È un prodotto tipico siciliano, come tale è riconosciuto e rientra nell'elenco dei prodotti agroalimetari tradizionali stilato dal ministero delle politiche agricole e forestali.
La coltivazione del frassino da manna risale presumibilmente alla dominazione islamica (IX-XI secolo d.C.); il più antico documento che menziona la manna risale al 1080 in un diploma del vescovo di Messina. La Sicilia divenne la maggiore produttrice nella seconda metà dell'Ottocento.
Oggigiorno la coltivazione è limitata a poche zone della Sicilia, precisamente solo al territorio di Pollina e Castelbuono, con una superficie coltivata stimata nel 2002 a circa 3200 ha. Qui l'ultima generazione di frassinicoltori mantiene in vita il prezioso patrimonio colturale e culturale legato al mondo dell'antico mestiere dello "Ntaccaluòru".
In alcuni centri fino agli anni '50 la manna costituiva la base dell'economia locale per i frassinicoltori locali. Il fenomeno che ha spinto le nuove generazioni a preferire il lavoro in città, anziché l'agricoltura, ha contribuito fortemente all'abbandono della coltura della manna. Oggi i frassineti aspettano di rigenerarsi per dare ricchezza.
La produzione della manna offre tuttavia un buon reddito rispetto al passato (ogni chilo ha un costo superiore a 20 euro, e il prezzo è sempre in crescita).
Le aree in cui il frassino da manna viene (o veniva) coltivato fanno parte dell'assai più ampio areale naturale della specie (descritto nella voce Fraxinus ornus). Si tratta di zone comprese nella fascia altimetrica fra 200 e 800 m, a clima mediterraneo-arido (non a caso il frassino è pianta xerofita - si adatta bene alla siccità), su suoli calcarei o argillosi.
Le produzioni migliori sono indicate per terreni calcari-arenacei esposti a sud-est.
La manna è riconosciuta come Presidio Slow Food ed è per questo motivo che assieme ai frassinicoltori è stato redatto un disciplinare di produzione che ne garantisce la qualità e la provenienza.
La manna è la linfa estratta dalla corteccia opportunamente incisa.
Si riduce sempre di più il numero dei coltivatori; ormai quasi solo gli anziani sanno come coltivare e praticare le incisioni sulla corteccia del tronco del frassino con un particolare coltello chiamato mannaruolo.
Dalle piccole incisioni trasversali create con gesti precisi, sgorga lentamente un succo inizialmente di colore ceruleo e di sapore amaro (lagrima), che a contatto con l'aria rapidamente si schiarisce e assume un sapore dolce. Condensandosi, forma cannoli e stalattiti di colore bianco e profumati.
L'operazione di raccolta si pratica ogni settimana con l'archetto, la paletta e la scatola (particolari arnesi per la raccolta della manna)
La composizione chimica della manna è molto complessa e dipende da diversi fattori tra cui: qualità, zona di provenienza, l'età del frassino e la sua esposizione, l'andamento stagionale e molti altri fattori.
La manna in media contiene il 40-60% di mannitolo o mannite (C6H14O6), 8-10% d'umidità, 3-5% glucosio e fruttosio, 12-16% manninotriosio, 6-12% manninotetrosio, 1-3% elementi minerali, 0,5%-0,1% resina e altre sostanze in quantità minori (vitamine, enzimi, mucillagini, pectine, tannini).
La manna è in primo luogo un lassativo leggero esente da controindicazioni, particolarmente adatto alla primissima infanzia, alle persone molto anziane debilitate e convalescenti (viene somministrata generalmente nel latte, o come decotto di manna, che è un blando purgante); è un regolatore e rinfrescante intestinale, in quanto purifica l'apparato digerente da tossine e appesantimenti dovuti a cattiva alimentazione. È anche un cosmetico naturale, e ha una benefica azione sull'apparato respiratorio, infatti si comporta da fluidificante, emolliente e sedativo della tosse; è inoltre un dolcificante naturale a basso contenuto di glucosio e fruttosio, utilizzabile come dolcificante per diabetici. La manna possiede numerose virtù terapeutiche ed è innocua e priva di azioni secondarie rilevanti, cosa che tra l'altro la rende particolarmente raccomandabile in pediatria: è indicata nei casi d'indigestione e ipertensione, ha proprietà bechiche e anticatarrali, è sedativo della tosse e calmante nelle bronchiti; pezzetti di manna sciolti in bocca lentamente hanno proprietà espettoranti. Infine, può essere usata come collirio nelle congestioni oculari.
Secondo alcuni aiuta l'autoimmunità, migliora la cicatrizzazione di alcune ferite e disintossica il fegato.
Manna (in ebraico: מן?) o al-Mann wa al-Salwa (in arabo: المَنّ و السلوى, curdo gezo, fārsì گزانگبین), a volte o arcaicamente scritto mana, è una sostanza commestibile che, secondo la dottrina abramitica, Dio somministrò agli Israeliti durante le loro peregrinazioni nel deserto, dopo l'uscita e la liberazione dalla schiavitù in Egitto; la manna iniziò a scendere dal cielo quando il popolo d'Israele stava avvicinandosi al Monte Sinai per ricevere la Torah.
Nella Qabbalah, la manna non era soggetta agli "accidenti" secondo il "principio della generazione e corruzione" per quanto riguarda la sua eccellenza.
« E, evaporato lo strato di rugiada, apparì sulla superficie del deserto qualcosa di minuto, di granuloso, fine come brina gelata in terra. A tal vista i figli d'Israele si chiesero l'un l'altro: «Che cos'è questo?» perché non sapevano che cosa fosse. E Mosè disse loro: «Questo è il pane che il Signore vi ha dato per cibo. Ecco ciò che ha prescritto in proposito il Signore: ne raccolga ognuno secondo le proprie necessità, un omer a testa, altrettanto ciascuno secondo il numero delle persone coabitanti nella tenda stessa così ne prenderete». Così fecero i figli di Israele e ne raccolsero chi più chi meno. Misurarono poi il recipiente del contenuto di un 'òmer; ora colui che ne aveva molto non ne ebbe in superfluo e colui che ne aveva raccolto in quantità minima non ne ebbe in penuria; ciascuno insomma aveva raccolto in proporzione delle proprie necessità » (Esodo 16.16-18)
I Rabbini del Talmud commentano così: ...ché non di "solo pane" "vive l'uomo".
Quando Dio si apprestava a far scendere la manna dal cielo essa illuminava l'atmosfera spirituale delle tappe affrontate dal popolo d'Israele nel deserto: l'origine celeste della manna favoriva questa manifestazione. Non potendo raccoglierla durante il Sabato (giorno che secondo la tradizione ebraica è destinato al riposo), Dio donava una doppia razione di manna ogni Venerdì affinché bastasse anche per il Sabato; in ricordo di ciò gli appartenenti alla religione ebraica devono preparare i pasti del Sabato con almeno due pagnotte chiamate Challot: esse vengono custodite all'interno di due panni di stoffa, uno al di sopra ed uno sotto, per ricordare anche lo strato di rugiada che ricopriva sotto e sopra questo cibo celeste. I Chakhamim insegnano che ogni Ebreo che assaggiava la manna poteva percepire e gustare un sapore diverso da quello degli altri Ebrei: si parla di gusti di altri cibi da loro desiderati ed assaporati mangiando la sola manna. Il residuo della manna che si scioglieva, si liquefaceva, si diffondeva poi nell'acqua in modo che il gusto della carne degli animali selvatici che si abbeveravano di quell'acqua rendesse noto agli altri popoli che la assaggiavano del cibo fornito da Dio agli Ebrei.
Il tosafista Rashbam ricorda che dopo molto tempo gli Ebrei si impegnarono a lavorare la manna e renderla differente proprio come avviene per le noci, in principio mature e dolci ma poi oleose se lavorate: ciò non piacque a Dio che avrebbe preferito se gli Ebrei ne avessero mantenute inalterate le qualità. Yisaschar Bnei ricorda che i malati del popolo ebraico, usciti dall'Egitto, vennero guariti appena cibatisi della manna. Un Midrash racconta che pietre preziose scendevano dal cielo assieme alla manna. Una porzione di manna venne inserita nell'Arca dell'alleanza da Aronne su ordine di Mosè. La tradizione vuole che la manna torni con l'era messianica.
La parola manna appare tre volte nel Qurʾān. Viene narrato nella hadith Sahih Muslim che il profeta Maometto pronunciò "I tartufi sono parte della 'manna' che Allah mandò al popolo di Israele mediante Mosè ed il succo è medicina per gli occhi."
La manna proviene dal cielo, secondo la Bibbia, ma le sue varie identificazioni sono naturalistiche. Nella Mishnah, la manna considerata una sostanza sovrannaturale, creata al crepuscolo del sesto giorno della Creazione, e assicurata di essere pura, prima del suo arrivo, dallo spazzare del terreno da un vento del nord e piogge successive. Secondo la letteratura rabbinica classica, la manna era stata macinata in un mulino celeste per l'utilizzo dei giusti, ma parte di essa fu assegnata anche agli empi e lasciata che se la macinassero da soli.
Alcuni passi della Bibbia narrano che, fintantoché non raggiunsero Canaan, gli Israeliti mangiarono solo manna durante il soggiorno nel deserto, nonostante la disponibilità di latte e carne dal bestiame col quale viaggiavano e vari riferimenti a provviste di farina e olio in sezioni della narrazione.
Come una sostanza commestibile naturale, la manna avrebbe dovuto produrre residui alimentari, ma nella letteratura rabbinica classica si afferma che, essendo una sostanza soprannaturale, la manna non producesse rifiuti corporei, con nessuna conseguente defecazione da parte degli Israeliti fino a qualche decennio successivo, quando la manna aveva cessato di cadere. La scienza medica moderna riporta che la mancanza di defecazione per un così lungo periodo di tempo avrebbe potuto causare gravi problemi intestinali, soprattutto quando altri alimenti vennero ad essere nuovamente consumati. Gli scrittori rabbinici classici sostengono che gli Israeliti si lamentassero per la mancanza di defecazione, essendo preoccupati per potenziali problemi intestinali.
Molti vegetariani cristiani asseriscono che Dio avesse originalmente voluto che l'essere umano non mangiasse carne ma solo piante, le quali non muovendosi non implicano "uccisione" e quindi peccato: la manna, sostanza non di carne, viene citata in supporto di tale teoria. Inoltre, quando il popolo si lamentò e vollero carne, Dio diede loro carne in forma di quaglie, ma a quanto pare alcuni si lamentarono ancora, mentre altri avidamente raccolsero le quaglie. "Avevano ancora la carne fra i denti e non l'avevano ancora masticata, quando lo sdegno del Signore si accese contro il popolo e il Signore percosse il popolo con una gravissima piaga."
Il cibo non era il solo uso della manna: una fonte rabbinica classica afferma che l'odore fragrante della manna fosse utilizzato in un profumo israelita.
Esodo afferma che ogni giorno un omer di manna veniva raccolto per ciascun membro di famiglia (circa 3,64 litri), e potrebbe implicare che ciò avvenisse indipendentemente da quanto sforzo era stato messo nella sua raccolta; un midrash attribuito a Rabbi Tanhuma narra che, sebbene molti fossero abbastanza diligenti da andare nei campi a raccogliere la manna, altri si sdraiavano pigramente per terra e prendevano la manna allungando le mani. Il Talmud asserisce che questo fattore venisse usato per risolvere le dispute sulla proprietà degli schiavi, poiché la quantità di omer di manna che ciascuna famiglia poteva raccogliere indicava quante persone facevano legittimamente parte di data famiglia; gli omer di manna per schiavi rubati potevano essere raccolti solo dai legittimi proprietari e quindi i legittimi proprietari si ritrovavano con quantità d'avanzo.
Secondo il Talmud, la manna veniva trovata nei pressi delle case di coloro con una forte fede in Dio e lontano dalle case di coloro con dubbi; in verità, un midrash classico narra che la manna era intangibile ai gentili, che inevitabilmente se la vedevano svanire tra le mani. Il Midrash Tanhuma sostiene che la manna si sciogliesse, formasse rigagnoli liquidi, venisse bevuta da animali, speziasse la carne delle bestie e fosse quindi mangiata indirettamente dai gentili, questo essendo quindi l'unico modo in cui i gentili potevano assaporare la manna. Nonostante questi accenni a distribuzioni irregolari, la letteratura rabbinica classica esprime l'opinione che la manna cadesse in grandi quantità ogni giorno. Si ritiene che la manna venisse distribuita su un'area di oltre 2000 cubiti quadrati, per un totale tra i 50 e i 60 cubiti in altezza, abbastanza per nutrire gli Israeliti per 2000 anni e che si potesse vedere dai palazzi di ogni re dell'Est e dell'Ovest, probabilmente un'affermazione metaforica.
Secondo certe interpretazioni rabbiniche, lo Shabbat fu istituito la prima settimana in cui apparve la manna. Afferma che il doppio della manna fosse disponibile alla mattina del sesto giorno della settimana e niente manna si potesse trovare il settimo giorno; sebbene la manna si imputridisse e si infestasse di vermi dopo una sola notte, la manna che veniva raccolta al sesto giorno rimaneva fresca fino alla seconda notte. Mosè dichiarò che la doppia porzione del Giorno di Preparazione dovesse essere consumata allo Shabbat; e che Dio lo aveva istruito anche affinché nessuno dovesse lasciare il proprio posto durante Shabbat, cosicché il popolo potesse riposarsi durante tale giorno.
I critici delle forme considerano che questa parte della narrazione della manna fosse stata estratta dalla tradizione Jahvista e Sacerdotale, con la tradizione Jahvista che enfatizza il riposo durante lo Shabbat, mentre la tradizione Sacerdotale assume semplicemente che lo Shabbat esiste, sottintendendo come il significato di "Shabbat" fosse già noto. Questi critici ritengono tale parte della narrazione della manna una storia eziologica supernatura concepita per spiegare l'origine dell'osservanza dello Shabbat, osservanza che in realtà era probabilmente pre-mosaica.
Esodo narra che gli Israeliti consumarono manna per 40 anni, iniziando dal quindicesimo giorno del secondo mese (15 di Iyar), ma che poi cessò di cadere quando ebbero raggiunto una terra abitata e si avvicinarono ai confini di Canaan (abitata dai cananei). I critici delle forme attribuiscono questa variante all'opinione che ciascuna interpretazione della cessazione della manna derivi da una tradizione diversa; la "terra abitata" viene attribuita alla tradizione Sacerdotale, e "i confini del paese di Canaan" alla tradizione Jahvista, o ad un'ipotetica redazione successiva che sincronizzi il resoconto con quello del Libro di Giosuè, che sostiene che la manna cessò di cadere il giorno dopo il festival annuale di Pesach (il 14 di Nisan), quando gli Israeliti ebbero raggiunto Galgala. La durata che va dal 15 Iyar al 14 Nisan, presa letteralmente, è di 40 anni meno un mese.
Esiste inoltre un disaccordo tra gli scrittori rabbinici classici su quando la manna cessò, soprattutto in luce del fatto che continuò dopo la morte di Mosè per ulteriori 40 giorni, 70 giorni, o 14 anni; in verità, secondo Joshua ben Levi, la manna cessò di apparire nel momento che Mosè spirò.
Nonostante l'eventuale cessazione dell'erogazione di manna, Esodo afferma che ne rimase una piccola quantità in un vaso o urna, che venne tenuta nel Tabernacolo "davanti alla Testimonianza" (forse adiacente all'Arca dell'Alleanza), il testo indica che il Signore incaricò Mosè di farlo e che ne venne delegato Aronne. La Lettera agli Ebrei afferma che l'urna fu riposta all'interno dell'Arca. Le fonti rabbiniche classiche ritengono che l'urna fosse d'oro; alcuni dicono che rimase lì soltanto fino alla generazione dopo Mosè, e altri che sopravvisse almeno fino al tempo di Geremia. Tuttavia, il Primo Libro dei Re afferma che non c'era già più prima di Geremia, durante il regno di Salomone nel X secolo p.e.v. I critici delle forme attribuiscono la citazione dell'urna alla tradizione Sacerdotale, concludendo che l'urna esisteva (ancora) agli inizi del VI secolo p.e.v.
Per estensione, il termine "manna" è usato per riferirsi a qualsiasi nutrimento divino o spirituale.
Da molti anni, i cattolici annualmente raccolgono un liquido trasparente dalla tomba di San Nicola di Bari; la leggenda asserisce che il profumo di questo liquido protegga dal male e viene venduto ai pellegrini quale "Manna di San Nicola". Il liquido fuoriesce dalla tomba del Santo nella cripta della Basilica di Bari, ma non è chiaro se venga emesso dal corpo nella tomba o dal marmo della tomba stessa; poiché la città di Bari è un porto e la tomba si trova sotto il livello del mare, esistono diverse spiegazioni del fluido di manna, tra cui il trasferimento di acqua marina nella tomba per azione capillare.
Nel XVII secolo, una donna mise in vendita come cosmetico un prodotto trasparente ed insapore, chiamandolo "la Manna di San Nicola di Bari". Dopo la morte di circa 600 uomini, le autorità italiane scoprirono che il presunto cosmetico era una preparazione di arsenico, usato dalle loro mogli.
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