Posta a cavallo tra la Valtellina e la Valle Camonica, la Riserva viene istituita all'inizio degli anni '80 ed interessa gli ambiti fluviali dei torrenti Valle di Campovecchio, Val Brandet e Valle di Sant'Antonio, area oggi tutelata anche dall'Unione Europea come Sito d'Importanza Comunitaria. Due sono i colori predominanti che colpiscono chi risale le valli: il verde dei versanti ed il bianco dei torrenti la cui acqua, impetuosa e spumeggiante, solca la roccia e corre rapida nei fondovalle. Prati e foreste, laghi alpini e crinali, vette e pietraie si avvicendano a diversificare i paesaggi naturali, che nelle valli ben si integrano con quelli culturali. I fienili e le baite si richiamano alle dimore Walser, con pareti ottenute da travi di abete lavorate con un sistema ad incastro denominato "blockbau". Ma la storia dell'uomo non si legge solo nelle sue dimore: ci sono le incisioni rupestri, le miniere di ferro e rame ed i forni fusori. Respirare l'identità di questi luoghi lasciandosi stupire dai profili delle vette sui laghi, dal fragore di un torrente e dal profumo del bosco equivale a fare un viaggio interiore, alla scoperta di se stessi e della propria natura.
L’architettura dell'antico di sant'Antonio borgo ci rimanda al tempo in cui nelle valli vi era ancora una viva economia rurale e l’intervento dell’uomo era necessariamente in perfetta armonia con la natura circostante.
Dalla montagna si traeva quasi tutto il necessario per vivere: le pietre per costruire le case, le lastre di ardesia per i tetti. Minuscoli orti nelle zone piu’ protette dal freddo erano coltivati come piccoli giardini dalle donne mentre, nel periodo estivo, gli uomini conducevano il bestiame all’alpeggio.
Il paese e’ incastonato tra le acque di due torrenti che si uniscono a valle del centro abitato originando il breve, impetuoso torrente S. Antonio, affluente dell’Ogliolo. I due torrenti in questione sono il Campovecchio e il Brandet e danno il nome a due splendide vallate creando un paesaggio di tale bellezza da meritarsi la creazione della “ Riserva Naturale Paesistica delle Valli di S. Antonio”.
Nonostante l’area tutelata interessi esclusivamente gli invasi dei tre torrenti, fino ad un’altitudine variabile tra i 1200 e i 1700 mt., tutti gli ambienti ad altitudine superiore sono interessanti e di grande pregio naturalistico soprattutto per le evidenti tracce lasciate dai ghiacciai del Quaternario, tra cui numerose morene e circhi glaciali nei quali si sono originati vari suggestivi laghetti alpini, quali il Torsolazzo, il lago Piccolo e i laghetti del monte Culvegla.
Le due vallate sono separate da una catena di cime che si sviluppa da Nord a Sud con la Cima Tre Monti (1647 mt.), il Corno dell’Agna, il Monte Sessa, il Monte Borga (2733 mt.) ed il Monte Culvegla. Il graduale sviluppo altitudinale della riserva consente di osservare il naturale avvicendamento delle specie arboree tipiche delle nostre Alpi, intervallato da zone che l’uomo ha disboscato per fare spazio ai pascoli, ai prati da sfalcio ed alle caretteristiche abitazioni rurali.
Partendo da fitti boschi di Abete rosso con gruppi isolati di Abete bianco si passa, salendo, ad un associazione di Abeti e Larici. Questi ultimi prendono decisamente il sopravvento man mano ci si avvicina al limite superiore dell’orizzonte montano (verso i 1900 mt.), dove, dopo la lariceta rada, troviamo ancora qualche isolato e contorto esemplare di questa specie tra gli arbusti di Rododendro e Mirtillo.
Ad altitudini superiori anche gli arbusti contorti scompaiono per fare posto ai pascoli d’alta quota ed infine alle rocce spesso ingentilite dalla tipica vegetazione alpina a pulvini: fittissimi cespuglietti tondeggianti, sovente ricoperti di splendidi fiori.
La fauna di montagna si alterna adattandosi ai vari ambienti vegetazionali appena menzionati, per cui nelle vallate più basse vivono Cervi, Caprioli, Mufloni introdotti 1971 nella Valle Belviso, Volpi, Scoiattoli ed altri piccoli mammiferi, alle quote piu’ elevate e’ possibile avvistare il Camoscio mentre molto piu’ difficile e’ l’incontro con l’Ermellino, la Martora e la Lepre alpina. Altrettanto interessante l’avifauna per la presenza di molte specie tipiche della montagna tra cui il raro Gallo cedrone, il Gallo forcello, la Pernice bianca, l’Aquila reale, la Coturnice. Nel bosco vivono le varie specie di Picchi, la Nocciolaia, lo Sparviere e l’Astore, oltre a tutte le varie ed interessanti specie di Passeriformi.
La Riserva Naturale "Valli di S. Antonio", concepita con felice intuizione da uomini lungimiranti e istituita già nel 1983 (fra le prime in Lombardia), ha finalità di tutela del patrimonio naturale e paesistico; promozione delle attività agro-silvo-pastorali e della ricerca scientifica; regolamentazione delle utilizzazioni ricreative. Attorno ai confini comunali poi è tutto un accalcarsi di realtà naturali pregiate, in vario modo protette: dal Parco delle Orobie Valtellinesi a quello dell'Adamello, dalla Riserva Naturale di Piangembro all'Osservatorio Eco-Faunistico Alpino di Aprica, realizzazione unica e originale ne suo genere sulle Alpi.
Detto delle attrattive naturalistiche, all'interno della Riserva vi sono due bei rifugi alpini, ampie aree da picnic, sentieri attrezzati percorribili a piedi, a cavallo o in mountain-bike. Pittoreschi i ponti in legno coperti sui torrenti e le tipiche baite, alcune ristrutturate, coi tetti in "scandole".
Il substrato che caratterizza la zona in esame è caratterizzato dalla presenza di rocce di natura silicatica. L’evoluzione del suolo è fortemente condizionata anche dai caratteri geomorfologici del luogo: la conformazione a U delle vallate testimonia l’origine glaciale di tutta la porzione più alta delle due testate vallive di Brandet e Campovecchio, mentre nella parte bassa l’azione erosiva delle acque di scorrimento superficiale ha modellato un tipico profilo a V a partire da quota 1300 m slm fino alla confluenza con il Fiume Ogliolo. La pendenza dei versanti è generalmente molto accentuata, mentre le uniche zone semipianeggianti si riscontrano sul fondovalle, al di sopra del terrazzo morenico cui corrispondono i più antichi insediamenti rurale di Campovecchio e Brandet.
Dal punto di vista idrografico assumono un ruolo di fondamentale importanza i corsi d’acqua, rispondenti alle finalità istitutive proprie della riserva naturale. Le due vallate principali sono solcate dai torrenti Brandet e Campovecchio che confluiscono nella Valle di Sant’Antonio a quota 1.110 m slm, nei pressi dell’omonimo borgo.
Da qui un corso d’acqua di portata cospicua scende con moto turbolento superando anfratti rocciosi e massi ciclopici spettacolari fino a raggiungere la località Fucine (quota 1000 m slm), per poi immettersi nell’Ogliolo quale affluente di destra.
Sia in Valle di Campovecchio che in Val Brandet si trovano numerose vallecole laterali, tutte caratterizzate da acclività molto accentuata, che alimentano i corsi d’acqua principali: le valli di Pasò, di Enet, della Sessa e del Forame in Val di Campovecchio e le valli del Foppone, della Marosa, del Piccolo, Lizza, Bondone, Sonno, Garzoneta in Val Brandet sono le più rilevanti.
La parte alta del bacino idrografico delle Valli di Sant’Antonio, fuori Riserva ma comprese entro il SIC, ospita anche numerosi laghi alpini di notevole rilevanza paesaggistica, tra cui domina senza dubbio per importanza e dimensioni il Lago di Piccolo (2.380 m slm), che detiene l’importante primato di essere il più grande lago alpino naturale della Provincia di Brescia e delle Orobie, circondato da una serie di altri piccoli specchi d’acqua aventi la medesima origine glaciale, il più importante dei quali è senza dubbio il Lago di Culvegla (2.290 m slm).
Elemento caratterizzante le valli di Sant’Antonio rimane però l’acqua, che scorre copiosa e spumeggiante in quelli che devono ritenersi i torrenti più belli della Lombardia: solo marginalmente interessati da opere di regimazione idraulica, conservano ancora un’eccezionale naturalità. La grande vocazionalità ittica delle acque richiede una graduale conversione delle popolazioni artificiali oggi immesse per la pesca, in popolazioni autoctone di Trota fario (Salmo trutta trutta) e Scazzone (Cottus gobio) in grado di sostenere il proprio ciclo riproduttivo.
I caratteri qualitativi e quantitativi dei due principali corsi d’acqua (Valle di Campovecchio e di Brandet) che confluiscono nella Valle di Sant’Antonio poco più a valle dell’abitato omonimo (punto di confluenza a quota 1.110 m slm), conferiscono all’ambiente naturale prerogative e peculiarità uniche e di elevatissimo pregio naturalistico, tanto da giustificare l’istituzione della riserva nell’ormai lontano 1983 con obiettivi di salvaguardia ambientale ben specifici.
Nella riserva naturale è possibile pescare, limitatamente ai periodi di apertura che vanno dalla primavera fino all’inizio di ottobre, dietro corresponsione di un canone da versare al Comune di Corteno Golgi, al quale la Provincia di Brescia ha affidato in concessione la gestione della pesca su tutto il territorio comunale.
La pesca può essere inoltre esercitata in forme diverse a seconda dei tratti considerati, come stabilito dal regolamento e indicato anche sui cartelli informativi: nel Torrente Brandet sono attuabili diverse tecniche di pesca, mentre al torrente Campovecchio è riservata la Pesca a mosca. Il tratto più basso della Valle di Sant’Antonio viene invece utilizzato secondo le più svariate tecniche di pesca, sempre entro i limiti imposti dal regolamento vigente. A monte della confluenza fra la Valle di Sant’Antonio e l’Ogliolo (loc.tà Fucine 1000 m slm) vi è la zona di ripopolamento ittico.
Al di là dell’aspetto estetico-visuale estremamente vario e spettacolare, le peculiarità naturalistiche del luogo legate alle sue qualità idrobiologiche si rendono del tutto evidenti anche nella composizione faunistica non necessariamente relegata alla classe dei pesci, ma strettamente dipendente dall’ecosistema acquatico d’acqua dolce. Prova ne sono la presenza di alcuni particolari indicatori biologici, che vanno da alcune specie rane e di tritoni, alla salamandra, alla biscia d’acqua, al merlo acquaiolo, al martin pescatore e altre specie che stabiliscono una relazione di stretta dipendenza con il corso d’acqua, fino a considerare attendibili anche alcune segnalazioni relative alla presenza della lontra che, pur essendo ormai scomparsa, sembra sia stata rinvenuta fino a non molti anni or sono lungo l’Ogliolo.
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