lunedì 30 marzo 2015

LA VITALBA

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La clematide (Clematis vitalba L.) è una pianta arbustiva delle Ranunculaceae a distribuzione oloartica nota anche col nome comune di vitalba che deriva da vite alba (vite bianca). In Italia è presente su tutto il territorio sino a circa 1300 m in incolti, boschi di latifoglie, macchie temperate.

Mostra un comportamento rampicante (la sua forma biologica secondo Raunkiaer è P lian - fanerofite lianose) con fusti ramificati, che si allunga anche oltre i 20 metri sugli alberi, sviluppando alla base tronchi legnosi anche piuttosto grossi. Il profumo, quasi impercettibile, è vagamente simile a quello del biancospino. Fiorisce tra maggio ed agosto a seconda della quota.

È una pianta velenosa per la presenza di alcaloidi e saponine (in particolare la protoanemonina), sostanze presenti anche in altri generi della famiglia, che si accumula soprattutto negli organi più vecchi. Può provocare irritazioni cutanee al contatto.

È considerata una pianta infestante del bosco. Infatti, specialmente in associazione con i rovi, la vitalba crea dei veri e propri grovigli inestricabili a danno della vegetazione arborea che viene letteralmente aggredita e soffocata. Tali presenze sono infatti quasi sempre l'espressione di un degrado boschivo.

Suffrutice perenne, lianoso, volubili, fascicolati, lunghi fino a 15 m, e rami giovani erbacei, angolosi. Le foglie sono caduche, composte, imparipennate, con 3-5 foglioline ovali-lanceolate, lunghe fino a 6 cm, a margine talora dentato o lobato. I fiori, in pannocchie ascellari, sono bianco-verdastri, con petali ellittici, numerosi stami ed ovario formato da numerosi carpelli liberi, provvisti di un lungo stilo piumoso, persistente sul frutto. In autunno, i carpelli maturano in acheni fusiformi aggregati (poliachenio), piuttosto appariscenti e caratteristici per le lunghe appendici piumose ed argentee che li sormontano, originatesi per modificazione dello stilo persistente.

I giovani getti della Vitalba sono conosciuti e consumati come verdura in tutta l’Italia.

Come molte altre specie della famiglia Ranunculaceae, la Vitalba contiene, soprattutto nelle foglie, diversi principi tossici ed irritanti, quali l’alcaloide clematina, diverse saponine, glucosidi, resine. Tuttavia, nelle porzioni eduli, ovvero nei getti ancora giovani, tali sostanze sono presenti in quantità poco rilevanti; per di più, esse perdono gran parte della loro tossicità denaturandosi al calore. Si consiglia, pertanto, di sbollentare i teneri germogli prima di consumarli, anche se, talora, essi vengono mangiati direttamente saltati in padella o persino crudi in insalata. E’, comunque, preferibile non eccedere nel consumo. Nelle località in cui la pianta è apprezzata come erbaggio, i getti della Vitalba si cucinano lessi, soffritti in padella come gli asparagi oppure come ingrediente nelle frittate. Hanno un sapore che varia tra l`amarognolo e il saligno.

In passato le liane di Vitalba venissero adoperate come corde per le campane delle chiesette rurali in sostituzione di quelle di canapa, più pregiate e costose. I tralci di questa pianta venivano utilizzati, e forse lo sono tuttora, per intrecciare cesti, panieri e altri oggetti . Il succo ricco di sostanze irritanti, contenuto nelle porzioni mature della Vitalba, trovava in passato un singolare impiego, però assolutamente sconosciuto nel territorio in esame: i mendicanti si procuravano con esso ulcerazioni sul dorso delle mani allo scopo di impietosire i passanti. Tale succo, infatti, avendo proprietà revulsive, provoca la comparsa di vesciche e piaghe

Dalla vitalba si possono ottenere cordoni lunghi e regolari, ottimi per gli intrecci. E’ un materiale da cesteria facilmente reperibile, con il grande pregio della lunghezza e della regolarità.

La raccolta delle liane di vitalba può essere effettuata nel periodo invernale, quando ha perso le foglie ed il ciclo vegetativo è fermo.
Se viene raccolta in un altro periodo dell'anno, quando ha ancora le foglie, è bene evitare di raccogliere le liane nuove, verdi e fragili, ma scegliere le liane che abbiano almeno un anno (più legnose, da cui partono i butti nuovi).

La vitalba presenta una parte esterna legnosa e rigida ed una parte interna più morbida e flessibile. Perché sia un materiale intrecciabile bisogna rimuovere la parte esterna. Se la liana ha un anno, questa operazione si esegue facilmente facendo leva con il dito nella parte centrale a due nodi della liana, spaccando la parte rigida e rimuovendola, e pulendo i nodi anche con l'aiuto di un coltello. Se le liane sono più vecchie, è necessario bollirle per poi poterle spelare agevolmente dalla parte esterna.
Si ottengono lunghi cordoni, da arrotolare su se stessi e mettere a seccare, in un luogo asciutto ed areato.
Si può anche mettere a seccare la liana prima di ripulirla dalla parte esterna, e successivamente farla bollire e sbucciare.

Le liane arrotolate e secche devono essere ammollate affinché tornino flessibili ed utilizzabili. Acqua calda o bollente accelera il processo.
Sia che si utilizzi materiale ammollato o direttamente fresco (raccolto, pulito e utilizzato subito) bisogna ricordare che, benché molto flessibile, la vitalba non permette pieghe complete a 180°. Inoltre i nodi sono i punti più delicati, da maneggiare dunque con attenzione.

L'impiego terapeutico della pianta è attualmente desueto, poichè i suoi costituenti principali: saponine ed alcaloidi, di cui anemonina e protoanemonina, risultano caustici ed irritanti.
In passato le foglie fresche, ridotte in poltiglia, usate come cataplasmi erano un revulsivo energico contro artriti, sciatiche e gotta, ma così applicate producevano azione rubefacente e vescicatoria, provocando di conseguenza ulcere fastidiose.
Alcuni mendicanti usavano le foglie per procurarsi ulcerazioni ed impietosire maggiormente i passanti, onde il nome popolare di "erba dei cenciosi".
L'infuso di foglie essicate veniva usato quale ottimo diuretico, mentre i giovani germogli, cotti e lasciati in infusione avevano azione purgativa.
Per la cura della scabbia si usava anticamente l'olio ricavato dalla macerazione delle foglie. Sia Plinio che Dioscoride segnalavano la pianta per risolvere o rimuovere questo problema. L'alcolaturo che si otteneva dalla pianta fresca veniva impiegato come analgesico in casi di nevralgie e nevriti o, come detergente.
I fusti secchi della pianta, essendo porosi, venivano anche usati come sigari, provocando infiammazioni alle mucose della bocca e della gola. Uso praticato nei paesi anglosassoni, dove in alcune regioni veniva denominata smoking cane, canna da fumare o shepherd's delight, delizia dei pastori.

La Clematis vitalba è anche uno dei fiori di Bach, per alleviare i disturbi emotivi. E' il fiore dei sognatori, degli addormentati, di coloro che hanno uno scarso interesse per la vita. E' il fiore per le persone che tendono ad essere altrove con la mente, in fantasie personali, in illusioni su un futuro migliore e scarso interesse per il mondo presente.
Clematis, è il fiore dell'artista, del creativo, dello scrittore e di colui che cerca ispirazione.
Nel linguaggio dei fiori, la vitalba indica l'intelligenza limpida e onesta.
I romani adoravano particolarmente la C. vitalba, che facevano crescere accanto ai muri delle loro abitazioni, perchè la consideravano preservatrice dai temporali.

Nota anche in dialetto piemontese come "visrabbia" per la caratteristica di arrampicarsi con le sue liane sulle piante che "aggredisce" come fa la vite sui sostegni.


LEGGI ANCHE : http://pulitiss.blogspot.it/p/verde.html

                              http://asiamicky.blogspot.it/2015/03/la-riserva-naturale-di-castellaro.html




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