Il foraggio è qualsiasi sostanza usata per alimentare il bestiame domestico. Si hanno foraggi allo stato naturale (foraggi freschi o verdi) e foraggi conservati. Il più comune foraggio verde è l'erba dei pascoli, degli erbai e dei prati naturali o quella dei prati artificiali: i primi forniscono trifoglio, erba medica o lupinella, che può essere consumata in loco dagli animali pascolanti; i secondi avena, segale, favetta, colza, veccia, ecc., che vengono tagliate, raccolte e somministrate fresche al bestiame. Anche il fogliame di vari alberi (gelso, olmo, pioppo), varie radici carnose (rapa, barbabietola, carota) e tuberi (patata, topinambur) si possono considerare foraggi verdi e così pure molte specie di frutta. I foraggi conservati sono costituiti principalmente dai fieni e dagli insilati: i primi si ottengono con l'essiccazione delle medesime erbacee usate anche fresche (salvo alcune), alle quali si aggiunge sale pastorizio nella quantità di 1-1,5 kg per q, che agisce come antifermentativo e condisce il foraggio rendendolo più appetibile. Oltre che all'essiccamento si può ricorrere alla disidratazione, che si ottiene esponendo le erbe, per breve tempo, a temperature elevate (700-800 ºC), trasformandole, in tal modo, in farina e conservandone intatto il potere nutritivo. Gli insilati si ricavano da vari tipi di erbe, non adatte a essere essiccate, e da grani, radici, tuberi, ecc.. Altri metodi per la conservazione del foraggio sono i cosiddetti fieno-silo ed erba-silo: il primo consiste nello stratificare e comprimere l'erba parzialmente essiccata in appositi sili ponendovi sopra un coperchio con pesi. Questo foraggio deve essere usato dopo 40 giorni. Il secondo consiste nello stratificare, nei sili, l'erba fresca sempre comprimendola con un coperchio su cui siano stati posti dei pesi. Il fondo del silo, però, deve avere un pozzetto per la raccolta dei liquidi. Il foraggio deve essere consumato dopo 40 giorni e rapidamente. Si utilizzano come foraggi anche diversi altri prodotti, come le foglie di varie Leguminose coltivate, gli steli dei cereali, le pule, oppure i residui di alcune lavorazioni industriali (polpe delle bietole, sanse delle olive private del nocciolo, vinacce) e anche sostanze di origine animale (sangue secco, farina di carne e di pesce, siero di latte). Il potere nutritivo del foraggio è assai diverso a seconda dei materiali di cui è composto; le erbe (e quindi il fieno) delle Leguminose, per esempio, hanno potere nutritivo maggiore di quello delle Graminacee e di altre specie; in generale, i foraggi verdi posseggono valore nutritivo assai più alto dei relativi fieni, dei quali sono anche più digeribili, mentre gli insilati conservano in buona parte le caratteristiche alimentari proprie dei vegetali freschi. In ciascun foraggio il valore nutritivo dipende dal contenuto di sostanze assimilabili, in primo luogo gli idrati di carbonio (zuccheri, grassi) e le sostanze proteiche; in misura inferiore devono essere presenti anche varie sostanze stimolanti o integrative (sali minerali, vitamine, ecc.); anche i fattori organolettici, che rendono gli alimenti più appetibili, hanno la loro importanza nella valutazione di un foraggio. Il foraggio usato per gli animali da latte, infine, deve essere privo di sostanze capaci di trasmettere al latte odori o sapori sgradevoli.
Per avere un'idea dell'importanza della produzione foraggera, basti considerare che circa 1/3 della superficie agraria dell'Italia è destinata a colture foraggere e che quasi tutte le altre colture danno quantità non trascurabili di prodotti aggiunti o sottoprodotti utilizzabili come foraggi.
Il valore dei diversi foraggi dipende essenzialmente dalle quantità di sostanze nutritive digeribili che ciascuno di essi contiene. In misura minore, ma non trascurabile, sul valore dei foraggi influiscono anche le qualità organolettiche, per le quali riescono più o meno graditi al bestiame, e altresi il contenuto di sostanze stimolanti e integrative delle loro proprietà nutritive, quali sono gli enzimi di diverse specie. Le numerosissime sostanze nutritive contenute nei foraggi appartengono a due gruppi principali, ossia sostanze proteiche e affini; sostanze carboidrati e grassi. Secondo le diverse specie d'animali e la speciale produzione che da essi si esige, nonché secondo l'intensità produttiva cui gli animali stessi vengono sottoposti, deve variare non solo la complessiva razione alimentare, ma anche il rapporto fra le sostanze digeribili nei due gruppi suddetti. In certi casi giova un rapporto nutritivo stretto, per esempio 1:2; in altri casi è preferibile un rapporto largo, per esempio 1:6. Per ottenere razioni corrispondenti al voluto rapporto nutritivo conviene fare appropriati miscugli di foraggi diversi, oppure, nella foraggiata giornaliera, alternare opportunamente diverse specie di foraggi. Poiché le sostanze del primo gruppo hanno valore considerevolmente superiore a quelle del secondo gruppo (specialmente ai carboidrati che ordinariamente prevalgono di gran lunga sui grassi), vengono maggiormente apprezzati i foraggi ricchi di sostanze proteiche e affini digeribili. Per confrontare i diversi foraggi in base al loro valore nutritivo, che dovrebbe essere proporzionale, almeno approssimativamente, al loro prezzo commerciale, gli zootecnici usano diversi modi. Il più antico, e ancora molto usato, è quello di considerare come foraggio tipo il buon fieno di prato naturale e d'indicare per ciascuno degli altri foraggi la quantità ritenuta equivalente per effetto nutritivo (specialmente per il contenuto in sostanze azotate) a 100 di detto fieno di prato naturale.
Altro metodo di valutazione dei foraggi è quello di O. Kellner, secondo il quale per ciascun foraggio il complesso delle sostanze nutritive digeribili viene computato in equivalenti d'amido per cento di foraggio. Recentemente ha acquistato credito fra gli allevatori di bestiame un altro metodo col quale ai diversi foraggi si attribuisce un congruo numero di unità foraggere commerciali. Tale unità foraggera corrisponde all'entità alimentare di un chilogrammo di orzo, la quale a sua volta corrisponde a quella di circa kg. 2,400 di buon fieno di prato naturale. Ciò in base all'esperienza pratica.
Naturalmente nella scelta dei foraggi per comporre le razioni bisogna tener presente anche l'opportunità d'evitare la somministrazione di foraggi grossolani a bestiame molto giovane e a bestiame sottoposto all'ingrassamento. Inoltre conviene comporre le razioni compensando i foraggi a basso contenuto di principi nutritivi digeribili con altri foraggi che siano invece più o meno concentrati; ciò allo scopo di formare complessivamente una massa alimentare che rappresenti un carico ben proporzionato alla capacità del ventricolo e alla potenzialità digestiva dell'animale.
Il foraggio rispondente alla voluta relazione nutritiva viene poi distribuito a ciascun capo in quantità proporzionata al suo peso vivo; per i bovini adulti la più conveniente razione, riferita a foraggio secco all'aria, è di circa kg. 2,500 per quintale di peso vivo e per giorno. Se la razione fosse costituita esclusivamente di buon fieno di prato naturale, basterebbe la quantità di circa kg. 1,700 al giorno, sempre per ogni 100 kg. di peso vivo.
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