venerdì 17 luglio 2015

IL PARCO DELLE GRIGNE



Il Parco regionale della Grigna Settentrionale tutela un'area che si estende tra la Valsassina e il ramo lecchese del Lago di Como. Dai 500 metri di quota a salire, comprende due rilievi che tutti chiamiamo amichevolmente Grignone e Grignetta ma che, sulle carte, troverete indicati come Grigna Settentrionale, la più alta che raggiunge i 2.409 metri, e Grigna Meridionale (2.177 metri). Incredibile da pensare, eppure le origini di queste montagne hanno molto a che fare con il mare, l'oceano Tetide. Proprio per questo motivo, tra le rocce (ma anche nel simbolo del Parco), non faticherete a riconoscere un gran numero di fossili che per il loro valore paleontologico, richiamano studiosi da tutto il mondo; oltre che lungo i sentieri, li potrete vedere comodamente al Museo di Esino Lario. Poi c'è un grande mondo sotterraneo di cavità e cunicoli. Forse non proprio a portata di tutti ma altrettanto suggestivo, con grotte profonde più di 1.000 metri o uniche, come quella del Moncodeno con stalattiti e stalagmiti perenni di ghiaccio.

L'ambiente del parco è molto vario e comprende luoghi molto diversi: dai piccoli borghi in pietra della Valsassina o sulle sponde del lago in cui l'uomo ha modellato il territorio, si arriva in fretta alla tranquillità delle malghe e dei pascoli erbosi fino a raggiungere - ma solo camminando - il silenzio delle vette, in un paesaggio d'alta quota tra guglie, pareti di roccia e grandi panorami. Le meravigliose guglie calcaree fanno da cornice ad un mondo che sembra immobile da secoli, felice risultato di un connubio equilibrato tra risorse naturali e presenza umana, tra boschi e pascoli, tra montagne superbe nella loro immobile bellezza e malghe, rifugi, sentieri per l'escursionismo e vie attrezzate per l'alpinismo. Il polmone verde del bosco, lo scorrere limpido delle acque del torrente, il lago scintillante incastonato alla base delle pareti e l'arida pietraia sono solo alcuni volti di una natura che qui si è sbizzarrita con tutta la sua fantasia, a creare habitat e paesaggi davvero incantevoli.

I fossili, intriganti ed attraenti testimonianze dell'esistenza di forme di vita sin dai tempi remoti, costituiscono un altro aspetto che fa dell'area del Parco della Grigna Settentrionale una zona di estremo interesse scientifico. Notevoli sono i ritrovamenti effettuati sino ad ora e, ancora oggi, sono in corso importanti campagne di scavo da parte dell'Università di Milano. Attraverso lo studio dei reperti, si sta svelando di giorno in giorno il passato di queste terre e degli organismi che le abitavano. Anche al fruitore attento del territorio del Parco si apre oggi la possibilità di scovare ed osservare, fra le rocce o al Museo di Esino Lario, una moltitudine di reperti di notevole importanza. Gli affioramenti di Calcare di Perledo Varenna sono, ad esempio, assai ricchi di Daonelle (lamellibranchi), ma in passato vi sono stati rinvenuti anche brachiopodi, gasteropodi e cefalopodi e vertebrati come pesci e rettili.La Formazione di Gorno è ricca di frammenti di lamellibranchi, meno frequentemente di piccoli radioli di echinoidi.
Il Calcare di Esino si presenta molto ricco di fossili: vi si possono osservare specialmente gasteropodi, ma anche grossi lamellibranchi, articoli di crinoidi, alghe e addirittura coralli. Molti affioramenti qui rinvenuti sono stati protagonisti delle ricerche paleontologiche di vari naturalisti anche nel passato: tra questi spicca l'abate Antonio Stoppani, che ne analizzò il contenuto, riportando le proprie considerazioni addirittura fra gli anni 1858 e 1860, nell'opera "Les Pétrifications d'Esino ou description des fossiles appartenant au dépôts superieur des environs d'Esino en Lombardie".

Dalla valle del Pioverna fino alla cima del Grignone, per poi scendere fino ad Esino, diverse sono le associazioni vegetali che si susseguono, dando a questi luoghi una particolare e caratteristica fisionomia, che contribuisce ad identificare il suggestivo paesaggio del Parco.
I versanti più bassi si caratterizzano per la presenza di fitti ambiti boscati, alternati ad aree con prati da fienagione e coltivi, entro cui si individuano i principali nuclei abitati del Parco. I boschi sono qui costituiti principalmente da carpini e querce, ma importante è anche la presenza del castagno, e in particolare dei vecchi castagneti da frutto, che rappresentano testimonianza di come l'uomo nei secoli abbia saputo utilizzare la natura a proprio beneficio. Specie di origine asiatica, il castagno è stato introdotto e favorito in questi boschi in tempi remoti, creando dei boschi oggi del tutto assimilati a quelli "autoctoni" (originari). Nei canaloni e nelle valli ripide e più ricche di acqua, queste comunità lasciano il posto a frassini e tigli, spesso presenti lungo i corsi d'acqua principali.

Salendo in quota, i boschi si arricchiscono progressivamente di elementi più spiccatamente "mesofili", ossia che richiedono temperature meno elevate per sopravvivere: intorno alla quota indicativa di 1000 metri le faggete raggiungono il loro massimo splendore, e colpiscono, specialmente d'autunno, quando con le loro chiome multicolori infuocano i versanti. Le conifere fanno la loro comparsa prima discretamente, poi via via in modo più continuativo, fino a costituire in quota popolamenti anche di notevole interesse naturalistico, come il lariceto del Moncodeno: si tratta infatti della comunità a larice più meridionale presente nel versante alpino.
Salendo ulteriormente in quota, il bosco lascia il suo posto alle dense brughiere a rododendro, mugo e ginepro, che a loro volta poi si diradano e sfumano nelle tipiche praterie alpine. Sulla Grigna, visto il substrato calcareo, queste estese erbose sono dominate dalla carice rigida, dalla sesleria varia e dalla carice sempreverde, graminacee ben adattate alle difficili condizioni atmosferiche delle zone sommitali.
Sulle vette anche le praterie hanno coperture sempre meno continue, e vengono spesso interrotte dalla presenza di pareti rocciose e ghiaioni.

Se i boschi di conifere sono poco diffusi e praticamente abbandonati dal punto di vista gestionale, le foreste di latifoglie sono invece ben rappresentate e risvegliano ancora un seppur blando interesse economico degli operatori del settore e delle popolazioni locali. Nel passato, infatti, il bosco ed il pascolo hanno permesso il sostentamento della maggior parte delle famiglie del Parco, mentre oggi queste risorse rivestono importanza economica solo per poche decine di persone.
Pur registrando una certa ripresa dell'interesse per il legname, dopo un lungo periodo negativo successivo al secondo dopoguerra, tagli di una certa entità ed estensione raramente vengono effettuati nell'area protetta.

Il patrimonio floristico del territorio del Parco regionale della Grigna settentrionale è avvalorato e impreziosito dalla presenza di un numero consistente di specie "rare", ovvero a diffusione limitata. Il concetto di rarità è legato alla dislocazione spaziale di una specie: quanto più questa è geograficamente confinata, tanto più è rara. Questo criterio vale per la maggior parte dei casi, ma non per tutti: alcune specie infatti, pur godendo di un'estesa distribuzione sul territorio, sono rappresentate da un esiguo numero di esemplari e per tale ragione sono da considerarsi altrettanto introvabili.
Fra le rarità floristiche del Parco, meritano di essere annoverate la Centaurea retica (Centaurea rhaetica), l'Aquilegia di Einsele (Aquilegia einseleana), Campanula di Bertola (Campanula bertolae), la Colombina gialla (Corydalis lutea), la Radicchiella di Froelich (Crepis froelichiana), il Citiso insubrico (Cytisus emeriflorus), l'Euforbia insubrica (Euphorbia variabilis), la Festuca ticinese (Festuca ticinesi), l'Ambretta sudalpina (Knautia transalpina), il Laserpizio insubrico (Laserpitium nitidum), il Dente di leone insubrico (Leontodon incanus) , il Raponzolo chiomato (Physoplexis comosa), la Sassifraga retica (Saxifraga hostii), la Tlaspi a foglie rotonde (Thlaspi rotundifolium), la Carice subalpina (Carex austroalpina) e la Carice del Monte Baldo (Carex baldensis).
Tra queste specie "rare" ve ne sono nell'area protetta parecchie esclusive o endemiche, ossia strettamente circoscritte in un territorio limitato, non rinvenibili altrove, neppure in località equiparabili sotto il profilo ambientale.
L'origine di queste presenze è da ricercarsi negli eventi glaciali del Quaternario: le Prealpi Lombarde, poste al margine meridionale del sistema alpino, sono in gran parte sfuggite alla copertura dei ghiacci, così da accogliere numerose specie nelle cosiddette "aree rifugio" risparmiate dalla coltre di ghiaccio, favorendo la conservazione delle stesse e la differenziazione delle popolazioni originarie.
Questo spiega come l'intera fascia prealpina, dal Lago di Como al Garda, sia costellata dai cosiddetti "endemiti insubrici", specie tanto rare quanto belle da vedersi, che sulla Grigna offrono un imperdibile sfoggio di colori. Fra di essi lo splendido Aglio di Lombardia (Allium insubricum), la Campanula di Rainer (Campanula Raineri), la Campanella dell'Insubria (Campanula elatinoides), la Silene d'Elisabetta (Silene elisabethae), l'Erba regina (Telekia speciosissima), la Primula glaucescente (Primula glaucescens), simbolo del Parco, la Sassifraga di Vandelli (Saxifraga vandellii) e la Viola di Duby (Viola dubyana).
Ad arricchire ancor più la prestigiosa flora dell'area sono senza dubbio gli endemismi del territorio del Parco (o delle aree immediatamente circostanti), vere e proprie perle di esclusività e originalità floristica, come la Minuartia delle Grigne (Minuartia grignensis) e la Primula delle Grigne (Primula grignensis).
Quanto più la flora del Parco è ricca di specie rare, maggiori sono valore e significato in termini botanici, ma altrettanto maggiori sono le esigenze di tutela e conservazione di queste presenze significative, che richiedono una gestione attenta e comportamenti responsabili da parte di tutti i fruitori.

Nonostante lo sviluppo altimetrico sia tutto sommato contenuto (il Parco si sviluppa entro un dislivello di circa 1.900 m), il massiccio della Grigna presenta una gran varietà di habitat e condizioni climatiche ampiamente diversificate lungo i suoi versanti. Mentre il fianco valsassinese è caratterizzato da un clima tipicamente alpino, la zona che si affaccia sul Lario gode invece di temperature più miti. È dunque spiegato perché l'area protetta ospiti un così elevato numero di specie animali, il cui incontro, casuale o volutamente ricercato, si rivela un'esperienza indimenticabile, che intensifica il contatto con la natura selvaggia del Parco.
Gli stagni e le pozze d'alpeggio esistenti costituiscono allora ecosistemi di assoluto pregio e interesse ambientale, che il Parco si sta impegnando a preservare con appositi progetti di conservazione e ripristino. Qui è il Tritone crestato italiano (Triturus carnifex) ad essere l'Anfibio di maggior interesse e rilievo naturalistico. Davvero singolare e spettacolare è il suo rituale di corteggiamento: quando una femmina si avvicina, il maschio le si para davanti e piega il proprio corpo in modo da formare una vera e propria gobba; poi si esibisce in un movimento ondulatorio allo scopo di ostentare la sua imponente cresta.
I Rettili, adattati alla vita in aree asciutte, in particolare con la presenza diffusa di affioramenti rocciosi, ritrovano invece in Grigna una molteplicità di ambienti ideali per insediarsi stabilmente. Molte specie presenti nel Parco sono molto diffuse, come ad esempio la Lucertola muraiola (Podarcis muralis), il Ramarro occidentale (Lacerta bilineata), tipico degli ambienti più caldi, e il Biacco (Coluber viridiflavus), che frequenta diversi habitat, anche in vicinanza delle abitazioni. Per contro, la Vipera comune (Vipera aspis) è piuttosto rara, mentre il Marasso (Vipera berus), l'altra Vipera lombarda, non sembra più presente in Grigna.
Suscitando spesso sentimenti di repulsione, sia a causa di pregiudizi infondati, sia per la paura di possibili morsi (di Vipera), tutte le specie di serpente sono ingiustamente perseguitate: analogamente agli Anfibi, i Rettili svolgono invece un ruolo fondamentale nella catena alimentare, nutrendosi di moltissimi insetti, ed è dunque da evitare qualsiasi comportamento scorretto nei loro confronti...

L'area del Parco ha caratteristiche ottimali anche per lo svernamento dell'avifauna; nei mesi più freddi si contano quasi un centinaio di specie di Uccelli, tra le quali ve ne sono parecchie molto significative e importanti perché piuttosto rare: alcune di queste sono tutelate dalle normative europee e richiedono vigorosi interventi di conservazione. È fra queste l'Albanella reale (Circus cyaneus), che nei mesi più freddi caccia in prati, praterie e pascoli soleggiati, ambienti aperti pure frequentati dalla Coturnice (Alectoris graeca saxatilis) e dalla Starna (Perdix perdix italica), che "soggiornano" in maniera permanente nel territorio del Parco.
Il Falco pellegrino (Falco peregrinus) e il Gufo reale (Bubo bubo) svernano invece nelle porzioni più occidentali del massiccio delle Grigne, presso le pareti che rifiniscono aspramente il Lario, habitat di estrema rilevanza per le fasi di nidificazione di questi Rapaci. Il rispetto e l'attenzione verso tali siti, dal forte pregio paesaggistico e naturalistico, rientrano negli aspetti focali della gestione del territorio e delle specie faunistiche del Parco.
Il Picchio nero (Dryocopus martius) e la Civetta capogrosso (Aegolius funereus) prediligono invece le foreste di conifere di alta quota, con vecchi esemplari di larice o faggio, nei quali il primo scava le proprie tane, utilizzate dalla Civetta per la nidificazione. Il caratteristico e curioso Gallo forcello (Tetrao tetrix tetrix) è un galliforme piuttosto esigente perché, a seconda delle stagioni, frequenta tipologie diverse di boschi, richiede una certa abbondanza di insetti e frutti per alimentare la prole e predilige ambienti variegati, con radure e aree a vegetazione più fitta. Nella stagione dell'amore esemplari sono le sue parate nuziali, che lo vedono impegnato in vere e proprie "arene" di canto.
Il rapace più grande presente sul massiccio della Grigna, ma anche su tutte le montagne lecchesi è l'Aquila reale (Aquila chrysaetos): pur non avendo bisogno di presentazioni, forse non tutti sanno che si tratta di una specie per certi versi "simile" all'uomo, poichè forma coppie fisse che durano per tutta la vita, ciascuna occupa un territorio molto vasto, che dipende direttamente dalla disponibilità di cibo reperibile, in particolare durante la fase riproduttiva. La sua preda principale è la Marmotta (Marmota marmota) che in Grigna e nel Parco è rappresentata ancora da un esiguo numero di individui.
Al contrario delle specie che svernano nel nostro territorio, ne esistono altre che in inverno lo abbandonano in cerca del caldo dell'Africa: il Nibbio bruno (Milvus migrans) è fra queste; frequenta i boschi posti su pareti e versanti ripidi e poco accessibili, dove nidifica anche su roccia. Il Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) è un uccello raro che ha la peculiarità di nutrirsi esclusivamente di vespe, o pecchie, dalle quali deriva il suo nome.
L'emblema della conservazione dell'avifauna è poi il Re di quaglie (Crex crex): si tratta di una specie legata alla presenza di prati grassi da sfalcio nei quali compie tutto il ciclo riproduttivo: è pertanto importante preservare questi ambienti, tutelando lo sfalcio legato alle attività agricole di montagna. Negli stessi habitat possiamo trovare anche la Quaglia (Coturnix coturnix), l'Allodola (Alauda arvensis), il Calandro (Anthus campestri), il Codirossone (Monticola saxatilis). Degni di nota sono pure il Succiacapre (Caprimulgus europaeus), con abitudini notturne, e l'Averla piccola (Lanius collurio), per contro attiva durante il giorno. Se la quasi totalità dei Mammiferi presenti nel Parco è stanziale, ovvero si limita al più a compiere brevi spostamenti da monte a valle con il variare delle stagioni, una piccola rappresentanza si comporta diversamente. Si tratta dei Pipistrelli, dalle risapute abitudini notturne e carnivore: alcune specie possono compiere migrazioni lunghe persino qualche centinaio di chilometri! Vivono per lo più in colonie e si insediano abitualmente, o trovano riparo, all'interno di edifici e manufatti dell'uomo.
A causa di un generale peggioramento della qualità ambientale, della rimozione di molti alberi longevi, ottimi come rifugi, della modificazione dei sottotetti delle vecchie case, dell'aumento del disturbo notturno, sia acustico che luminoso, le specie di Pipistrelli denunciano in generale uno stato di crisi allarmante.
Fra le presenze di maggior spicco del Parco si citano il Rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum), il Rinolofo minore (Rhinolophus hipposideros), il Vespertilio di Capaccini (Myotis capaccinii), rigorosamente tutelati dalle normative europee.
Abbandonando i Chirotteri, grazioso roditore e benvoluto dai più è lo Scoiattolo (Sciurus vulgaris), piccolo animale facilmente avvistabile passeggiando nei boschi del Parco; più difficili da rinvenire sono il Moscardino (Muscardinus avellanarius) e il Quercino (Eliomys quecinus) che nei secoli passati hanno subito forti cali a causa del continuo "ritirarsi" delle aree boscate, a favore del pascolamento e dei tagli a ceduo. Specie importanti per la conservazione della biodiversità sono i Mustelidi: Tasso (Meles meles), Donnola (Mustela nivalis) e Faina (Martes foina), che, con un po' di fortuna, si possono incrociare nell'area protetta.
In Grigna non mancano affatto i Mammiferi di grossa taglia, quelli più noti e appariscenti: non è raro avvistare la Lepre comune (Lepus europaeus) in una sua fugace corsa, la Volpe (Vulpes vulpes), presenza curiosa che s'avvicina senza paura alcuna agli abitati, il Cervo (Cervus elaphus) dall'eleganza superba, il Capriolo (Capreolus capreolus), timido ungulato dai balzi rapidi e leggeri, e il Camoscio delle Alpi (Rupicapra rupicapra), splendido animale che vive principalmente in prossimità delle impervie pareti della Grigna, popolando quella fascia di montagna selvaggia e apparentemente ostinata contro ogni forma di vita.


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