lunedì 30 marzo 2015

LA DREISSENA POLYMORPHA

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Dreissena polymorpha. Questo è un bivalve non-indigeno invasivo, che, proprio grazie ai suoi ampi livelli di tolleranza nei confronti dei parametri ambientale , si è rapidamente diffuso dalla sua area di origine in mezzo mondo.
Dalla letteratura si sa che questi xenobiotici sono presenti in molti ecosistemi acquatici e sono in continuo aumento le loro concentrazioni, come effetto dell’aumento del loro utilizzo in molte attività antropiche.

Si dice Dreissena polymorpha perché la conchiglia è di forma varia, talvolta con cerniera di tipo eterodonte .
Come tutti i bivalvi possono essere chiamati anche Pelecypoda dal greco pelekis, accetta e pous, podos, piede. Sono compressi lateralmente e le due valve della conchiglia di D. polymorpha sono tenute insieme dorsalmente da un legamento a cerniera che determina l’apertura ventrale delle valve. I muscoli adduttori lavorano in maniera antagonista al legamento a cerniera mantenendo le due valve ravvicinate. Questa è triangolare, allungata con bordo superiore angolato e inferiore ristretto leggermente concavo. La conchiglia assomiglia per forma a quella di una cozza, Mytilus edulis (Linneo, 1758), può raggiungere i 50 mm; le dimensioni medie variano dai 20 ai 30 mm. La colorazione alterna bande più scure a quelle più chiare proprio per questo tale bivalve è conosciuto come “zebra mussel”, cozza zebrata. Si muove estendendo il piede muscolare attraverso l’apertura tra le due valve. Il bivalve pompa sangue nel piede, rendendolo turgido in modo che agisca come un ancora nel fango o nella sabbia, quindi i muscoli longitudinali si contraggono per accorciare il piede e far trascinare in avanti l’animale.
I sessi in D. polymorpha sono genericamente separati ma non rari sono i casi di ermafroditismo. Il ciclo di sviluppo della Dreissena polymorpha è distinto in tre fasi: larva veliger, post-veliger o giovani individui ed adulti. Se le uova vengono espulse all’esterno dalle femmine che il maschio
feconda si ha la fecondazione esterna se la fecondazione avviene all’interno della camera palleale si ha quella interna. La schiusa avviene dopo tre cinque giorni, le larve veliger trascorrono un mese di vita planctonica, per poi fissarsi tramite il bisso sul substrato o su piante. Dreissena colonizza tutte le superfici dure sommerse: pareti in cemento, tubature in metallo, bottiglie di vetro, ruote in gomma, sassi e strutture in legno. I nuovi nati durante l’estate incominciano a fissarsi in settembre. D. polymorpha si alimenta filtrando le particelle di cibo sospeso nell’acqua acquisendo così un ruolo importante nel ciclo della materia e nel flusso di energia dell’ecosistema lacustre. Filtra organismi microscopici vegetali animali (fitoplancton, rotiferi, protozoi) e composti inorganici. L’acqua entra nel sifone inalante e nell’apparato branchiale: le particelle più piccole vengono dirette alla bocca. Nello stomaco si ha un’ulteriore cernita: le particelle più piccole sono spinte da correnti ciliari nei diverticoli digestivi; quelle grossolane sono trasportate nell’intestino medio. Da studi fatti in laboratorio si è potuto vedere che il processo di filtrazione viene influenzato da parametri quali la qualità e quantità del phytoplancton, temperatura, torbidità, pH e viscosità della depressione. Si
è osservato, da casi presi in considerazione da questi autori, che la filtrazione aumenta all’aumentare della temperatura e del pH dell’acqua (pH > 7-8). L’alta viscosità dell’acqua porta a un decremento della filtrazione.
Le larve di Dreissena sono un alimento per giovani pesci e per alcune specie di copepodi.

Dreissena polymorpha è un bivalve originario dell’area Ponto-Caspiana.
La distribuzione di questo bivalve rappresenta la prima massiccia invasione di specie originarie da quest’area. E perciò fornisce un buon esempio di come e in che direzioni gli invasori Ponto-Caspiani sono in grado di estendere il proprio areale invasivo.
La costruzione di canali artificiali che hanno fin dal 18° secolo connesso tra loro i fiumi Dnieper, Neman e Vistula con altri fiumi europei hanno determinato dei corridoi di diffusione, che coprono l’intera superficie del centro Europa e delle coste del Mar Baltico. Recentemente è
stata segnalata anche in Spagna nella parte sud del fiume Ebro e anche nel lago Sheelin, Irlanda settentrionale.
In Italia, la specie è segnalata per la prima volta nel lago di Garda nel 1969, probabilmente trasportata sotto la chiglia delle imbarcazioni da diporto provenienti da altri laghi europei. Questo mollusco è sopravissuto al viaggio grazie al fatto che il bisso offre all’animale la possibilità di attaccarsi fortemente a qualsiasi substrato duro.
Successivamente è stata segnalata la sua presenza nel Lago di Ledro nel 1973 nel lago di Caldonazzo nel 1992. Nel settembre 2001 è stata osservato per la prima volta nel lago Grande di Monticolo, si tratta del primo ritrovamento della specie in Alto Adige. Dal Garda grazie al trasporto passivo da parte dei natanti e delle larve planctoniche, è dilagata nel bacino padano spingendosi a colonizzare anche il lago Maggiore, Lugano, Como e Iseo. E’ stata segnalata anche sui piloni delle darsene e sulle cannucce del Transimeno. Nel 2003-2005 si è registrata la presenza di organismi di “zebra mussel” anche nel lago artificiale Pavana in Toscana. Oltre alla presenza cospicua in fiumi della Turchia e Europa come Volga, Don, Dnieper e Danubio.
Nel corso degli ultimi tempi un gran numero di nuove specie si è aggiunto alla fauna ed alla flora italiane ed europee superando in un periodo relativamente breve le barriere geografiche presenti tra regioni distanti e spesso differenti dal punto di vista climatico. Questi organismi traggono incentivo a moltiplicarsi dai continui traffici commerciali e dal degrado degli ecosistemi. Vengono continuamente monitorati perché provocano danni all’economia e alla sicurezza sanitaria. Scenari di questa invasione europea sono soprattutto il biota marino e quello delle acque interne. Le immissioni e le introduzioni accidentali di specie esotiche come Dreissena polymorpha rischiano di alterare irrimediabilmente la fisionomia e la consistenza delle peculiari comunità di organismi autoctoni endemici, evolutisi in condizioni di isolamento. La nascita di idrovie artificiali ha portato alla caduta delle antiche barriere geografiche come quelle che distaccavano i bacini pontocaspici dal Mar Baltico e dai fiume dell’Europa media. Questi sono i percorsi preferenziali che, secondo questi ultimi autori ha seguito Dreissena polymorpha dopo essere stata confinata nell’area ponto-caspiana dalle glaciazioni pleistoceniche.
Le attività antropiche hanno rappresentato un fattore di accelerazione di un naturale processo di riconquista dell’antico areale di distribuzione,ridotto o frammentato dalle ultime glaciazioni o da più antichi eventi geologici, che hanno lasciato nei mari e nelle acque interne europee molte nicchie ecologiche solo parzialmente occuppate. Anche l’Italia entra in questa situazione e dal quadro delle immisioni di organismi acquatici esotici fornitoci dalla letteratura si percepisce che Dreissena polymorpha arrivò nel lago di Garda dopo aver oltrepassato passivamente la catena alpina nel 1969. L’impatto di Dreissena polymorpha sugli ecosistemi lacustri e fluviali evidenzia dinamiche e modalità d’inserimento spesso presenti tra le specie invasive. Ad un’iniziale “onda biologica” (biological wave) consistente in una massiccia proliferazione del bivalve nel nuovo habitat segue una graduale riduzione numerica dovuta anche all’aumentata pressione di predatori e parassiti, che ne favorisce nel contempo un inserimento più armonico nella biocenosi.
Nelle acque europee come in quelle del lago di Garda le proliferazioni di organismi alloctoni trovano incentivo nella destrutturazione delle comunità biotiche originarie, conseguente all’impatto delle molteplici azione antropiche.
L’immisione di pesci, crostacei o vegetali esotici in bacini d’acqua dolce, fluviali e lacustri finisce con l’eliminazione di organismi endemici a seguito di competizione, predazione, ibridazione o diffusione di parassiti.
Questo comporta la necessità di una gestione complessiva degli ambienti acquatici basata sempre più su criteri rigorosi dal punto di vista ecologico piuttosto che da quello della semplice produttività.

Sono molluschi predati da alcuni tipi di anatre (Anatra dal Ciuffo, Moretta) dalle anguille (Anguilla anguilla) e dai gamberi (astacus fluviatilis).
In alcuni paesi questi molluschi sono stati introdotti in grandi quantità perché grazie alla loro attività filtrante riescono ad eliminare la proliferazione del fitoplancton rendendo l’acqua particolarmente trasparente (da qui l’utilizzo anche per gli acquari domestici).
Data la sua alta capacità riproduttiva la sua introduzione in ambienti non autoctoni ha avuto riscontri spesso molto negativi legati al suo carattere infestante. Questo mollusco aggredisce infatti le tubature dell’acqua impedendo la risalita ed il corretto scarico.


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