martedì 28 aprile 2015

IL PARAPENDIO

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Il parapendio è sicuramente la “ macchina volante ” più semplice al mondo.
E' in grado di far volare l’uomo con la tecnica del “ volo libero ” cioè senza motore, sfruttando semplicemente il movimento dell’aria per “ fare quota ” e spostarsi verso un altro punto.
La storia del Parapendio comincia nel 1965 con la messa a punto della Sailwing da parte di Dave Barish. Egli chiamò questa nuova disciplina slope soaring (volo di pendio).

Dave Barish e Dan Poynter effettuarono, nel 1966 e nel 1968 numerose dimostrazioni di slope soaring su di un trampolino da Salto con gli sci. Numerosi alpinisti cominciarono ad interessarsi a questa pratica, vedendovi un modo rapido ed efficace, e non ultimo divertente, di planare dopo un'ascensione.

Nel 1978, tre paracadutisti francesi (Jean Claude Bétemps, Gérard Bosson e André Bohn) decollarono con i paracadute rettangolari dal monte Pertuiset, presso Mieussy in Alta Savoia. Furono solo i primi di molti paracadutisti che cominciavano ad interessarsi al volo di pendio.

Laurent de Kalbermatten inventò nel 1985 il Randonneuse, il primo parapendio concepito specificamente per il volo. Era un mezzo più efficiente, più facile da gonfiare e dalle maggiori prestazioni dei paracadute di allora. Il parapendio non cesserà più di evolversi, tanto come materiali utilizzati che come tecniche di costruzione, divenendo uno sport a sé stante.

Il primo campionato del mondo di parapendio si tenne nel 1987 a Verbier, mentre il primo campionato del mondo di acrobazia si è tenuto nell'agosto del 2006 a Villeneuve.

L'attrezzatura necessaria al volo è composta da un'ala (generalmente chiamata vela dai parapendisti), alla quale è sospesa la selletta del pilota tramite un sistema di "fasci funicolari". Il pilota controlla il volo tramite due comandi, i freni aerodinamici. Tutte le vele sono dotate di un dispositivo di accelerazione da controllare con i piedi, detto comunemente "acceleratore" che, agendo in modo diversificato lungo il profilo alare, consente una migliore performance di velocità o efficienza a seconda della regolazione e comunque in base alle condizioni aerologiche (es. migliore "penetrazione" del profilo dell'ala rispetto all'aria nel caso in cui vi sia la necessità di avanzamento più rapido con vento contrario forte). Agendo sulla pedalina; comunemente chiamata SPEED, si va a variare l'incidenza dell'ala. Tale variazione comporta un aumento della velocità. Curiosamente in Italia non è obbligatorio per legge il paracadute d'emergenza. Nonostante non ve ne sia l'obbligo questo è comunque adottato dalla totalità dei praticanti ed è normalmente integrato nella selletta. Si tratta di un paracadute "a calotta" estraibile mediante una maniglia di estrazione.

L'ala del parapendio, fabbricata in tessuto particolarmente resistente e professionale, non è rigida e la forma è mantenuta dalla pressione interna, creata dinamicamente dal flusso dell'aria sulle bocche anteriori dell'ala o "vela" come viene comunemente chiamata dai praticanti. La vela è costituita da una serie di cellule dette cassoni, che gonfiandosi d'aria mantengono gonfia la struttura dell'ala. Sono separati gli uni dagli altri da centine che collegano la parte superiore dell'ala (estradosso) da quella inferiore (intradosso). Le centine sono, nella maggior parte dei casi, traforate per permettere la circolazione dell'aria all'interno della vela ottenendo così un gonfiaggio ed un comportamento in volo il più uniforme possibile. Si può immaginare la vela divisa in due metà, dette semiali destra e sinistra.

La parte superiore dell'ala è chiamata estradosso, la parte inferiore intradosso.

Ogni semiala è collegata all'imbrago (selletta di pilotaggio) tramite un cavo funicolare (detto anche "cordino") costituito da diverse filiere di cordini realizzati in materiali estremamente resistenti e non allungabili quali il kevlar pre-stirato. Ognuno dei due fasci funicolari termina con un'asola rinforzata per il collegamento alla selletta tramite un moschettone. Il fascio posteriore, collegato al bordo d'uscita, è dotato anche di due maniglie (i freni) e viene utilizzato per il controllo della vela. Ogni filo del fascio funicolare può sostenere da solo, se integro, un peso dagli 80 ai 200 kg prima di rompersi, quindi l'intero fascio funicolare può sostenere facilmente un peso superiore alla tonnellata. È uso comune designare i vari cordini del fascio funicolare con una lettera a seconda della loro posizione. I cordini frontali sono le bretelle A, quelle successive le B e così via. Una vela ha generalmente dalle 3 alle 5 bretelle, ognuna con dai 2 ai 5 cordini. Le vele con maggiori prestazioni utilizzano un numero minimo di cordini, per minimizzare la resistenza di forma. Il dispositivo di accelerazione SPEED agisce direttamente sulle bretelle A e B tirandole verso il basso.

I comandi (più frequentemente chiamati freni) permettono il controllo della direzione del volo del parapendio e della sua velocità. Ognuno dei due freni è collegato al bordo d'uscita della sua semiala. Trazionando il freno si rallenta la semiala corrispondente, quindi l'avanzamento inerziale del pilota, il suo peso, che seguita ad avanzare, innesca un moto centrifugo che fa sì che il parapendio ruoti verso quella direzione. Trazionando simmetricamente i freni il parapendio rallenta di una velocità proporzionale al trazionamento. Si noti che trazionando troppo e troppo a lungo un freno è possibile portare il parapendio in condizione di stallo. A questi due comandi si aggiunge la pedalina dello SPEED.

Il pilota siede nella selletta, detta anche imbrago, a cui vengono agganciati tramite moschettoni i due cavi funicolari, ed è legato ad essa da due cosciali ed un pettorale. Anche il paracadute di emergenza è collegato alla selletta. Il fondo della selletta è normalmente rigido ed imbottito, per assorbire eventuali urti dovuti ad un atterraggio troppo violento. La selletta è spesso dotata di numerose tasche per permettere al pilota di portare con sé in volo l'attrezzatura completa che altrimenti sarebbe costretto a lasciare in decollo.

L'acceleratore è un dispositivo costituito da una barra trazionabile coi piedi collegato alle bretelle A del fascio funicolare. Permette di modificare l'incidenza dell'ala accorciando in modo differenziato le diverse linee funicolari. Diminuendo l'incidenza dell'ala si guadagna velocità, ma si rende il parapendio più sensibile alle turbolenze e si facilitano eventuali chiusure.

Il decollo si effettua sempre da un pendio sufficientemente inclinato. Questo perché un parapendio ha una traiettoria di volo che punta sempre verso il basso, e se l'inclinazione del pendio è minore di quella della traiettoria di volo non sarà possibile staccarsi da terra. Vi sono due tecniche principali di decollo: dando le spalle alla vela (decollo all'Italiana) e decollo fronte vela (noto anche come decollo alla francese). È sempre fondamentale, qualsiasi tipo di decollo si effettui, osservare con cura le condizioni meteo e la loro evoluzione, in quanto è estremamente pericoloso decollare con un vento di intensità pari o superiore a 25 km/h o in prossimità di cumulonembi.

Il pilota aggancia la vela alla selletta e si lega ad essa tramite il pettorale.
Prende con la mano destra il freno e la bretella di destra (collegata al bordo d'attacco), e con la mano sinistra prende il freno e bretella di sinistra.
Il pilota avanza aumentando lentamente la velocità e contemporaneamente solleva le mani alzando il bordo d'attacco ed effettuando le eventuali correzioni necessarie. L'ala si gonfia d'aria, e tende a sollevarsi da terra. Quando l'ala si alza, il pilota rilascia le bretelle e aumenta la velocità per il distacco da terra. Questa fase è detta di gonfiaggio.
Con l'ala gonfia sopra la testa, il pilota frena lievemente l'ala e rallenta la corsa per vedere se l'ala si apre correttamente controllando che non vi siano accavallamenti, nodi o parti di vela impigliate nei cordini (le cosiddette cravatte). Il pilota controlla che il decollo avvenga correttamente.
Se questo controllo è andato bene, il pilota inizia a correre ed aumenta la velocità fino al distacco da terra. La posizione del pilota fa sì che egli si sbilanci molto in avanti, con le braccia tese dietro e le mani in posizione più alta possibile per evitare di frenare la vela. È importante non abbandonare la posizione di corsa fino al distacco da terra e rimanere sempre pronti a riprendere la corsa fino a che non si è raggiunta una quota abbastanza elevata. Questa è la fase di decollo o distacco. È da notare che il parapendio consente di interrompere il decollo senza particolari rischi, a differenza di quanto avviene nel deltaplano.
Una volta raggiunta una quota di sicurezza sufficiente ed una sufficiente distanza dal pendio, il pilota si siede in modo confortevole nella selletta aiutandosi con le mani o con il poggiapiedi. È importante non sbilanciarsi e non cambiare posizione per evitare di cadere.

Il decollo fronte vela viene di solito effettuato in condizioni di vento sostenuto, e pur essendo lievemente più complesso del decollo con rincorsa per la maggiore capacità di controllo necessaria è il tipo di decollo più utilizzato. Dopo aver disposto la vela, controllato ed agganciato i fasci funicolari ed essersi agganciati all'imbrago come nel decollo con rincorsa, il pilota si volta verso la vela ed afferra i fasci incrociando le braccia. È da notare che pur avendo le braccia incrociate rispetto alla vela, si hanno sempre nella mano sinistra freno e bretella A sinistri e nella mano destra freno e bretella A destri. Una volta impugnati freni ed elevatori, il pilota indietreggia e solleva la vela, che si gonfia investita dal vento relativo. Durante il gonfiaggio si controllano i movimenti della vela con i freni e si controlla il corretto dispiegamento del fascio funicolare. Quando la vela sia giunta sopra la testa, si può procedere con la rincorsa ed il distacco dal suolo come nel decollo con rincorsa, ovviamente non prima di essersi girati in avanti ed aver disposto correttamente le braccia.

In presenza di un vento regolare e di moderata intensità è possibile mantenere la vela sopra la propria testa senza passare alla rincorsa ed al successivo distacco. Si tratta di un ottimo esercizio per acquisire la sensibilità necessaria al volo.

La fase di atterraggio è, insieme al quella di decollo, particolarmente critica per la vicinanza al terreno. Sebbene l'atterraggio in parapendio non sia particolarmente complesso, vista la bassa velocità di volo ed il piccolo spazio che è necessario ad atterrare, è necessario prestare ad esso particolare cura. Prima di decollare è innanzitutto essenziale conoscere il luogo d'atterraggio e le sue caratteristiche. Fa eccezione in questo, per ovvi motivi, il volo in distanza, che però è fortemente sconsigliato a piloti privi di esperienza.

La prima fase dell'atterraggio è l'approccio o avvicinamento. La manovra d'avvicinamento inizia ad una quota che dipende dalle caratteristiche del terreno e dalle condizioni meteorologiche quali il vento e le correnti ascendenti o discendenti. L'obiettivo della manovra d'approccio è arrivare in atterraggio con una quota che permetta di toccare il suolo nel punto desiderato ed un vento frontale. È molto pericoloso atterrare con il vento alle spalle: si rischia di raggiungere il suolo ad una velocità eccessiva, in quanto alla velocità di volo normale si somma la velocità del vento. È infatti importante tenere presente che il parapendio non ha nulla di paragonabile ad un carrello di atterraggio, poiché le gambe del pilota svolgono questa funzione.
Risulta quindi fondamentale che la velocità rispetto al suolo al momento dell'atterraggio sia compatibile con la velocità di corsa del pilota (un uomo difficilmente corre oltre i 25 km/h se privo di un intenso allenamento specifico).

L'atterraggio con attacco ad 8 è il più usato: una traiettoria perpendicolare alla direzione del campo di atterraggio. Superato il bordo del campo, effettua una virata di più di 180 gradi in direzione dell'atterraggio ed effettua un secondo passaggio. I passaggi vengono ripetuti fino a raggiungere una quota rispetto all'atterraggio tale da consentire di effettuare il finale. Il punto in cui smaltire la quota e la quota di ingresso nell'atterraggio dipendono dal vento:

Se il vento è nullo, la quota viene smaltita sul confine dell'atterraggio, e la quota d'ingresso dipende solo dall'efficienza dell'ala con la quale si vola.
All'aumentare del vento, è necessario smaltire la quota progressivamente più vicino al punto in cui si intende atterrare, ed effettuare un ingresso a quota progressivamente più bassa.
Se sfortunatamente ci si trova ad atterrare in condizioni di vento particolarmente sostenuto può capitare addirittura di dover smaltire oltre il punto di contatto in quanto l'esecuzione degli 8 può comportare un certo arretramento nel momento in cui ci si trova con il vento al traverso.

L'atterraggio con attacco a C è un tipo di atterraggio che richiede una maggior capacità di valutazione delle caratteristiche del proprio mezzo e delle condizioni meteo presenti. Lo smaltimento di quota avviene fuori dall'atterraggio e sopravento ad esso, effettuando virate di 360 gradi su di un punto preciso di riferimento. Raggiunta una quota sufficientemente bassa, il pilota raggiunge l'atterraggio (volando col vento alle spalle) e si pone controvento con una virata a U. Il finale viene effettuato normalmente. Nonostante la maggior complessità di esecuzione, l'atterraggio a C presenta un vantaggio che lo rende a volte l'unica alternativa praticabile. Consente infatti a più piloti contemporaneamente di smaltire quota, cosa che risulta più difficoltosa o addirittura impossibile con un approccio a 8. Per questo è una tecnica di atterraggio frequentemente impiegata nei luoghi di volo particolarmente trafficati.
È tra l'altro la manovra preferita e prescritta in tutti gli aeroporti dove occorre gestire un certo quantitativo di traffico di aeromobili.

La fase conclusiva dell'atterraggio, si svolge sul campo di atterraggio con vento frontale. È ancora possibile smaltire quota effettuando delle virate ad S, ma è importante che il contatto col suolo avvenga con la vela orientata controvento. Il pilota arriva alla massima velocità possibile per evitare un pericoloso stallo in caso di gradiente di vento e, giunto ad un paio di metri dal suolo, frena progressivamente la vela per giungere allo stallo quando i suoi piedi sono già a contatto col suolo. La frenata deve iniziare prima se l'atterraggio è in salita, e deve essere ritardata se l'atterraggio è in discesa. A differenza del deltaplano o dell'aliante, il parapendio risente dell'effetto suolo solo in maniera minima, in quanto all'atterraggio la vela si trova ancora a molti metri dal terreno.

Il parapendio, come tutti i mezzi volanti con o senza motore, necessita di una forza esterna per poter vincere la forza di resistenza e mantenere il moto. Durante la semplice planata in aria calma, l'ala spende quota scendendo su di un piano inclinato e questo le permette di utilizzare una componente della forza peso, forza esterna appunto, come forza propulsiva in direzione uguale e contraria a quella della resistenza. Per poter prolungare il piacere del volo, il pilota deve imparare a sfruttare le correnti ascensionali presenti in natura, altrimenti è costretto a scendere solamente. Il volo nelle correnti ascensionali si divide in due tipi, a seconda dell'origine della corrente ascensionale stessa. Il volo in termica sfrutta le correnti ascensionali generate dal riscaldamento delle masse d'aria. Il volo in dinamica utilizza invece le correnti ascensionali che si generano quando un vento meteorologico incontra un ostacolo opportunamente conformato.
Quando si parla di velocità di volo è sempre necessario specificare se la velocità è misurata rispetto al suolo o rispetto all'aria. Un parapendio ha infatti, rispetto all'aria una velocità massima ed un tasso di caduta minimo che dipendono solo dalle sue caratteristiche costruttive. La situazione può essere molto differente quando si effettuino misurazioni rispetto al suolo. Se ad esempio un parapendio sta volando a 30 km/h in aria immobile, la sua velocità rispetto al suolo sarà sempre 30 km/h. Se fosse presente un vento a favore (proveniente cioè dalle spalle del pilota) di 10 km/h, la velocità rispetto al suolo sarebbe di 40 km/h (30+10). Allo stesso modo, con un vento contrario di 10 km/h il parapendio volerà rispetto al suolo a 20 km/h. La velocità di volo rispetto all'aria può essere controllata agendo sui freni e sull'acceleratore. In particolare:
Rilasciando completamente i freni, il parapendio vola alla massima velocità rispetto all'aria.
La posizione di volo normale prevede i freni all'altezza delle spalle. In questo modo l'efficienza della vela è massima ed il tasso di caduta si riduce. È la condizione che permette il miglior compromesso tra velocità ed efficienza.
Frenando ulteriormente, si raggiunge il minimo tasso di caduta. In questo momento la velocità verticale rispetto all'aria è minima.
Rallentando ancora il tasso di caduta torna ad aumentare e la velocità continua a diminuire. Se si frena troppo si rischia di portare la vela in stallo. Una vela in stallo perde portanza e cade in avanti per riguadagnare velocità, ed il pilota sperimenta una caduta libera. È una situazione rischiosa: la vela è in grado di ristabilizzarsi autonomamente, ma ciò causa una perdita di quota che può essere notevole. Uno stallo vicino al suolo è potenzialmente mortale.

Il comportamento di un parapendio in virata dipende da due elementi: il trazionamento dei freni e lo spostamento del peso del pilota.

Trazionando i freni in modo asimmetrico si ottiene la virata del parapendio: trazionando il freno destro il parapendio vira verso destra, trazionando il freno sinistro il parapendio vira verso sinistra. Durante una virata effettuata coi soli freni il peso del pilota tende a far inclinare il parapendio, in quanto il pilota pesa molto di più dell'ala e viene spostato verso l'esterno dalla forza centrifuga. Questo movimento, detto rollio, riduce la superficie proiettata della vela, e quindi le fa perdere efficienza. Durante una virata quindi la vela perde quota in maniera proporzionale alla velocità della virata stessa: una virata stretta e quindi veloce farà perdere quota in maniera maggiore rispetto ad una virata più larga. Per questo stesso motivo durante le virate il freno esterno (cioè quello che non è trazionato) viene di solito tenuto in posizione di massima velocità: vista la perdita di portanza, durante una virata stretta si rischierebbe di rallentare eccessivamente la semiala frenata, generando uno stallo asimmetrico dell'ala. Il peso del pilota è un fattore importante nelle virate; spostando il peso è possibile far virare la vela anche senza trazionare i freni. Analogamente, spostando adeguatamente il peso è possibile modificare sostanzialmente il comportamento della vela in virata.

Il volo termico consiste nello sfruttare le correnti ascensionali per guadagnare quota. Le correnti termiche si formano quando una massa di aria viene a contatto con una superficie calda (non è il Sole a scaldare direttamente l'aria, ma la superficie calda a riscaldare l'aria per convezione) e si scalda più di quella circostante. In base al Principio di Archimede, una massa d'aria più calda e quindi meno densa tende a sollevarsi rispetto a quella circostante con una velocità proporzionale alla differenza di temperatura. Un parapendio all'interno di una corrente termica, pur continuando a perdere quota rispetto all'aria al suo tasso di caduta normale, potrà guadagnare quota rispetto al suolo quando l'aria salga rispetto al suolo più di quando il parapendio scenda rispetto all'aria. Bisogna inoltre tenere presente che il ciclo termico forma essenzialmente delle celle convettive, e quindi ad una ascendenza è sempre associata una discendenza.

La corrente termica continuerà a salire fino a che la sua temperatura sarà superiore a quella dell'aria circostante. Una termica si raffredda ad una velocità di 1 °C ogni 100 metri (gradiente adiabatico secco), mentre la velocità di raffreddamento dell'aria circostante dipende dalle condizioni meteo della giornata. La variazione di temperatura con la quota prende il nome di gradiente termico verticale. Una giornata con gradiente termico verticale minore di 1 °C ogni 100 metri si definisce stabile, una giornata con gradiente termico verticale maggiore di 1° ogni 100 metri si definisce instabile.

In una giornata stabile le termiche raggiungeranno una certa quota, detta plafond, prima di fermarsi per l'esaurimento della spinta di galleggiamento. In una giornata instabile le termiche rimarranno sempre più calde dell'aria circostante, e teoricamente si fermeranno solo al raggiungimento della stratosfera. Volare in una giornata instabile può essere estremamente rischioso, in quanto una termica può raggiungere velocità verticali di decine di metri al secondo sia in ascendenza che in discendenza.

Le colonne d'aria calda ascendenti danno origine, se sufficientemente umide, a nubi di tipo cumuliforme. Una termica che non dà origine ad una nube è generalmente detta termica blu.

Per sfruttare una termica il pilota di parapendio vi vola attraverso e effettua delle virate di 360 all'interno di essa. Per sfruttarla al meglio è necessario identificare la zona di massima ascendenza (detta cuore o core) e centrare su di essa le proprie virate. Le termiche ascendenti e le discendenze possono essere anche molto intense e turbolente, fino a costituire un rischio per il volo. È compito del pilota valutare la condizione meteo e decidere se le proprie capacità sono sufficienti per poter gestire la situazione.

Il volo in dinamica, a cui ci si riferisce anche con il termine inglese di soaring, consiste nello sfruttare il vento di sollevamento orografico che si genera quando un vento incontra un ostacolo. Nella parte a sopravento dell'ostacolo si forma un movimento ascensionale di caratteristiche ed intensità dipendenti dalla forma dell'ostacolo, in quanto il vento tenderà a superarlo seguendo la linea di minore resistenza. Un parapendio che voli sul fianco a sopravento della montagna può quindi sfruttare questo fenomeno per prolungare il suo volo.

È pericoloso, invece, volare nella parte sottovento della montagna: il vento tende a formare vortici d'aria turbolenta di forma complessa, detti rotori. Volare con un parapendio all'interno di un rotore è estremamente pericoloso.

Ai fini del volo libero si utilizzano piccole radio portatili di tipo LPD, in quanto il loro minimo ingombro e la libertà di utilizzo (non necessitano infatti di patentino) le rendono molto pratiche.

Il Variometro-altimetro indica, misurando le variazioni di pressione atmosferica, l'altitudine alla quale si trova il pilota. Molto spesso l'altimetro si trova integrato in strumenti più complessi quali il variometro o il GPS per una maggior praticità d'uso.

Il variometro indica la velocità verticale. Risulta molto utile per la gestione del volo in termica, risultando di ausilio quando si tratta di riconoscere il core (cuore) delle termiche e per valutarne precisamente l'intensità. È anche utile per sfuggire a situazioni di pericolo generate da "discendenze" (zone di aria fredda in discesa).
I GPS specifici per il volo sono in grado di memorizzare le traiettorie seguite, di guidare i piloti in volo tra vari punti prestabiliti e stabilire velocità e direzione del vento quantificando lo scarroccio.

Nonostante il parapendio sia un mezzo relativamente sicuro, esistono alcuni pericoli. È comunque da tenere ben presente che tutti i pericoli vanno messi in relazione all'abilità del pilota: un pilota esperto può affrontare in relativa sicurezza situazioni che sono pericolose per un pilota inesperto. Esistono comunque condizioni pericolose a prescindere dall'abilità del pilota, che dipendono dai limiti fisici del mezzo.

Le turbolenze sono uno dei rischi maggiori. Provocano la deviazione del parapendio dalla traiettoria impostata, con il rischio di collisione con ostacoli o altri piloti. Inoltre possono provocare stalli e chiusure della vela, che rendono necessaria l'adozione di un pilotaggio attivo per mantenere l'ala in volo in condizioni di manovrabilità. È da osservare però che una correzione effettuata in maniera scorretta può anche peggiorare la situazione.
È necessario conoscere e valutare la situazione meteorologica del sito di volo e la sua evoluzione durante la giornata. È particolarmente importante osservare il comportamento delle nubi convettive (cumuli), che danno indicazioni sull'evoluzione delle termiche. In particolare, il pericolo è dato dalle forti raffiche ascendenti e discendenti associate a violenti fenomeni termici.
Le linee telefoniche, le linee elettriche ad alta e bassa tensione, le teleferiche sono un altro pericolo. Oltre ad essere oggetti intrinsecamente pericolosi (venire in contatto con una linea elettrica può uccidere il pilota in meno di un secondo), sono difficili da individuare in volo. Inoltre, un pilota che interrompa una linea elettrica o telefonica si troverà facilmente a pagare grandi multe e risarcimenti danni. Tuttavia in molte Nazioni è obbligatoria la polizza assicurativa per poter coprire eventuali danni.
Sono possibili collisioni in volo con altri piloti. Per minimizzare questo rischio, esiste un regolamento che stabilisce le precedenze in volo, ma questo non elimina la necessità di una costante attenzione in volo.
Al contrario di quello che si potrebbe pensare, la sicurezza aumenta con la quota. Infatti un incidente che a 1000 metri dal suolo risulta di semplice gestione può essere mortale se affrontato a poche decine di metri da terra, poiché ad elevate quote si ha la possibilità di aprire il paracadute di emergenza e concludere l'esperienza con un semplice atterraggio morbido. Si tenga inoltre conto che a quote elevate non ci sono edifici e linee elettriche, mentre i picchi delle montagne sono facilmente visibili, rendendo assai più basso il rischio di un qualche genere di collisione.



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