparazione di ardesie artificiali sono l'amianto e il cemento a lenta presa. Si usano qualità andanti di amianto (Canadà, Australia) a fibra corta (2-4 mm.), talora cascame; si lavorano in molazza, sia a secco sia ad umido, poi in olandese a umido, allo scopo d'ottenere una buona suddivisione delle fibrille. Si mescola poi, sempre a umido, con una quantità di cemento 6-8 volte maggiore in peso; la massa, resa ben omogenea, viene sospesa in molta acqua, che va tenuta in continua agitazione per evitare depositi. Come succede nella fabbricazione della carta, o meglio dei cartoni, la sospensione di amianto e cemento viene fatta addensare in modo uniforme su di una fine tela metallica, disposta orizzontalmente (macchina in piano), o, più comunemente, avvolta sulla periferia di un tamburo (macchina in tondo); l'acqua attraversa la tela sulla quale rimane così uno strato continuo di fibre d'amianto e di pasta di cemento. Preso da un feltro, disposto come tela continua, questo straterello è portato su di un grande tamburo raccoglitore di m. 1,20 di diametro; ad ogni successivo giro del tamburo un nuovo straterello si accoppia col primo, così da formare lo spessore desiderato. Questo grande manicotto di pasta viene tagliato, e se ne ottiene un grosso foglio rettangolare, che si appòggia su di una tavola piana. Si tratta dunque di un processo meccanico, analogo a quello in uso per fabbricare cartoni.

Il cartone pastoso, così prodotto, va ritagliato in misure adatte, e poi pressato più o meno energicamente (talora fino a 400 kg. per cmq.), sia per eliminare l'acqua in eccesso, sia per aumentare l'adesione fra gli elementi del materiale. Le lastre sono poi lasciate a maturare, occorrendo un certo tempo al cemento per fare una presa regolare; a tal fine il materiale viene bagnato tratto tratto.

Allo stato pastoso, prima della presa, il cartone d'amianto-cemento può essere foggiato in varie forme idonee a dati usi, p. es. a tegole, angoli, piastre ondulate, docce, cassette, vasi. Così, avvolgendolo a vari strati con opportuna compressione attorno ad un'anima cilindrica, si ottengono tubi che possono sopportare anche forti pressioni. Con l'aggiunta di terre colorate si producono ardesie di tinte svariate; inoltre, per trattamento successivo con olio, paraffina, bitume, si può impartire al materiale una maggiore resistenza ad acidi, o aumentarne il potere dielettrico.

Grande influenza esercita la pressione alla quale fu assoggettato l'impasto. Per materiale fortemente compresso si può avere una resistenza alla trazione di 2-3 kg. per mmq., e alla compressione di 10-13 kg. per mmq. (se il materiale fu assoggettato a pressione minore la resistenza si riduce di un terzo o di una metà); così il peso specifico da 2,2-2,1 può scendere a 1,5-1,7: l'elasticità si riduce assai più, e cioè nel materiale poco compresso è minore di 1/3 che in quello fortemente pressato. Altro vantaggio, dal lato edilizio, dell'ardesia artificiale sarebbe quello di condurre il calore alquanto meno di quella naturale.

L'ardesia smaltata si ottiene con lo stesso procedimento seguito per la fabbricazione delle ceramiche; si ottengono così ottimi prodotti ad imitazione di marmi, maioliche, ecc. L'ardesia smaltata ha sui prodotti ceramici il vantaggio di potersi ottenere in lastre di maggiori dimensioni e senza che queste si deformino durante la cottura; ha però lo svantaggio del maggior costo. Con la cottura dell'ardesia, le lastre di questa materia migliorano notevolmente la proprietà di resistere agli agenti atmosferici, oltreché la durezza, l'impermeabilità, ecc. Tale miglioramento però non è in proporzione alla spesa e perciò l'ardesia cotta ha avuto, ed ha, scarsa diffusione.

L'impiego maggiore che si fa delle ardesie è, come si è detto, per la copertura degli edifici. Esse vengono messe in opera o in lastre informi, così come vengono dalla cava (schisti tegulari), oppure tagliate in forme regolari e di piccole dimensioni, in modo che si possano utilizzare anche i piccoli pezzi e si riduca al minimo lo sfraso del materiale. Le più comuni forme secondo le quali vengono tagliate le ardesie, sono il rettangolo, l'ogiva, la scaglia, la losanga, e il rettangolo smussato.

Le dimensioni, pur essendo molto variabili, rimangono sempre entro il limite da cm. 9 a cm. 25 di larghezza, e da cm. 20 a cm. 35 di lunghezza. Gli spessori, sottilissimi, variano da mm. 2,5 a mm. 4.

In commercio si trovano anche ardesie tagliate in grandi lastre che hanno di solito uno spessore di 25 mm.; esse vengono impiegate, come si è detto, in sostituzione del marmo, per rivestimenti, coperture di cornici, ecc.

Speciali riguardi si devono avere nella messa in opera delle ardesie che costituiscono il materiale di copertura dei tetti. Dato il sottile spessore di tali lastre, è necessario poggiarle sopra un tavolato che costituisca un letto di posa resistente e regolare, in modo che le lastre vi poggino con tutta la superficie e non offrano presa al vento che potrebbe facilmente danneggiarle. Ciascuna lastra deve essere chiodata o fortemente assicurata al sottostante assito, in maniera che non possa scivolare in conseguenza della pendenza del tetto, quasi sempre molto accentuata, e che il vento non possa rimuoverla. Le tavole costituenti il letto di posa delle tegole devono essere staccate fra loro di 5-10 mm., per evitare che, gonfiandosi o movendosi, spostino le lastre o le danneggino. Per tale ragione ed anche per economia, si sostituisce spesso al tavolato un'orditura di listelli sui quali le tegole vengono chiodate o assicurate con ganci speciali (sistema inglese). Le lastre vengono disposte sul piano di tavole sottostante, nel modo indicato dalle figg. 2, 3 e 4.

La sovrapposizione delle lastre di due file successive deve essere di circa due terzi della lunghezza delle lastre medesime; in tal modo ogni punto del tetto è protetto da 3 lastre sovrapposte e l'acqua, risalendo per capillarità, non può assolutamente passare al disotto, come viceversa avverrebbe se la sovrapposizione fosse minore. È inutile aggiungere che le lastre devono essere disposte a giunti sfalsati. Tutte le lastre devono essere fissate con chiodi o ganci di rame o di bronzo. disposti in modo da rimanere ad una certa distanza dalla sommità della lastra e da essere coperti dalle file successive di ardesie. Quando i chiodi sono troppo vicini all'orlo superiore delle lastre, queste possono non essere bene appoggiate sulle lastre sottostanti e rimanere un po' sollevate; in tal caso il vento, agendo al disotto delle ardesie, le rimuove e le spezza.

Le ardesie, come si è detto, possono anche essere fissate, anziché su tavolato, sopra un'orditura di listelli disposti a una distanza uguale a circa un terzo della lunghezza delle ardesie e in modo da corrispondere ai punti in cui queste debbono essere inchiodate. I listelli hanno sezione trapezoidale, sicché la loro faccia superiore ha una pendenza maggiore di quella della falda del tetto e delle ardesie; tale maggiore pendenza corrisponde allo spessore delle lastre ed è quindi calcolata in modo da alloggiare la testa di una fila d'ardesie e permettere che la fila sovrastante poggi sul listello e si adagi in piano su quella sottostante.

Le ardesie devono essere usate in tetti a forte pendenza (non inferiore al 40%) in modo che l'azione del vento si eserciti quanto più è possibile in direzione normale alla superficie delle falde. Una pendenza meno forte esporrebbe il tetto a notevoli danni, poiché le lastre per la loro leggerezza sarebbero facilmente spostate. I tetti d'ardesia, per la forte pendenza richiesta dal materiale, per le svariate forme e colorazioni delle lastre, che si prestano a infinite colorazioni di disegni geometrici, presentano aspetto decorativo caratteristico e talvolta veramente artistico.

Circa le altre applicazioni dell'ardesia, cui si è già accennato, nulla di particolarmente interessante si può dire. Le più note sono quelle di copertura, con grandi lastre, di cornicioni e cornici; le lastre vengono murate con un'inclinazione non minore del 10%, sulla superficie superiore della cornice, e i giunti delle lastre vengono coperti da liste d'ardesia (coprigiunti) fissate con mastice composto di polvere d'ardesia e d'olio di lino cotto. L'ardesia veniva pure impiegata per pavimenti, gradini, soglie di porte e finestre; tale uso però è ormai generalmente abbandonato, sia per la poca durezza e resistenza dell'ardesia, che espone dette opere a un rapido consumo e degradamento, sia per l'aspetto poco estetico, dato dalla colorazione scura dell'ardesia stessa.

Dell'ardesia, infine, si servirono largamente gli artisti del secolo XVII, specialmente i bolognesi, come di materiale su cui dipingere, traendone partito, non di rado, per ingegnosi effetti di colore lasciando scoperto qua e là il fondo grigio piombo.


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