Il noce (Juglans regia L.) è una pianta originaria dell'Asia (pendici dell'Himalaya), introdotta in Europa in epoca antichissima per i suoi frutti eduli.
Diffusa in tutto il mondo, in Italia la coltura della noce da frutto, in genere promiscua, ha una certa rilevanza solo in Campania.
Il noce può essere coltivato anche per la produzione di legno o per entrambi gli scopi. Il noce è un albero vigoroso, caratterizzato da tronco solido, alto, diritto, portamento maestoso; presenta radice robusta e fittonante.
Le foglie sono caduche, composte, alterne (formate da 5-7-9 e, più raramente, 11 foglioline).
È una pianta monoica in cui i fiori maschili sono riuniti in amenti penduli, lunghi 10-15 cm, con numerosi stami, che appaiono sui rami dell'anno precedente prima della comparsa delle foglie.
I fiori unisessuali femminili schiudono da gemme miste dopo quelli maschili (proterandria), sono solitari o riuniti in gruppi di 2-3, raramente 4, appaiono sui nuovi germogli dell'anno, contemporaneamente alle foglie. Il frutto è una drupa, composta dall'esocarpo (mallo) carnoso, fibroso, annerisce a maturità e libera l'endocarpo legnoso, cioè la noce vera e propria, costituita da due valve che racchiudono il gheriglio con elevato contenuto in lipidi.
Limiti pedoclimatici: sensibile ai ristagni idrici e stress idrici conseguenti a terreni sciolti; non tollera i terreni pesanti, asfittici, mentre resiste anche ad elevato tenore in calcare. Teme gli eccessi termici (caldo e freddo).
Il noce viene propagato sia per seme che per innesto, così come tutte le specie a frutto secco.
Una pianta in piena produzione è in grado di fornire 50-70 kg di frutti; nell’impianto si raggiungono i 40 qli/ha, mentre 60-80 qli/ha in U.S.A.
La raccolta dei frutti, da metà settembre a fine ottobre, è totalmente meccanizzata mediante l’uso di scuotitori, andanatrici e raccattatrici meccaniche. In Italia, di norma la raccolta viene fatta raccattando i frutti caduti naturalmente, o con l’ausilio di pertiche, su reti appositamente distese sotto gli alberi. I frutti sono ricchi di olio e zuccheri vengono impiegati anche nell'industria della cosmesi e farmaceutica.
Prima di essere posti in commercio, i frutti devono essere sottoposti a:
- smallatura, per evitare l'annerimento del guscio;
- lavaggio, per eliminare ogni residuo del mallo;
- imbiancatura con anidride solforosa;
- essiccazione graduale allo scopo di abbassare l'umidità al 4-5%;
- selezione, calibratura e confezionamento;
- è possibile la conservazione a 0°C con UR di 60-75% sicura contro l’irrancidimento.
Il legno è molto pregiato, duro, compatto, resistente e di facile lavorazione.
Il noce è un albero maestoso. Nessun’altra pianta gli cresce intorno poiché quest’albero produce una sostanza tossica. Il noce viene coltivato dai tempi più remoti per il suo legno, per i frutti commestibili, le noci, e per l’olio che se ne ricava. È anche un albero talvolta considerato simbolo di saggezza, altre volte legato alle divinità dell’inferno e alla stregoneria, come il famoso Noce di Benevento
Le noci, ricche di grassi, proteine, sali di rame e di zinco, sono una vera miniera alimentare. Il frutto del noce si chiama in botanica drupa, è ovato-globoso, con una membrana esterna verde e carnosa punteggiata di ghiandole (mallo), una membrana interna legnosa (guscio) facilmente divisibile in due, che protegge il seme (gheriglio) a 4 lobi, molto ripiegato, ricco di oli e commestibile.
Il tronco fornisce un legno di color bruno scuro, semiduro, di facile lavorazione, che viene considerato tra i legni più pregiati per fare mobili, listelli per pavimenti, calci di fucile, stecche da biliardo. Un mobile di noce è imponente quanto l’albero da cui deriva e può durare secoli; le grosse radici piene di venature (radica di noce) sono sempre state apprezzate in ebanisteria per fare mobili artistici.
Dal gheriglio si ricava un olio molto usato in passato per le lampade, ma anche per fare vernici da pittore. Dalle noci ancora molli e verdi si distilla un buon liquore con blande proprietà astringenti, il nocino, e con il legno del guscio si fanno palle da golf particolarmente elastiche. Infine, i pigmenti bruni del tronco e del mallo (tannini) sono usati per conciare le pelli, per colorare di scuro altri tipi di legno e, una volta, i capelli delle signore.
Lo stesso nome botanico del genere Juglans suscita interesse: secondo alcuni infatti vorrebbe alludere (dal latino Jovis glans «ghianda di Giove») alla bontà del suo frutto degno di Giove, simile alle ghiande di quercia ma molto più buono.
I medici del passato, tra cui nel Rinascimento Paracelso e Giovanbattista Della Porta, consigliavano di mangiare noci per curare le malattie mentali, vista la strana somiglianza tra una noce e la testa umana: il mallo sarebbe l’equivalente del cuoio capelluto, il guscio del cranio e il gheriglio del cervello.
Dall’antica Roma proviene invece un canto nuziale che, tradotto dal latino, dice: «Ti stanno portando la sposa, lancia, o sposo, le noci». Infatti si credeva che le noci fossero bene auguranti e simbolo di saggezza nascosta, e ancora oggi comunque, in alcuni paesi del nostro Meridione, esiste l’usanza di lanciare noci sul corteo nuziale.
Ma il noce più intrigante è forse il celebre Noce di Benevento dove, secondo una leggenda, si riunivano a cantare e a ballare sfrenatamente diavoli e streghe provenienti da ogni luogo.
La storia è molto antica, risalirebbe al tempo dei Longobardi che, non ancora cristianizzati, mantenevano le usanze pagane, tra cui quella di riunirsi intorno a un albero di noce per compiervi i loro riti considerati dalla Chiesa stregoneschi. Il vescovo di Benevento, Barbato, avrebbe ordinato di abbattere quel noce per costruire al suo posto una chiesa. La leggenda racconta che tuttavia, una volta all’anno, il 24 giugno, la notte di s. Giovanni, le streghe di tutto il mondo, sulla classica scopa (o forse oggi con mezzi più aggiornati) si precipitano a Benevento, nel luogo dove sorgeva un tempo il mitico noce e vi fanno bisboccia.
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