domenica 10 maggio 2015

LA POLENTA



La polenta è un alimento a base di farina di cereali cotta lungamente in acqua calda.
Si tratta di un cibo particolarmente economico e, pertanto, definito "povero". Nei nostri territori, la polenta di mais (dalla pianta Zea mays) è giunta poco più di 300 anni prima dell'unificazione d'Italia. ma i primi reperti del suo consumo si riconducono al periodo di importazione del cereale dalle Americhe (cereale mahiz - Cristoforo Colombo - 1492). Dal principio, la polenta di mais era sconosciuta ed il suo consumo era limitato alla coltivazione botanica; solo tra il 1530 ed il 1540 entrò a far parte delle esigenze alimentari dei veneti e dei friulani, poi dei bergamaschi (1580), dei milanesi (1649), e solo verso la metà del '700 radicò saldamente nelle tradizioni culinarie piemontesi.
E' un errore comune associare il nome polenta ad un derivato del mais in quanto dovrebbe indicare un qualsiasi alimento ottenuto dalla cottura in acqua di farine a base di cereali. Questa polivalenza conferisce alla polenta un'origine pressoché sconosciuta e, benché il mais venisse coltivato nei territori americani già all'inizio dell'epoca del ferro, anche i romani ed i greci consumavano polente ottenute dal farro (detta plus) o dalla spelta egiziana. All'epoca, la polenta veniva preparata con lo stesso procedimento in tutto il bacino del mediterraneo e la sua consistenza variava in base al cereale scelto per lo sfarinato; la polenta veniva quindi condita con latte, formaggi, carne di agnello, maiale e salsa acida.
In Italia, la polenta di mais ha assunto un ruolo determinante nel sostentamento della popolazione solo a partire dall'inizio dell'800. Per quanto all'epoca sia stata indispensabile alla sopravvivenza da guerre e carestie, la polenta di mais possiede un grosso limite nutrizionale, ovvero la ridotta BIO-disponibilità della Niacina. Il deficit di questa molecola idrosolubile, detta anche vitamina PP o B3, comporta malnutrizione i cui sintomi si raggruppano in un quadro patologico comunemente detto pellagra.
Nonostante fin dall'antichità gli indigeni Americani consumassero sistematicamente la polenta di mais, queste popolazioni non sembravano incorrere in alcun tipo di malnutrizione vitaminica. Ciò è imputabile alle loro conoscenze tecnico-alimentari, tra le quali rientrava anche il bagno chimico del cereale; probabilmente, Maya ed Aztechi avevano notato l'insorgere dei sintomi pellagrosi nei soggetti che consumavano solo mais fresco e capirono che per evitarli era necessario un trattamento. Fatto sta che gli indigeni giunsero alla conclusione di immergere il cereale in un bagno alcalino di acqua e calce, facilitando la conversione della vit. PP non disponibile nella forma BIO-disponibile.
Sebbene la polenta di mais non contenga glutine, la sua composizione nutrizionale non si differenzia significativamente da quella del frumento.
Il consumo esagerato di polenta riduce drasticamente la biodisponibilità della Vitamina B3 (Niacina): in carenza di vitamina PP, l’organismo si ribella provocando appunto la pellagra, una patologia che provoca dermatite, demenza, diarrea e morte.
La polenta è un antichissimo piatto di origine italiana a base di farina di cereali.
Pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti pressoché sull'intero suolo italiano, ha costituito, in passato, l'alimento base della dieta delle persone in alcune zone settentrionali alpine, prealpine, pianeggianti e appenniniche di Lombardia, Veneto, Piemonte, Valle d'Aosta, Trentino, Emilia, Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Marche e Friuli-Venezia Giulia, regioni nelle quali è tuttora piuttosto diffuso. La polenta è tradizionalmente cucinata anche, pur non essendo l'alimento base, nelle zone di montagna dell'Abruzzo.

Il cereale di base più usato in assoluto è il mais, importato in Europa dalle Americhe nel XV secolo, che le dà il caratteristico colore giallo, mentre precedentemente era più scura perché la si faceva soprattutto con farro o segale e, più tardivamente anche con il grano saraceno, importato dall'Asia. La prima coltivazione di mais documentata nel Nord Italia risale a Lovere, in Val Camonica, da parte di un nobile, Pietro Gajoncelli, che, nel 1658 pare che avesse importato i primi 4 chicchi di mais dalle Americhe.

La polenta, con numerose varianti, è diffusa anche in Ungheria (puliszka), in Malta (tgħasida - storico), nei territori francesi della Savoia e della Contea di Nizza, della Guascogna (cruchade) e della Linguadoca (milhàs), in Svizzera, Austria, Croazia (palenta, žganci o pura), Slovenia (polenta o žganci), Serbia (palenta), Romania (mămăligă), Bulgaria, ' Kachmak Albania (harapash), Corsica (pulenta o pulenda), Brasile (polenta), Argentina, Ucraina e Caucaso (culesha), Uruguay, Marocco tra le tribù berbere ("tarwasht"), Venezuela, Cile e Messico.

Nel libro Storia dei Vespri Siciliani di Michele Amari, l'autore scrive che durante uno degli assedi ai francesi (1282/3) alle mura della città di Messina, le donne siciliane alimentavano i soldati con acqua e polenta (ovviamente non di mais).

La polenta viene prodotta cuocendo a lungo un ammasso semi-liquido costituito da un impasto di acqua e farina (solitamente a grana grossa) del cereale. Oggi la più comune in Europa è quella a base di mais, detto granoturco, cioè la classica polenta gialla. Questa si versa a pioggia nell'acqua bollente e salata, in un paiolo (tradizionalmente di rame), e si rimesta continuamente con un bastone di legno di nocciolo, chiamato cannella, per almeno un'ora.

La farina da polenta è solitamente macinata a pietra ("bramata") più o meno finemente a seconda della tradizione della regione di produzione. In genere la polenta pronta viene presentata in tavola su un'asse circolare coperta da un canovaccio e viene servita, a seconda della sua consistenza, con un cucchiaio, tagliata a fette, con un coltello di legno o con un filo di cotone, dal basso verso l'alto.

Il termine polenta deriva dal latino puls, una specie di polenta di farro (in latino far da cui deriva farina) che costituiva la base della dieta delle antiche popolazioni italiche. I greci invece usavano solitamente l'orzo. Ovviamente, prima dell'introduzione del mais (dopo la scoperta dell'America), la polenta veniva prodotta esclusivamente con vari altri cereali come, oltre ai già citati orzo e farro, la segale, il miglio, il grano saraceno e anche il frumento. Oggi le polente prodotte con tali cereali sono più rare, specie in Europa.

Sonnante e Alii sostengono che il "puls" originario fosse costituito da una miscela che includeva semi di leguminose, forse anche spontanee. Essi sostengono che il termine inglese "pulses", che indica i legumi in genere, origini infatti dal pre-romano "pulus". L'etimologia inglese della parola conferma questa osservazione in quanto fa risalire il nome al XIII-XIV secolo per indicare genericamente i legumi, con probabile derivazione dal francese arcaico "pols" e dal greco antico "poltos" col significato di zuppa spessa. A questo proposito è da notare che è tuttora in uso, soprattutto in alcune regioni del Sud Italia, una polenta a base di fave con la quale si accompagnano verdure come ad esempio la cicoria.

Attualmente esistono in commercio farine di granoturco precotte, che permettono di cucinare la polenta riducendo il tempo di cottura a pochi minuti, naturalmente con sostanziali differenze di consistenza e sapore, rispetto alla polenta tradizionale.

La polenta taragna, in molte zone conosciuta semplicemente come taragna, è una ricetta tipica della cucina valtellinese e di Lecco ma è molto conosciuta anche in Val Camonica, nel Bresciano, nel Bergamasco e in Valle d'Aosta. Il suo nome deriva dal tarai ("tarell"), un lungo bastone usato per mescolarla all'interno del paiolo di rame in cui viene preparata. Come altre polente della montagna lombarda (ad esempio la pulénta vüncia, polenta uncia cioè unta), è preparata con una miscela contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, diversamente dalle preparazioni nella maggior parte delle altre regioni, che utilizzano un solo tipo di farina, ottenendo quindi una polenta gialla. A differenza dell'oncia, nella polenta taragna il formaggio viene incorporato durante la cottura.

La polenta cròpa è una variante della taragna, originaria di Val d'Arigna, situata al centro delle Alpi Orobie valtellinesi. La sua particolarità è quella di essere cotta nella panna, di esser completamente fatta con farina scura e in aggiunta al formaggio.
La pulenta uncia viene cucinata nelle zone del lago di Como. Dopo aver preparato la polenta con un misto di farina di mais e grano saraceno nel paiolo, la si mischia ad un soffritto di abbondante burro, aglio e salvia con del formaggio tipico semüda o un semigrasso d'alpeggio fino ad ottenere un composto omogeneo.
La polenta e bruscitti è un piatto tipico del Varesotto e dell'Alto Milanese a base di polenta e carne sminuzzata.
La pult è una polentina molto molle preparata sempre sul lago di Como mischiando farina di mais e di frumento. Viene cucinata soprattutto d'estate e la si mangia intinta nel latte freddo.

La polenta concia è uno dei più noti piatti tipici valdostani e biellesi. Molto indicata per riempire e scaldare nelle giornate fredde, è conosciuta anche come "polenta grassa". Alla farina di mais viene aggiunto formaggio fuso d'Alpeggio. Solitamente la concia ha poca consistenza, cioè è più liquida; non ha una ricetta rigida, ma viene tendenzialmente preparata fondendo, a fine cottura, dei cubetti di Fontina e/o toma e/o latte e/o burro.
nella variante valdostana, quasi a fine cottura vengono versati nel paiolo: Fontina, Toma valdostana e burro.
Nella variante biellese, il burro viene aggiunto nel paiolo, insieme alla toma o al Maccagno. Dal paiolo la polenta concia si versa nel piatto a mestolate, aggiungendovi poi sopra abbondante burro fuso.
Nel Piacentino la pulëinta consa consiste di strati sottili di polenta ricoperti di sugo e alternati con un'abbondante spolverata di Grana Padano.
La polenta con le sepe, o seppie, è un piatto della tradizione triestina e veneziana (spesso nella versione nera). A Trieste alternative prevedono salsicce, uova strapazzate, goulash o, nelle generazioni precedenti, prugne cotte.
La polenta saracena è un piatto tipico dell'alta Val Tanaro, prende il nome dal grano saraceno.
La polenta con i ciccioli è una ricetta diffusa nella maggior parte dell'Italia settentrionale, assumendo diverse denominazioni. I modi di cucinare la polenta con i ciccioli sono sostanzialmente due. Nel primo, i ciccioli vengono cotti con la polenta, aggiungendoli all'impasto in differenti fasi della cottura, in ossequio alla specifica tradizione locale, come nel caso della pulëinta e graséi consumata nel Piacentino. Nel secondo modo, il più diffuso, i ciccioli vengono inseriti successivamente in una fetta di polenta abbrustolita, come nel caso della pulenta e grepule, tipica del Mantovano.
Nelle zone del Trentino meridionale si usa anche fare la polenta di patate ed altri ingredienti che ne arricchiscono il sapore. Per fare quella di patate è sufficiente cuocere nell'acqua salata alcune patate a tocchetti che a cottura adeguata si pestano o si frullano aggiungendo farina di grano saraceno o misto di farine a piacere. Verso fine cottura si possono aggiungere tocchetti di salame locale, formaggi, cipolle soffritte o varianti personali.
La polenta di Tossignano: in questo paesino della Romagna, fin dal 1622, è tradizione preparare ogni anno (ad eccezione delle annate 1943 e 1944 dell'occupazione tedesca) una polenta speciale da distribuire alla popolazione. È una polenta gialla, realizzata con una miscela di farine di mais (tipicamente 50% a grana fine e 50% a grana grossa). Viene servita "dura", cioè in parallelepipedi che sono tradizionalmente tagliati con il filo di cotone, condita con un ragù di carne di maiale e "odore" di manzo e abbondantemente spalmata con formaggio Grana.

Nel centro Italia la polenta assume un aspetto differente. Viene preparata più fluida e servita su una tavola rettangolare di legno (chiamata spiendola nelle Marche o spianatòra nell'Umbria centrale e meridionale) di ciliegio o pero intorno alla quale tutta la famiglia si siede per consumare il pasto. La cottura si effettua nel caratteristico paiolo di rame troncoconico, per circa 45 minuti, durante i quali la polenta viene continuamente mescolata con una speciale cannella di legno di orniello o di nocciolo, chiamata "sguasciapallotti", che scioglie i grumi di farina di mais.

In Toscana dove la polenta viene consumata, oltre che nel modo tradizionale, anche fritta o cotta in forno (specie per quanto riguarda la polenta avanzata) ed esistono i crostini di polenta, sono tipiche la pattona e la polenta dolce, entrambe a base di farina di castagne, oggi perlopiù consumata come dolce, ma un tempo, specie in montagna, erano utilizzate come contorno alla carne e anche al pesce o a piatti di verdura. Nelle campagne era comune la "polenda allargata", che consiste in una polenta relativamente poco densa, allargata su una tovaglia massiccia appena inumidita a formare uno strato di meno di un centimetro sul quale si spande il sugo, in genere di carne (cacciagione o ragù) o di funghi, ognuno preleva la propria parte a cucchiaiate (o più spesso a forchettate) facendo a gara a chi "pulisce" prima il proprio pezzetto.
Nel Lazio, nelle Marche e nel Molise la polenta viene consumata tradizionalmente con due tipi di condimento: il primo un sugo di pomodoro con spuntature di maiale e salsicce, il secondo in bianco, ovvero a base di un soffritto di aglio, olio, peperoncino, salsicce e guanciale oppure pancetta. Entrambi i condimenti possono essere arricchiti da una abbondante manciata di pecorino grattugiato. Ci sono varianti nelle diverse province della regione: per esempio in Ciociaria il sugo di salsicce e spuntature prevede che metà delle salsicce siano di fegato; inoltre una parte della polenta non viene coperta col sugo, ma con broccoletti stufati.
La polenta fritta è un primo piatto a base di polenta nella Ciociaria e nel Lazio, diffuso anche in Toscana, Umbria, Marche e in Campania. A Napoli i triangolini o rettangoli di polenta fritta sono detti scagliozzi o scagliuozzi e sono venduti nelle friggitorie insieme a crocchè o paste cresciute. Si tratta di un piatto tipico della "cucina povera" partenopea.
La frascatula è una ricetta tipica lucana (ma anche siciliana e calabrese), si prepara con farina di granturco, una patata e strutto. Solitamente si accompagna con del sugo, oppure cotechino o salsiccia. È possibile servirla anche con del vino cotto.
La polenta di Sardegna: nota anche come purenta, pulenta o farru (polenta di orzo), sarebbe nota sin dalla civiltà nuragica, come dimostrerebbero i vari mortai ed altri strumenti d'epoca usati per la lavorazione di questo alimento e i residui fossili delle colture di piante graminacee utilizzate per ottenere tale farina e sin dal 3000 a.C.. Gli stessi romani, che in epoca arcaica si cibavano di polenta di farro e orzo, tra il 238 a.C. e il 456 faranno della Sardegna, specialmente della pianura del Campidano, terra di coltivazione delle graminacee, preferendo tra i vari prodotti il grano, ingrediente base per creare la polenta ed anche il pane. La produzione fu tale che, durante l'epoca repubblicana, la Sardegna assunse il titolo di "granaio di Roma". In tempi più vicini, il grano duro resta ancora oggi l'elemento maggiormente sfruttato per creare questo piatto tradizionale isolano, nonostante sia stata usata anche la castagna e la ghianda, per confezionare la preziosa farina, o altri prodotti quali l'avena e la segale, questi ultimi in uso durante il Medioevo e, in seguito, il riso. La farina gialla per preparare la polenta alla sarda è accompagnata da altri alimenti quali la salsiccia, il pecorino sardo, la pancetta magra, nonché verdure ed ortaggi quali aglio, cipolla, carota, sedano, prezzemolo, necessari per aromatizzare ed arricchire il piatto in questione.
La polenta bianca è tipica del Polesine e delle zone di Padova, entroterra veneziano e Treviso, si fa con la farina del mais biancoperla, di colore appunto bianco.
La polenta all'erba amara è tipica della cucina mantovana, viene preparata con farina di mais, burro, erba di San Pietro e grana grattugiato.
I tipi di farina utilizzati per la polenta sono:
Farina gialla bramata: si tratta di una farina a grana grossa che darà origine ad una polenta grezza e rugosa. Il termine “bramata” deriva dal particolare processo a cui viene sottoposto il mais prima della macinazione (sbramatura). Ottima da degustare con spezzatino e goulash. Richiede una cottura di 45-60 minuti.
Farina gialla fioretto: presenta una grana sottilissima. Ideale per preparare polente pasticciate da farcire con formaggi. Richiede una cottura di 30 minuti.
Farina gialla precotta (istantanea): richiede una breve cottura perché la farina è stata sottoposta ad una preliminare cottura a vapore.
Farina taragna: mix di farina di mais e farina di grano saraceno. Si tratta di una pietanza tipica della Valtellina ed è molto apprezzata anche nel Bergamasco e nel Bresciano. In genere viene arricchita con burro e formaggi.
Polenta bianca: preparata con farina di mais bianco. È una particolare polenta tipica del Veneto.

La polenta è spesso considerata un piatto molto pesante e ricco di calorie. In realtà ha di per sè una quantità di calorie abbastanza limitata, sicuramente inferiore a quella della pasta, ma abbastanza variabile, al contrario della pasta che ha sempre le stesse calorie per 100 g.
Infatti le calorie della polenta dipendono dal grado di idratazione e quindi dalla sua consistenza: una polenta molto soda avrà più calorie di una polenta piuttosto liquida. Per non sbagliare basta riferirsi ai valori nutrizionali del mais di partenza, che sono sempre pari a 350 kcal per 100 g.
Le calorie della polenta sono comprese, in genere, tra le 80 e le 130 per 100 g.
I sughi che accompagnano la polenta sono storicamente molto ricchi di calorie (formaggio, burro, sughi a base di carne grassa di maiale...) e sono questi che rendono la polenta un piatto pericoloso per la linea. Basta però utilizzare sughi più leggeri, a base di verdure, limitando gli ingredienti ipercalorici, per ottenere un piatto saziante e ipocalorico.

La polenta si abbina con un vino rosso fermo, di medio corpo, anche novello come il Alto Adige Cabernet-Merlot, il Sauvignon, il Cabernet-sauvignon, la Barbera, il Cabernet, il Rosso del Trentino, il Rosso della Val d'Aosta, il Sassella e l'Inferno.


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