mercoledì 29 aprile 2015

LA CERAMICA

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La ceramica è conosciuta fin dai periodi preistorici e si suppone che la sua invenzione sia avvenuta solo due volte nella storia dell'umanità: tra le popolazioni sahariane e in Giappone. Da questi luoghi d'origine si è poi diffusa in tutto il mondo.

I primi manufatti sono del neolitico, e si compongono di vasellame cotto direttamente sul fuoco. I manufatti considerati più antichi risalirebbero al XI millennio a.C. e sono stati ritrovati in Kyushu, Giappone.

Successivamente l'arte vide l'introduzione del tornio, che consentì di ottenere facilmente oggetti aggraziati e di perfetta simmetria rispetto all'asse di rotazione. La ceramica dipinta venne esportata dall'Anatolia e dai territori siriaci verso l'Europa intorno al III millennio a.C., dove però prevalse l'interesse per le forme e per le anse.
L'introduzione della verniciatura vetrosa, in uso a partire dal II millennio a.C. in Mesopotamia, migliorò ulteriormente la resistenza all'usura e le caratteristiche estetiche. Una vera rivoluzione si ebbe con la scoperta della lavorazione della porcellana, che si fa risalire all'VIII secolo d.C. in Cina. Altri centri antichi di notevole importanza risultarono quelli iraniani, come ad esempio Tepe e indiani, come Daro e Harappa.

L'antica Grecia ereditò la tecnica della ceramica dalla civiltà minoico-micenea. Dal VI al V secolo a.C. Atene dominò i mercati con la sua produzione di vasi, ma nel IV secolo a.C. questa decadde. Sorsero altre fabbriche locali in Beozia, Etruria, Magna Grecia e Sicilia. La produzione di queste lasciò un segno tanto profondo che, molti secoli, dopo, Josiah Wedgwood chiamò Etruria la sua manifattura di porcellane, destinata a diventare una delle più famose del mondo.

In età augustea si diffuse la ceramica aretina, con decorazione a rilievo. A questa seguì in tutto l'Occidente romano la ceramica,a rilievo detta "terra sigillata"', che rimase in uso fino al termine dell'impero.

Intorno all'anno mille sorse in Europa, nel tentativo di imitare i prodotti orientali, la maiolica.
Nel tardo Medioevo le ceramiche venivano realizzate con il tornio, cotte al forno e impermeabilizzate con una vernice vetrosa. Dopo il XIII secolo si incominciano ad usare anche altri colori e decorazioni più sofisticate. In questo periodo l'Italia centrale, sviluppò i maggiori centri di produzione: Orvieto, Siena e Faenza. Nel XV secolo si elaborarono varie forme decorative, sia per la coloristica sia per le cosiddette storie o racconti descritti e raffigurati. Il secolo XVII fu al centro di una grande importazione di prodotti cinesi che influenzò il gusto europeo. Solamente agli inizi del Settecento l'alchimista tedesco Böttger a Meissen riuscì a produrre una ceramica dura, almeno quanto quella cinese, la porcellana, grazie alla scoperta del caolino.

Verso la fine dell'Ottocento la produzione di ceramica prende corpo, grazie all'introduzione di alcune tecniche industrializzate. In Italia, nel modenese, si mette a punto una tecnica che permette di aumentare la produzione di piastrelle, all'epoca in uso quasi solo in cucina e bagno.
Negli anni cinquanta si introducono altre consistenti migliorie, quali la pressa automatica e il forno a tunnel. Con queste varianti alla produzione si riesce infine a raggiungere una produzione su scala medio-larga, necessaria per sostenere un mercato in forte espansione. Ma è negli anni sessanta e settanta che il mercato della ceramica in Italia vede una vera impennata. La produzione viene completamente automatizzata in tutte le sue fasi e viene introdotto un nuovo macchinario: l'atomizzatore.

Questo consentì di sostituire i filtri pressa usati nella preparazione ad umido degli impasti. Dagli anni ottanta in poi, infine, ci si è concentrati soprattutto sulle tecniche di cottura veloce (cottura rapida monostrato) e sulla riduzione dell'impatto ambientale della produzione. Da pochi anni vengono utilizzati anche per la costruzione di dischi per impianti frenanti, mescole di carbonio e ceramica, in grado di diminuire l'effetto del fading; e poi anche per il suo peso contenuto; ancora in fase di progetto viene montato solo su vetture di alto livello, come Ferrari, Porsche e Lamborghini.

Da sottolineare oggi la valenza che la modellazione ceramica ha assunto in campo educativo sia per lo sviluppo delle attività manuali e creative sia nel settore del recupero cognitivo.

L'arte della ceramica concerne la fabbricazione di prodotti formati di terra, foggiati a mano o meccanicamente, e cotti. La parola è derivata dal nome greco dell'argilla (κέραμος) ed è passata nelle lingue moderne nel senso in cui i Latini adoperavano fictilis, cioè per indicare ogni oggetto fatto di argilla. Secondo tale accezione originaria, conservata in molte lingue moderne, la ceramica comprende il vasellame, le statue e statuette e gli elementi da costruzione. Tali oggetti riescono diversi nei riguardi tecnici: a) in dipendenza della varia natura della terra e degl'ingredienti talora aggiunti a formare l'impasto, varietà che richiedono appropriato grado di calore; c) secondo l'eventuale loro rivestimento; nei riguardi ornamentali, secondo l'eventuale tipo di decorazione. Materia prima essenziale è un impasto ottenuto dalla mescolanza, con adeguata quantità di acqua, di argilla, allo stato naturale o corretta da altre sostanze, il quale offra plasticità e coesione sufficienti.
Il primo prodotto crudo, già relativamente rassodato (si dice allora verde), poi appositamente essiccato, deve essere sottoposto all'azione del fuoco che contrae l'impasto terroso (pasta) messo in opera, lo indurisce, lo fissa in una forma permanente, e, secondo la composizione chimica, lo trasforma più o meno intensamente e ne cambia anche il colore; a differenza di quello che avviene nell'affine arte del vetro, non lo fonde (il che deformerebbe il prodotto); lo porta, per talune varietà ceramiche, a un principio di vetrificazione. A cottura subita, gl'impasti possono essere considerati o secondo il diverso grado di compattezza o secondo il colore acquistato; questi differenti risultati possono già servire per una prima classificazione delle paste ceramiche, perché ogni classe di prodotti ha le proprie caratteristiche fondamentali; si hanno così ceramiche a pasta porosa o a pasta compatta; a pasta colorata o a pasta bianca. Però una classificazione definitiva deve tener conto di un altro elemento, che nella gran parte dei casi è costitutivo di un dato tipo di ceramica, cioè del rivestimento.

La più semplice espressione della ceramica si trova negli oggetti formati di solo impasto: cioè di terracotta, che è anche il nome dato alla prima grande classe di una divisione razionale della produzione: cioè a tutti i manufatti di un'argilla che cuoce porosa e colorata e senza applicazione di rivestimento (dal mattone al comune vaso da giardino, dalla statuetta alla terracotta ornamentale). Ma la necessità dell'uso e il sentimento estetico hanno suggerito fin dai tempi remotissimi  l'adozione di un processo correttivo della porosità e del colore della pasta mediante l'applicazione di un involucro, più o meno spesso, trasparente od opaco, che tolga la permeabilità alle paste tenere, dia levigatezza a quelle dure, dissimuli col proprio colore il corpo di quelle argille che non cuociono in bianco.

A parte il rivestimento alcalino impiegato dai ceramisti dell'antichità e l'ingobbio terroso, formato da un velo bianco di terra (da noi detta di Siena o di Vicenza) da applicarsi sul verde e richiedente a sua volta un secondo involucro impermeabile (bianchetto si disse e si dice ancora in molte officine d'Italia e fu usato specialmente per le ceramiche da ornare con graffiti), gli altri rivestimenti si possono ridurre a due tipi: le vernici e gli smalti. Le prime sono trasparenti e di esse quella a base di piombo (vernice piombifera) si suol dire anche vetrina o cristallina ed è propria delle paste tenere perché fonde a temperatura relativamente bassa; quelle boraciche e feldspatiche si dicono piuttosto coperta e son più proprie delle porcellane, perché fondenti a un più alto punto di temperatura. Degli smalti, più noto e comunemente usato è quello bianco, brillante, opacificato dall'ossido di stagno, che forma il classico rivestimento della maiolica. Ambedue queste specie si possono tingere con colori vetrificabili, dovuti a ossidi metallici, i quali, uniti ai necessari fondenti, secondo la temperatura e l'atmosfera del forno (ossidante o riducente), si comportano in modo diverso e danno quindi diverso effetto.

Anche la pittura o l'ornato a colore è, nella maggior parte dei casi, dato da colori vetrificabili dovuti a codesti ossidi. Secondo la temperatura che devono subire, i colori si dicono a piccolo fuoco o a fuoco di muffola (da applicarsi soltanto sui rivestimenti: circa 600°) e a gran fuoco (da applicarsi sotto o dentro i rivestimenti (da 900° a 970° e oltre).

Se alla terracotta comune (detta in questo caso biscotto) si applica un rivestimento, si produce la seconda grande classe delle ceramiche, quella delle faenze, la cui varietà più nota è la maiolica. Le altre sue suddivisioni corrispondono ai vari tipi di rivestimento (terroso o metallico, opaco o trasparente).

Il nome di "faenza", qua e là vivo nell'uso popolare italiano, è di applicazione corrente all'estero, dove si diffuse dopo che in Francia, con la fine dei secolo XVI e più ancora nel successivo, ebbe a designarsi col nome della città di Faenza, famosa sin dal Rinascimento per le sue ceramiche smaltate e policrome, questo genere di produzione a pasta argillosa colorata e porosa, ricoperta di speciale rivestimento a base di ossido di stagno.

L'impiego di argille appropriate e di speciali ingredienti ci da la produzione delle altre grandi classi ceramiche, quali il gres, che ha una pasta compatta, generalmente colorata (anche bianca e l'opacità lo differenzia allora dalla porcellana, che è translucida), cuoce ad alta temperatura e può essere o no rivestito; la terraglia, che cuoce a pasta bianca ed è di varia compattezza, richiedendo così o una vernice piombifera o una coperta secondo la temperatura alla quale viene portata; la porcellana, che cuoce ad alta temperatura, a pasta bianca, compatta e richiede una coperta. Allorché si produce senza rivestimento (specialmente in piccoli oggetti d'arte) e imita la grana del marmo, si chiama, alla francese, biscuit.

L'insieme del vasellame da tavola e da cucina prende il nome collettivo di stoviglie, il quale indica piú l'uso che la materia.

Nella totalità dei casi, per fissare il rivestimento e l'ornato occorrono una o più cotture successive a quella per la formazione del biscotto, e allora il prodotto si dice finito. Sono dunque due i processi essenziali che concorrono alla produzione della ceramica: la manipolazione delle materie e la cottura; durante quest'ultima fase avvengono quei cambiamenti di stato fisico e quelle continue e progressive reazioni chimiche che fissano il tipo ceramico che si vuol produrre.

Fra la preparazione della pasta e la cottura della ceramica interviene la lavorazione. Quando una ceramica è terminata, è spesso difficile riconoscere i metodi di lavorazione, ma, con l'osservazione di ciò che si fa presso i popoli attuali, il van Gennep ha accertato l'uso di otto processi, tutti manuali, poiché questi soli interessano l'etnologia.

1. La zolla di argilla viene modellata nel modo desiderato, poi l'interno viene scavato con uno strumento qualunque, con un coltello, una conchiglia o altro (Andamane).

2. La zolla di argilla è modellata completamente con le due mani, senza che essa venga posata su un sostegno per questo lavoro (alcuni vasi da offerta scintoisti del Giappone, quelli di alcune popolazioni del Congo e di talune tribù del Rio Madre de Dios nell'America del Sud).

3. La zolla di argilla è posta su un oggetto piatto (pietra, coccio, ecc.); le si dà poi la forma desiderata assottigliando il fondo ed elevando i fianchi con le mani (Angoni, Wayao dell'Africa orientale, tribù del Congo Belga sull'alto Lualaba, il Cassai, il Kimugo, l'Ubanghi, il medio e basso Congo; alto Egitto nella regione di Assuan).

4. La zolla di argilla è un po' scavata e le sue pareti sono compresse con l'aiuto di una specie di paletta sicché si assottigliano e si elevano (in certi luoghi dell'India, presso i Malesi del Perak, nella Nuova Guinea, nelle isole Shortland, presso gli Haussa della Nigeria settentrionale).

5. Il quinto procedimento comprende molte varianti, tutte però caratterizzate dal fatto che la zolla di argila si applica su uno stampo, sia all'interno, sia più frequentemente all'esterno dello stampo stesso; nel primo caso la forma si fa abitualmente in una specie di paniere, nel secondo caso lo stampo può essere un vaso capovolto, un vero e proprio stampo di legno o di argilla, una pietra, un segmento di grosso bambù, o, infine, un pacchetto di fibre vegetali, che verrà lasciato nell'interno della ceramica e che brucerà nella cottura. In generale la sola pancia del vaso è fatta nella forma, poiché il piede e il collo sono aggiunti dopo. Si hanno esempi di modellamento esterno presso gli Haussa della Nigeria settentrionale, nel Congo (Stanley Pool), nella Nubia (Asiūt), nel Perù (Pima), presso i Naga dell'Assam (su cilindri di bambù), nel Brasile centrale (su pacchetti di fibra che bruciano alla cottura). È forse ai vasi fatti a stampo che bisogna ricollegare i panieri rinforzati da uno strato di argilla, primo abbozzo di stampo su panieri, ciò che proverebbe, secondo la maggioranza degli autori, che la ceramica è derivata dall'industria dei panieri, mentre altri non ammettono questa derivazione, vista la complessità di questa industria e il fatto che la ceramica potrebbe derivare dalla semplice osservazione dell'acqua stagnante nelle depressioni naturali di un terreno argilloso. Quest'ultima maniera di vedere è semplicemente teorica e l'osservazione dei pezzi preistorici dà pienamente ragione al primo punto di vista.

6. Una piccola zolla di argilla è posta su di un oggetto fisso o mobile; questa zolla viene leggermente scavata in maniera da formare il fondo. Le pareti sono elevate con l'apposizione di piccoli lembi di argilla che viene assottigliata e stirata con le dita (procedimento principale dei Cabili, in tutta la Siria moderna e presso gli Araucani).

7. Procedimento simile al precedente, ma nel quale i lembi di argilla sono dei rulli detti colombini, sia corti, sia della lunghezza del vaso. Questi rulli sono stirati verso l'alto e appiattiti in maniera da formare una parete uniforme (certe ceramiche dei Cabili, degli Ibo del Niger, della Nigeria meridionale, dei Bengala del Congo, dei Bantu del paese di Kiziba, degli abitanti di Chowra nelle Isole Nicobar, dei Boutoc Igorot delle Isole Filippine, dei Lengua del Paraguay e Puna, Galibi, Caribi, Arawak, Chiriguano, Mataco, ecc. dell'America del Sud).

8. Procedimento simile al precedente, ma nel quale si prepara un solo lungo rullo che si arrotola a spirale, dopo di che si eguagliano le pareti (talune ceramiche cabile, di certe tribù del Congo Belga, di alcune Isole della Melanesia, di taluni Indiani del Chile e del Brasile). Si discute se si debba far derivare questa tecnica dall'intrecciatura dei panieri o semplicemente dalla tecnica precedente.

Si deve notare che nel primo dei procedimenti descritti si toglie nella lavorazione una parte della zolla di argilla primitiva, che nei procedimenti 2°, 3°, 4° si utilizza la zolla di argilla senza togliervi né aggiungervi nulla e infine che nei quattro ultimi procedimenti si fanno aggiunte alla zolla primitiva. Però quasi sempre il piede e il collo sono aggiunti separatamente alla parte centrale dei vasi, come pure gli eventuali manici (questa parte della lavorazione è detta guarnitura). D'altra parte gli otto procedimenti derivano dal modellamento, salvo il 5°, che costituisce lo stampo, ma i procedimenti a stampo sono sufficientemente differenti gli uni dagli altri per giustificare una divisione di questo processo.

A proposito della lavorazione occorre parlare del tornio o ruota da vasai, apparecchio che permette al vaso di girare regolarmente su sé stesso in maniera da rendere uguali i risultati della lavorazione: con il tornio essa è sempre un modellamento. Dal modellamento a mano libera al tornio da . vasaio si possono ravvisare quattro tappe evolutive. Inizialmente la ceramica da lavorare è posta semplicemente su un oggetto piatto e duro, fisso; nella 2ª tappa, la ceramica è collocata su un piatto che può girare liberamente sul suolo senza pernio. Perché una simile rotazione sia possibile occorre che il piatto sia leggermente concavo convesso, con la convessità rivolta verso il suolo; piatti simili di argilla si notano presso i Cabili. Mentre l'artigiano seduto sul suolo lavora la ceramica con le mani, con i piedi fa girare il piatto; perché il piede possa facilmente far muovere il piatto, l'orlo di questo presenta delle asperità irregolari. Nella 3ª tappa si ha la ruota del tornio piatto che presenta nella sua faccia inferiore una piccola coppa che si adatta su un pernio fisso.Infine, 4ª tappa, nel tornio il piatto per mezzo di un asse allungato è solidale a un volante, cioè a una grande ruota (p. es. ruota da carro) che, una volta messa in movimento, gira per lungo tempo per il proprio peso permettendo al vasaio di terminare il suo lavoro dopo una sola messa in movimento. Il vasaio può naturalmente farsi sempre aiutare da una persona per mettere e mantenere in movimento il volante. Oltre che alle popolazioni europee, il tornio da Tasaio era conosciuto in Cina e in India. Le ceramiche più perfette e più artisticamente decorate non si trovano tuttavia dove l'uso del tornio era conosciuto; così in India la ceramica fatta al tornio è molto semplice, probabilmente per il fatto che le purificazioni imposte dai costumi religiosi obbligano troppo frequentemente a gettar via i vasi adoperati. Le quattro tappe ricordate non si sono del resto sempre succedute le une alle altre, nei paesi dove il tornio è conosciuto. Al contrario, molto sovente la lavorazione a mano e quella al tornio possono continuare a sussistere parallelamente in località molto vicine e fra popolazioni dello stesso ceppo. Poiché la lavorazione a mano è generalmente un lavoro femminile, mentre quella al tornio incombe all'uomo, si è attribuita questa coesistenza di costumi (non equivalenti dal punto di vista evoluzionistico) alle tradizioni relative alle attribuzioni differenti dei sessi. Una spiegazione altrettanto legittima di queste persistenze parallele si troverebbe però nell'attribuire, secondo i paesi, la lavorazione a mano e il tornio a cicli culturali differenti.



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