Il panettiere è il commerciante che si occupa della vendita di pane ed altri prodotti da forno (focaccia, grissini, pizza ed eventualmente pasticceria) in un esercizio chiamato panetteria.
Se si occupa anche della produzione di pane viene detto panificatore. Secondo la Legge n. 248 del 4 agosto 2006 in materia di "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale" (decreto Bersani), la denominazione di "panificio" è «da riservare alle imprese che svolgono l'intero ciclo di produzione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale» (art. 4, comma 2-ter, lettera a). Tradizionalmente il santo patrono dei panettieri è Sant'Autberto di Cambrai.
Il pane è un prodotto alimentare ottenuto dalla fermentazione, cui segue una lievitazione, e successiva cottura in forno di un impasto a base di farina di cereali, acqua, confezionato con diverse modalità, arricchito e caratterizzato frequentemente da ingredienti prettamente regionali.
Ha un posto fondamentale nella tradizione mediterranea come componente primario dell'alimentazione, al punto che il termine stesso può diventare sinonimo di cibo o di nutrimento, non necessariamente fisico. Nella cucina più antica si usava il termine cumpanaticum (oggi companatico) per indicare ogni preparazione che poteva accompagnarsi al pane, sottolineando il suo ruolo fondamentale.
In Italia la legge ne stabilisce chiaramente le caratteristiche e le eventuali denominazioni con il Decreto del Presidente della Repubblica n.502 del 30 novembre 1998 che modifica la Legge n.580 del 4 luglio 1967.
Il pane può anche essere non lievitato, detto perciò azzimo, soprattutto nel caso sia da conservare per lunghi periodi. Tale non è però il biscotto del marinaio, detto anche "galletta", cibo di lunga durata (anche mesi) tipico della marineria a vela, che è proprio un "bis-cotto", cioè cotto due volte; anche diversi pani regionali italiani sono azzimi.
Il pane non lievitato è diffuso in diversi paesi medio-orientali, ed è maggiormente prodotto senza l'aggiunta di sale.
Il pane era noto all'homo erectus, veniva preparato macinando fra due pietre dei cereali, e il prodotto così ottenuto era a sua volta mescolato con acqua. L'impasto finale veniva cotto su una pietra rovente.
Intorno al 3500 a.C. gli Egizi scoprirono la fermentazione, con cui un impasto lasciato all'aria veniva cotto il giorno dopo; ne risultava un pane più soffice e fragrante. Per gli Egizi il pane non era solo una fonte di cibo ma anche di ricchezza.
Gli Ebrei mangiano pane azzimo, "Matzah", in occasione della commemorazione dell'esodo dall'Egitto: l'uso del pane non lievitato è simbolo dell'accingersi a intraprendere il viaggio, data la rapidità della preparazione e la ottima possibilità di conservazione di tale tipo di pane. In ricordo dell'Ultima cena di Gesù Cristo il pane azzimo, sotto forma di ostia, viene utilizzato nell'Eucarestia da molte confessioni religiose cristiane.
Dall'Egitto l'arte della panificazione passò in Grecia. I greci divennero ottimi panificatori, ne producevano più di 70 qualità. Aggiunsero alle ricette di base ingredienti come latte, olio, formaggio, erbe aromatiche e miele. Furono anche i primi a preparare il pane di notte.
Il pane di frumento è il pane dei paesi occidentali, quindi dell'Europa temperata e della relativa diffusione etnica verso le Americhe delle popolazioni di origine europea. È la più importante fonte di carboidrati della dieta.
Nei paesi freddi nord europei è spesso diffuso il pane di segale, cereale molto più resistente del frumento al freddo e soprattutto adatto ad estati brevi; il pane di segale ha sapore più grezzo del pane di frumento, ma è molto ricco di proteine. La vulnerabilità della segale alla segale cornuta è una delle cause del Fuoco di sant'Antonio.
In America l'alimentazione corrispondente da carboidrati di base, prima della conquista europea, era data soprattutto dal granturco o mais Zea mays, in varietà e preparazioni ad alta capacità nutritiva; nelle zone di montagna era ed è presente la Quinoa (Chenopodium quinoa), (pur questa non essendo a rigore un cereale).
Altri alimenti americani ricchi di carboidrati ma diversi dai cereali quindi sostanzialmente inadatti alla preparazione del pane erano (ed ancora sono) quelli derivati dalla patata, dall'Ulluco e dall'Oxa (od Oca). La citazione è dovuta dato che l'uso di tali ultimi alimenti è del tutto sostitutiva al pane, rende quindi inutile l'alimentazione a base di pane.
In Africa e nelle zone calde del sud-ovest asiatico (paesi arabi) spesso è usato il pane di miglio o di sesamo, in precise località africane è presente il pane di Teff. L'uso di tali cereali è giustificata dal fatto che questi trovano in quelle regioni le condizioni ottimali di coltivazione.
Nel Sud-est asiatico e in India, Corea, Cina, Corea e Giappone esiste l'uso di fare "il pane" (o meglio derivati ricchi di carboidrati più o meno analoghi al pane) con il riso, anche in questo caso per precisi motivi climatici che inducono la coltivazione di questo cereale.
Definendo la tipologia di questi "tipi di pane" occorre dire che raramente questi corrispondono al concetto di pane che noi conosciamo. Spesso ne è impossibile la "lievitazione" come noi la intendiamo (formazione di una massa soffice) che è possibile solo con l'equilibrio di carboidrati, proteine ed oli della farina di frumento in presenza di acqua e lieviti. Si hanno invece pani in forme e contenuto diversi, di forma piatta o di panetti solidi compatti o cremosi o gelatinosi, lievitati o non lievitati, ovvero fermentati da batteri acidificanti o trasformati da miceti.
Le fermentazioni sono spesso complesse, sorrette da sostanze aggiunte (erbe, fermenti, semi, legumi, proteine da carni o pesce) sulla base di ricette tradizionali gelosamente conservate; le fermentazioni (diversamente dalla lievitazione) hanno una maggiore funzione di arricchimento nutritivo o organolettico, oppure di passaggio di componenti nutritivi importanti (come i derivati di carni o pesce) in un cibo di notevole conservabilità (spesso le fermentazioni acide sono ottimi conservanti).
Questo è molto importante in luoghi e situazioni dove i nutrimenti pregiati possono essere molto rari, o non sempre disponibili, ed i sistemi di conservazione molto preziosi in ambienti difficili. Il "pane" quindi diventa solo una base di partenza di un prodotto spesso molto più complesso.
Un elemento importantissimo, e ad oggi non ancora valorizzato, è l'esame critico dei rendimenti (definibili "notevoli") delle sole trasformazioni, la batterica o la micetica (e non la saccaromicetica) in termini di arricchimento (aumento) in vitamine e proteine, partendo sostanzialmente da semplici carboidrati.
Anche la panificazione del Mondo Occidentale, inteso quello che utilizza il frumento, ha la sua "fermentazione arricchente pregiata" nell'uso del Lievito naturale; purtroppo tale fermentazione anche se è ancora ben possibile in ambito domestico e degli artigiani fornai o se è utilizzata per produrre pani di alta qualità, non è possibile che venga economicamente utilizzata a produrre il normale pane commerciale. La fermentazione con lievito naturale infatti è lenta e comporta procedimenti biologici naturali più delicati e complessi di quelli di una sola reazione bio-chimica, utilizzata quasi solo a far diventare il pane soffice.
Nel mondo occidentale la maggiore evoluzione delle tecnologie panificatorie si è avuta grazie all'avvento di sistemi industriali moderni di molitura e spartizione delle frazioni farinose del frumento, (detto anche più comunemente "grano").
La molitura (macinazione) tradizionale non separava accuratamente tutti i prodotti della macinazione del grano, in particolare non separava le parti oleose e proteiche dai semplici carboidrati (amidi).
La conservazione nel tempo di queste farine era limitata poiché essendo queste ricche in proteine, oli e vitamine, queste ultime parti rischiavano nel tempo di alterarsi ed irrancidire. Quindi il sistema tradizionale ovviava a tale fatto con la molitura del grano in moderate quantità, a preparare solo il prodotto per il consumo a breve o medio termine.
È da dire peraltro che la conservazione in grandi quantità e per tempi molto lunghi delle farine non era una esigenza molto sentita. Il sistema della macinazione era diffuso in ogni città e spesso in ogni villaggio, in ogni mese dell'anno a preparare il necessario per il mese successivo, senza alcun problema. La conservazione di magazzino si faceva facilmente con la materia prima, il frumento in grani, dato che questo si conserva piuttosto bene e quindi resta sempre a disposizione per essere man mano macinato.
Le componenti oleose e proteiche erano però quelle che davano (e danno ancora in alcuni pani tradizionali) aroma e fragranza al pane, fornendo quelle caratteristiche che costituiscono il pane "buono", che spesso si sono perse nel pane corrente.
Con la tecnologia industriale attuale invece la separazione delle frazioni è rigorosa. I vantaggi merceologici sono ovvi, sotto forma della aumentata possibilità di conservazione delle farine (che sono quindi composte pressoché totalmente da amido), questo è vantaggioso per i trasporti su lunghe distanze e soprattutto nella possibilità di conservare le farine in condizioni anche non ottimali per tempi molto lunghi, senza avere perdite.
In questa maniera le altre frazioni più "instabili" della molitura sono messe da parte ed alimentano filiere produttive, spesso molto rimunerative, separate dalla panificazione: sono infatti dirottate a preparare prodotti dietetici, oli cosmetici, ecc.
Il pane però prodotto dalle farine così ottenute non avrebbe elevate qualità, sarebbe insipido e privo di nutrienti pregiati, di fatto costituito solo da amidi impoveriti, quindi è necessaria l'aggiunta di grassi vegetali, grassi animali, maltizzati, ecc. per raggiungere livelli accettabili di caratteristiche organolettiche. Non si ha peraltro certezza sulla natura e qualità di tali ripristini.
Anche le farine "integrali" dal commercio, nel senso corretto del termine, non sono affatto integrali, (perlomeno nel senso di costituzione completa del contenuto); sono solo la parte midollare (solo amido) del chicco con aggiunta della crusca (che è la parte legnosa e fibrosa esterna), ottima quest'ultima per la sua non digeribilità e per le note attività di promuovere, come sostanza inerte, la motilità intestinale. Mancano però le parti ricche, quelle corticali, con i minerali, gli oli e le vitamine, gli aromi, ed inoltre le parti del germe, ricco di proteine.
Ragionando su tabelle di dati circa il contenuto del seme di grano (o di altri cereali), in proteine, vitamine, amidi semplici e complessi ecc., cautelativamente conviene per ora considerare quei dati come non necessariamente attinenti al contenuto delle farine, né tanto meno del pane, salvo che sia specificatamente certificato.
D'altra parte la consuetudine di classificare (di fatto) le farine solo con la designazione "0", "00" (zero, doppio zero, a indicare la finezza, cioè durata, della macinazione), è quasi comparabile ad andare a definire le caratteristiche di un vino guardando la forma della bottiglia.
La preziosità di alcuni pani tradizionali regionali è proprio legata a questa differenza rispetto ai prodotti industriali, che non è solo di sapore; è noto che l'abuso di carboidrati raffinati (zuccheri e farine) impoveriti negli altri componenti equilibranti è una delle concause delle malattie glicemiche (insulinoresistenza, glicazione) che costituiscono un'importante patologia dell'epoca attuale.
Le ricette più diffuse prevedono pressappoco l'impiego di due parti di farina di frumento e una di acqua, in parte freschi e in parte provenienti da un impasto precedente (lievito naturale o cosiddetta pasta madre); ne esistono tuttavia innumerevoli varianti in base al tipo di farine usate in aggiunta, oppure in sostituzione, di quella di frumento (ad esempio di mais o segale, ma anche derivata da legumi come la soia), oppure ancora per tipo di condimenti.
Quasi sempre al preparato per il pane viene aggiunto del sale durante la stessa fase di preparazione, eccetto alcuni tipi prodotti in Toscana, nelle Marche ed in Umbria (notoriamente privi di questo condimento).
« Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui »
(Dante Alighieri nel XVII canto del Paradiso)
Ugualmente possono essere aggiunti anche olio, burro, strutto e altri grassi.
Inoltre in tempi recenti è sempre più diffusa l'abitudine di sostituire il lievito naturale con il lievito di birra che permette una lavorazione e una lievitazione più rapida.
Una volta preparato l'impasto, il pane veniva avvolto in un panno e lasciato lievitare per due o tre giorni in un posto fresco e asciutto. Con la stessa modalità avveniva per alcune settimane la conservazione del pane morbido appena sfornato.
Numerosi i tipi di pane riconosciuti in Italia come Prodotti agroalimentari tradizionali, o con D.O.P. o I.G.P..
Il D.P.R. 30 novembre 1998, N. 502 che disciplina la lavorazione prevede, fra le altre cose, IVA al 4% per il pane normale e quello speciale prodotto con l'aggiunta di burro, olio di oliva, strutto, latte, zibibbo, uve passe, fichi.
Con altri ingredienti, IVA al 10%.
L'umidità del pane destinato al commercio secondo la legge italiana l'art. 16 della Legge 4.7.67 n. 580 (così modificato dall'art. 22, comma 2, del D.L.vo 27.1.92, n. 109) dice: Il contenuto in acqua del pane a cottura completa qualunque sia il tipo di sfarinato impiegato nella produzione del medesimo, con la sola eccezione del pane prodotto con farina integrale, per il quale è consentito un aumento del 2 per cento, è stabilito in base alla pezzatura.
Le caratteristiche analitiche del pane devono identificarsi coi tipi di farina con i quali il pane è stato prodotto. È tollerata una maggiorazione di 0,05 sul contenuto in ceneri, rispetto a quello degli sfarinati impiegati nella produzione del pane.
Sino al 2006 le aperture di nuovi impianti (panifici) per la produzione del pane erano regolate dalle camera di commercio che rilasciavano una licenza di esercizio. Col Decreto Bersani l'impianto di un nuovo panificio, il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono soggetti ad una "Dichiarazione di inizio attività".
Il pane è uno degli alimenti, insieme al caffè sui quali esiste il maggiore margine di guadagno.
La riorganizzazione della filiera alimentare, la costituzione di grandi sistemi distributivi dominanti e l'eliminazione degli anelli distributivi intermedi, risultano un modo potenziale per contenere i prezzi al consumo, ma la adozione di grandi sistemi integrati e dominanti rende però maggiormente possibile la istituzione di cartelli di monopolio che sottraggono al consumatore il controllo del mercato, e quindi ogni influenza virtuosa a sostenere la qualità, ed anche a contenere i prezzi.
Non esiste un metodo unico per la preparazione del pane.
Vengono riconosciuti tre principali metodi: diretto, semidiretto e indiretto.
Metodo diretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase.
Semidiretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase aggiungendo il lievito o la pasta di riporto ( è un pezzo di pasta lievitata il giorno precedente).
Indiretto: prevede due fasi, nella prima si prepara un preimpasto di acqua, lievito e farina, chiamato biga o biga liquida a seconda della proporzione degli ingredienti che ne determina la consistenza; nella seconda si aggiunge al preimpasto, lasciato fermentare secondo i casi dalle 4 alle 48 ore, tutti gli altri ingredienti.
I vantaggi del metodo indiretto sono:
Il gusto e profumo più intensi.
Alveolatura più sviluppata (i buchi nella mollica).
Un prodotto più digeribile.
Durata di conservazione più lunga.
Riduzione dei tempi di fermentazione dell'impasto finale.
Migliori caratteristiche strutturali e meccaniche (si ottiene una pasta più facile da lavorare).
Gli svantaggi sono:
Maggiori difficoltà di preparazione.
Tempi più lunghi.
Un monitoraggio costante delle temperature.
I processi principali della produzione del pane sono:
L'impasto è quella operazione che permette di amalgamare tutti gli ingredienti di idratare le proteine della farina in particolare la gliadina e la glutenina. Queste due proteine semplici poste a contatto con l'acqua formano un complesso proteico detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto rappresentata come forza della farina. Si tratta di una sorta di reticolo all'interno della massa di farina e acqua che la rende compatta, elastica e capace di trattenere gli amidi ed i gas della lievitazione che formano così le bolle caratteristiche della struttura spugnosa della mollica. L'impasto si esegue con macchine dette impastatrici. La temperatura dell'impasto, una volta ultimato, è ottimale tra 22 gradi C e 26 gradi C. Le stagioni calde e lavorazioni con macchine automatiche richiedono una temperatura più bassa. La temperatura della pasta viene regolata aumentando o diminuendo la temperatura dell'acqua. Nei mesi più caldi si può arrivare a utilizzare il ghiaccio in scaglie per abbassare la temperatura.
L'impasto viene lasciato riposare. I tempi variano a seconda della ricetta e della forza della farina.
Spezzatura e formatura
In questa fase l'impasto viene diviso in pezzi del peso desiderato questa fase viene effettuata a mano o con macchine chiamate spezzatrici o con gruppi automatici che oltre dividere l'impasto creano le forme.
Durante la lievitazione le forme del pane raddoppiano o triplicano il volume. Il pane viene adagiato su assi in legno o teglie, il tempo varia a seconda della quantità e del tipo di lievito utilizzato. In questa fase avvengono varie reazioni chimiche che, a partire dagli zuccheri, producono alcol e anidride carbonica che viene trattenuta dal glutine. Durante questa fase il pane può essere coperto con dei teli (in lino o plastica) per evitare la formazione di crosta causata dall'evaporazione dell'acqua dalla superficie. Esistono anche delle celle di lievitazione che permettono di regolare e controllare la temperatura e umidità dell'aria.
La cottura è quel processo che attraverso una serie di trasformazioni chimiche, biologiche e fisiche permette di ottenere un prodotto commestibile. La cottura del pane avviene in forni che possono essere principalmente di tre tipi a camere, rotativi e tunnel.
La temperatura di cottura varia da 180 °C a 275 °C e il tempo da 13 a 60 minuti. Indicativamente per pezzature grandi si utilizza una temperatura più bassa e un tempo maggiore. La pasta assorbe calore dalle pareti (irradiazione), dall'aria (convezione) e dalla piastra di cottura (conduzione). L'acqua presente all'interno evapora in superficie questa dilatazione provoca un aumento del volume e l'idratazione della superficie permette di non seccare la crosta. Durante tutto il tempo di cottura la pasta al suo interno non supera mai i 98 °C. Il riscaldamento dell'interno della pasta avviene in modo graduale. Da 30 °C a 40 °C continua la fermentazione dei lieviti e la produzione di zucchero da parte degli enzimi. Da 40 °C a 60 °C avviene la morte dei saccaromiceti e inizia la solidificazione dell'amido. Tra i 60 °C e 80 °C avviene la completa solidificazione dell'amido la cessazione dell'attività enzimatica e la volatilizzazione dell'alcol etilico. Tra i 100 °C e 140 °C in superficie avviene la completa evaporazione dell'acqua che permette la formazione della crosta e la caramellizzazione degli zuccheri che conferiscono alla superficie il colore ambrato.
Il pane, la pasta e il riso sono alimenti ricchi di zuccheri (o carboidrati); in una dieta equilibrata i carboidrati dovrebbero fornire il 50-55% delle calorie. Il pane come tutti gli alimenti presi singolarmente non è un alimento completo; è comunque ricco di fibre, in particolare quello integrale.
Oltre che come alimento, nel corso della storia il pane ha acquisito anche funzioni rituali, per festeggiare momenti particolari della vita, sia religiosa che civile. Sono numerose le tradizioni dei pani rituali e delle feste, conservatesi nel tempo, in tutta Italia. In Sardegna, questa tradizione è ancora viva e sentita.
A Borore, piccolo comune della Sardegna Centrale è ospitato, dal 2006, il Museo del Pane Rituale, che raccoglie una selezione di pani tradizionali e pani delle feste di vari paesi della Sardegna. Nel Museo vengono svolte le attività di laboratorio della panificazione tradizionale ed artistica e per visitatori sono possibili le attività di laboratorio della panificazione con la realizzazione dei pani artistici e rituali. Il Museo, inoltre, ospita annualmente il concorso di panificazione artistica "sa coccoi pintada". Al suo interno, la visita parte con la presentazione della trasformazione del grano in farina, per passare alla sala degli strumenti da lavoro (dove sono presenti attrezzi per il lavoro dei campi e attrezzi per la lavorazione domestica del grano, della farina e del pane), alla presentazione di alcuni attrezzi di lavorazione della farina e pannelli descrittivi di alcune fasi di lavorazione del pane. Infine si passa alla sala dei pani quotidiani.
Tra le esposizioni dei pani rituali, di particolare interesse sono:
la sala dei pani del ciclo pasquale (pani con l’uovo, pani che riproducono le varie fasi della passione di Cristo, Su Lazzaru, ecc.);
l’esposizione dei pani del ciclo dell’anno, che ospita i pani legati alle festività calendariali e agrarie (quali il Capodanno e la trebbiatura);
le feste dei santi patroni e dei santi guaritori (pani di San Marco, Santa Rita, Sant'Antonio, San Filippo, ecc.);
la sala dei pani del ciclo della vita, dove sono raccolti i pani che tradizionalmente accompagnavano o accompagnano le tappe di passaggio della vita dell’uomo: la nascita (pani dell’infanzia), il matrimonio (pani dei fidanzati e degli sposi) e la morte (pani per la commemorazione dei morti);
lo spazio dei pani processionali, preparati o addobbati per essere esposti anche nei momenti processionali delle varie feste religiose (pane de Is Bagadius di Siurgus Donigala, Su Crispesu di Orroli, ecc).
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