Il giglio rosso o giglio di san Giovanni (Lilium bulbiferum o Lilium croceum) è una pianta della famiglia delle Liliaceae.
Viene anche chiamato giglio di san Giovanni perché fiorisce a fine giugno (il 24 giugno è san Giovanni).La varietà arancio/rossa del fiore, è stata associata a San Giovanni, in quanto, ricorderebbe oltre al colore del Sole che “viene ucciso” e inizia la sua discesa dopo il solstizio d’estate, anche il capo mozzo insanguinato del Battista.
Fiore sacro a Mercurio e alla Luna, può essere bruciato per stimolare la creatività, l’ottimismo e la gioia di vivere, o contro la solitudine. Per propiziare la fertilità, fate un infuso con 7 fiori di giglio, una manciata di chicchi di riso e di melagrana, in un litro d’acqua; dopo aver portato ad ebollizione, filtrare e aggiungete all’acqua del bagno.
Sognare un giglio significa nobiltà d’animo ma allo stesso tempo indica la necessità di fare chiarezza nella propria vita, il bisogno di trovare pace e tranquillità. Vederne molti, porta fortuna e vuol dire che godiamo della fiducia e del rispetto delle persone che ci circondano; ma se li tagliamo allora è segno che si sta abusando del proprio potere. In generale, sono di buon auspicio per gli affari e l’evoluzione spirituale.
Nei Tarocchi di Waite, questo fiore compare nel Bagatto, nella Temperanza e nei denari a simboleggiare purezza, innocenza, l’inizio e l’abbondanza. Indica anche la libertà di essere se stessi, oltre i condizionamenti altrui, buona salute e guadagni. A seconda delle altre carte, può rivelare lo sviluppo di una nuova relazione o una gravidanza.
Il giglio di San Giovanni compare, con un’inattesa fiammata di colore, fra i prati di montagna, nei pascoli abbandonati e sui versanti dirupati dove si accumula terreno di risulta, sassoso e ben drenato, reso caldo dal sole estivo. È un fiore protetto e non deve essere raccolto in alcun modo, come fiore o come bulbo. Pianta longeva si ripresenta con puntualità nei soliti luoghi e, in condizioni ottimali, tende a formare piccole colonie dove le piante distano generalmente da uno a pochi metri una dall’altra. Noto anche come giglio rosso, anche se rosso non è, ma è piuttosto arancione, qualche volta diventa così chiaro da sembrare giallo.
Lilium bulbiferum, indicato talvolta nei testi come Lilium bulbiferum var. croceum, è pianta erbacea perenne bulbosa, diffusa in tutta l’Europa centrale, s’incontra spontanea nella fascia altimetrica compresa fra i 500 ed i 1900 metri, anche se talune colonie, ubicate in luoghi riparati e ben esposti, si spingono fino ad un’altezza di 2400 m. s.l.m. Sempre in luoghi caldi e assolati, preferibilmente in terreni calcarei, ben drenati. Nei terreni di risulta sulle pendici dirupate o ai piedi di queste, fiorisce con un certo anticipo ed esaurisce il suo ciclo vitale prima dell’arrivo del caldo estivo e del periodo siccitoso, entrando in un periodo di quiescenza che dura sino alla primavera successiva. Nei prati con terreni ricchi e freschi fiorisce quando l’erba è già alta e, anche a fioritura terminata, mantiene le foglie verdi ancora a lungo.
L’altezza della vegetazione circostante con cui deve competere per la luce influenza quella dello stelo, compresa fra i 30 e gli 80 cm. Gli esemplari coltivati in giardino possono raggiungere e superare il metro, presentano fiori più chiari della forma spontanea, di diametro superiore ai 10 cm, portati sette-otto per singolo stelo.
Le foglie che crescono lungo lo stelo sono sparse, alterne, di forma lanceolata e con nervature parallele abbastanza evidenti. Il colore verde cupo permette di distinguerle dall’erba dei prati anche quando la pianta non è in fiore. Sono lanose nella pagina inferiore. Le dimensioni si riducono progressivamente lungo lo stelo, quelle alla base sono picciolate. Nelle piante mature e vigorose, in annate favorevoli, all’altezza dell’ascella delle foglie poste lungo lo stelo, prossime al fiore, si sviluppa un piccolo bulbillo di colore verde o nero.
Il bulbo misura circa 1,5 cm, piccolo se paragonato a tulipani e narcisi, a sezione triangolare e con squame appuntite candide. Per superare il freddo dell’inverno si trova ad una profondità di 10-15 cm.
Il fiore può essere solitario, ma una sola pianta può arrivare a produrne anche cinque. Si compone di sei elementi: tre tepali esterni ellittici ed acuminati e tre interni subspatolati. Gli stami eretti sono in numero di sei, le antere sono grigie, l’ovario è cilindrico, lo stilo è aranciato e lo stimma violetto. Il fiore è ermafrodito, ma l’impollinazione avviene grazie alle api e ad altri insetti pronubi. Non è profumato.
Il colore è arancione, variando da toni molto chiari a tinte più cariche, minutamente punteggiati di nero. La fioritura, nelle stazioni meglio esposte, inizia a maggio.
Al fiore succede una capsula ovoide che contiene più semi, matura già nel mese di agosto, ma più spesso in settembre.
Per la riproduzione si utilizzano i semi, raccolti solo dopo l’ingiallimento di tutte le foglie della pianta, e piantandoli in vasi singoli o ad una distanza di poco superiore ai 10 cm uno dall’altro. Possono poi essere messi a dimora in piena terra non prima di tre anni di coltivazione. I tempi di attesa per salire a fiore sono di tre anni. Le colonie che non riescono a rinnovarsi nell’arco di quattro anni sono spesso destinate ad esaurirsi. Altri bulbilli possono essere prodotti dalla porzione sotterranea di fusto caratterizzata dalla capacità di produrre radici.
In giardino può essere posto negli stessi spazi delle bulbose invernali, al posto di muscari o tulipani perché i bulbi si pongono ad una profondità maggiore e possono convivere senza darsi fastidio, rinnovando, anzi, vegetazione e fioritura. Il segreto della loro coltivazione si basa sul giusto tipo di terreno, sempre ben drenato, sull’esposizione, in sole pieno con terreno caldo, e sulla profondità dei bulbi che deve garantire un terreno fresco e umido nel periodo di vegetazione della pianta. La profondità del bulbo, 15 cm, si misura non dal fondo della buca di deposizione, ma dalla punta dell’apice del bulbo.
Per favorirne la crescita non lasciarsi prendere dalla tentazione di letamare con generosità il terreno d’impianto o usare concimi organici freschi, ma preferire sempre terricciati prodotti a partire da materiale vecchio, senza forti fermentazioni in corso (almeno 24-36 mesi). In terreni carenti è meglio utilizzare un prodotto liquido per piante da fiore diluito nell’acqua di bagnatura.
Il Giglio di San Giovanni è una pianta protetta e non deve essere raccolto in alcun modo, come fiore o come bulbo.
Una leggenda tramandava che inizialmente i gigli fossero gialli finché un giorno la Vergine Maria si chinò a raccoglierne uno che, al suo tocco, immediatamente cambiò colore e diventò bianco candido. Del fiore del giglio rosso del Caucaso si narrava invece che fosse bianco puro in origine ma, di colpo, avesse mutato colore e avesse chinato il capo arrossendo dalla vergogna quando Cristo gli si era fermato davanti guardandolo con sorpresa e imbarazzo nel giardino del Getsemani: aveva peccato di presunzione e di orgoglio non inchinandosi a Lui in segno di riverenza, come tutti i suoi simili, proprio per farsi notare per la bellezza straordinaria e per l’intenso profumo.
Il Lilium fu citato al primo posto in un elenco di 73 piante ritenute utili per le proprietà medicamentose in un ordine proclamato da Carlo Magno per i palazzi imperiali nell’anno 812. I contadini ponevano i fiori freschi di giglio sotto spirito per ottenere una lozione efficace contro le contusioni. Si preparavano anche delle acque distillate non profumate, visto che non si riusciva ad estrarre dal giglio l’olio essenziale dalla fragranza di mandorle.
Il bulbo inodore era impiegato per le proprietà assai emollienti e moderatamente astringenti: allo stato fresco risultava vantaggioso in caso di edemi; bollito in acqua o latte veniva utilizzato ad uso esterno come cataplasma emolliente su infiammazioni e ulcere; era l’ingrediente principale di unguenti disinfiammanti e di antidolorifici da applicare su scottature, ustioni e callosità, ma anche in caso di tendini contratti. L’infusione ottenuta dalla radice del giglio bianco nel vino veniva data da bere per qualche giorno di seguito agli appestati.
I bulbi freschi di diverse varietà di giglio sono rimasti nella tradizione culinaria orientale: una volta cucinati assumono un sapore dolciastro che risulta molto gradito soprattutto tra i cinesi e i giapponesi.
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